Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 30 aprile 2024, n. 3931
Presidente: Lopilato - Estensore: Marotta
1. Il signor F. Ivano ha impugnato la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto ha dichiarato il ricorso introduttivo del giudizio in parte inammissibile, per difetto di interesse, con riguardo alla domanda di annullamento della delibera consiliare n. 14/2020 del Comune di Valbrenta (recante approvazione di variante urbanistica) e del successivo permesso di costruire n. PC20/22 (rilasciato dal Comune di Valbrenta in favore della società Immobiliare Angarano s.r.l. in data 5 ottobre 2020); per la parte residua, ossia con riguardo alla domanda di risarcimento dei danni asseritamene subiti per effetto dei provvedimenti impugnati, il ricorso è stato respinto; il giudice di primo grado ha condannato il ricorrente (odierno appellante) al pagamento delle spese di lite, liquidate in euro 3.000,00 in favore della amministrazione comunale resistente e in euro 3.000,00 in favore della società controinteressata, oltre accessori di legge.
2. L'odierno appellante ha contestato la sentenza impugnata con quattro articolati motivi, da un lato, censurando il capo di sentenza relativo alla declaratoria di inammissibilità della domanda di annullamento dei provvedimenti impugnati e, dall'altro, riproponendo in grado di appello le censure di merito non scrutinate dal giudice di primo grado; ha riproposto anche la domanda di risarcimento del danno (già formulata in primo grado).
A sostegno di quanto dedotto, l'appellante ha depositato copiosa documentazione e, in particolare, una perizia di stima (non prodotta nel giudizio di primo grado), a firma del geom. Domenico Bernardi, nella quale viene valutato il potenziale deprezzamento dell'area di proprietà dell'appellante in relazione alla realizzazione nell'area limitrofa dell'intervento edilizio contestato.
2.1. Con il primo motivo di appello, l'odierno appellante deduce: violazione dell'art. 100 c.p.c.; erroneità della statuizione di carenza d'interesse.
L'appellante contesta la sentenza impugnata nella parte in cui il giudice ha ritenuto non adeguatamente comprovato dal ricorrente l'interesse all'annullamento degli atti impugnati.
Evidenzia che con la variante semplificata approvata dal Comune di Valbrenta, ai sensi dell'art. 8 d.P.R. 160/2010 e dell'art. 4 l.r. 55/2012, è stata modificata la destinazione urbanistica dell'area confinante con la sua proprietà; la predetta area da zona bianca (già area residenziale di espansione) è stata qualificata come zona industriale "D speciale"; conseguentemente, il Comune di Valbrenta ha rilasciato un permesso di costruire per la realizzazione di un capannone industriale, a distanza di soli 5 metri dal confine con la proprietà dell'appellante e di 10 metri dal fabbricato residenziale che insiste sulla suo terreno.
L'appellante sostiene di aver adeguatamente comprovato nel ricorso introduttivo del giudizio il suo interesse a ricorrere, facendo rilevare quanto segue:
- "l'incompatibilità dell'intervento produttivo oggetto della delibera impugnata con l'assetto territoriale circostante";
- "la borgata storica sita in via Zannini a Campolongo sul Brenta è un'area di pregio naturalistico, storico e sociale, consistente in un fitto caseggiato di particolare interesse architettonico posto a ridosso della sponda destra del fiume Brenta, nel cuore della Valbrenta";
- "... la zona è del tutto carente dei necessari spazi e servizi pubblici";
- "l'ambito è soggetto a vincoli di varia natura: vincolo paesaggistico ex art. 142, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 42/2004; vincolo idrogeologico di cui al r.d. n. 1126/1926 e alla l. n. 52/1978; fascia di rispetto fluviale prevista dal P.A.T.I. e confermata nel P.I. ai sensi dell'art. 41, comma 1, lett. g), della l.r. 11/2004".
Fa rilevare, inoltre, di aver presentato, nel corso del procedimento per la variante urbanistica, delle osservazioni, rappresentando l'incompatibilità del progetto in questione con il contesto territoriale della contrada Zannini, per ragioni legate all'impatto sull'ambiente, alla quiete, all'aspetto estetico e alla viabilità della zona.
