Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania
Sezione I
Sentenza 9 maggio 2024, n. 3021

Presidente: Salamone - Estensore: De Falco

FATTO E DIRITTO

Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, la sig.ra Amelia B., ha premesso di essere stata eletta nel settembre 2020 (tornata elettorale 20/21 settembre) consigliere comunale del Comune di Cesa.

Secondo quanto ulteriormente rappresentato il Consiglio è formato da 8 consiglieri di maggioranza, più il Sindaco, e n. 4 consiglieri di minoranza (tra cui la stessa sig. B.), sicché il Consiglio, prosegue parte ricorrente, può funzionare anche in assenza dei consiglieri di minoranza.

La ricorrente rileva di non aver preso parte a più sedute del Consiglio "in talune circostanze per effettive ragioni di ordine lavorativo, in altre per marcare politicamente il proprio disappunto e dissenso rispetto a una gestione della cosa pubblica considerata errata ed impropria" (cfr. pag. 3 ricorso).

Con nota (prot. n. 2848) del 2 marzo 2023, il presidente del Consiglio comunale le ha comunicato l'avvio del procedimento di decadenza della carica di Consigliere comunale per non aver partecipato, consecutivamente, alle adunanze consiliari del 22 febbraio 2022, 31 marzo 2022, 22 aprile 2022, 29 aprile 2022, 13 maggio 2022, 23 maggio 2022, 10 giugno 2022, 15 luglio 2022, 28 luglio 2022, invitandola a far pervenire per iscritto eventuali giustificazioni entro 15 giorni dalla notifica della comunicazione.

Con nota del 14 marzo 2022 la consigliere B. faceva pervenire le proprie deduzioni evidenziando, tra l'altro, che: "L'astensionismo deliberato e preannunciato, ancorché superiore al periodo previsto ai fini della decadenza, è da considerarsi uno strumento di lotta politico-amministrativa a disposizione delle forze di opposizione per far valere il proprio dissenso a fronte di atteggiamenti ritenuti non partecipativi, non dialettici e non democratici delle forze di maggioranza".

Con deliberazione n. 52 del 14 novembre 2023 il Consiglio comunale (seguendo la procedura prevista per le ipotesi di incandidabilità) avviava nuovamente il procedimento di decadenza, contestando alla ricorrente le ripetute assenze.

In data 21 novembre 2023 la consigliera B. faceva pervenire al Comune le proprie giustificazioni che ricalcavano le precedenti già inviate al presidente del Consiglio comunale nelle quali sostanzialmente affermava: che le assenze (tutte) avevano un carattere politico di protesta; che con PEC aveva in alcuni casi preannunciato in pari data rispetto a quella fissata per la seduta del Consiglio comunale la sua volontà di non partecipare, per ragioni di "protesta" politica, e che tale protesta era dettata dalla circostanza che le sedute del C.c. venivano svolte di mattina e non di pomeriggio.

Le giustificazioni fornite dalla ricorrente non venivano accolte e il Comune di Cesa con delibera n. 62 del 30 novembre 2023 ne dichiarava la decadenza dalla carica, tenuto conto che "le giustificazioni presentate dalla Consigliere comunale Amelia B. non possono essere accolte in quanto la motivazione politica delle assenze quale lotta politico-amministrativa non è contemplata tra le giustificazioni previste dal Regolamento sul funzionamento del Consiglio comunale. Inoltre, le giustifiche, anche sulla natura politica del gesto, sono state manifestate in maniera pubblica, solo dopo le tre assenze dal Consiglio e dunque dopo essere maturata la decadenza".

Con successiva delibera di C.c. n. 65 del 5 dicembre 2023 veniva disposta la surroga dei consiglieri decaduti dalla carica.

La ricorrente è insorta contro tali atti, chiedendone l'annullamento previa sospensione cautelare degli effetti, sulla base delle seguenti censure.

I) Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 97 e 114 Cost. Violazione e falsa applicazione degli artt. 36 e ss. d.lgs. 267/2000. Violazione e falsa applicazione della l. 241/1990. Violazione e falsa applicazione dell'art. 10 dello statuto comunale allegato alla deliberazione di C.c. n. 42 del 20 luglio 2010. Violazione e falsa applicazione dell'art. 31 del regolamento per il funzionamento del Consiglio comunale approvato con deliberazione di C.c. n. 11 del 29 febbraio 2000. Travisamento ed erronea valutazione dei fatti e dei presupposti. Violazione e vizi del procedimento. Illogicità o contraddittorietà. Sviamento di potere. Ingiustizia manifesta.

