Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 17 giugno 2024, n. 5398

Presidente: Sabatino - Estensore: Manca

FATTO E DIRITTO

1. Con provvedimento del 13 novembre 2017, il Comune di Milano ha rilasciato alla Red 2009 s.a.s. di Donadoni Valentino Osvaldo & C. l'autorizzazione con la quale ha assentito al trasferimento del chiosco della medesima società, da piazza Vetra (angolo via Pio IV) a corso Luigi Manusardi (angolo via Scoglio di Quarto).

Con ricorso innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, alcuni dei condomini dell'edificio ubicato in corso Luigi Manusardi, n. 2, nonché lo stesso condominio, hanno impugnato l'autorizzazione deducendo, in particolare, la mancanza del titolo edilizio abilitativo (permesso di costruire) necessario per l'installazione del chiosco, e l'illegittimità della localizzazione prescelta dal Comune in quanto si tratterebbe di area non individuata, negli atti di programmazione commerciale, tra quelle destinate a chioschi o posteggi.

2. Con sentenza n. 1851/2019 il T.A.R. per la Lombardia ha accolto il ricorso ritenendo fondato il motivo relativo alla necessità del rilascio del permesso di costruire per il posizionamento del chiosco; ha respinto, invece, i motivi diretti a contestare la legittimità dell'ubicazione del manufatto in corso Manusardi.

3. La sentenza è stata impugnata sia dal Comune di Milano (con appello in trattazione alla odierna udienza) sia dai condomini (iscritto al n. di R.G. 2716/2020).

L'appello proposto dai condomini è stato deciso con la sentenza Consiglio di Stato, Sez. V, 15 novembre 2023, n. 9787, che, in riforma della sentenza del T.A.R. per la Lombardia n. 1851/2019, ha accolto il ricorso dei condomini e ha annullato l'autorizzazione comunale al trasferimento del chiosco in quanto rilasciata per un'area di posteggio che non risultava individuata in alcun atto programmatorio del Comune di Milano, in violazione dell'art. 21 del regolamento comunale sul commercio in aree pubbliche.

4. Con l'appello in esame (R.G. n. 2629/2020), il Comune di Milano chiede la riforma della sentenza deducendo, in primo luogo, il difetto di legittimazione attiva dei condomini e il loro difetto di interesse a ricorrere e, con le ulteriori censure, l'erroneità della affermazione secondo cui per l'installazione del chiosco sarebbe necessario il permesso di costruire.

5. Resistono in giudizio il condominio di corso Luigi Manusardi 2 - Milano e i condomini Cinzia Silvia V. e Giuseppe F., chiedendo che l'appello sia respinto.

Con memoria eccepiscono la sopravvenuta improcedibilità dell'appello del Comune di Milano per effetto della citata sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 15 novembre 2023, n. 9787, che ha riformato la sentenza appellata e ha conseguentemente annullato il provvedimento per un motivo che priverebbe di interesse la decisione sulla necessità, o non, del permesso di costruire per il trasferimento del chiosco (ossia il vizio accolto dalla sentenza qui appellata).

6. All'udienza del 19 dicembre 2023, la causa è stata trattenuta in decisione.

7. Con il primo motivo (pp. 6-10 dell'atto di appello), l'appellante censura la sentenza per avere erroneamente affermato la sussistenza della legittimazione ad agire e dell'interesse a ricorrere in capo ai ricorrenti in primo grado.

