Corte di cassazione
Sezioni unite civili
Ordinanza 14 maggio 2024, n. 13191

Presidente: D'Ascola - Relatore: Cirillo

FATTI DI CAUSA

1. Il Consiglio comunale di Riva Ligure approvò, con due successive delibere degli anni 1983 e 1987, il Piano particolareggiato di iniziativa pubblica della zona CP3 del Piano regolatore generale approvato nel 1980.

Con successiva delibera (d.P.G.r. 13 dicembre 1999, n. 307) fu stabilita una variante allo strumento urbanistico che determinò la ricomprensione dell'ambito territoriale identificato con la sigla CP3 nella zona B2.

Dopo questa modifica Margherita G., proprietaria di un fondo ricompreso nell'area del Piano particolareggiato prima denominata CP3 e poi B2, nella convinzione della perdurante vigenza del precedente strumento urbanistico, presentò al Comune di Riva Ligure, in data 13 marzo 2000, un'istanza per la realizzazione di un immobile residenziale in tale area; richiesta che fu accolta nel 2003 con il rilascio del permesso di costruire in favore di Raffaele e Giovanna L., aventi causa da Margherita G.

Quel permesso di costruire fu però impugnato, davanti al Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, dai comproprietari confinanti Paola B., Vincenzo T. e Giulia Anna T., sul rilievo che il permesso si fondava su di uno strumento urbanistico ormai divenuto inefficace.

Nel giudizio si costituirono sia il Comune che Raffaele e Giovanna L., chiedendo il rigetto del ricorso.

Il T.A.R. - dopo aver disposto la sospensione cautelare dei lavori avviati da questi ultimi sulla base del contestato permesso di costruire e giunti ormai ad un punto avanzato - con sentenza definitiva accolse l'impugnazione e annullò tale permesso.

La sentenza di primo grado fu confermata dal Consiglio di Stato con sentenza del 29 dicembre 2012, n. 6080, divenuta irrevocabile per mancata impugnazione.

2. Alla luce di questa complessa vicenda, i signori L. - che avevano avviato lavori di costruzione facendo affidamento sulla piena legittimità del permesso di costruire poi annullato - hanno proposto un nuovo ricorso, davanti al T.A.R. per la Liguria, nei confronti del Comune di Riva Ligure, chiedendo il risarcimento dei danni da loro patiti a causa dell'annullamento giurisdizionale del permesso suindicato.

Il Comune si è costituito senza contestare la giurisdizione del giudice amministrativo.

Raffaele e Giovanna L., tuttavia, in vista dell'udienza di discussione del merito del ricorso davanti al T.A.R. per la data del 19 luglio 2023, hanno proposto regolamento preventivo di giurisdizione, chiedendo che venga dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario.

Il Comune di Riva Ligure si è costituito, chiedendo che il regolamento venga dichiarato inammissibile o comunque rigettato.

Il Procuratore generale ha rassegnato conclusioni per iscritto, chiedendo che venga dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario.

Le parti hanno depositato memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I ricorrenti sostengono che, nel momento in cui è stato proposto il giudizio risarcitorio davanti al T.A.R. ligure, non vi era alcun dubbio sul fatto che in una causa come questa la giurisdizione spettasse al giudice ordinario. In tal senso era la giurisprudenza delle Sezioni unite di questa Corte, consolidatasi anche dopo l'entrata in vigore del codice del processo amministrativo.

L'argomento, però, è stato oggetto di meditazione critica da parte della sentenza dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 20 del 2021 la quale, non riconoscendo all'affidamento il carattere di posizione giuridica autonoma, ha sostenuto che nelle materie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la stessa si estende anche alle cause che hanno ad oggetto, appunto, la lesione dell'affidamento del privato.

Di qui, ad avviso dei ricorrenti, l'opportunità di rivolgersi alle Sezioni unite di questa Corte affinché regolino la giurisdizione nel senso di attribuirla al giudice ordinario.

2. Il Comune, al contrario, sostiene che, non essendovi stata, da parte sua, alcuna contestazione sulla giurisdizione, la stessa dovrebbe ormai irrevocabilmente rimanere attribuita al giudice amministrativo, con conseguente inammissibilità del regolamento preventivo, proposto, tra l'altro, quasi dieci anni dopo la proposizione del ricorso. Nel merito, comunque, lo stesso rileva che la giurisdizione dovrebbe spettare al giudice amministrativo, per le ragioni espresse dall'Adunanza plenaria nella suindicata pronuncia.

3. Il Collegio osserva, innanzitutto, in risposta alle osservazioni contenute nel controricorso, che il ricorso è ammissibile.

