Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sezione I-ter
Sentenza 5 giugno 2024, n. 11472

Presidente: Arzillo - Estensore: Vergine

FATTO

Il ricorso ha ad oggetto la domanda di annullamento della nota della Prefettura di Roma - Ufficio territoriale del Governo - Ufficio attività contrattuale e servizi - prot. n. 0049296 del 6 febbraio 2024 - comunicata a mezzo PEC di pari data, avente ad oggetto "Appalto per la fornitura di beni e servizi relativi al funzionamento del Centro Permanente per il Rimpatrio di Ponte Galeria (RM) - Richiesta di accesso agli atti - Riscontro", con la quale è stato opposto il diniego all'istanza di accesso agli atti proposta dalla ricorrente ed acquisita al protocollo n. 0484104 del 27 dicembre 2023.

La ricorrente cooperativa sociale a r.l. Albatros 1973 propone due motivi di gravame:

I) violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 97 Cost.; violazione e falsa applicazione dell'art. 24, comma 7, l. n. 241 del 1990;

II) violazione e falsa applicazione dell'art 2 d.P.C.m. n. 200/1996; violazione dei principi di trasparenza, imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa.

Chiede l'accertamento del diritto ad accedere, mediante visione ed estrazione di copia, alla documentazione richiesta con istanza del 27 dicembre 2023 e la conseguente condanna della Prefettura di Roma - Ufficio territoriale del Governo alla esibizione e consegna della documentazione richiesta dall'odierna ricorrente, segnatamente dei pareri resi il 24 luglio 2020 ed il 16 ottobre 2020 dall'Avvocatura dello Stato.

Le parti costituite hanno depositato memorie.

Alla camera di consiglio del 30 aprile 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e non può essere accolto.

2. Preliminarmente il Collegio rileva che l'eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dalla Prefettura di Roma può essere superata attesa l'infondatezza nel merito del gravame.

3. La comprensione della vicenda esige di rammentare che in data 6 settembre 2018 è stato sottoscritto tra la Prefettura U.T.G. di Roma e la Albatros 1973 s.c.s.r.l. un contratto di appalto di durata triennale per la fornitura di beni e servizi per il funzionamento del Centro permanente per il rimpatrio, sito in Ponte Galeria (Rm), Via Cesare Chiodi s.n.c.

In ragione della ridotta presenza di ospiti registrati presso il Centro rispetto alla capienza prevista in contratto, la società ricorrente, avvalendosi della previsione dettata dall'art. 106, comma 12, del d.lgs. n. 50/2016, dall'art. 13 del citato contratto di appalto e dal punto 1.3 del disciplinare di gara, ha esercitato il diritto alla risoluzione contrattuale, chiedendo il ristoro dei maggiori oneri che affermava di avere sostenuto.

La Prefettura committente non ha avviato il procedimento per la risoluzione del contratto di appalto, cosicché la ricorrente medesima ha dovuto proseguire le prestazioni di cui al contratto di appalto.

In seguito ad interlocuzioni tra la committente e la società appaltatrice in data 18 maggio 2021 è stato sottoscritto un atto di transazione con il quale la committente Prefettura - U.T.G. di Roma ha riconosciuto un indennizzo per le prestazioni effettuate nel periodo dal settembre 2018 al marzo 2019. All'atto transattivo la committente Prefettura U.T.G. di Roma è pervenuta in seguito ai pareri resi dall'Avvocatura dello Stato il 24 luglio 2020 ed il 16 ottobre 2020.

Detti pareri sono richiamati nella successiva richiesta di nuovo parere inoltrata dalla stessa Prefettura U.T.G. di Roma all'Avvocatura, in relazione all'iter amministrativo volto a definire la ulteriore richiesta di indennizzo formulata dalla Albatros 1973 s.c.s.r.l. anche per il periodo successivo, ossia dall'aprile 2021 al luglio 2021, sempre a seguito di riduzione delle presenze nel centro da essa gestito.

