Consiglio di Stato
Sezione II
Sentenza 30 luglio 2024, n. 6829

Presidente: Franconiero - Estensore: Manzione

FATTO E DIRITTO

1. Con l'odierno appello, ritualmente notificato l'8 settembre 2020 e depositato il 16 settembre 2020, i signori Nicola T. e Domenico T. e la Società Costruzioni & Servizi s.r.l. hanno impugnato la sentenza segnata in epigrafe che ha dichiarato la inammissibilità del loro ricorso avverso i tre distinti provvedimenti con i quali il Gestore dei servizi energetici (d'ora in avanti solo G.S.E.) ha concesso per ciascuno degli impianti facenti capo singolarmente agli stessi una tariffa incentivante diversa e meno favorevole rispetto a quella che avevano richiesto ai sensi del decreto ministeriale del 19 febbraio 2007.

In maggior dettaglio, gli atti impugnati erano le comunicazioni del 7 luglio 2011, nonché quelli ad esse prodromici, in particolare le comunicazioni del 6 giugno 2011, contraddistinte da diversi numeri di protocollo (rispettivamente, avuto riguardo a quelle del 7 luglio 2011: GSE/P20110035898; GSE/P20110035896 e GSE/P20110035899; con riferimento a quelle del 6 giugno 2011: GSE/P20110029345; GSE/P20110029346 e GSE/P20110029347), di riscontro alle distinte istanze presentate dal signor Nicola T., per un impianto di potenza pari a 40,50 kW, identificato con il n. 247983; dal signor Domenico T., per un impianto di potenza pari a 45,36 kW, identificato con il n. 248321; infine della Società Costruzioni & Servizi a r.l., per un impianto di potenza pari a 114,12 kW, identificato con il n. 249276, tutti e tre ubicati in Feroleto Antico (CZ), Contrada da Pondico, senza numero civico.

2. Il T.A.R. per il Lazio ha escluso che nella specie sussistessero i presupposti di ammissibilità del ricorso cumulativo, richiamando giurisprudenza sul punto (T.A.R. Lombardia, Sez. III, 13 febbraio 2020, n. 298; id., Brescia, Sez. II, 13 gennaio 2020, n. 17). Ciò proprio in ragione del fatto che «[...] i tre soggetti ricorrenti espressamente affermano che il sig. T. Nicola ha chiesto a GSE l'ammissione alla tariffa incentivante per l'impianto fotovoltaico da 40,50 kW, identificato con il n. 247983, mentre il Sig. T. Domenico ha fatto istanza per l'impianto fotovoltaico n. 248321 da 45,36 kW e la Società Costruzioni & Servizi a r.l. per l'impianto n. 249276 da 114,12 kW».

3. I signori Nicola e Domenico T. e la Società Costruzioni & Servizi s.r.l. lamentano l'erroneità della sentenza impugnata per violazione delle norme relative al procedimento e degli artt. 24 e 113 della Costituzione (motivo sub I). Ripropongono quindi ex art. 101 c.p.a. i motivi di impugnazione del ricorso di primo grado non scrutinati dal T.A.R. e segnatamente «eccesso di potere, violazione di legge, erronea interpretazione ed applicazione del d.m. 19 febbraio 2007 e del d.m. 6 agosto 2010, illogicità manifesta, travisamento dei fatti per insufficienza dell'istruttoria» (motivo sub II).

3.1. Il T.A.R. per il Lazio avrebbe errato nell'individuare i presupposti della connessione oggettiva nel processo amministrativo: nel caso di specie, venendo all'evidenza un vincolo di connessione sostanziale tra i provvedimenti impugnati, il ricorso cumulativo andava ammesso. Seppur formalmente diversi ed emessi all'esito dei rispettivi procedimenti amministrativi, gli atti avrebbero una identica motivazione, nonché identici presupposti di fatto e di diritto, sicché egualmente identiche erano le censure formulate per ottenere lo stesso bene della vita, ovvero una maggiore entità di incentivi tariffari.

3.2. Il G.S.E. avrebbe compiuto un'istruttoria superficiale negando le addizionali agli incentivi richiesti, in quanto gli impianti erano su serra, e rientravano nelle previsioni di cui all'art. 20 del d.m. 6 agosto 2010, che chiarendo in via interpretativa il d.m. 19 febbraio 2007 ha espressamente ammesso la amovibilità della chiusura delle serre sulla base delle esigenze stagionali, come in concreto avvenuto nel caso di specie.

4. Si è costituito in giudizio il G.S.E. per resistere al ricorso, chiedendone il rigetto, con conseguente conferma della inammissibilità del gravame cumulativo, giusta la natura distinta dei procedimenti sfociati negli atti impugnati dai tre titolari dei separati impianti. Nel merito, ha ribadito come l'istruttoria sia stata effettuata, come per prassi, su base documentale, essendo emerso chiaramente, in particolare dalle fotografie prodotte da tutti e tre gli istanti, che i pannelli fotovoltaici sono installati sopra sostegni tubolari in lamiera privi di alcun tipo di copertura, difettando pertanto il requisito della chiusura delle serre, chiaramente indicato come necessario per accedere al richiesto incremento tariffario dalla «Guida agli interventi validi ai fini del riconoscimento dell'integrazione architettonica del fotovoltaico Aprile 2009», avuto riguardo alla tipologia specifica di riferimento (la tipologia 2, di cui all'art. 2, comma 1, lett. B3, dell'Allegato 3 al d.m. del 2007).