II) Stesse censure sub I) sotto diverso profilo. Violazione e falsa applicazione dell'art. 69 d.lgs. 267/2000. Violazione e falsa applicazione della l. 241/1990. Violazione e falsa applicazione dell'art. 10 dello statuto comunale allegato alla deliberazione di C.c. n. 42 del 20 luglio 2010. Violazione e falsa applicazione dell'art. 31 del regolamento per il funzionamento del Consiglio comunale approvato con deliberazione di C.c. n. 11 del 29 febbraio 2000. Travisamento ed erronea valutazione dei fatti e dei presupposti. Violazione e vizi del procedimento. Illogicità o contraddittorietà. Sviamento di potere. Ingiustizia manifesta.

Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell'interno e il Comune di Caserta, il primo rilevando il proprio difetto di legittimazione passiva non avendo adottato alcuno degli atti impugnati nella presente sede, il secondo deducendo l'infondatezza della domanda.

Alla camera di consiglio del 14 febbraio 2024 fissata per la trattazione della domanda cautelare di sospensione degli effetti dei provvedimenti impugnati, il presidente ha dato avviso alle parti, che non si sono opposte, della possibilità di definire il giudizio con sentenza in forma semplificata.

I) Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente invoca l'illegittimità della gravata delibera di decadenza, in quanto la formale contestazione degli addebiti sarebbe avvenuta a distanza di oltre un anno dall'ultima assenza. Inoltre, prosegue parte ricorrente, tali assenze sarebbero dovute sia a motivi di lavoro che all'utilizzo dell'astensione dalle sedute come legittimo strumento di lotta politica.

Il motivo è infondato.

Preliminarmente, vanno delineati alcuni principi di diritto al fine di mettere in rilievo come l'istituto della decadenza attui un delicato equilibrio tra esigenze di tutela della rappresentatività democratica nelle amministrazioni locali, di salvaguardia delle minoranze politiche, di ordinato svolgimento delle funzioni istituzionali, di corretto funzionamento degli organi assembleari e deliberativi, di predilezione nella cura dell'interesse pubblico da parte di chi ricopre incarichi istituzionali.

In via generale, la decadenza dalla carica di consigliere comunale costituisce una limitazione all'esercizio di un munus publicum, sicché la valutazione delle circostanze cui è conseguente la decadenza vanno interpretate restrittivamente.

Il carattere sanzionatorio del provvedimento, destinato ad incidere su una carica elettiva, impone la massima attenzione agli aspetti garantistici della procedura, anche per evitare un uso distorto dell'istituto come strumento di discriminazione nei confronti delle minoranze.

Sotto distinto profilo, l'istituto della decadenza è posto a presidio di una ordinata e proficua attività dell'organo collegiale e tende a sanzionare il comportamento del consigliere che, una volta eletto, si disinteressi del mandato conferitogli dai cittadini.

Visto che l'elettorato passivo trova tutela a livello costituzionale (art. 51 Cost.), le ragioni che, in relazione al modo di esercizio della carica, possano comportare decadenza, devono essere obiettivamente gravi nella loro assenza o inconferenza di giustificazione ovvero nella loro genericità e carenza di prova, tale da impedire qualsiasi accertamento sulla fondatezza, serietà e rilevanza.

L'astensionismo ingiustificato di un consigliere comunale costituisce legittima causa di decadenza sul presupposto del disinteresse e della negligenza che l'amministratore mostra nell'adempiere il proprio mandato, con ciò generando non solo difficoltà di funzionamento dell'organo collegiale cui appartiene ma violando, altresì, l'impegno assunto con il corpo elettorale che lo ha eletto e che ripone in lui la dovuta fiducia politico-amministrativa (T.A.R. Lombardia, Brescia, n. 638/2011).

A differenza dell'astensionismo deliberato e preannunciato che può considerarsi uno strumento di lotta politico-amministrativa a disposizione delle forze di opposizione per far valere il proprio dissenso a fronte di atteggiamenti ritenuti non partecipativi, dialettici e democratici delle forze di maggioranza, quello non preventivamente comunicato e addotto solo successivamente - e su richiesta di giustificazione per la mancata partecipazione ai lavori consiliari - costituisce legittima causa di decadenza, generando difficoltà di funzionamento dell'organo collegiale cui appartiene il consigliere comunale e violando l'impegno assunto con il corpo elettorale che lo ha eletto e che ripone in lui la dovuta fiducia politico-amministrativa (cfr. da ultimo questa Sezione sentenza n. 826/2021 e la giurisprudenza ivi citata)

Nel caso di specie, secondo quanto emerge dalle stesse giustificazioni di parte ricorrente, le assenze sarebbero state precedute da comunicati sui social media realizzati insieme ad altri consiglieri comunali, anche essi dichiarati decaduti (e che peraltro hanno proposto innanzi a questo Tribunale ricorsi di tipo analogo a quello dell'odierna ricorrente).