2.1.2. Il giudice di primo grado ha disatteso le deduzioni della parte ricorrente, sotto il profilo dell'interesse ad agire, ritenendo "... non sufficientemente prospettata e dimostrata la sussistenza di un concreto interesse al ricorso: le deduzioni sviluppate in ordine al pregiudizio suscettibile di derivare dagli atti impugnati appaiono, infatti, in parte generiche e in parte carenti. In particolare, quanto al lamentato grave pregiudizio alla proprietà del ricorrente, non è possibile apprezzare in quali termini e per quali ragioni l'ampliamento dell'opificio esistente sul fondo finitimo determinerebbe un danno a tale proprietà: sul punto il ricorrente, nell'atto introduttivo del giudizio, si è limitato a osservare che l'immobile del quale è titolare confina per due lati con l'area su cui il capannone industriale è destinato a sorgere. Tale circostanza, tuttavia, non vale, in sé considerata, a spiegare perché detto intervento edilizio pregiudicherebbe le ragioni del proprietario confinante: ciò appare tanto più vero ove si consideri che la società controinteressata ha evidenziato che l'immobile assentito sarà adibito esclusivamente a magazzino/deposito con uffici annessi, e non vi verrà svolta nessuna attività produttiva".
Il giudice di primo grado ha richiamato la "consolidata giurisprudenza che ha evidenziato come, nel caso di impugnazione di strumenti urbanistici, anche particolareggiati, o di loro varianti, risulti ancor più stringente la necessità di una puntuale allegazione del concreto pregiudizio paventato dal soggetto che agisce in giudizio", evidenziando, altresì, sulla base di documentazione prodotta dalla controinteressata, che - nella procedura di esecuzione immobiliare, in esito della quale il ricorrente (odierno appellante) ha acquistato la proprietà dell'area in questione - sarebbe stata effettuata dal medesimo ricorrente "una descrizione dell'area interessata dall'intervento qui contestato che risulta del tutto contrastante con le allegazioni rese nell'ambito del presente processo relativamente al pregio del territorio in disamina"; segnatamente, osserva il T.a.r. Veneto, nelle osservazioni presentate nel contesto di tale procedura esecutiva, "l'area interessata dalla presente controversia, che avrebbe a subire pregiudizio dall'ampliamento dell'opificio sul fondo limitrofo, è stata descritta dal ricorrente come "zona depressa" posta all'interno di una "intera zona degradata" e circondata da "fabbriche molte fastidiose".
2.1.3. L'odierno appellante ha quindi contestato le conclusioni del giudice di primo grado.
2.1.3.1. In primo luogo, fa rilevare di non aver mai nascosto che l'area in cui è ubicata la sua proprietà fosse scarsamente popolata e depressa, avendo correttamente evidenziando già nel ricorso introduttivo le "... criticità del progetto di intervento, consistenti nel pesante impatto ambientale e panoramico dell'edificio, oltre che nel probabile aggravamento del processo di spopolamento già in atto in un'area sempre meno attrattiva dal punto di vista residenziale proprio a causa della presenza di numerosi stabilimenti industriali" (ricorso, pag. 7).
Sostiene che alcuni interventi regionali avrebbero in questi ultimi anni valorizzato la borgata, attraverso la sistemazione della scogliera del Brenta e la realizzazione di un percorso attrezzato ciclopedonale panoramico sull'argine destro del fiume.
2.1.3.2. Gli effetti pregiudizievoli dell'intervento sull'insediamento residenziale in cui è compresa la proprietà dell'appellante sarebbero stati evidenziati anche nella seduta consiliare in cui è stata approvata la variante in deroga; a tale riguardo richiama l'intervento di un consigliere comunale nella seduta di approvazione della delibera consiliare n. 14 del 25 giugno 2020.
2.1.3.3. Evidenzia che l'area oggetto di intervento è posta a ridosso del fiume Brenta e il capannone industriale si interporrà tra il fabbricato che insiste sulla sua proprietà e il fiume, precludendone la vista.
