Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli-Venezia Giulia
Sentenza 11 giugno 2024, n. 206

Presidente: Modica de Mohac - Estensore: Sinigoi

FATTO E DIRITTO

Il ricorrente chiede l'annullamento, previa sospensione cautelare, del provvedimento questorile in epigrafe compiutamente indicato, con cui è stata dichiarata irricevibile la sua istanza in data 24 novembre 2023 volta al rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato/attesa occupazione, denunciandone la nullità per omessa traduzione in lingua a lui conosciuta e, in ogni caso, l'illegittimità per mancata valorizzazione del principio della buona fede.

Il Ministero dell'interno si è costituito in giudizio per resistere al ricorso e contestarne la fondatezza. Ha, quindi, concluso per il suo rigetto e per quello della preliminare istanza incidentale di sospensione del provvedimento gravato.

L'affare è stato chiamato e discusso come da sintesi a verbale all'udienza camerale del 6 giugno 2024 e, poi, è stato introitato per essere deciso.

Il Collegio dà, innanzitutto, atto che sussistono i presupposti di legge per definire il giudizio nella presente sede cautelare, con sentenza in forma semplificata ai sensi dell'art. 60 del c.p.a., come da riserva formulata dal Presidente nel corso dell'udienza.

Nel merito, il ricorso non è fondato.

Va premesso, in primo luogo, che il provvedimento opposto si limita unicamente a dichiarare irricevibile l'istanza del ricorrente mirata ad ottenere il permesso di soggiorno, ma non a disporre l'espulsione del medesimo, precisando, unicamente, al riguardo che "... qualora non vi siano i requisiti per altra tipologia di soggiorno, si procederà all'espulsione dal territorio nazionale".

Ne deriva l'assoluta non pertinenza della giurisprudenza invocata dal ricorrente a sostegno della denunciata nullità del provvedimento gravato.

Invero - in disparte il fatto che sussiste la giurisdizione del giudice ordinario e non del giudice amministrativo rispetto ad eventuali atti espulsivi (vedesi art. 13, comma 8, d.lgs. n. 286/1998 e s.m.i.) - costituisce, in ogni caso, orientamento giurisprudenziale consolidato quello a mente del quale la mancata traduzione ai sensi dell'art. 2, comma 6, d.lgs. n. 286 del 1998 dei provvedimenti concernenti il soggiorno dello straniero "non comporta l'invalidità del provvedimento ma può condurre soltanto alla rimessione nei termini in favore del cittadino straniero che abbia tardivamente impugnato il provvedimento lesivo in ragione della mancata conoscenza della lingua italiana" (ex multis C.d.S., Sez. III, 16 settembre 2022, n. 8052).

Sicché, il provvedimento gravato sfugge al vizio denunciato dal ricorrente col primo motivo di ricorso.

Analogamente è a dirsi con riguardo alla lamentata mancata valorizzazione del principio della buona fede (secondo motivo).

L'invocata tutela della buona fede e del principio di affidamento [art. 1, comma 2-bis, l. 7 agosto 1990, n. 241, aggiunto dall'art. 12, comma 1, lett. 0a), del d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla l. 11 settembre 2020, n. 120] - s'appalesa, invero, recessiva, in quanto carente, nel caso specifico, degli imprescindibili requisiti richiesti.

L'unica situazione che si è consolidata nel tempo è, infatti, la permanenza non autorizzata e, anzi, irregolare dello straniero sul territorio nazionale, che ha disatteso i reiterati inviti dell'Autorità di lasciarlo.

La ripetuta emissione di provvedimenti reiettivi del permesso di soggiorno, che il ricorrente non ha tempestivamente e ritualmente opposto, avvalora, pertanto, di per sé la legittimità dell'assunto su cui sostanzialmente poggia il provvedimento ora impugnato ovvero che il ricorrente medesimo non soddisfa i presupposti minimi essenziali per l'ottenimento del titolo che gli è stato nuovamente denegato, in quanto, per l'appunto, privo di autorizzazione al soggiorno e/o di nuovo visto d'ingresso emesso a suo favore in data successiva alla notifica dell'ultimo decreto di rigetto del titolo di soggiorno precedente a quello gravato e, in ogni caso, di un precedente valido titolo di soggiorno.

L'irricevibilità decretata dal Questore trova, invero, giustificazione e supporto nelle norme che regolano l'immigrazione e, specificamente, in quanto disposto dall'art. 5, commi 4 e 5, d.lgs. n. 286/1998, alla cui lettura si rinvia.

Sulla scorta delle considerazioni svolte e per le ragioni esplicitate, il ricorso va, in definitiva, respinto, in quanto - come detto - destituito di fondatezza.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate a favore del Ministero intimato nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli-Venezia Giulia, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite a favore del Ministero dell'interno, che liquida in complessivi euro 2.000,00, oltre oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.