Non sussiste alcun ostacolo alla sua proponibilità per il fatto che il giudizio attualmente pendente davanti al T.A.R. per la Liguria ha avuto inizio molti anni addietro, dal momento che l'effetto preclusivo si determina a seguito della pronuncia, da parte del giudice adito, di una decisione di merito, e sempre che questa sia antecedente alla proposizione del regolamento di giurisdizione. La proposizione del regolamento, infatti, non ha effetto obbligatoriamente sospensivo del processo pendente (art. 367 c.p.c. e art. 10, comma 1, c.p.a.); per cui deve essere confermata la giurisprudenza secondo la quale, in tema di regolamento preventivo di giurisdizione, l'interesse alla decisione della Corte di cassazione non viene meno ove, successivamente alla proposizione del regolamento, sia emessa, da parte del giudice di merito, la sentenza, che va considerata come resa a cognizione sommaria e, se passata in giudicato, pur sempre condizionata al riconoscimento della giurisdizione del giudice che l'ha pronunciata, all'esito della definizione del regolamento (così, tra le altre, le ordinanze 11 maggio 2018, n. 11576, e 7 novembre 2023, n. 31014).

Allo stesso modo, non è configurabile alcuna preclusione all'utilizzo dello strumento del regolamento preventivo di giurisdizione per il fatto che a proporlo sia la stessa parte che dato inizio al giudizio pendente e - come nel caso in esame - allo scopo di ottenere il riconoscimento dell'appartenenza della giurisdizione ad un plesso diverso da quello adito.

Va infatti, anche su questo argomento, data continuità all'ormai pacifico orientamento secondo cui il regolamento preventivo di giurisdizione può essere proposto anche dallo stesso soggetto che ha proposto il giudizio di merito sussistendo, in presenza di ragionevoli dubbi sui limiti esterni della giurisdizione del giudice adito, un interesse concreto ed immediato alla risoluzione della questione da parte delle Sezioni unite della Corte di cassazione, in via definitiva ed immodificabile, per evitare che la sua risoluzione in sede di merito possa incorrere in successive modifiche nel corso del giudizio, ritardando la definizione della causa (così, di recente, l'ordinanza 12 maggio 2022, n. 15122, in linea, tra le meno risalenti, con l'ordinanza 18 dicembre 2018, n. 32727).

Nel caso di specie, infatti, i ricorrenti hanno correttamente rilevato che nel momento in cui il giudizio pendente ebbe inizio vi erano parecchie incertezze sul riparto di giurisdizione nei casi di lesione dell'affidamento in danno del privato; che, successivamente, si era andata consolidando una giurisprudenza incline ad attribuire la giurisdizione al giudice ordinario, con un orientamento messo però in discussione dalla nota sentenza dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato in precedenza richiamata.

Tale ricostruzione è corretta e dà quindi piena ragione dell'esistenza di un interesse, in capo ai ricorrenti, ad ottenere una decisione da parte della Corte regolatrice che attribuisca una volta e per sempre la giurisdizione nella vicenda in esame.

4. Tanto premesso e passando al merito della questione, queste Sezioni unite ritengono che la giurisdizione spetti al giudice ordinario.

4.1. Non è il caso di ripercorrere analiticamente la complessa discussione relativa al riparto di giurisdizione nelle cause che hanno ad oggetto la lesione dell'affidamento del privato in conseguenza dell'annullamento disposto in via giurisdizionale (come nel caso in esame), ovvero in autotutela, di un provvedimento ampliativo della sua sfera giuridica.

Giova piuttosto ricordare che questo Collegio ha affrontato funditus il problema - ricostruendone anche la genesi storica e il complesso dibattito che ne è derivato - nell'ordinanza 24 gennaio 2023, n. 2175.

Tale provvedimento, peraltro, non costituisce una novità rispetto all'ormai consolidato orientamento inaugurato dalle tre note ordinanze del 23 marzo 2011, n. 6594, 6595 e 6596 e costantemente ribadito in seguito; ma deve essere richiamato, oltre che per la completezza della ricostruzione e per l'ampiezza delle argomentazioni, perché è successivo alla sentenza n. 20 del 2021 dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato; decisione, quest'ultima, che è andata in consapevole dissenso rispetto all'orientamento della Corte regolatrice, con una serie di argomenti che l'ordinanza n. 2175 del 2023 ha analiticamente esaminato e confutato.

Quest'ultima ha messo in luce, tra l'altro, che il ragionamento svolto dal Consiglio di Stato nella menzionata sentenza sembra non tenere nella giusta considerazione il fatto che «il provvedimento ampliativo, ancorché illegittimo, non produce ex se alcun danno al suo destinatario/beneficiario. In relazione agli interessi legittimi pretensivi, infatti, l'interesse del privato all'ampliamento della propria sfera giuridica è soddisfatto quando l'amministrazione, all'esito del procedimento, emani il provvedimento che produce l'effetto positivo, senza che rilevi, dal punto di vista del medesimo privato, se tale emanazione sia legittima o illegittima; al privato - come in dottrina non si è mancato di sottolineare - interessa soltanto poter vedere ampliata la propria sfera giuridica, cioè acquisire un bene della vita. Il danno patito dal beneficiario del provvedimento illegittimo, pertanto, deriva non dal provvedimento ma dalla caducazione del medesimo».

