Corte di cassazione
Sezione I penale
Sentenza 16 aprile 2024, n. 25514

Presidente: Siani - Estensore: Masi

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa in data 5 febbraio 2024 il Tribunale di Siracusa, accogliendo la richiesta di riesame proposta da Pietro C. avverso il decreto di convalida del sequestro probatorio emesso dal pubblico ministero in data 23 gennaio 2024, ha annullato il decreto stesso e ha disposto la restituzione delle armi sequestrate all'istante. Il sequestro era stato disposto perché, effettuando un controllo nell'abitazione del C. a seguito di un furto di munizioni da lui denunciato, gli inquirenti avevano rilevato la presenza di quattro fucili regolarmente detenuti ma non custoditi nell'apposita cassaforte, bensì appoggiati nella sala da pranzo, e li avevano sequestrati, denunciando il proprietario per il reato di omessa custodia di armi.

Il Tribunale ha annullato il decreto di convalida perché privo di motivazione circa la finalità probatoria del sequestro, ed ha ribadito l'obbligatorietà della confisca dei fucili, ai sensi dell'art. 6 l. n. 152/1975, anche in caso di estinzione del reato per oblazione, procedura già richiesta dal ricorrente. Ha ritenuto, però, non applicabile il divieto di restituzione previsto dall'art. 324, comma 7, c.p.p., in quanto applicabile, secondo le statuizioni delle Sezioni unite, solo nei casi di confisca obbligatoria ai sensi dell'art. 240, comma 2, c.p., e non quando tale confisca sia disposta da altre norme, come nel caso delle armi.

2. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Siracusa, articolando un unico motivo, con il quale denuncia l'erronea applicazione della legge penale.

La motivazione dell'ordinanza impugnata è illogica e in contrasto con il combinato disposto degli artt. 240, comma 2, c.p. e 324, comma 7, c.p.p., nonché con la sentenza delle Sezioni unite della Corte di cassazione n. 40847/2019, che pure viene richiamata. Infatti l'art. 6 l. n. 152/1975, nel prevedere la confisca obbligatoria in tutti i casi di reato concernente le armi, richiama espressamente l'art. 240, comma 2, c.p., e quindi ad esso si applica il divieto di revoca del sequestro e di restituzione dei beni previsto dall'art. 324, comma 7, c.p.p.

3. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto l'annullamento del provvedimento impugnato, con rinvio per nuovo giudizio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato, e deve essere accolto.

2. Il sequestro delle armi, oggetto della richiesta di riesame decisa dal Tribunale di Siracusa, era stato disposto per esigenze probatorie e convalidato dal pubblico ministero, per tali finalità di prova, senza una motivazione. La necessità di motivazione anche del decreto di sequestro probatorio, e del decreto di convalida, è stata ribadita e confermata dalla sentenza Sez. un., n. 36072 del 19 aprile 2018, Rv. 273548, per cui la decisione di annullamento, per il mancato rispetto di tale requisito, è corretta.

Il Tribunale, nel disporre l'annullamento del decreto di convalida del sequestro probatorio, ha valutato l'applicabilità del divieto di restituzione posto dall'art. 324, comma 7, c.p.p., secondo cui, in caso di riesame, «la revoca del decreto di sequestro può essere parziale e non può essere disposta nei casi indicati dall'art. 240, comma 2, del codice penale». La ratio della norma è evidente: l'art. 240, comma 2, c.p. stabilisce i casi di confisca obbligatoria, nei quali tale misura deve essere disposta anche in assenza di condanna penale, per cui la restituzione del bene confliggerebbe con la scelta del legislatore, che è motivata dalla ritenuta sussistenza di ragioni di sicurezza pubblica che giustificano la sottrazione del bene al legittimo detentore, quale misura dal carattere preventivo e non punitivo.

La richiesta di estinguere mediante oblazione il reato contestato, quello di omessa custodia delle armi sequestrate, non esclude l'applicazione della confisca obbligatoria di queste ultime, come costantemente ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità (vedi Sez. 1, n. 6919 dell'8 febbraio 2022, n.m.; Sez. 1, n. 32333 del 18 giugno 2019, n.m.; Sez. 1, n. 33982 del 6 aprile 2016, Rv. 267458; Sez. 1, n. 1806 del 4 dicembre 2012, dep. 2013, Rv. 254213, relativa specificamente al reato di cui all'art. 20 l. n. 110/1975).

Il Tribunale ha richiamato la sentenza n. 40847/2019 delle Sezioni unite, che ha indicato la corretta interpretazione della norma di cui all'art. 324, comma 7, c.p.p. stabilendo, oltre alla sua applicabilità anche al sequestro probatorio, che «il divieto di restituzione di cui all'art. 324, comma 7, c.p.p. riguarda soltanto le cose soggette a confisca obbligatoria ai sensi dell'art. 240, secondo comma, c.p., restando escluse quelle soggette a confisca obbligatoria ai sensi di previsioni speciali, salvo che tali previsioni richiamino il predetto art. 240, secondo comma, c.p. o, comunque, si riferiscano al prezzo del reato o a cose la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione delle quali costituisce reato» (Sez. un., n. 40847 del 30 maggio 2019, Bellucci, Rv. 276690-02). La Corte a Sezioni unite, infatti, ha rimarcato la necessità di una interpretazione letterale della norma, che incide in modo rilevante sul diritto di proprietà, al fine di impedire che la compressione di tale diritto avvenga senza una esplicita previsione di legge, ovvero in forza di una sostanziale interpretazione analogica in malam partem.

