Corte di cassazione
Sezione II civile
Ordinanza 17 luglio 2024, n. 19680
Presidente: Mocci - Relatore: Amato
RILEVATO CHE
1. Con separati ricorsi, Isabella F. proponeva opposizione avverso 39 verbali di violazione dell'art. 7, commi 9 e 14, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (codice della strada, c.d.s.), notificati in due tranches (18 settembre 2017 e 30 settembre 2017), nonché avverso ulteriori 19 verbali di violazione delle medesime norme, di nuovo notificati in due tranches (20 ottobre 2017 e 2 novembre 2017), elevati dalla Polizia municipale del Comune di Terni all'opponente per aver circolato nella zona a traffico limitato sprovvista della prescritta autorizzazione, nel periodo compreso tra l'11 luglio 2017 ed il 5 settembre 2017.
La F. deduceva di essere incorsa in errore incolpevole, avendo - al momento della commissione delle diverse infrazioni - la convinzione di essere ancora titolare del permesso di circolare nella zona a traffico limitato, non avendo l'amministrazione comunale inviato alcuna comunicazione a distanza di circa due anni dal cambio di residenza dell'opponente (trasferitasi dal centro storico di Terni ad altro Comune in provincia di Siena), né avrebbe mai irrogato e notificato alcuna sanzione amministrativa prima di quelle oggetto di impugnazione.
1.1. Il Giudice di pace di Terni, in parziale accoglimento dei ricorsi, annullava tutti i verbali tranne uno, determinando in euro 94,08 la somma da irrogare alla F. quale sanzione amministrativa pecuniaria. Il giudice di prime cure riteneva sussistente l'errore giustificante l'accoglimento parziale del gravame valorizzando, per un verso, l'irrilevanza della perdita di efficacia del permesso «tipo residenti» già in possesso della ricorrente trasferitasi da Terni in altro Comune alla data delle commesse violazioni; per altro verso, la consapevolezza che la propria figlia, residente in Terni nell'abitazione ancora di proprietà della madre, fosse nelle condizioni di chiedere ed ottenere il permesso di accesso in zona a traffico limitato.
2. Il Comune di Terni impugnava la pronuncia del giudice di prime cure innanzi al Tribunale di Terni.
Isabella F. si difendeva con appello incidentale.
Il giudice del gravame, con la sentenza in epigrafe, rigettava sia l'appello principale sia quello incidentale, confermando la sentenza del giudice di prime cure, osservando che (per quel che ancora rileva in questa sede):
- la questione controversa attiene alla valutazione della scusabilità dell'errore in cui sarebbe incorsa la F. nel ritenersi legittimata ad accedere alla ZTL del Comune di Terni;
- nel caso di specie, non sussiste alcun elemento positivo esterno idoneo ad ingenerare nell'autrice della trasgressione il convincimento della liceità della propria condotta, atteso che nessuna norma impone all'amministrazione comunale l'obbligo di dare comunicazione agli interessati della disabilitazione del permesso di transito in ZTL nel caso di decadenza accertata d'ufficio, né di scadenza del termine di validità dello stesso. Al contrario, è obbligo dei titolari dei permessi rilasciati per il transito e la sosta in ZTL comunicare agli uffici competenti il verificarsi di una delle cause legittimanti il venir meno dei requisiti e delle condizioni per il mantenimento dell'autorizzazione con restituzione del contrassegno;
- tuttavia, ai fini dell'esame della sussistenza dell'elemento soggettivo, deve ritenersi che la signora F. può essere ritenuta incolpevole solo in relazione all'errore della mancata riconsegna del permesso scaduto, ovvero della mancata richiesta di rilascio di un nuovo permesso a favore della figlia. A tale errore colpevole conseguiva la condotta e, a cascata, le violazioni contestate;
- non possono ritenersi assistite del necessario elemento soggettivo (dolo o colpa) le successive violazioni integrate dai singoli accessi alla zona a traffico limitato, atteso che esse traggono origine unicamente dalla precedente omissione e sono prive di quella coscienza e volontà di porsi in contrasto con l'ordinamento richiesta dall'art. 3 della l. n. 689/1981, come anche confermato dal fatto che dopo la notifica delle prime contravvenzioni avvenuta in data 18 settembre 2017 il permesso è stato rinnovato e nessun altro accesso ingiustificato si è verificato.