4. Con istanza acquisita al protocollo della Prefettura U.T.G. di Roma n. 0484104 del 27 dicembre 2023 la società ricorrente ha quindi chiesto accesso agli atti del procedimento conclusosi con la stipula della transazione del 18 maggio 2021 e, nello specifico, ai pareri resi il 24 luglio 2020 ed il 16 ottobre 2020 dall'Avvocatura dello Stato.

Con nota prot. n. 0049296 del 6 febbraio 2024 la Prefettura U.T.G. di Roma ha comunicato il rigetto della richiesta di accesso, richiamando la motivazione indicata dall'Avvocatura generale dello Stato con nota acquista al protocollo n. 0046415 del 5 febbraio 2024.

5. I motivi di ricorso possono essere trattati unitariamente.

La ricorrente afferma che la domanda di accesso agli atti inviata alla Prefettura U.T.G. di Roma è strettamente connessa alla tutela dei diritti ed interessi della ricorrente.

La difesa erariale oppone che l'art. 24 l. 241/1990 individua i limiti al diritto di accesso, distinguendo tra limiti tassativi - previsti direttamente dalla legge per la tutela di preminenti interessi pubblicistici e non derogabili dalla P.A. - e limiti eventuali - individuati, invece, mediante regolamento al fine di tutelare interessi primari, specificamente enucleati dalla legge: sicurezza nazionale, politica monetaria e valutaria, ordine pubblico, riservatezza. Con riferimento al tema specifico in esame della ostensibilità dei pareri legali resi in favore dell'Amministrazione, l'Avvocatura di Stato richiama il d.P.C.m. n. 200 del 26 gennaio 1996 (Regolamento recante norme per la disciplina di categorie di documenti formati o comunque rientranti nell'ambito delle attribuzioni dell'Avvocatura dello Stato sottratti al diritto di accesso - G.U., Serie generale, n. 89 del 16 aprile 1996). L'art. 2 prevede: "Categorie di documenti inaccessibili nei casi di segreto o di divieto di divulgazione previsti dall'ordinamento".

"Ai sensi dell'art. 24, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241, in virtù del segreto professionale già previsto dall'ordinamento, al fine di salvaguardare la riservatezza nei rapporti fra difensore e difeso sono sottratti all'accesso i seguenti documenti: a) pareri resi in relazione a lite in potenza o in atto e la inerente corrispondenza; b) atti defensionali; c) corrispondenza inerente agli affari di cui ai punti a) e b)".

In una prima fase prevaleva un'interpretazione della normativa volta a negare accesso ai pareri legali formati dall'Avvocatura erariale in ragione del "principio, valevole per tutti gli avvocati, siano essi del libero foro o appartenenti ad uffici legali di enti pubblici, secondo cui, essendo il segreto professionale specificamente tutelato dall'ordinamento, sono sottratti all'accesso gli scritti defensionali" (C.d.S., Sez. IV, 27 agosto 1998, n. 1137).

Successivamente, a partire dalle pronunce nn. 3812/2011 e 7237/2010, la giurisprudenza amministrativa ha inaugurato un nuovo indirizzo, ravvisando il discrimine tra l'ostensibilità o meno dei pareri forniti dall'Avvocatura erariale all'Amministrazione in relazione alla finalità che la pubblica amministrazione persegue con la richiesta del parere, nel senso che:

a) il diniego di accesso è illegittimo ove il parere sia stato acquisito in relazione alla fase istruttoria del procedimento amministrativo;

b) l'ostensione risulta legittimamente negata quando il parere richiesto sia stato acquisito in rapporto ad una lite già in atto o ad una fase evidentemente precontenziosa o di lite potenziale al fine di definire la futura strategia difensiva della P.A.

