Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 4 luglio 2024, n. 5945

Presidente: Lotti - Estensore: Masaracchia

FATTO E DIRITTO

1. Gli appellanti, avvocati dipendenti del Comune di Milano, inquadrati nell'area D, fascia retributiva F3, e assegnati alla relativa Avvocatura, impugnano la sentenza del T.A.R. Lombardia, meglio individuata in epigrafe, che ha dichiarato inammissibile il ricorso, da loro proposto in primo grado, contro la delibera della Giunta comunale di Milano del 23 dicembre 2021, n. 1647.

Tale delibera - assumono gli appellanti - avrebbe reso definitivo il nuovo regime organizzativo interno del Comune, già introdotto in via sperimentale dalla precedente delibera di Giunta, n. 1217 del 30 ottobre 2020, che ha previsto l'istituzione di una nuova fascia retributiva al vertice dell'area D (la fascia F4). La delibera del 2020, nell'istituire la nuova fascia retributiva, aveva di conseguenza modificato il vigente regolamento comunale sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, integrandolo con un art. 29-bis.

In primo grado, i ricorrenti hanno lamentato l'illegittimità del nuovo sistema, che non consentirebbe loro - per come è strutturato - di poter ambire ad ottenere la fascia F4: infatti, quest'ultima viene ora riconosciuta solo ai funzionari F3 cui il dirigente affidi specifiche deleghe gestionali; deleghe che gli avvocati comunali non potrebbero ottenere, per via dei compiti defensionali loro attribuiti, i quali esauriscono le loro competenze.

2. La sentenza di prime cure ha dichiarato inammissibile il ricorso, rimproverando ai ricorrenti di aver travisato il contenuto della delibera del 2021 impugnata. Quest'ultima - ha osservato il T.A.R. - non ha affatto trasformato in definitivo il regime sperimentale avviato con la precedente delibera del 2020, né ha regolato, ex professo, tale regime, ma si è semplicemente limitata a riprodurre il menzionato art. 29-bis del regolamento comunale sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, cambiandone solo la numerazione e traslandone il contenuto nell'art. 30-bis.

Da ciò, a giudizio del T.A.R., l'originaria mancanza di interesse dei ricorrenti, i quali hanno impugnato solo la delibera del 2021, che non li lede, e non anche quella del 2020, la quale ha invece effettivamente introdotto il regime da loro contestato, ivi oggetto di esaustiva disciplina (che mantiene, tuttora, carattere sperimentale).

3. L'atto di appello è affidato ad un unico, complesso motivo di impugnazione, con il quale si deduce error in iudicando per non corretta ricostruzione del fatto e conseguente "intrinseca illogicità della motivazione" e "violazione di legge". Nella parte finale dell'atto, poi, vengono riproposti i motivi del ricorso di primo grado, non scrutinati dal T.A.R.

Gli appellanti, sulla base di ciò, domandano la riforma della sentenza di prime cure e l'accoglimento del ricorso di primo grado, con conseguente annullamento degli atti ivi impugnati e con esplicita condanna dell'amministrazione intimata "ad elaborare criteri per la pesatura di AP di fascia 4 conformi alla normativa di riferimento".

4. Nel presente giudizio di appello si è costituito, in resistenza, il Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore, concludendo, con memoria depositata il 29 gennaio 2024, per l'infondatezza dei motivi sollevati da controparte.

Entrambe le parti hanno poi svolto ulteriori difese, anche nella forma delle reciproche repliche.

5. Nel corso di una prima udienza di discussione, tenutasi il giorno 29 febbraio 2024, il Collegio ha sottoposto alle parti, ai sensi dell'art. 73, comma 3, c.p.a., un possibile profilo di inammissibilità dell'appello per mancato deposito della sentenza appellata e ha quindi concesso termine a difesa.

Successivamente, dunque, la parte appellante ha provveduto al deposito della sentenza appellata (in data 1° marzo 2024) e l'amministrazione, con memoria depositata l'11 marzo 2024, ha svolto difese insistendo per la declaratoria di inammissibilità dell'appello. Ne è seguita una replica della controparte, depositata il 21 marzo 2024.

Alla pubblica udienza dell'11 aprile 2024, quindi, la causa è stata trattenuta in decisione.

6. L'appello è inammissibile.

Dispone, invero, l'art. 94 c.p.a. che "Nei giudizi di appello, di revocazione e di opposizione di terzo il ricorso deve essere depositato nella segreteria del giudice adito, a pena di decadenza, entro trenta giorni dall'ultima notificazione ai sensi dell'articolo 45, unitamente ad una copia della sentenza impugnata e alla prova delle eseguite notificazioni".