3. La predetta sentenza veniva impugnata dal Comune di Terni per la cassazione e il ricorso affidato ad un unico motivo, illustrato da memoria.
Si difendeva Isabella F. depositando controricorso.
CONSIDERATO CHE
1. Con l'unico motivo di ricorso si deduce violazione e/o falsa applicazione dell'art. 3, comma 2, l. 24 novembre 1981; dell'art. 198 d.lgs. n. 285/1992, in riferimento all'art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c. Il ricorrente censura la sentenza in quanto si pone in palese contrasto, innanzitutto, con i principi espressi dalla Corte di legittimità in tema di scusabilità dell'errore di fatto sulla condotta illecita: la mera tolleranza, ovvero la mancanza di controlli, non è in alcun modo idonea a configurare la buona fede del trasgressore e ad escludere l'elemento soggettivo dell'illecito (Cass. n. 657/1999). In secondo luogo, pur avendo il giudice accertato che si tratta di una pluralità di condotte, ne ha erroneamente ed illogicamente dedotto la riconducibilità dell'aspetto colposo delle violazioni alla sola prima infrazione commessa in forza di un'improbabile unificazione delle singole condotte. Invece, la configurazione di tali illeciti come un tutt'uno presupporrebbe il loro inquadramento nella categoria giuridica del concorso formale, tuttavia espressamente escluso per le violazioni alla disciplina in tema di zona traffico limitato ed aree pedonali dall'art. 198, comma 2, c.d.s.
1.1. Il motivo è infondato.
La seconda obiezione posta dal Comune di Terni riguarda - come espressamente argomentato nel mezzo di gravame - il concorso formale, effettivamente escluso dalla disposizione di legge speciale richiamata (art. 198, comma 2, c.d.s.).
Nel caso di specie, tuttavia, non si verte nell'ambito di applicazione di detta fattispecie, in quanto le trasgressioni compiute dalla F. non integrano un'ipotesi di concorso formale, il quale richiede l'unicità dell'azione (od omissione) produttiva della pluralità di violazioni (ex multis: Cass., Sez. 2, ord. n. 10890 del 7 maggio 2018, Rv. 648176-01). Le violazioni, anche in tempi diversi, della medesima norma (art. 7, comma 9, c.d.s.) relativa alla circolazione di un veicolo non avente i requisiti amministrativi richiesti dalla legge (nel caso che ci occupa: mancanza del permesso di accesso a ZTL) devono, semmai , essere considerate come un'unica infrazione in quanto reiterazioni del medesimo illecito amministrativo (reiterazione specifica), ai sensi della legge vigente ratione temporis (v. art. 8-bis l. n. 689/1981; l'art. 198-bis c.d.s. avente analogo contenuto è entrato i[n] vigore il 6 agosto 2022, dunque successivamente alla commissione delle infrazioni da parte della F.), stante la sostanziale omogeneità degli illeciti perpetrati, e avuto riguardo alla natura dei fatti che le costituiscono e alle modalità della condotta.
A mente del comma 5 dell'art. 8-bis menzionato: «Le violazioni amministrative successive alla prima non sono valutate, ai fini della reiterazione, quando sono commesse in tempi ravvicinati e riconducibili ad una programmazione unitaria».
Si può, quindi, confermare la soluzione adottata dal giudice di seconde cure laddove ritiene valido ed efficace un unico verbale di contestazione: non si tratta, infatti, di escludere l'elemento soggettivo del trasgressore con riferimento alle violazioni successive (il che vale a rispondere alla prima delle censure elevate dal ricorrente), quanto piuttosto - in applicazione della disposizione citata - di elidere la valutazione delle violazioni amministrative successive alla prima (Cass. n. 2965 del 16 febbraio 2016).
In parte qua, deve, dunque, essere disposta la correzione della sentenza impugnata, ex art. 384, ultimo comma, c.p.c.
2. Il Collegio rigetta il ricorso, liquida le spese secondo soccombenza come da dispositivo.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell'art. 13, comma 1-bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso, condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore del controricorrente, che liquida in euro 370,00 per compensi, oltre ad euro 100,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell'art. 13, comma 1-bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.