7.1. Secondo il Comune, il semplice dato materiale della vicinitas non può per sé costituire oggettivo ed incontrovertibile elemento di individuazione della legittimazione e dell'interesse ad agire, dovendosi comprovare il reale pregiudizio che derivi dalla realizzazione dell'intervento assentito (si richiama sul punto la giurisprudenza del Consiglio di Stato secondo la quale, seguendo la tesi del primo giudice, si «finirebbe per avallare una inammissibile sorta di azione popolare nei confronti dell'operato dell'amministrazione, per conseguire sua pretesa, domandando al giudice di accertare in concreto la sussistenza dei fatti dedotti; si deve ritenere inammissibile il ricorso collettivo che nulla dice in ordine alle condizioni di legittimazione e di interesse di ciascuno dei ricorrenti, in quanto ciò impedisce al giudice di controllare il concreto e personale interesse di ciascuno di loro, l'omogeneità dello loro posizioni e la concreta fondatezza della domanda»: C.d.S., Sez. III, 8 luglio 2015, n. 3426).

7.2. Nel caso di specie, i ricorrenti non avrebbero dimostrato, come era loro onere ai sensi dell'art. 2967 c.c., interessi specifici concreti ed attuali o anche solo potenziali ricollegabili alla posizione delle loro abitazioni, e, più in generale, alla sicurezza pubblica, alla viabilità e all'utilizzabilità di altri servizi (es. scivolo per le carrozzine per i portatori di handicap e altro).

8. Con il secondo motivo (pp. 10-13 dell'atto di appello), il Comune impugna la sentenza nella parte in cui ha ritenuto necessario, per l'installazione del chiosco di cui trattasi, il titolo costituito dal permesso di costruire. Secondo l'amministrazione appellante, il caso in esame non rientrerebbe nell'ambito della disciplina relativa agli interventi di nuova costruzione disciplinati dall'art. 3 del testo unico in materia edilizia (d.P.R. n. 380/2001), trattandosi del trasferimento di un chiosco già autorizzato.

9. Con il terzo motivo (pp. 13-20 dell'atto di appello), deduce l'ingiustizia della sentenza anche perché la normativa edilizia richiamata dal giudice di prime cure [ossia l'art. 3, comma 1, lett. e.5), del citato testo unico in materia edilizia] non è comunque pertinente, posto che la stessa si riferisce all'ordinaria attività edificatoria privata, mentre il caso in questione concerne la speciale ipotesi di occupazione di suolo pubblico privo di diritti edificatori, a mezzo di installazione di struttura precaria, per la quale l'amministrazione è tenuta al rilascio del solo idoneo titolo concessorio.

10. È dirimente la questione preliminare sollevata dall'appellante Comune di Milano, relativa alla legittimazione a ricorrere, ossia alla titolarità di una posizione differenziata in capo ai condomini ricorrenti in primo grado, e dell'interesse a ricorrere inteso non solo quale stabile collegamento con il territorio o la zona in cui ricade l'opera, l'intervento o l'attività da costruire o da insediare ma anche connotato da un concreto e specifico pregiudizio che occorra rimuovere o evitare con l'azione giurisdizionale.

10.1. Seguendo le indicazioni della pronuncia dell'Adunanza plenaria 9 dicembre 2021, n. 22, deve ritenersi che nei casi di impugnazione di un titolo autorizzatorio edilizio, riaffermata la distinzione e l'autonomia tra la legittimazione e l'interesse al ricorso quali condizioni dell'azione, è necessario che il giudice accerti, anche d'ufficio, la sussistenza di entrambi e non può affermarsi che il criterio della vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, valga da solo a dimostrare la sussistenza dell'interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall'atto impugnato; che, come ha precisato la stessa Plenaria, può comunque ricavarsi dall'insieme delle allegazioni racchiuse nel ricorso.

10.2. Sul piano degli interessi oggetto di tutela, chi può dimostrare lo stabile collegamento è titolare, in proprio e in quanto appartenente alla comunità, di diversi interessi (salute, ambiente, inquinamento acustico, conseguente rischio di perdita del valore di mercato degli immobili e altri) per la cui tutela giurisdizionale è necessario, altresì, quale ulteriore condizione dell'azione, dimostrare un pregiudizio concreto, che può essere dimostrato dal ricorrente anche attraverso massime d'esperienza o presunzioni anche semplici, ma dotate dei requisiti posti dall'art. 2729 del codice civile, sul tipo di attività, opere o interventi e sulle conseguenze pregiudizievoli a questi ascrivibili. Può essere sufficiente anche il solo aggravamento del pregiudizio agli interessi tutelati; e può essere un pregiudizio anche non attuale quando si tratti di un pregiudizio futuro ma certo (come nel caso di specie in cui il pregiudizio diventerebbe attuale solo con l'installazione del chiosco).