Sebbene tale norma non richieda più, come in passato, il deposito di copia autentica della decisione impugnata, essa fissa, comunque, l'onere di deposito, a pena di inammissibilità del ricorso, della copia non autentica della decisione impugnata (cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez. III, 14 giugno 2011, n. 3619; Sez. IV, 25 marzo 2014, n. 1455; questa Sez. V, 28 maggio 2014, n. 2773). Tanto vale, peraltro, anche in regime di processo amministrativo telematico (cfr. C.d.S., Sez. VI, 19 febbraio 2019, n. 1136; Sez. IV, 13 luglio 2020, n. 4488, 3 giugno 2021, n. 4246, e 26 aprile 2022, n. 3174; Sez. VI, 17 novembre 2020, n. 7133). La perdurante vigenza di un termine di decadenza per il deposito della sentenza gravata è funzionale a garantire esigenze di ordine pubblico processuale, indisponibili per le parti private, strumentali al regolare svolgimento del giudizio (C.d.S., Sez. VI, 3 giugno 2022, n. 4520; da ultimo, di questa Sezione, sentenza 20 febbraio 2024, n. 1663). Come ulteriormente precisato in giurisprudenza, le regole sul deposito della sentenza sono oggetto di puntuali doveri delle parti derivanti dai canoni di sinteticità, chiarezza, leale collaborazione ed economia processuale (C.g.a., 22 settembre 2022, n. 955).

Nel caso di specie è pacifico che, entro il termine di trenta giorni dall'ultima notificazione (effettuata il 12 luglio 2023), scadente l'11 settembre 2023 giusta applicazione della sospensione feriale dei termini, la parte appellante non ha depositato la copia della sentenza gravata. Quest'ultima risulta depositata (a seguito dei rilievi del Collegio) solo in data 1° marzo 2024, dunque tardivamente.

Non trovano riscontro, nel fascicolo telematico di causa, le affermazioni compiute dagli appellanti nella loro memoria di replica depositata il 21 marzo 2024. Nella copia delle ricevute del deposito telematico di atti e documenti, che è stata depositata in pari data, non risulta elencata, tra gli atti a suo tempo depositati, anche la sentenza di primo grado la quale, in effetti, non è fisicamente presente nel fascicolo digitale.

7. Per completezza, il Collegio comunque osserva che le censure sostanziali, sviluppate nell'atto di appello, non avrebbero potuto trovare adesione, in quanto non fondate nel merito.

L'impugnata delibera comunale del 2021, invero, non richiama mai, in nessuna sua parte, la precedente delibera del 2020 (che aveva istituito, in via sperimentale, il nuovo regime organizzativo interno del Comune), né tantomeno ricomprende, nel proprio oggetto, la decisione di rendere definitivo quel regime sperimentale che gli appellanti contestano nel merito. Essa prevede, piuttosto, una ridefinizione organizzativa del Comune, all'indomani dell'insediamento della nuova Giunta, e - tra le varie misure adottate - non si rinvengono decisioni afferenti al vigente sistema delle posizioni organizzative e delle fasce retributive. Per quanto più specificamente interessa in questa sede, la delibera del 2021 approva solo interventi di rettifica formale del vigente regolamento comunale sull'ordinamento degli uffici e dei servizi (che conducono alla mera rinumerazione dell'art. 29-bis in 30-bis, salva l'identità del contenuto della norma).

Peraltro, anche a voler seguire la tesi degli appellanti, la trasformazione del regime da sperimentale a definitivo sarebbe dipesa (come essi chiariscono) non dall'approvazione della delibera del 2021, ma dall'insediamento del nuovo Sindaco, conformemente alle previsioni della delibera del 2020. L'effetto lesivo lamentato discendeva, dunque, da quest'ultima. Oltretutto, come si evince da un passaggio dell'atto di appello (pag. 19), la delibera del 2020 aveva semplicemente previsto che la revisione delle fasce retributive, ivi approvata in via sperimentale, era "da attuarsi entro la fine dell'attuale mandato amministrativo": di conseguenza, la trasformazione del regime in via definitiva non era neanche condizionata all'ingresso del nuovo Sindaco, ma costituiva un mero auspicio o programma.

Quanto precede conferma che, a tutt'oggi, non si è ancora avuta la trasformazione del regime contestato da sperimentale a definitivo, con conseguente inammissibilità del ricorso di prime cure per radicale difetto attuale di interesse.

8. Le spese del grado possono comunque essere compensate tra le parti, avuto riguardo all'esito meramente processuale della presente controversia.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quinta, definitivamente pronunciando, dichiara inammissibile l'appello.

Compensa le spese del grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Note

La presente decisione ha per oggetto TAR Lombardia, sez. III, sent. n. 972/2023.