La conclusione di tale sentenza, richiamata nell'ordinanza impugnata, è quella di limitare l'operatività del divieto di cui all'art. 324, comma 7, c.p.p. alle sole ipotesi di confisca obbligatoria stabilite dall'art. 240, comma 2, c.p., «comprese... quelle confische che, pur previste da disposizioni diverse, riguardino cose intrinsecamente pericolose, perché tali cose rientrerebbero comunque nell'ambito di applicazione dell'art. 240, secondo comma, c.p., se non fossero contemplate da leggi speciali» e, come precisato nella massima sopra riportata, «restando escluse quelle soggette a confisca obbligatoria ai sensi di previsioni speciali, salvo che tali previsioni richiamino il predetto art. 240, secondo comma, c.p.». Nel caso di specie la confisca obbligatoria delle armi non è stabilita dall'art. 240, comma 2, c.p., ma dall'art. 6 l. n. 152/1975, che rinvia però, esplicitamente, all'art. 240, comma 2, c.p., dal momento che la norma recita che «il disposto del primo capoverso dell'articolo 240 del codice penale si applica a tutti i reati concernenti le armi».

3. Dopo una corretta ricostruzione della disciplina vigente e della sua interpretazione, però, il Tribunale ha omesso di applicare il divieto di cui all'art. 324, comma 7, c.p.p. al caso in questione, relativo all'avvenuto sequestro di armi, affermando che «stante quanto risultante dal combinato normativo di cui agli articoli 6, comma primo, legge 22 maggio 1975, n. 152 e 240, comma quattro, c.p., così come interpretati dalla giurisprudenza di legittimità sopra riportata e qui condivisa», la confisca in materia di armi è disciplinata da una normativa speciale, e non deve applicarsi il divieto di restituzione previsto dall'art. 324, comma 7, c.p.p. «in quanto ne appare più corretta una interpretazione strettamente letterale».

Tale decisione è errata e illogica, in quanto l'affermata adesione alla interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità viene totalmente sconfessata, e senza un'adeguata motivazione, dal momento che l'interpretazione dell'art. 324, comma 7, c.p.p. contenuta nella sentenza Sez. un., n. 40847/2019 consegue già, dichiaratamente, all'adesione della Suprema Corte all'orientamento giurisprudenziale più restrittivo. L'ordinanza, inoltre, è contraddittoria, perché nel paragrafo precedente essa ricorda che l'art. 6 l. n. 152/1975, nel prevedere la confisca obbligatoria delle armi, rimanda all'art. 240, comma 2, c.p., che esclude l'applicabilità della misura stessa solo nel caso previsto dall'art. 240, comma 4, c.p., cioè nel caso della contestuale sussistenza del possesso della cosa da parte di persona estranea al reato, e dell'autorizzabilità della detenzione della cosa stessa.

Il Tribunale, pertanto, non si è conformato al principio dettato dalla sentenza Sez. un., n. 40847/2019, senza neppure motivare in modo logico e non contraddittorio la propria decisione. Il testo dell'art. 6, comma 1, l. n. 152/1975, sopra riportato, impone di ritenere che la confisca obbligatoria delle armi, da esso disposta, rientri nei casi previsti dall'art. 240, comma 2, c.p. come interpretato dalla predetta sentenza, stante il suo esplicito contenuto, e stante l'oggettiva pericolosità intrinseca delle cose a cui si riferisce.

4. L'erroneità della decisione del Tribunale risulta evidente anche alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 5/2023, che al punto 6.3 ha indicato, quale interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 6 l. n. 152/1975, quella secondo cui la confisca delle armi non può essere disposta, a seguito di proscioglimento, se non sia comunque accertata la sussistenza del reato e la sua ascrivibilità all'imputato. La Corte costituzionale, infatti, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità di tale norma nella parte in cui essa impone di disporre la confisca delle armi anche in caso di estinzione del reato per oblazione, affermando però che deve essere consentito all'imputato di provare, nonostante la richiesta di proscioglimento mediante la procedura di cui agli artt. 162 e 162-bis c.p., l'insussistenza dei presupposti per l'applicazione di tale misura, cioè la commissione del reato da parte sua.

Nel presente caso la sussistenza del reato di omessa custodia di armi è provata dall'accertamento effettuato dai carabinieri, riferito nell'ordinanza stessa, e la responsabilità dell'imputato è provata dalla sua qualità di proprietario dei fucili rinvenuti. Il Tribunale, infatti, ha ribadito la confiscabilità di tali armi ai sensi dell'art. 6 l. n. 152/1975, nonostante la richiesta di estinguere il reato mediante oblazione, perché tale misura è esclusa solo nel caso di assoluzione dal reato o di appartenenza dei beni a persona estranea ad esso, e non ha menzionato alcuna richiesta dell'imputato di dimostrare la sussistenza di una di tale circostanza. Non vi sono, quindi, ragioni per non disporre la confisca dei fucili già in sequestro e per non applicare il divieto della loro restituzione, anche alla luce della sentenza della Corte costituzionale sopra indicata.

5. Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, pertanto, accolto, e l'ordinanza impugnata deve essere annullata, sul punto della decisione di restituzione delle armi già poste in sequestro, con rinvio al Tribunale di Siracusa per un nuovo giudizio, da svolgersi con piena libertà valutativa, ma nel rispetto dei principi sopra puntualizzati.

P.Q.M.

Annulla l'ordinanza impugnata relativamente alla disposizione di restituzione delle armi sequestrate, con rinvio per nuovo giudizio su tale punto al Tribunale di Siracusa.

Depositata il 27 giugno 2024.