10.3. Applicando gli enunciati principi al caso di specie, dalle complessive allegazioni dei ricorrenti in primo grado emergono con sufficiente evidenza i profili concretamente lesivi dell'autorizzazione alla installazione del chiosco, costituiti dal maggior traffico veicolare, dal maggiore afflusso pedonale, dall'aumento dei livelli di rumore, che colpiscono i diversi interessi di cui sono titolari i ricorrenti (dal diritto alla salute al diritto a un ambiente salubre e al rispetto dei livelli di rumore nell'area o nell'isolato).

10.4. Né a tale proposito vale obiettare il fatto che in precedenza gli abitanti del condominio non avevano contrastato l'installazione di un'edicola nella medesima area di corso Manusardi, comportamento che (come già rilevato nella sentenza di questa Sezione che ha deciso l'appello dei condomini: C.d.S., Sez. V, 15 novembre 2023, n. 9787) non integra acquiescenza rispetto al nuovo provvedimento con cui è stato disposto il trasferimento del chiosco, data la diversità degli effetti pregiudizievoli derivanti dal secondo atto (la somministrazione di alimenti e bevande comportando, secondo una massima d'esperienza, maggior traffico veicolare, maggiore afflusso pedonale, aumento dei livelli di rumore anche in orari diversi rispetto a quelli tipici di un'edicola).

10.5. Senza considerare che il fatto di non essersi opposti all'apertura di un'edicola, così come la circostanza segnalata dal Comune che nell'area era già presente un punto per la raccolta di scommesse, non giustifica di per sé una scelta (come quella, nel caso di specie, di autorizzare l'installazione del chiosco) che, anzi, dimostra solo - contrariamente a quel che sostiene il Comune - che i pregiudizi lamentati si sommerebbero a quelli prodotti da altre fonti; e quindi, nell'ottica dei residenti, si dovrebbe evitare un altro insediamento che peggiori la situazione "ambientale", imponendo all'autorità amministrativa preposta un maggiore rigore nella valutazione della compatibilità di ulteriori interventi.

10.6. Il motivo, pertanto, è infondato, dovendosi confermare, per le ragioni sopra enunciate, l'ammissibilità del ricorso di primo grado.

11. Con riguardo al secondo e terzo motivo, l'appello è improcedibile per il sopravvenuto difetto di interesse che discende da due ordini di ragioni:

- in primo luogo, con la citata sentenza di questa Sezione n. 9787/2023 è stata accertata l'illegittimità dell'autorizzazione alla installazione del chiosco;

- in secondo luogo, va rilevato che, nelle more del giudizio, la società RED 2009 (esercente il chiosco) ha conseguito il titolo edilizio a seguito della presentazione di SCIA edilizia in data 20 maggio 2021.

In tale contesto appare evidente l'inutilità di una decisione sul tema della necessità, o non, del permesso di costruire per il trasferimento o l'installazione del chiosco di cui trattasi (tema su cui si incentrano il secondo e il terzo motivo dell'appello).

12. In conclusione, l'appello in parte va rigettato e, nel resto, va dichiarato improcedibile.

13. Le spese giudiziali vanno integralmente compensate tra le parti in ragione della peculiarità della vicenda.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, in parte lo rigetta e nel resto lo dichiara improcedibile.

Compensa tra le parti le spese giudiziali del grado di appello.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Note

La presente decisione ha per oggetto TAR Lombardia, sez. I, sent. n. 1851/2019.