Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana
Sentenza 28 maggio 2024, n. 372

Presidente: de Francisco - Estensore: La Ganga

1. Gli appellanti hanno chiesto la riforma della sentenza del T.A.R. per la Sicilia, n. 2032/2023 con la quale è stato respinto il ricorso per l'annullamento:

- del provvedimento del responsabile dell'Ufficio tecnico del Comune di Collesano del 25 febbraio 2019, prot. n. 2024, con cui è stata dichiarata non accoglibile la richiesta del 9 maggio 2016, prot. n. 4168, di riesame della domanda di condono già rigettata con nota dell'8 aprile 2014, prot. n. 3579;

- ove occorra, della nota dell'8 aprile 2014, prot. n. 3579, con cui il Comune di Collesano ha rigettato la domanda di condono edilizio relativa alla sopraelevazione del fabbricato sito in Collesano, in contrada Carpinello, identificata in catasto al foglio 2, particella 334;

- ove occorra, della relazione istruttoria datata 17 marzo 2014, allegata alla suddetta nota;

- ove occorra, dell'ingiunzione di demolizione dell'1 settembre 2014, n. 2;

- ove occorra, del provvedimento dell'11 febbraio 2016, n. 4, di irrogazione della sanzione pecuniaria di euro 4.000,00;

2. In fatto gli eventi che caratterizzano la pratica in oggetto sono i seguenti:

- con nota prot. n. 1969 del 2 febbraio 1995 il sig. M. Vincenzo (dante causa degli appellanti) ha presentato istanza di concessione edilizia in sanatoria ai sensi dell'art. 39 della l. n. 724/1994, per le opere di "sopraelevazione" del preesistente fabbricato di sua proprietà sito in località Carpinello di Collesano, in catasto al foglio 2, particella 334, provvedendo al pagamento dell'oblazione e degli oneri concessori, ad accatastare l'immobile e a integrare tutta la documentazione necessaria al rilascio della sanatoria;

- il 5 febbraio 2004 il sig. M. Vincenzo è deceduto e gli sono succeduti la moglie e i figli, odierni appellanti;

- con nota prot. n. 3579 dell'8 aprile 2014, indirizzata agli "eredi M. Vincenzo", il responsabile dell'U.T.C. ha comunicato che «facendo seguito a quanto espressamente riportato nella nota istruttoria che si allega in copia» la sopraelevazione del fabbricato oggetto della domanda di condono edilizio «è da considerarsi respinta»;

- con ingiunzione di demolizione n. 2 dell'1 settembre 2014, notificata il 9 settembre 2014, il Comune ha rigettato l'istanza di condono ordinando ai ricorrenti la demolizione della suddetta "sopraelevazione".

- con successivo provvedimento n. 4 dell'11 febbraio 2016, notificato il 18 febbraio 2016, il Comune ha ingiunto agli appellanti il pagamento della sanzione amministrativa di euro 4.000,00;

- gli appellanti con istanza prot. n. 4168 del 9 maggio 2016, ritenuta l'omessa notifica nei loro confronti del diniego della sanatoria e ritenuta l'illegittimità dei motivi di rigetto per violazione dell'art. 43, comma 5, l. n. 47/1985, hanno chiesto il riesame e la revoca della nota prot. n. 3579/2014 e degli atti successivi;

- l'U.T.C. con nota prot. n. 5058 del 9 giugno 2016 ha comunicato che «sta(va) provvedendo a riesaminare la pratica di cui trattasi. Seguirà successiva comunicazione al fine di notiziare l'esito di quanto determinato»;

- infine, con nota prot. n. 2024 del 25 febbraio 2019, notificata il 7 marzo 2019, il responsabile dell'U.T.C. in relazione all'istanza di cui alla nota prot. n. 5058 del 9 giugno 2016, ha comunicato che «in riferimento alla richiesta di cui in oggetto, con la presente si comunica che la stessa non è accoglibile»;

- quest'ultimo provvedimento e, ove occorra, tutti gli atti pregressi sono stati impugnati col ricorso n. 1015/2019 R.R. e il T.A.R. con la sentenza appellata ha dichiarato il ricorso, in parte, inammissibile in merito all'atto oggetto dell'odierna impugnativa (provvedimento dell'8 aprile 2014, prot. n. 3579), che ha natura meramente confermativa; mentre ha dichiarato il ricorso avverso i precedenti atti irricevibile, giacché essi risultano tutti debitamente notificati agli odierni ricorrenti, che non li hanno impugnati nel termine decadenziale di sessanta giorni.