Facendo riferimento ad alcuni precedenti giurisprudenziali ritiene che la vicinitas assorba in sé anche il profilo dell'interesse a ricorrere; a suo giudizio, richiedendosi al ricorrente la prova in concreto di un danno patrimoniale effettivo, da un lato, si addosserebbe a quest'ultimo un onere probatorio che spesso può rivelarsi "diabolico", dall'altro, si confonderebbe la prova in concreto del danno, che è invece rilevante ai (soli) fini dell'azione risarcitoria, con le condizioni dell'azione giurisdizionale.
2.1.3.4. Evidenzia di aver allegato nel ricorso introduttivo:
a) "l'incompatibilità dell'intervento produttivo oggetto della delibera impugnata con l'assetto territoriale circostante";
b) le "peculiari caratteristiche morfologiche dell'area della borgata storica di Via Zannini", "area di pregio naturalistico, storico e sociale, consistente in un fitto caseggiato di particolare interesse architettonico posto a ridosso della sponda destra del fiume Brenta, nel cuore della Valbrenta";
c) la "... fragilità dell'equilibrio naturalistico e ambientale nei pressi dell'argine e, in secondo luogo, dalla viabilità asfittica che non consente l'accesso al borgo nemmeno ai mezzi viari di soccorso provenienti dalla vicina strada provinciale";
d) la circostanza che "... mentre il P.I. e il P.A.T.I. vigenti prevedevano una vasta area di rispetto nei confronti del corso d'acqua, il progetto presentato disponeva la modificazione della destinazione dell'area da agricola a produttiva, ai fini dell'edificazione di un capannone industriale a poca distanza dall'argine e dal caseggiato, senza garantire alcun miglioramento in termini di viabilità e di spazi pubblici..." (ricorso, pag. 5);
e) l'assoluta incompatibilità del progetto in questione con il contesto territoriale della contrada Zannini, per ragioni legate all'impatto del medesimo sull'ambiente, la quiete, l'aspetto estetico e della viabilità della zona;
f) la lesione del "... delicato equilibrio architettonico, sociale e ambientale che caratterizza l'area di Via Zannini e pregiudicano gravemente la proprietà del ricorrente, confinante per due lati e per una significativa estensione con l'area in cui dovrebbe sorgere l'ingombrante capannone industriale".
A sostegno di quanto dedotto, l'appellante rinvia alle conclusioni della relazione di stima del geom. Domenico Bernardi, sopra richiamata.
2.2. Con il secondo motivo di appello, l'appellante ripropone le censure dedotte nel primo motivo del ricorso introduttivo del giudizio (eccesso di potere per difetto di presupposto e carenza assoluta di istruttoria; violazione di legge: carenza ed erroneità dei presupposti per l'applicazione dell'art. 8 d.P.R. 160/2010 e dell'art. 4 della l.r. n. 55/2012).
2.2.1. Fa rilevare che nel ricorso introduttivo del giudizio aveva contestato la valutazione espressa dalla amministrazione di insufficienza delle aree produttive esistenti nel territorio comunale; la questione era stata sollevata nel corso del procedimento di approvazione della variante urbanistica (con l'osservazione n. 1 era stato evidenziato che nel territorio del Comune di Valbrenta siano presenti diverse aree produttive inutilizzate).
2.2.2. L'appellante contesta le determinazioni assunte dalla amministrazione, che non avrebbe tenuto conto del carattere eccezionale della procedura delineata dagli artt. 8 del d.P.R. 160/2020 e 4 della l.r. n. 55/2012; il fine della norma sarebbe quello di fornire alle amministrazioni comunali la possibilità di agire eccezionalmente in variante rispetto alla pianificazione urbanistica, per far fronte alle esigenze di crescita industriale ed economica altrimenti non realizzabili.
2.2.3. Il fatto che l'istanza sia stata presentata dalla società antecedentemente alla fusione tra il Comune di Campolongo e il Comune di Valbrenta sarebbe stata del tutto irrilevante, atteso che, a seguito del parere negativo espresso dalla Soprintendenza in data 17 aprile 2019, il progetto inizialmente presentato sarebbe stato sostituito da un nuovo progetto.
A suo giudizio, si sarebbe dovuto considerare l'intero territorio comunale.
2.3. Con il terzo motivo di appello, l'appellante ripropone le censure dedotte nel secondo motivo del ricorso introduttivo del giudizio (violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della l. n. 241/1990; eccesso di potere, per difetto di motivazione).