5. All'udienza del 3 luglio 2024, in vista della quale il G.S.E. ha avanzato istanza di prescindere dalla discussione orale, la causa è stata trattenuta in decisione.

6. L'appello è infondato, in quanto correttamente il primo giudice ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso cumulativo in tale sede presentato.

7. Giova infatti ricordare che nel processo amministrativo la proposizione del ricorso collettivo rappresenta una deroga al principio generale secondo il quale ogni domanda, fondata su un interesse meritevole di tutela, deve essere proposta dal titolare con separata azione. Pertanto, la proposizione contestuale di un'impugnativa da parte di più soggetti, sia essa rivolta contro uno stesso atto o contro più atti tra loro connessi, è soggetta al rispetto di requisiti stringenti, sia di segno negativo che di segno positivo: i primi sono rappresentati dall'assenza di una situazione di conflittualità di interessi, anche solo potenziale, per effetto della quale l'accoglimento della domanda di una parte dei ricorrenti sarebbe logicamente incompatibile con quella degli altri; i secondi consistono, invece, nell'identità delle posizioni sostanziali e processuali dei ricorrenti. Peraltro, a differenza di quanto accade nel processo civile, in cui il cumulo delle domande può essere giustificato tanto da una connessione oggettiva, quanto da una connessione soggettiva (cfr. art. 40 c.p.c.), in sede amministrativa assume rilevanza soltanto la prima forma di connessione, posto che la seconda non consente l'impugnativa con un unico ricorso di provvedimenti diversi (C.d.S., Sez. V, 14 dicembre 2011, n. 6537), se non quando sussiste anche un collegamento oggettivo tra di essi. A ciò consegue che nel giudizio amministrativo occorre che le domande siano o contemporaneamente connesse dal punto di vista oggettivo e soggettivo, oppure semplicemente connesse dal punto di vista oggettivo. In quest'ultima evenienza, affinché tra gli atti impugnati venga identificata una connessione tale da giustificare un unico processo, essi devono costituire manifestazioni provvedimentali collegate ad un unico sviluppo dello stesso episodio di concreto esercizio del potere pubblicistico, idoneo a far emergere la consistenza e la lesione di un unitario interesse soggettivo, storicamente connotato come contrapposto a quel determinato esercizio del potere. In altri termini, tra gli atti impugnati deve sussistere una connessione procedimentale oppure un rapporto di presupposizione giuridica o, quantomeno, di carattere logico (C.d.S., Sez. III, 8 marzo 2023, n. 2470; 21 marzo 2024, n. 2765).

8. I principî rassegnati dalla costante giurisprudenza amministrativa (ex multis, v. C.d.S., Sez. III, 18 maggio 2021, n. 3847) sono peraltro in stretta dipendenza con quanto affermato dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 5 del 27 aprile 2015, in cui si è avuto modo di stabilire i rigidi confini entro i quali può essere proposto un ricorso cumulativo. La regola generale del processo amministrativo risiede dunque nel principio secondo cui il ricorso deve avere ad oggetto un solo provvedimento e i motivi devono essere correlati strettamente a quest'ultimo, con la sola eccezione di atti contestualmente impugnati e a condizione, in questo caso, che sussista la ricordata connessione procedimentale o funzionale da accertarsi in modo rigoroso, onde evitare la confusione di controversie con conseguente aggravio dei tempi del processo o, addirittura, l'abuso dello strumento processuale per eludere le disposizioni fiscali in materia di contributo unificato.

8.1. La proposizione di un ricorso cumulativo o collettivo al di fuori dei casi in cui ciò è consentito rende il ricorso inammissibile. L'ammissibilità del ricorso è una condizione di decidibilità nel merito, come si ricava a contrario dall'art. 35, comma 1, lett. b) e c), c.p.a., secondo cui il ricorso deve essere dichiarato inammissibile o improcedibile, a seconda dei casi, quando sussistono o sopravvengono altre ragioni ostative ad una pronuncia sul merito. Tale evenienza rientra, dunque, nell'ambito delle condizioni dell'azione e, cioè, dei requisiti necessari affinché la domanda proposta al giudice possa essere decisa nel merito e non dei presupposti processuali, essendo il processo ritualmente instaurato e potendo proseguire fino alla decisione (per l'elencazione degli uni e degli altri v., comunque, C.d.S., Ad. plen., 27 aprile 2015, n. 5).

