Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana
Sentenza 8 agosto 2024, n. 649
Presidente: de Francisco - Estensore: La Ganga
FATTO
1. L'appellante impugna la sentenza n. 2688/2021 con la quale è stato respinto il ricorso proposto, per l'annullamento: a) dell'ordinanza di demolizione n. 284 del 10 marzo 2020; b) del rigetto dell'istanza di condono prot. n. 20312 del 14 dicembre 2017; c) del preavviso di rigetto prot. n. 16874 del 16 ottobre 2017; d) della relazione istruttoria dell'11 ottobre 2017.
2. Il signor L.P. premette in fatto:
- di aver ricevuto in eredità dal padre, Apollonio L.P., deceduto il 12 agosto 2014, un immobile realizzato nel 1980 e ricadente in c.da Punta Braccetto (fraz. Comune di S. Croce Camerina), censito al catasto fabbricati fl. 26, p.lla 653, sub. 1, cat. A3;
- che il padre nel 1986 aveva presentato istanza di condono (ex l.r. n. 37/1985), il cui esito non è mai stato comunicato all'appellante, dal momento che non ha ricevuto né la notifica del preavviso di rigetto né del provvedimento di rigetto prot. n. 20312 del 14 dicembre 2017, e ciò perché detti atti sono stati inviati presso un indirizzo errato;
- di aver ricevuto in data 29 ottobre 2020 la notifica dell'ordine di demolizione n. 284 del 10 marzo 2020 come conseguenza del suddetto rigetto;
- di aver proposto avverso tali atti ricorso dinanzi al T.A.R. Catania che è stato respinto.
3. Con l'atto di appello vengono riproposte tutte le domande e le eccezioni di cui al ricorso di primo grado, comprese quelle assorbite o non esaminate ed esattamente:
a) «Violazione degli artt. 21-bis e 10-bis della l. n. 241/1990; violazione degli artt. 23 e ss. della l.r. n. 37/1985; sviamento di potere e illogicità manifesta».
Si lamenta l'omessa notifica del preavviso di rigetto e del provvedimento di rigetto dell'istanza di condono che sono stati erroneamente inviati a mezzo posta all'indirizzo del de cuius, nonostante l'appellante risieda dal 1991 e ininterrottamente nel Comune di Vittoria, evidenziando anche che la notifica agli eredi nell'ultimo domicilio del dante causa sia ammissibile soltanto se effettuata "impersonalmente agli eredi" entro il termine di un anno dal decesso.
b) «Violazione del principio del legittimo affidamento; violazione degli artt. 3 e 97 Cost. e degli artt. 1 e 2 della l. n. 241/1990».
Si ritiene che il lungo lasso di tempo trascorso per la conclusione del procedimento di condono abbia determinato l'insorgere, in capo al ricorrente, di un legittimo affidamento circa l'accoglimento dell'istanza, considerando che nel 1980 ricorressero i presupposti tecnici e giuridici per ottenere il condono.
Il Comune di Santa Croce Camerina, infatti, nel corso degli anni ha urbanizzato l'area dove ricade l'immobile in esame mediante realizzazione delle reti fognaria, elettrica e di pubblica illuminazione, la sistemazione delle vie pubbliche con segnaletica, nomenclatura e numeri civici, servendo la zona col servizio pubblico di raccolta e smaltimento dei rifiuti.
c) «Violazione degli artt. 2 e 3 della l. n. 241/1990 e degli artt. 2, 3, 24 e 111 Cost».
Si ci duole dell'eccessiva durata del procedimento conclusosi dopo 35 anni dal suo avvio (1986) in espressa violazione dell'art. 2 della l. n. 241/1990 e, inoltre, della mancata partecipazione dell'appellante al procedimento per via delle suddette omesse notifiche; comportamento questo che lede sia le norme procedimentali sia quelle costituzionali, inerenti l'esercizio del diritto di difesa, il giusto procedimento e il giusto processo, la parità di trattamento e la tutela della dignità della persona.
d) «Difetto di istruttoria, sviamento di potere, illogicità manifesta e disparità di trattamento».