2.3.1. Nel ricorso di primo grado aveva sostenuto che la delibera di adozione della variante fosse sprovvista di motivazione, limitandosi a recepire il parere del responsabile del procedimento prot. n. 7117 del 19 giugno 2020, che, a sua volta, consisteva in una mera ricognizione dei pareri favorevoli acquisiti; mancherebbe nella deliberazione consiliare impugnata alcuna motivazione sull'interesse pubblico.
A fronte delle numerose criticità che la proposta di intervento aveva sollevato, l'organo consiliare del Comune di Valbrenta non aveva indicato le ragioni di interesse pubblico per le quali la realizzazione del capannone industriale avrebbe avuto un rilievo prioritario rispetto alle esigenze rappresentate dalla cittadinanza, limitandosi ad asserire la compatibilità dell'intervento con il contesto territoriale.
Pur in presenza degli atti di assenso delle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, l'amministrazione non poteva sottrarsi dall'effettuare un attento e ponderato bilanciamento tra i diversi interessi coinvolti.
2.4. Con il quarto motivo di appello, l'appellante ripropone le censure formulate nel terzo motivo del ricorso introduttivo del giudizio (violazione e falsa applicazione degli artt. 17 e 18 della l.r. 23 aprile 2004, n. 11; errata individuazione dell'ambito di intervento in sede di variante al P.I. di Campolongo sul Brenta; errata indicazione delle superfici corrispondenti all'ambito di intervento).
2.4.1. Fa rilevare che nel ricorso introduttivo aveva evidenziato che la scheda normativa n. 23 del P.I. approvata con la variante in questione (che individua la zona "D speciale") indicava erroneamente come ambito di riferimento dell'intervento una superficie pari a soli mq. 6.691, mentre la stessa delibera consiliare n. 14/2020 di approvazione della variante impugnata quantifica la superficie complessiva dell'ambito in mq. 8.616 (ridotti a mq 8.439 dalla successiva perizia di stima del contributo straordinario, prot. n. 11058 del 12 settembre 2020).
In altri termini, la parte appellante lamenta un'incongruenza tra le dimensioni dell'intervento quali indicate nel progetto (6.691 metri quadri) rispetto a quelle indicate nella deliberazione impugnata, dove il riferimento è a una superficie di oltre 8.000 metri quadri.
2.5. Sulla base delle considerazioni che precedono, l'appellante ha chiesto che, in riforma della sentenza impugnata, vengano annullati la delibera consiliare n. 14/2020 del Comune di Valbrenta ed il permesso di costruire n. PC20/22 rilasciato in data 5 ottobre 2020 e venga condannato il Comune di Valbrenta al risarcimento di tutti i danni subiti dall'appellante per effetto dell'adozione dei provvedimenti impugnati.
3. Si sono costituiti in giudizio per resistere al proposto gravame il Comune di Valbrenta e la società controinteressata (Immobiliare Angarano s.r.l.), eccependo entrambi l'inammissibilità della produzione documentale effettuata dalla parte appellante in grado di appello e, in particolare, della perizia di stima a firma del geom. Domenico Bernardi.
3.1. Sia l'amministrazione comunale che la controinteressata (società Immobiliare Angarano s.r.l.) hanno ribadito l'insussistenza dell'interesse a ricorrere e hanno chiesto, conseguentemente, la conferma della sentenza impugnata; nel merito, hanno evidenziato l'infondatezza delle deduzioni della parte appellante.
4. In data 30 dicembre 2021, la società Immobiliare Angarano s.r.l. ha chiesto la definizione del giudizio ai sensi dell'art. 71-bis del c.p.a., evidenziando la necessità di una rapida definizione del contenzioso e l'insussistenza di esigenze di carattere istruttorio.
4.1. Con nota depositata in data 11 gennaio 2022 l'appellante si è opposto alla definizione del giudizio in camera di consiglio ai sensi dell'art. 71-bis c.p.a., chiedendo che venga disposta consulenza tecnica d'ufficio o verificazione sul seguente quesito: "si verifichi l'insufficienza delle aree a standard indicate nel progetto, dedotta dall'appellante nel quarto motivo, avuto riguardo alla superficie complessiva dell'ambito interessato dalla variante, pari a mq. 8.616".