Sennonché dai numerosi articoli di giornale e comunicazioni social depositati agli atti del giudizio, emerge una sola comunicazione del 30 marzo 2022 con cui il gruppo consiliare preannuncia l'astensione dalla seduta del Consiglio comunale del giorno successivo, in quanto convocata di mattina nonostante le richieste di convocazione pomeridiana proveniente dai consiglieri di minoranza.

A fronte del riscontro fornito dal presidente del Consiglio comunale che indicava specifiche ragioni organizzative poste a fondamento della scelta della convocazione mattutina, la ricorrente e gli altri membri della minoranza consiliare non hanno comunque partecipato alla riunione.

Ritiene il Collegio che la motivazione addotta da parte ricorrente non sia tale da giustificare le assenze e intaccare la legittimità del provvedimento di decadenza, atteso che, per un verso, si tratta di un annuncio isolato a fronte delle molteplici assenze della ricorrente e, per altro verso, che le ragioni addotte a fronte dell'unico annuncio preventivo dell'assenza non aveva carattere politico ma meramente organizzativo legato allo svolgimento nell'orario mattutino delle sedute del Consiglio.

Solo alcune delle tante astensioni (9) sono state preannunciate con PEC al Consiglio e solo una oggetto di comunicazione al pubblico, tutte le restanti assenze, almeno cinque, sono invece rimaste senza alcuna previa comunicazione e devono quindi ritenersi come rilevanti ai fini decadenziali, non potendosi esse neppure indirettamente ricollegare ad una strategia politica.

Pertanto, anche in questo caso, come già evidenziato da questa Sezione in altra simile vicenda "Non vi sono ragioni per discostarsi dall'orientamento giurisprudenziale (C.d.S., Sez. V, n. 743/2017) secondo cui la mera protesta politica, dichiarata a posteriori, non è idonea a costituire valida giustificazione delle assenze dalle sedute consiliari, in quanto, a tale scopo, occorre che il comportamento ed il significato della protesa che il consigliere comunale intende annettervi siano in qualche modo esternati al Consiglio o resi pubblici in concomitanza alla estrema manifestazione di dissenso, di cui la diserzione delle sedute costituisce espressione" (sent. n. 826 dell'8 febbraio 2021).

Peraltro, la stessa sig.ra B. ammette di non aver partecipato ad alcune riunioni del consesso comunale anche per ragioni individuali di lavoro, peraltro genericamente invocate, e che della questione aveva avvisato anche il Consiglio, con la conseguenza che la mancata partecipazione alle sedute sembra essere stata ispirata da ragioni di opportunità individuali, probabilmente saldatesi con altre analoghe di altri consiglieri di minoranza, senza che tuttavia esse siano assurte a strumento di lotta, non risultando infatti una complessiva strategia volta a far risaltare le assenze coordinate quale cassa di risonanza di una specifica ragione di contestazione alla politica della maggioranza consiliare.

Senza considerare che anche sotto il profilo delle esigenze lavorative, parte ricorrente poteva fruire di permessi lavorativi per prendere parte alle sedute del Consiglio.

II) Con il secondo motivo di ricorso parte ricorrente lamenta la violazione dell'art. 69 del d.lgs. n. 267/2000 in quanto la contestazione delle assenze sarebbe avvenuta a distanza di 16 mesi dall'ultima assenza. Secondo parte ricorrente sussisterebbe un principio di tempestività nella contestazione delle assenze posto a presidio del diritto di difesa.

Anche tale eccezione non persuade.

In primo luogo essa non trova addentellati testuali nella specifica disciplina contenuta nel t.u.e.l., atteso che l'art. 69 prevede una serie di termini per consentire la presentazione di controdeduzioni e di termini per poter valutare le controdeduzioni presentate, ma non indica alcun termine entro il quale si devono necessariamente contestare i presupposti per la decadenza dalla carica di consigliere comunale.

Ma neppure risulta violato il diritto di difesa della ricorrente in dipendenza del lasso temporale trascorso, considerato che, per un verso, ella aveva già avuto comunicazione dal presidente del Consiglio comunale in data 2 marzo 2023 che a prescindere dalla specifica competenza ad avviare il procedimento aveva comunque consentito al ricorrente di acquisire contezza della questione, per altro verso, anche in sede giurisdizionale l'attore non ha addotto elementi atti suffragare una legittima giustificazione delle assenze che il decorso del tempo avrebbe reso impossibile da documentare.

In altre parole, non si vede quale concreta lesione del diritto di difesa dell'attrice si sia prodotta nella fattispecie a causa del decorso del tempo, tenuto conto che parte ricorrente non ha addotto, a pretesa giustificazione delle proprie assenze, motivi di impedimento alla partecipazione che però non avrebbe potuto provare a causa del decorso di un lasso di tempo eccessivo.

In definitiva tutte le censure si appalesano infondate e il ricorso deve conseguentemente essere respinto.

La particolare natura della controversia e la novità di alcune delle questioni trattate giustificano l'integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.