Si lamenta l'insufficiente istruttoria compiuta dall'ente che si è limitato ad affermare apoditticamente l'assenza della distanza dalla battigia richiesta dall'art. 23 della l.r. n. 37/1985.
L'appellante avverso la sentenza appellata muove le seguenti censure:
I) «Omessa pronuncia da parte del giudice di primo grado su un punto nevralgico del ricorso introduttivo. Violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. in relazione agli artt. 1, 2 e 3 del d.lgs. n. 104/2010. Difetto di motivazione della sentenza appellata. Violazione delle norme in tema di giusto processo, in relazione alla mancata pronuncia inerente la violazione di norme costituzionali e legislative di cui al ricorso».
La sentenza impugnata, riportando affermazioni generali e di principio senza tenere conto delle deduzioni difensive e della documentazione versata in atti, lederebbe il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato.
L'appellante ritiene che, sulla scorta della produzione difensiva in atti, ove fosse gli stata consentita la propria partecipazione, il provvedimento finale adottato dall'ente sarebbe stato differente e che il T.A.R. non abbia ben valutato l'eccepita carenza di istruttoria relativamente all'istanza di condono volta a verificare l'effettiva distanza dell'immobile dalla battigia e che il giudice di prime cure, pur ammettendo un'obiettiva difficoltà istruttoria, abbia escluso a monte ogni apporto concreto che l'interessato avrebbe potuto fornire per l'istruttoria.
II) «Violazione art. 64, comma 2, c.p.a.; violazione dell'art. 15 l.r. Sicilia 12 giugno 1976, n. 78; dell'art. 2 della successiva l.r. 30 aprile 1991, n. 15; dell'art. 2 della l.r. 30 aprile 1991, n. 15; degli artt. 64 e 40 c.p.a.; dell'art. 112 c.p.c. Disparità di trattamento. Difetto di motivazione della sentenza appellata».
Il T.A.R. ha ritenuto che sia mancata la prova della realizzazione del manufatto abusivo anteriormente alla data del 31 dicembre 1976, questa osservazione per l'appellante sarebbe estranea al thema decidendum, incentrato non sull'epoca di realizzazione dell'abuso che è indiscussa (nota di comunicazione della conclusione dei lavori prot. n. 3226 del 22 marzo 1982 agli atti), ma sulla sanabilità dello stesso a fronte del vincolo assoluto di inedificabilità posto ex lege.
Per l'appellante la sentenza sarebbe ultra petitum anche nella parte in cui precisa che il divieto assoluto di edificazione nella zona costiera, ai sensi dell'intervenuto art. 2 della l.r. del 30 aprile 1991, n. 15, sia vincolante per le amministrazioni comunali in sede di formazione degli strumenti urbanistici e per i privati.
Si ritiene che più correttamente quest'ultimo intervento interpretativo del legislatore debba essere valutato caso per caso, in quanto le norme di interpretazione autentica possono spiegare effetti retroattivi a condizione che non siano in contrasto con situazioni ormai divenute definitive, come quella in esame, se solo si considera la successione cronologica degli atti e degli avvenimenti che hanno interessato l'immobile.
Quest'ultimo, infatti, è stato costruito nel 1980, il Comune ha avuto contezza dell'abusività nel 1982, nel 1986 è stata presentata la richiesta di condono edilizio, la l.r. n. 15/1991 d'interpretazione interviene nel 1991 a distanza di cinque anni dalla presentazione dell'istanza di condono e, infine, l'ordine di demolizione è stato notificato dal Comune nel 2020 con un silenzio sull'istanza del Comune protrattosi per oltre trentadue anni.
III) «Violazione art. 64, comma 2, c.p.a. e violazione degli artt. 74 e 88 c.p.a. per carenza di motivazione della sentenza. Inoltre, difetto di istruttoria, sviamento di potere e illogicità manifesta».
Il T.A.R., trascurando le risultanze processuali ritiene che l'immobile rientri nella fascia di inedificabilità assoluta, facendo affidamento soltanto sulla relazione istruttoria dell'U.T.C. dell'11 ottobre 2017 e non ritenendo plausibile che «si sia verificata una erosione tale da ridurre solo ad oggi e non già illo tempore, la distanza minima».