9. Va infine ricordato come i limiti alla proposizione dei ricorsi collettivi, come del resto, analogamente, dei ricorsi cumulativi, per la costante giurisprudenza amministrativa si giustificano:

a) per l'esigenza che il processo amministrativo abbia per oggetto specifiche questioni riguardanti i singoli ricorrenti, mirando a statuizioni che specificamente determinino l'assetto dei rapporti tra essi e la pubblica amministrazione intimata in giudizio;

b) per l'esigenza di consentire l'effettività della difesa della amministrazione intimata, che nei termini di legge deve poter apprestare le proprie difese con riferimento ai singoli casi, e non alla complessiva legittimità degli atti - dal contenuto eterogeneo - di un procedimento amministrativo coinvolgente più soggetti;

c) per l'esigenza di organizzare i ruoli di udienza ed i carichi di lavoro dei singoli magistrati, difficilmente gestibili qualora debbano essere esaminati ricorsi riguardanti più ricorrenti che prospettano censure non omogenee avverso atti dal contenuto eterogeneo.

10. Ora, nella specie gli appellanti vorrebbero fondare la ammissibilità del ricorso cumulativo sulla connessione "sostanziale" tra gli atti di causa, rivolti a ciascuno di essi distintamente, solo in ragione del fatto che per ciascuno degli impianti interessati dall'autonomo procedimento di richiesta degli incentivi è stata riscontrata un'analoga assenza di requisiti per le pretese maggiorazioni. In verità, è innegabile che tale elemento di fatto, da valutare in ragione del contesto tipico di ogni struttura, costituisce l'unico fattor comune ai tre separati procedimenti, sicché in alcun modo è possibile qualificare come identico l'oggetto dell'impugnativa. Diversamente opinando, non si porrebbe alcun limite ad un'impugnativa collettivamente rivolta avverso tutti i dinieghi da parte di G.S.E. correlati allo scrutinio della documentazione (diversa) riferita ad impianti affetti dalla medesima carenza strutturale, perché alla fine l'elemento escludente è lo stesso, ovvero, appunto, la non riconducibilità dell'impianto alla tipologia per la quale è prevista la maggiorazione.

11. Ciò detto, per mera completezza il Collegio evidenzia come comunque le riproposte censure di merito sono anche infondate. L'originaria rappresentazione dello stato dei luoghi, infatti, è del tutto priva degli elementi di "chiusura" delle c.d. serre, come correttamente evidenziato dalla difesa del G.S.E. Né la situazione cambia alla luce dell'invocato d.m. del 2010, che ammette la chiusura stagionale, stante che sono i richiedenti stessi ad avere riferito che la destinazione a copertura di agrumeti impediva ab origine ridetta chiusura, anche stagionale. Il che risulta, al pari del mancato ancoraggio al suolo, dalla documentazione fotografica acclusa alle tre distinte istanze. Sul punto si registra un ormai consolidato orientamento, dal quale non vi è motivo di decampare in questa sede, che così si esprime: «il legislatore ha assegnato valenza probatoria privilegiata alla documentazione fotografica, in quanto atta a consentire un agevole accertamento mediante riscontro visivo di quanto dichiarato dal soggetto responsabile in sede di richiesta di incentivo, esigenza probatoria che la documentazione a contenuto meramente dichiarativo non è parimenti in grado di soddisfare. Poiché la trasmissione della documentazione fotografica è prevista dallo stesso legislatore ai fini dell'ammissione al beneficio, essa non può essere surrogata né dall'asseverazione del tecnico abilitato di cui al comma 1-bis dell'art. 1-septies l. 129/2010 - che costituisce una documentazione aggiuntiva e non sostitutiva rispetto quella prescritta dal secondo conto energia - né dalle prove documentali (dichiarazione della ditta installatrice, fatture e bonifico bancario relativi ai materiali di raccordo) che sono atipiche rispetto a quelle prescritte dalla disciplina di riferimento» (cfr. C.d.S., Sez. II, 14 dicembre 2023, n. 10817). Solo laddove a fronte di documentazione fotografica chiara ab origine se ne sia contestata ex post l'esaustività, addivenendo alla decadenza dall'incentivo, la giurisprudenza ha inteso responsabilizzare il G.S.E. all'atto dell'effettuazione dell'istruttoria. Ma trattasi di situazione diversa da quella in esame nella quale, al contrario, è proprio in ragione di ridetta istruttoria che si è ritenuto di non accedere alla richiesta maggiorazione tariffaria, pur concedendo il beneficio nella tariffa base.

11.1. Ciò in quanto il sistema di incentivazione dell'energia è basato sul principio di autoresponsabilità, che impone all'interessato l'onere di fornire tutti gli elementi idonei a dar prova della sussistenza delle condizioni per l'ammissione ai benefici, con conseguente valenza preclusiva delle eventuali carenze che incidano sul perfezionamento della fattispecie agevolativa (cfr. C.d.S., Sez. IV, 12 gennaio 2017, n. 50).

12. Per quanto sopra detto, l'appello deve essere respinto e per l'effetto deve essere confermata la sentenza impugnata laddove ha dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado in quanto indebitamente cumulativo.

13. Sussistono giusti motivi per compensare le spese del grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Note

La presente decisione ha per oggetto TAR Lazio, sez. III-ter, sent. n. 7981/2020.