3. L'appello è affidato ai seguenti motivi:

I) «errata qualificazione del provvedimento impugnato come atto meramente confermativo. Carenza di motivazione del provvedimento impugnato».

Gli appellanti sostengono che il T.A.R. erroneamente abbia qualificato il provvedimento impugnato come atto meramente confermativo; ritengono, infatti, che non abbia tale natura il provvedimento conclusivo di un procedimento amministrativo e tanto meno di un procedimento amministrativo di riesame, aperto per di più per valutare la fondatezza di una questione di diritto.

Superata la questione di inammissibilità del ricorso gli appellanti eccepiscono l'illegittimità del provvedimento impugnato in prime cure quanto meno sotto il profilo della carenza di motivazione, atteso che sulla questione sollevata con l'istanza di riesame e, quindi, sulla corretta interpretazione e applicazione dell'art. 43, quinto comma, della l. n. 47/1985, il Comune non si è pronunciato.

II) «Violazione dell'art. 97 Cost. e delle norme sul procedimento amministrativo e in particolare degli articoli 1 e 2 l. 241/1990 - eccesso di potere per difetto di motivazione e per contraddittorietà - eccesso di potere per irragionevolezza e ingiustizia».

Gli appellanti sostengono che se è vero che su un'istanza di riesame in autotutela l'Amministrazione ha il potere discrezionale di accoglierla o meno, o meglio, non è tenuta a provvedere, è vero anche che se la stessa comunica di stare provvedendo al riesame, come ha fatto il Comune con la nota prot. n. 5058 del 9 giugno 2016, e quindi di aver avviato un procedimento di riesame ha poi l'obbligo di provvedere espressamente e di motivare.

III) «Violazione dell'articolo 39 l. 724/1994, dell'articolo 43, comma 5, della legge 47/1985. violazione della circolare 17 giugno 1995 n. 2241 U.L.».

Gli appellanti sostengono che il Comune abbia interpretato male l'art. 43, comma 5, della l. n. 47/1985, infatti nel provvedimento di diniego e nella relazione allegata il fatto che il sequestro penale avesse impedito il completamento della struttura era addotto come giustificazione del diniego di sanatoria, laddove, al contrario, tale circostanza è valorizzata dal citato art. 47 che vieta di attribuire al mancato completamento dell'opera efficacia ostativa alla concessione del provvedimento di sanatoria. L'art. 47 parla di "strutture necessarie", ovvero, richiede che i manufatti abbiano una fisionomia tale da rendere riconoscibile il disegno progettuale e la destinazione dell'opera e debbano essere completati ai soli fini della loro funzionalità (quindi anche se trattasi di opere prive di tamponature esterne) altrimenti sarebbe stata usata la diversa espressione "opere ultimate" cioè completate almeno al rustico (C.d.S., n. 3542 del 30 giugno 2005; n. 5625 del 19 ottobre 2011; 3286/2008).

Gli appellanti precisano che non stanno chiedendo al C.G.A. di sostituirsi all'Amministrazione concedendo la sanatoria ingiustamente negata, ma semplicemente di riconoscere la fondatezza dell'argomentazione qui svolta e conseguentemente annullare l'impugnato provvedimento n. 2024/2019, salve le ulteriori determinazioni dell'Amministrazione comunale.