L'appellante ritiene che se il T.A.R. avesse ben esaminato le memorie, le perizie tecniche e l'allegata documentazione tecnica, depositate agli atti, certamente avrebbe attribuito a detti atti la giusta rilevanza ai fini della decisione, atteso che gli stessi smentiscono la valenza probatoria della documentazione cartografica, della carta tecnica regionale e della tav. B del programma di fabbricazione, su cui si fonda l'ordine di demolizione e soprattutto lasciano supporre che l'immobile negli anni '80 si trovasse a una distanza superiore a 150 mt dalla battigia.
IV) «Violazione degli artt. 26 c.p.a. e 91 e ss. c.p.c.; sussistenza di ragionevoli motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio».
La complessità del caso e i dati evidenziati nel corso del giudizio, pur con il rigetto del ricorso, avrebbero potuto condurre non a una condanna alle spese in ragione della soccombenza, bensì a compensare le spese di giudizio "per giusti motivi".
4. Il Comune appellato si è costituito eccependo l'infondatezza del ricorso e ribadendo la correttezza della sentenza appellata richiamando la giurisprudenza a sostegno delle statuizioni in essa contenute.
DIRITTO
5. L'appello è fondato e il primo motivo di gravame va accolto.
Il provvedimento di rigetto nell'istanza di condono è illegittimo sì come lo è il provvedimento di demolizione basato su quest'ultimo provvedimento di rigetto e ciò perché sono state violate le norme sul procedimento poste a tutela del diritto di partecipazione del soggetto interessato al procedimento.
Il T.A.R. ha affermato che l'ordinanza di demolizione sia atto dovuto e a contenuto vincolato e che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, escludendo, pertanto, l'annullabilità della stessa ai sensi dell'art. 21-octies della l. n. 241/1990.
Tenuto conto della particolarità della vicenda il Collegio ritiene che il Comune, prima di emettere l'ordinanza di demolizione, avrebbe dovuto assicurarsi che le notifiche del preavviso di rigetto ai sensi dell'art. 10-bis della l. n. 241/1990 e del successivo provvedimento di rigetto dell'istanza di condono, andassero a buon fine.
L'appellante per errore di notifica non ha ricevuto il preavviso di rigetto né il provvedimento di diniego del condono, adottato dall'ente per violazione delle distanze dell'immobile dalla battigia; il Comune, infatti, ha erroneamente indirizzato le notifiche dei suddetti atti, dirette all'appellante, nell'ultima residenza del proprio padre, deceduto anni prima, invece che inviarli nella sua residenza (in altro Comune).
La facoltà della notifica impersonale agli eredi nell'ultimo domicilio del de cuius è prevista soltanto per i casi in cui si opti per la notifica impersonale agli eredi ed entro breve termine dal decesso.
Ne deriva che la rilevanza degli atti amministrativi, adottati a monte dell'ordinanza di demolizione, quando ormai l'originario istante era deceduto da anni, avrebbe dovuto indurre il Comune ad attivarsi per individuare gli eredi e gli indirizzi delle loro residenze, come ha fatto successivamente al momento della notifica dell'ordine di demolizione.
L'istituto del preavviso di rigetto, previsto dall'art. 10-bis della l. n. 241/1990, va applicato anche ai procedimenti di sanatoria o di condono edilizio, con la conseguenza che è illegittimo il provvedimento di diniego dell'istanza di permesso in sanatoria che non sia stato preceduto dall'invio della comunicazione, in quanto - in mancanza di tale preavviso al soggetto interessato - risulta preclusa la piena partecipazione al procedimento e, dunque, la possibilità di un apporto collaborativo.
La giurisprudenza è conforme nel ritenere l'illegittimità di un provvedimento di diniego di sanatoria non solo nel caso in cui lo stesso non sia stato preceduto dal preavviso di rigetto ai sensi dell'art. 10-bis della l. 7 agosto 1990, n. 241, ma anche addirittura nel caso di mancata valutazione delle osservazioni presentate dalla parte istante (C.d.S., n. 3672 del 12 aprile 2023).