In altre parole, invocando "il principio di salvaguardia della strategia processuale della parte che non è tenuta a rivelare ad alcun soggetto e, tanto meno, al proprio contraddittore, attuale o potenziale gli argomenti in base ai quali intende confutare le pretese avversarie", il Consiglio di Stato ha ritenuto che i pareri legali suscettibili di essere sottratti legittimamente all'accesso siano "quelli che attengono alle tesi difensive, relative ad un procedimento giurisdizionale (cioè quando i pareri legali vengono redatti dopo che è già iniziata una controversia giurisdizionale) o ad una fase precontenziosa e/o ad una lite potenziale che definiscono e/o delineano la relativa strategia difensiva e/o la futura condotta processuale più conveniente per l'Amministrazione, da assumere nella controversia giurisdizionale già instaurata o nella futura, eventuale e probabile lite giudiziaria, che il soggetto leso attiverà" (così, C.d.S., Sez. V, n. 3812/2011).

La giurisprudenza amministrativa (cfr., in questo senso, C.d.S., Sez. IV, sent. n. 1336/2020) ha talora delimitato il suindicato indirizzo ermeneutico, sull'evidente presupposto secondo cui i pareri resi dall'Avvocatura dello Stato costituiscono esplicazione di attività di consulenza legale sia in fase precontenziosa che contenziosa espressamente sottratta all'accesso.

I pareri, resi all'amministrazione richiedente, ogniqualvolta siano espressi in riferimento a problematiche inerenti ad una questione suscettibile di esitare in un giudizio o comunque in un procedimento di tipo contenzioso, individuano una sfera di esercizio di funzioni di consulenza giuridico-legale propria e esclusiva dell'Avvocatura dello Stato, nel quadro di un rapporto che è connotato - non dissimilmente da quello tra cliente e professionista del libero foro - da pregnanti e assorbenti aspetti di riservatezza e segreto professionale (C.d.S., Sez. V, 2 aprile 2001, n. 1893; Sez. VI, 30 settembre 2010, n. 7232).

La difesa erariale coerentemente alla giurisprudenza richiamata ritiene palese l'infondatezza delle censure svolte da controparte.

6. Replica la società ricorrente che la richiesta di ostensione non ha riguardato né atti defensionali né la corrispondenza intercorsa, bensì unicamente due pareri resi dall'Avvocatura dello Stato. Il criterio elaborato dalla giurisprudenza per individuare i casi di ostensione del parere legale da quelli in cui l'accesso deve ritenersi escluso, vanno ricondotti essenzialmente alla natura o alla finalità che l'amministrazione persegue con la richiesta di parere, nel senso che il diniego di accesso è illegittimo nel caso in cui il parere sia stato acquisito in relazione alla fase istruttoria del procedimento amministrativo ed al fine di orientare la condotta della stessa amministrazione, mentre l'ostensione è legittimamente negata quanto il parere richiesto sia stato acquisito in rapporto ad una lite già in atto o ad una fase evidentemente precontenziosa o di lite potenziale al fine di definire la futura strategia difensiva dell'amministrazione. I pareri richiesti sono stati acquisiti dalla Prefettura U.T.G. di Roma e stabilmente inseriti all'interno del procedimento amministrativo sfociato nella transazione del 18 maggio 2021.

La ricorrente conclude che in base ai pacifici insegnamenti della giurisprudenza amministrativa i pareri resi dall'Avvocatura dello Stato il 24 luglio 2020 ed il 16 ottobre 2020 su richiesta della Prefettura U.T.G. di Roma, nell'ambito del procedimento da questa avviato per la valutazione dei maggiori oneri sostenuti dalla ricorrente per il periodo dal settembre 2018 al marzo 2019, non possono essere sottratti all'accesso.

7. La tesi attorea non ha fondamento. È dominante la tesi secondo cui il diritto di accesso in materia postula che i pareri resi dalla difesa erariale, oggetto dell'istanza ostensiva, si inseriscano all'interno di un "procedimento prettamente amministrativo". In tale ambito può essere riconosciuto l'accesso, salvi diversi limiti di legge. Il carattere pre-contenzioso dei pareri in esame risulta invece evidente nel caso in quanto nel ricorso si chiarisce che l'interesse all'accesso viene radicato nella circostanza per cui "è ancora aperto il procedimento amministrativo relativo alla richiesta di ristoro dei maggiori oneri sostenuti dalla ricorrente in esecuzione dell'appalto citato anche per il periodo dall'aprile 2019 al luglio 2021".