4. Il Comune resistente non si è costituito nemmeno in appello.

5. Il 16 gennaio 2024 gli appellanti visto:

- l'ordine di evacuare l'immobile entro il 20 febbraio 2024, al fine di provvedere immediatamente alla sua demolizione in danno (per la quale la Procura ha già individuato l'impresa incaricata e è stata prevista e finanziata una spesa di oltre 50.000 euro), notificato loro dalla Procura della Repubblica di Termini Imerese il 22 dicembre 2023;

- considerato che nel contesto della sentenza penale di condanna in materia edilizia l'ordine di demolizione delle opere abusive ha per unanime e consolidata giurisprudenza natura amministrativa e pur dopo il passaggio in giudicato della sentenza penale può essere revocato dall'Autorità giudiziaria penale in caso di sopravvenuta concessione della sanatoria da parte dell'Amministrazione comunale competente, il cui primario potere in materia non cessa per effetto della decisione penale;

hanno chiesto la sospensione dell'efficacia della sentenza appellata e conseguentemente dell'impugnato provvedimento 25 febbraio 2019, n. 2024 del Comune di Collesano, con conseguente ordine all'Amministrazione di definire con un provvedimento motivato l'iter del procedimento di riesame comunicato con nota prot. n. 5058 del 9 gennaio 2016.

6. All'udienza camerale del 7 febbraio il Collegio si è riservato di decidere con sentenza in forma semplificata e la causa è stata posta in decisione.

7. Preliminarmente, considerato che la sentenza ha dichiarato l'irricevibilità del ricorso proposto avverso i precedenti atti, ivi compresa l'ingiunzione di demolizione dell'1 settembre 2014, n. 2, giacché essi risultano tutti debitamente notificati agli odierni ricorrenti, che non li hanno impugnati nel termine decadenziale di sessanta giorni, il Collegio ritiene che la proprietà delle opere abusive sia di diritto passata già al patrimonio comunale, per cui gli appellanti non hanno interesse al ricorso non essendo più proprietari delle opere per cui è causa.

8. Nel merito gli appellanti incentrano la questione prevalentemente sulla rilevanza da attribuire alla nota con la quale l'Amministrazione ha loro comunicato di stare procedendo al riesame della pratica, nota questa alla quale gli appellanti ricollegano l'obbligo per l'Amministrazione di pronunciarsi sull'istanza di riesame con provvedimento motivato.

Invece, per il Collegio assume maggiore rilevanza la circostanza che l'istanza di riesame sia stata presentata dagli appellanti quando già l'ente era divenuto proprietario delle opere per averle acquisite al patrimonio comunale a seguito dell'inottemperanza all'ordinanza di demolizione in precedenza ingiunta.

Come ha di recente ribadito il Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, con la sentenza n. 16 dell'11 ottobre 2023, la mancata ottemperanza all'ordinanza di demolizione entro il termine previsto dall'art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001 impone l'emanazione dell'atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, che ha natura dichiarativa e comporta - in base alle regole dell'obbligo propter rem - l'acquisto ipso iure del bene identificato nell'ordinanza di demolizione alla scadenza del termine di 90 giorni fissato con l'ordinanza di demolizione.

Ne deriva che nel caso di specie, essendo inutilmente spirato il termine per ottemperare alla demolizione delle opere abusive (ritualmente notificata agli appellanti), il Comune sia ormai divenuto proprietario delle opere di sopraelevazione abusivamente realizzate e, quindi, l'istanza prot. n. 4168 del 9 maggio 2016, con la quale gli odierni appellanti hanno chiesto il riesame dell'istanza di sanatoria e la revoca della nota prot. n. 3579/2014 e degli atti successivi, nonostante l'Amministrazione abbia loro comunicato che stava provvedendo al riesame, non ha ragion d'essere dal momento che proviene da soggetti non più titolari di alcun interesse sulle opere di sopraelevazione.

Inoltre, l'eventuale permesso di costruire in sanatoria, rilasciato successivamente all'acquisizione al patrimonio immobiliare del Comune, sarebbe illegittimo, in quanto emesso a favore di un soggetto che non [è] più titolare del bene, spettando solo al Comune di stabilire se mantenere o demolire l'opera.

9. Nulla sulle spese considerato la mancata costituzione del Comune appellato.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, rigetta l'appello.

Nulla sulle spese.

Note

La presente decisione ha per oggetto TAR Sicilia, sez. II, sent. n. 2032/2023.