La natura vincolata degli atti impugnati non costituisce valido motivo per omettere il rispetto delle garanzie partecipative in «situazioni peculiari e giuridicamente complesse» (C.d.S., Sez. III, 14 settembre 2021, n. 6288) e inoltre, i principi della collaborazione e della buona fede, che certamente trovano applicazione anche ai rapporti fra amministrazione e privati, impongono di dare un'interpretazione quanto più garantista alle norme sulla partecipazione.
La giurisprudenza ha più volte spiegato che la violazione del contraddittorio procedimentale sia idonea a inficiare la legittimità del provvedimento anche nei procedimenti vincolati «quando il contraddittorio procedimentale con il privato interessato avrebbe potuto fornire all'Amministrazione elementi utili ai fini della decisione, ad esempio in ordine alla ricostruzione dei fatti o all'esatta interpretazione delle norme da applicare» (C.d.S., Sez. VI, 18 marzo 2019, n. 1759; 15 marzo 2010, n. 1476) e ha ritenuto l'illegittimità del provvedimento vincolato emesso «senza che sia stata offerta al destinatario dello stesso provvedimento la preventiva comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 l. n. 241/1990, ove dal giudizio emerga che l'omessa comunicazione del procedimento avrebbe consentito al privato di dedurre le proprie argomentazioni, idonee a determinare l'emanazione di un provvedimento con contenuto diverso» (C.G.A.R.S. n. 750 del 26 agosto 2020 e C.d.S. n. 6288/2021).
Pertanto, il fatto che ci si trovi in presenza di un provvedimento avente natura vincolata non significa, tuttavia, che la mancata comunicazione dell'avviso di rigetto e del rigetto dell'istanza di condono debba ritenersi, per ciò solo, irrilevante.
Né può ritenersi che il Comune abbia fornito la prova richiesta dall'art. 21-octies, comma 2, della l. n. 241/1990, ovvero, che il provvedimento non avrebbe comunque potuto essere diverso, rimanendo il dubbio serio che una più attenta valutazione delle circostanze di fatto avrebbe potuto condurre a un diverso esito procedimentale o comunque all'adozione di un provvedimento parzialmente diverso.
Si ritiene, infatti, in disaccordo con il T.A.R., che nel caso di specie la partecipazione dell'interessato non sarebbe stata ininfluente e che, anzi, il suo intervento avrebbe consentito all'ente di usufruire di informazioni tecniche e geologiche relative all'epoca della realizzazione dell'immobile che avrebbero potuto indurre il Comune a ritenere che l'immobile, oggetto di istanza di condono, all'epoca della sua realizzazione si trovasse a una distanza maggiore di metri 150 dalla battigia.
Nel caso di specie, il Collegio ritiene che l'omissione procedimentale, lungi dall'integrare un mero vizio formale, abbia di fatto precluso un idoneo approfondimento istruttorio delle questioni sollevate dall'appellante, alcune delle quali bisognose di un adeguato riscontro concreto; di conseguenza, la violazione dell'art. 7 della l. n. 241 del 1990 ha esplicato un effetto invalidante sull'ordinanza di demolizione impugnata.
Di fatto non può essere sottaciuta l'incertezza, al momento della realizzazione della costruzione, sull'effettiva distanza della stessa dalla battigia e non sembrano infondate le argomentazioni dell'appellante sul proprio legittimo affidamento, se solo si considera l'effettiva urbanizzazione della zona, il rilascio di sanatorie in favore di vicini (fatti non contestati) e i grandi mutamenti che, negli ultimi trentacinque anni, hanno interessato la zona costiera prospiciente l'immobile.
Il primo motivo di appello va, pertanto, accolto con l'assorbimento di tutti gli altri motivi seppure esaminati e valutati dal Collegio e, per l'effetto, vanno annullati gli atti impugnati.
6. Le spese di entrambi i gradi del giudizio sono compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto annulla gli atti impugnati in primo grado.
Le spese di entrambi i gradi del giudizio sono compensate tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Note
La presente decisione ha per oggetto TAR Sicilia, Catania, sez. IV, sent. n. 2688/2021.