Il ricorrente ne fa derivare "... l'esigenza di conoscere il criterio che ha informato l'azione e la condotta dell'amministrazione per il periodo precedente appare strettamente legata alla possibilità/necessità di stimare le possibili somme riconoscibili alla società ricorrente onde consentire alla stessa di organizzarle ed orientarle anche in altra attività o in altro luogo".

Risulta evidente allora la strumentalità della domanda rispetto alla tutela delle pretese vantate dall'odierna ricorrente. L'oggetto dei pareri è infatti questione suscettibile di sfociare in una controversia, posto che il procedimento volto alla definizione delle ulteriori pretese è ancora in corso. Tali pareri hanno lo scopo di prevenire eventuali controversie relative a periodi temporali susseguenti al periodo già oggetto di transazione, potendo orientare l'azione dell'Amministrazione in tali ipotesi.

Ai sensi del d.P.C.m. n. 200/1996 i pareri dell'Avvocatura dello Stato, in quanto assimilabili per natura agli atti espressione del rapporto tra cliente e avvocato, non possono rientrare tra gli atti ai quali si ha diritto ad accesso, essendo per sé relativi a liti in potenza o in atto.

La ratio della disposizione trova la sua giustificazione nella naturale riservatezza che deve essere assicurata alle strategie sostanziali e processuali dell'Amministrazione che abbia sollecitato il parere in questione. L'esplicito richiamo ad esso che se ne fa nella motivazione del provvedimento non ne fa venir meno il carattere di atto puramente interno, né la sua rilevanza ai fini della possibile insorgenza di una lite tra Amministrazione e destinatario del provvedimento (C.G.A.R.S., Sez. giurisd., sent. 21 dicembre 2015, n. 724).

Il Consiglio di Stato ha chiarito infatti che, ai sensi degli art. 24 comma 1, l. 7 agosto 1990, n. 241, e 2, d.P.C.m. 26 gennaio 1996, n. 200, e nel rispetto del segreto professionale e della riservatezza che caratterizzano i rapporti fra il difeso e il suo difensore, la ratio sottesa alle succitate disposizioni è costituita dall'esigenza di salvaguardare la strategia difensiva della parte, che non può essere obbligata a rivelare ad alcun soggetto, e tanto meno al suo avversario, attuale o potenziale, gli argomenti in base ai quali intende confutare la sua pretesa (C.d.S., Sez. V, 23 giugno 2008, n. 3119).

Risulta pertanto pienamente integrata l'ipotesi di cui all'art. 2 del d.P.C.m. n. 200 del 1996, citato, che espressamente nega l'ostensibilità in ordine ai "pareri resi in relazione a lite in potenza o in atto e la inerente corrispondenza".

8. Non risulta neppure condivisibile l'argomentazione secondo cui, una volta conclusa la transazione, i pareri dell'Avvocatura di Stato di cui si tratta sarebbero liberamente ostensibili.

Difatti i citati pareri non dismettono la veste contenziosa e, pertanto, riservata che li connota una volta intervenuto l'atto transattivo, in quanto non viene meno l'esigenza di riservatezza, strettamente connaturata al già richiamato "principio di salvaguardia della strategia processuale della parte" (cfr. C.d.S., Sez. V, n. 3812/2011).

Essi partecipano alla "sfera di esercizio di funzioni di consulenza giuridico-legale propria e esclusiva dell'Avvocatura dello Stato, nel quadro di un rapporto che è connotato - non dissimilmente da quello tra cliente e professionista del libero foro - da pregnanti e assorbenti aspetti di riservatezza e segreto professionale (v. anche C.d.S., Sez. V, 2 aprile 2001, n. 1893, e Sez. VI, 30 settembre 2010, n. 7232)" (C.d.S., Sez. IV, n. 1336/2020).

Ne segue, pertanto, l'infondatezza della doglianza in esame.

9. In conclusione il ricorso non può essere accolto.

10. Le spese di giudizio possono essere compensate ricorrendo giusti motivi.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.