Corte di cassazione
Sezione III penale
Sentenza 31 maggio 2024, n. 24340
Presidente: Liberati - Estensore: Gai
RITENUTO IN FATTO
1. Con l'impugnata sentenza, il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Palermo, su concorde richiesta delle parti a norma dell'art. 444 c.p.p., ha applicato a G. Girolamo la pena sospesa di anni uno, mesi dieci e giorni sei di reclusione, in relazione ai reati di cui all'art. 2 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, di cui ai capi a) e b) dell'imputazione.
2. Ha presentato ricorso per cassazione il Procuratore generale deducendo due motivi di ricorso.
- Violazione di legge in relazione all'art. 13-bis, comma 2, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, in relazione alla mancanza del presupposto di ammissibilità di accesso al rito del patteggiamento costituito dal pagamento del debito tributario come risulta dagli atti.
- Violazione di cui all'art. 12-bis d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, omessa applicazione della confisca del profitto del reato.
3. Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta con cui ha chiesto l'annullamento senza rinvio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Va, anzitutto, rilevata l'ammissibilità del ricorso per cassazione del Procuratore generale ai sensi dell'art. 593-bis, comma 2, c.p.p. in presenza di acquiescenza del ricorso del Procuratore della Repubblica di Palermo (Sez. un., n. 21716 del 23 febbraio 2023, Rv. 284490), nonché l'ammissibilità del ricorso ex art. 448, comma 2-bis, c.p.p., in quanto è illegale la pena determinata attraverso una riduzione per il patteggiamento non consentita per la mancanza dei presupposti richiesti dalla legge per l'accesso al rito speciale (Sez. 3, n. 552 del 10 luglio 2019, Rv. 278014-01).
5. Nel merito, il primo motivo di ricorso è fondato.
L'art. 13-bis, comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000, inserito dal d.lgs. n. 158 del 2015, prevede che "per i delitti di cui al presente decreto (d.lgs. n. 74 del 2000) l'applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale può essere chiesta dalle parti solo quando ricorra la circostanza di cui al comma 1 (prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti), nonché il ravvedimento operoso, fatte salve le ipotesi di cui all'articolo 13, commi 1 e 2".
La norma, dunque, fa salva l'applicazione delle ipotesi di cui all'art. 13, commi 1 e 2, del medesimo decreto legislativo.
L'art. 11 del decreto n. 158/2015 aveva sostituito il previgente art. 13 del d.lgs. n. 74/2000.
Nello specifico, aveva introdotto l'estinzione del debito tributario (comprensivo di sanzioni e interessi) come causa di non punibilità per un significativo elenco di reati, secondo però diverse scansioni temporali.
L'adempimento del tributo estingue i reati di omesso versamento delle imposte certificate (art. 10-bis), omesso versamento Iva (art. 10-ter) e indebita compensazione mediante utilizzo di crediti non spettanti (art. 10-quater, comma 1), qualora avvenga prima dell'apertura del dibattimento di primo grado.
I reati di dichiarazione infedele (art. 4) e omessa dichiarazione (art. 5) sono non punibili se il debito tributario (comprensivo di interessi e sanzioni) sia stato estinto mediante il pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione previsto per il periodo di imposta successivo a condizione però che il ravvedimento o la presentazione intervengano prima che l'autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.
L'art. 39, comma 1, lett. q-bis), d.l. n. 124 del 2019 ha modificato l'art. 13 d.l. n. 74 del 2000, che consente la non punibilità di alcuni reati tributari a fronte del pagamento del debito tributario, ha aggiunto - tra i reati che si estinguono con l'integrale pagamento del debito tributario prima che l'interessato abbia notizia dell'apertura del procedimento a suo carico - quello di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000) e quello di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3 d.lgs. n. 74 del 2000).
Al riguardo, secondo la giurisprudenza di legittimità, la causa di non punibilità dei reati opera solo a seguito dell'integrale pagamento, anche rateale, dell'importo dovuto a titolo di debito tributario, comprese sanzioni amministrative e interessi, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, e non consegue al mero accordo intervenuto tra debitore e amministrazione finanziaria per la rateizzazione del debito e la rimodulazione della sua scadenza (Sez. 3, n. 48375 del 13 luglio 2018, Preziosi, Rv. 274701; Sez. 3, n. 30139 del 12 aprile 2017, Fregolent, Rv. 270464-01).
L'art. 12 del decreto 158/2015 ha inserito, nel corpo del d.lgs. 74/2000, l'art. 13-bis, rubricata con il titolo "circostanze attenuanti", disposizione che contiene anche una disposizione a valenza processuale.
Il primo comma del nuovo art. 13-bis stabilisce che l'eventuale estinzione del debito tributario intervenuta prima dell'apertura del dibattimento, mediante integrale pagamento degli importi dovuti (anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione previste dalle norme tributarie), fuori dai casi in cui integra la causa di non punibilità, è circostanza attenuante ad effetto speciale (riduzione sino alla metà della sanzione edittale) ed esclude l'applicazione delle pene accessorie ex art. 12.
Il secondo comma - confermando l'intervento sul tessuto del d.lgs. 74/2000 già operato con la l. 148/2011 - limita l'applicazione della pena su richiesta, condizionandola al pagamento del debito tributario ovvero al ravvedimento operoso.
Così ricostruita la disciplina legislativa si deve concludere che la preclusione al patteggiamento posta dall'art. 13-bis, comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000, per il caso di mancata estinzione del debito tributario, opera con riguardo ai più gravi reati dichiarativi di cui agli artt. 2, 3, 4 e 5, richiamati dall'art. 13, comma 2, dello stesso decreto (Sez. 3, n. 9083 del 12 gennaio 2021, Matassini, Rv. 281709-01, in motivazione).
La pronuncia Sez. 3, n. 47287 del 2 ottobre 2019, Cetin Mehmet Emin, Rv. 277897, ha poi chiarito che la richiesta di applicazione della pena è ammissibile solo quando vi sia stato l'integrale pagamento del debito tributario prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado pur se dopo la formale conoscenza, da parte dell'autore del reato, di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali (Sez. 3, n. 47287 del 2 ottobre 2019, Cetin Mehmet Emin, Rv. 277897; Sez. 3, n. 26529 del 24 giugno 2022, Zaniboni), in quanto l'integrale pagamento del debito effettuato prima della formale conoscenza del procedimento integra una causa di non punibilità.
Da cui la conclusione, nella citata Cetin, secondo cui l'accesso al rito di cui all'art. 444 c.p.p. è ammissibile solo quando vi sia stato l'integrale pagamento del debito tributario prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, pur se dopo la formale conoscenza, da parte dell'autore del reato, di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali, viceversa, in caso di mancato pagamento del debito tributario è precluso l'accesso al rito del patteggiamento.
Ciò posto, non risulta dall'impugnata sentenza che il ricorrente avesse adempiuto al debito tributario che è condizione per l'accesso al rito del patteggiamento.
La sentenza va pertanto annullata senza rinvio con trasmissione degli atti al Tribunale di Palermo.
Il secondo motivo di ricorso è assorbito dall'accoglimento del primo motivo.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Palermo Ufficio GIP.
Depositata il 20 giugno 2024.