4.2. La istanza di definizione del giudizio ai sensi dell'art. 71-bis del c.p.a. è stata reiterata dalla società controinteressata in data 12 aprile 2022.
4.3. Con nota depositata in data 14 aprile 2022 l'appellante si è nuovamente opposto alla definizione del giudizio in camera di consiglio, reiterando a sua volta le esigenze istruttorie rappresentate nella nota depositata in data 11 gennaio 2022.
4.4. Con memorie difensive e di replica le parti costituite hanno rappresentato compiutamente le rispettive tesi difensive.
5. All'udienza pubblica dell'11 gennaio 2024 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
6. In via preliminare, il Collegio è chiamato a valutare l'eccezione di inammissibilità della produzione documentale effettuata dall'appellante in grado di appello (eccezione sollevata sia dal Comune di Valbrenta che dalla società Immobiliare Angarano s.r.l.).
6.1. L'eccezione è fondata.
6.1.1. L'art. 104, comma 2, del c.p.a. dispone: "2. Non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo che il collegio li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa, ovvero che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile".
Orbene, l'appellante, pur a fronte della eccepita inammissibilità della predetta produzione documentale, non ha allegato alcun elemento che consenta di ritenere di non aver potuto proporla nel giudizio di primo grado "per causa ad essa non imputabile".
Ne consegue che la produzione documentale depositata dall'appellante unitamente all'atto di appello deve essere considerata inammissibile, per violazione dell'art. 104, comma 2, c.p.a.
6.1.2. Né le carenze documentali del ricorso di primo grado (con riguardo alla stima del danno asseritamente subito per effetto degli atti impugnati) possono essere superate per effetto del ricorso alla consulenza tecnica d'ufficio; per pacifica giurisprudenza, in base al principio generale sancito dall'art. 2697 c.c., ai fini del risarcimento dei danni provocati dall'illegittimo esercizio del potere amministrativo, il ricorrente deve fornire in modo rigoroso la prova dell'esistenza del danno, non potendosi invocare nella materia in esame il principio acquisitivo. L'azione risarcitoria innanzi al giudice amministrativo non è retta dal principio dispositivo con metodo acquisitivo, tipico del processo impugnatorio, bensì dal generale principio dell'onere della prova di cui all'art. 2697 c.c. e all'art. 115 c.p.c., per cui sulla parte ricorrente grava l'onere di dimostrare la sussistenza di tutti i presupposti della domanda, al fine di ottenere il riconoscimento di una responsabilità dell'Amministrazione per i danni derivanti dall'illegittimo ed omesso svolgimento dell'attività amministrativa di tipo autoritativo. Al mancato assolvimento dell'onere probatorio, peraltro, non può porre rimedio il giudice amministrativo avvalendosi della consulenza tecnica d'ufficio, che non è un mezzo di prova, ma è volto a fornire al giudice un ausilio tecnico per la valutazione di circostanze e fatti già acquisiti e dimostrati dalla parte.
7. Passando all'esame del primo motivo del ricorso in appello, concernente il capo di sentenza che ha dichiarato l'inammissibilità della domanda di annullamento degli atti impugnati, per difetto di interesse, il Collegio ritiene che le conclusioni del giudice di primo grado debbano essere confermate.
7.1. Per pacifica giurisprudenza, in materia di impugnazione di titoli edilizi, ai fini della legitimatio ad causam non è sufficiente il criterio della vicinitas, dovendo esso essere corroborato dalla prova del danno che la parte ricorrente assume derivi dagli atti impugnati.
L'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (sentenza 9 dicembre 2021, n. 22), chiamata a pronunciarsi sulla sufficienza del criterio della vicinitas per l'impugnazione dei titoli edilizi, ha formulato i seguenti principi di diritto:
a) nei casi di impugnazione di un titolo autorizzatorio edilizio, riaffermata la distinzione e l'autonomia tra la legittimazione ad agire e l'interesse al ricorso quali condizioni dell'azione, è necessario che il giudice accerti, anche d'ufficio, la sussistenza di entrambi e non può affermarsi che il criterio della vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, valga da solo e in automatico a dimostrare la sussistenza dell'interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall'atto impugnato;
b) l'interesse al ricorso correlato allo specifico pregiudizio derivante dall'intervento previsto dal titolo autorizzatorio edilizio che si assume illegittimo può comunque ricavarsi dall'insieme delle allegazioni racchiuse nel ricorso;
c) l'interesse al ricorso è suscettibile di essere precisato e comprovato dal ricorrente nel corso del processo, laddove il pregiudizio fosse posto in dubbio dalle controparti o la questione rilevata d'ufficio dal giudicante.