Si è anche detto, nella pronuncia qui ricordata, che il privato che agisce non si duole «della lesione di una situazione soggettiva di interesse legittimo alla conservazione del bene della vita concessogli con il provvedimento illegittimo (e, perciò, successivamente caducato), ma si duole del fatto che l'amministrazione lo ha indotto, con l'emissione di un provvedimento illegittimo, a sostenere spese e a compiere attività che la successiva caducazione del medesimo provvedimento ha reso inutili».

A conclusione dell'ampia ricostruzione della complessa vicenda, infine, l'ordinanza n. 2175 del 2023 ha affermato che «l'oggetto del giudizio di risarcimento del danno da lesione dell'affidamento del privato nella legittimità di un provvedimento ampliativo della propria sfera giuridica che sia stato annullato, in autotutela o dal giudice amministrativo, non è il modo in cui l'amministrazione ha esercitato il proprio potere con il provvedimento poi annullato, né è il modo in cui l'amministrazione ha esercitato il proprio potere con il provvedimento di annullamento del primo (ove l'annullamento sia avvenuto in autotutela e non in sede giurisdizionale). L'illegittimità del provvedimento annullato (e la legittimità dell'eventuale provvedimento di annullamento in autotutela) costituiscono, infatti, presupposti della lite, che restano all'esterno del perimetro della regiudicanda».

L'oggetto del suddetto giudizio, invece, è costituito dal dato obiettivo dell'inosservanza, da parte dell'Amministrazione, delle regole di correttezza nei reciproci rapporti.

4.2. L'ordinanza n. 2175 ha avuto ulteriore conferma nelle successive ordinanze 6 febbraio 2023, n. 3514, 24 aprile 2023, n. 10880, e 28 agosto 2023, n. 25324, di queste Sezioni unite.

Quest'ultimo provvedimento, in particolare, oltre a condividere e fare proprie le argomentazioni delle ordinanze precedenti, ha ulteriormente ampliato il terreno di riflessione, rievocando, da un lato, la giurisprudenza costituzionale secondo cui nel nostro ordinamento si rinviene «una clausola generale di tutela dell'affidamento legittimo, quale situazione soggettiva potenzialmente meritevole di protezione risarcitoria; e, dall'altro, l'art. 5, comma 2, del nuovo codice degli appalti (d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36), che fa un esplicito riferimento all'affidamento dell'operatore economico sul legittimo esercizio del potere e sulla conformità del comportamento amministrativo al principio di buona fede.

4.3. A tale orientamento l'odierna decisione intende dare ulteriore continuità.

Va confermato, quindi, in inevitabile dissenso rispetto alla ricostruzione operata dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, che tanto l'annullamento del provvedimento ampliativo determinato in sede giurisdizionale quanto quello disposto in autotutela sono finalizzati alla rimozione di una situazione di illegittimità e sono, perciò, entrambi inidonei a determinare il venir meno del diritto soggettivo del privato e l'insorgenza di una posizione di interesse legittimo. Ciò in quanto la circostanza per la quale la Pubblica Amministrazione è tenuta ad osservare le regole speciali del suo agire autoritativo non fa venire meno, in capo alla stessa, la necessità di rispettare le regole generali della correttezza e della buona fede. E i valori della correttezza e buona fede dell'agire amministrativo - è bene non dimenticarlo - sono uno dei fondamenti dello Stato di diritto e costituiscono una sorta di modello di comportamento che i pubblici poteri devono osservare ad exemplum, allo scopo di pretendere, ragionevolmente, che analogo sia il comportamento del privato cittadino.

Attenendosi poi, specificamente, alla fattispecie in esame - nella quale la lesione dell'affidamento deriva dall'annullamento in sede giurisdizionale del provvedimento favorevole agli odierni ricorrenti - le Sezioni unite ritengono di dover mettere in luce come non sia giuridicamente e logicamente configurabile la riconduzione di simile vicenda all'esercizio di un potere pubblico, dal momento che la pronuncia giurisdizionale di annullamento non costituisce in alcun modo una manifestazione di volontà dell'Amministrazione, bensì il necessario rimedio all'illegittimità del comportamento da questa in precedenza tenuto.

In tal senso, d'altronde, sono anche le condivisibili argomentazioni del Procuratore generale nelle sue conclusioni scritte.

5. Deve essere pertanto affermata la giurisdizione del giudice ordinario, il quale provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente regolamento.

P.Q.M.

La Corte dichiara la giurisdizione del giudice ordinario. Spese rimesse.