7.2. Tanto premesso, non può essere condivisa la tesi della parte appellante, secondo la quale "la vicinitas assorba in sé anche il profilo dell'interesse... richiedendo la prova in concreto di un danno patrimoniale effettivo, da un lato si addossa al ricorrente un onere probatorio che spesso può rivelarsi "diabolico", dall'altro si confonde la prova in concreto del danno, che consente l'azione risarcitoria, con la prospettazione che sorregge la condizione dell'azione" (pag. 12 dell'atto di appello).
7.3. Come evidenziato dalla Adunanza plenaria, ai fini della domanda di annullamento dei titoli edilizi, debbono ricorrere contestualmente, quali condizioni dell'azione, sia la legittimazione ad agire, che l'interesse a ricorrere.
Se il criterio della vicinitas rileva quale elemento di individuazione della legittimazione ad agire, in quanto consente di individuare il titolare di una posizione giuridica soggettiva qualificata e differenziata, con esso deve concorrere, ai fini della ammissibilità della domanda, l'interesse ad agire, inteso quale pregiudizio diretto, concreto e attuale derivante dalla adozione dei titoli edilizi contestati.
7.4. Questa Sezione ha avuto modo di precisare che, una volta affermata la distinzione e l'autonomia tra la legittimazione ad agire e l'interesse al ricorso quali condizioni dell'azione, è necessario che il giudice accerti, anche d'ufficio, la sussistenza di entrambi e non può affermarsi che il criterio della vicinitas, costituente elemento fisico-spaziale quale stabile collegamento tra un determinato soggetto e il territorio o l'area sul quale sono destinati a prodursi gli effetti dell'atto contestato, valga da solo e in automatico a dimostrare la sussistenza dell'interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall'atto impugnato (C.d.S., Sez. IV, n. 5916/2022).
Anche in termini solamente eventuali o potenziali l'interesse postula che il pregiudizio arrecato dal provvedimento gravato sia effettivo, nel senso che dall'esecuzione dello stesso deve discendere in via immediata e personale un danno certo alla sfera giuridica del ricorrente, ovvero potenziale, nel senso, però, che la lesione si verificherà in futuro con un elevato grado di certezza (C.d.S., Sez. IV, 22 giugno 2006, n. 3947).
7.5. Orbene, nel caso di specie, il Collegio rileva che le censure dedotte dall'appellante concernono la qualificazione urbanistica di un'area confinante con quella di sua proprietà, che aveva perduto la originaria destinazione urbanistica (c.d. zona bianca) e che è stata riqualificata dal Comune di Valbrenta come zona industriale "D speciale"; in relazione alla nuova qualificazione urbanistica dell'area de qua, il Comune di Valbrenta ha rilasciato alla società Immobiliare Angarano s.r.l. un permesso di costruire per la realizzazione di un capannone industriale, destinato a svolgere attività non produttiva, in quanto adibito a deposito o ad uffici.
7.6. L'odierno appellante non individua in concreto elementi pregiudizievoli rispetto alla sua posizione giuridica soggettiva, enfatizzando il pregio naturalistico, storico e sociale (peraltro, in contrasto con quanto da questi dichiarato in sede di procedura esecutiva immobiliare, a seguito della quale ha acquisito la titolarità dell'area) e ponendo in rilievo che la sua proprietà confina con due lati con l'area sulla quale insisterà il nuovo capannone.
7.7. Tanto premesso, sulla base delle circostanze allegate e ritualmente documentate dall'appellante, non emergono elementi che consentano di ritenere lesa la sfera giuridica dell'appellante in modo tale da giustificare l'annullamento degli atti impugnati.
7.8. In primo luogo, non sono ontologicamente configurabili i pregiudizi prospettati dall'appellante, sotto il profilo della tutela della quiete (pag. 3 del ricorso in appello) da emissioni acustiche fastidiose, in quanto il capannone in questione non è destinato ad attività produttiva, essendo adibito a deposito o ad uffici.
Neppure è stato adeguatamente documentato un pregiudizio sotto il profilo estetico e paesaggistico; anzi, per stessa ammissione dell'appellante, la zona in questione è urbanisticamente degradata, scarsamente popolata e carente di spazi e servizi pubblici, anche per la presenza di altri insediamenti di natura industriale.
Sull'intervento edilizio contestato, comunque, si sono espresse positivamente la Soprintendenza, in ordine alla compatibilità paesaggistica, e la Regione Veneto in ordine alla valutazione ambientale strategica; le valutazioni effettuate dalla Soprintendenza e dalla Regione non sono direttamente contestate dall'odierno appellante.
Non è dedotta la violazione delle distanze tra costruzioni.
L'unico pregiudizio concretamente rappresentato è individuato nella incidenza della realizzazione del nuovo capannone sulla vista del fiume Brenta, ma, a tale riguardo, le deduzioni di parte appellante si rivelano generiche e, in quanto tali, inammissibili, essendosi l'appellante limitato a dichiarare che "il capannone industriale si interporrà tra il fabbricato residenziale del ricorrente ed il fiume, precludendone la vista" (pag. 11 dell'atto di appello); in base al principio della vicinanza o della riferibilità della prova, il ricorrente (odierno appellante) avrebbe dovuto dimostrare, ponendosi dal lato prospettico del fabbricato di sua proprietà, l'effettiva incidenza della realizzazione del capannone sulla veduta del fiume.
7.9. Con riguardo al lamentato deprezzamento dell'area di sua proprietà, per effetto della modifica della destinazione urbanistica dell'area limitrofa, il Collegio deve rilevare che il pregiudizio prospettato dall'appellante è eventualmente da qualificare come effetto indiretto e mediato della modifica della qualificazione urbanistica apportata dal Comune di Valbrenta con riguardo all'area confinante e, quindi, ai fini della tutela del predetto pregiudizio, non è ammissibile la tutela demolitoria azionata, che richiede la lesione di un interesse diretto, concreto e attuale.
Come sopra evidenziato, in base alle coordinate ermeneutiche formulate dalla Adunanza plenaria nella sentenza n. 22/2021, in materia edilizia, la vicinitas è elemento necessario, ma non sufficiente a giustificare l'ammissibilità della domanda di annullamento degli atti impugnati, dovendo con l'elemento della vicinitas concorrere l'interesse ad agire connotato dalle caratteristiche sopra indicate.
In altri termini, nel caso di specie, non viene in rilievo un interesse dell'appellante giuridicamente rilevante (e tutelabile in questa sede) alla conservazione della originaria destinazione urbanistica dell'area confinante con quella di sua proprietà, (area confinante) che, peraltro, aveva già perduto (prima della variante urbanistica) la qualificazione originaria (area residenziale di espansione) per assumere quella di "zona bianca".
In conclusione, in relazione alle generiche allegazioni della parte appellante, la domanda di annullamento degli atti impugnati deve essere dichiarata inammissibile.
8. L'inammissibilità della domanda demolitoria, per difetto di interesse, preclude l'esame delle censure di merito formulate dal ricorrente in primo grado e riproposte in grado di appello nei confronti dei provvedimenti impugnati e, nel contempo, comporta il rigetto della connessa domanda risarcitoria, formulata in termini di deprezzamento dell'area di proprietà dell'appellante, per effetto della realizzazione del capannone in questione sull'area limitrofa, (domanda risarcitoria) che ha come presupposto la dedotta illegittimità degli atti impugnati.
9. In conclusione, il ricorso in appello deve essere respinto, con integrale conferma della sentenza di primo grado.
10. Le spese del presente grado di giudizio, liquidate nel dispositivo, sono poste a carico dell'appellante, secondo l'ordinario criterio della soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l'appellante al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, liquidate in euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori di legge, per ciascuna delle parti costituite (Comune di Valbrenta; società Immobiliare Angarano s.r.l.).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Note
La presente decisione ha per oggetto TAR Veneto, sez. II, sent. n. 1010/2021.