Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sezione II stralcio
Sentenza 16 settembre 2024, n. 16414

Presidente: Riccio - Estensore: Monica

FATTO

Con il ricorso introduttivo del giudizio, il ricorrente ha impugnato il provvedimento in epigrafe con il quale il Comune di Fiumicino ha respinto l'istanza di riesame, da costui avanzata il 27 ottobre 2020, rispetto al diniego già espresso dall'amministrazione comunale di rinnovo della concessione di un'area su cui insiste il chiosco bar "NANA", adibito alla somministrazione di alimenti e bevande, per intervenuta decadenza già il 27 giugno 2020 della concessione medesima, attesa la proposizione della relativa domanda di rinnovo solo in data 22 settembre 2020 (atto non impugnato).

In particolare, il Comune con la determinazione avversata confermava il diniego di rinnovo, nella considerazione che, trattandosi di concessione di un bene pubblico, l'affidamento deve seguire le regole dell'evidenza pubblica.

Parte ricorrente chiede l'annullamento di tale atto di conferma perché illegittimo per violazione di legge, difetto di istruttoria e motivazione, segnatamente lamentando di essere stato impossibilitato a produrre nei termini la domanda di rinnovo della concessione in quanto "affetto da gravi patologie...".

Il Comune di Fiumicino si costituiva in giudizio, ampiamente argomentando circa la legittimità del proprio operato e chiedendo il rigetto dell'avverso ricorso.

La Sezione con ordinanza n. 169/2021 accoglieva domanda cautelare "esclusivamente relativamente alle determinazioni con la quali è stata ingiunta la rimozione del chiosco, dovendo l'amministrazione valutare la possibilità di una prosecuzione dell'attività da parte del ricorrente nelle more dell'espletamento della procedura, menzionata negli atti gravati, che sarà indetta per l'assegnazione della concessione, non essendo preclusa la possibilità per il ricorrente di partecipare utilmente alla stessa".

Il ricorrente con ricorso per motivi aggiunti impugnava la successiva nota del Comune di Fiumicino del 19 maggio 2021 che, in ossequio a quanto stabilito in sede cautelare, assegnava al ricorrente una proroga tecnica della concessione nelle more dell'espletamento della preannunciata procedura ad evidenza pubblica, nella parte in cui viene "fatta salva l'ipotesi di non procedere alla messa a bando a seguito di diversi orientamenti dell'Amministrazione... e che, con nota 28809/2021, l'assessore competente ha comunicato l'intendimento dell'Amministrazione di non voler procedere ad un nuovo affidamento dell'area", lamentando l'arbitrarietà della scelta dell'amministrazione di non procedere a mettere a bando la concessione relativa al chiosco da costui gestito.

In data 4 novembre 2021, il Comune depositava in atti la delibera di Giunta comunale n. 146 del 3 novembre 2021 di approvazione del nuovo piano del commercio e la n. 147 del 3 novembre 2021 di approvazione dell'assetto di via Torre Clementina con relativa planimetria allegata in cui il chiosco gestito dal ricorrente - ubicato all'altezza del civico 153 di via Torre Clementina sul lato della banchina portuale - non è inserito, in quanto non presente né nel nuovo piano del commercio (nel prosieguo semplicemente "piano") né in quello preesistente, essendo la zona interessata da un progetto di rifacimento integrale, finalizzato alla valorizzazione del borgo "Valadier" (dichiarato di interesse culturale particolarmente importante dal MIBACT con decreto n. 54 del 2020), che, per assicurare una adeguata continuità visiva e paesistica, prevede lo spostamento dei chioschi a ridosso degli edifici.

Parte resistente, con memoria in pari data, evidenziava, poi, l'inserimento ex novo di due posteggi isolati:

"- ubicazione Largo dei Delfini, settore somministrazione di alimenti e bevande, superficie mq. 28 (acquisto e installazione del chiosco a carico del concessionario, da individuarsi mediante procedura ad evidenza pubblica);

- ubicazione Via della Foce Micina/incrocio Viale Coccia di Morto, settore somministrazione di alimenti e bevande, superficie mq. 33, chiosco in muratura di proprietà comunale".

Il ricorrente proponeva, quindi, relativo ricorso per motivi aggiunti avverso tali nuovi atti, sostanzialmente sostenendo la compatibilità del chiosco di suo interesse con il piano di valorizzazione della zona e il suo non interferire con la continuità visiva del borgo e chiedendone l'accertamento della nullità per elusione del giudicato cautelare o, in subordine, il suo annullamento, ivi omettendosi di considerare la postazione di interesse del ricorrente.

Lo stesso ricorrente con ulteriore ricorso per motivi aggiunti (il terzo) impugnava, poi, la successiva deliberazione di Giunta comunale di modifica del piano di adozione di un "chiosco tipo" e la traslazione di n. 3 concessioni con superficie massima di mq 28 (7x4) sul lato banchina della via di Torre Clementina, riproponendo le medesime censure.

Seguiva il deposito di ulteriori memorie in cui ciascuna delle parti insisteva nelle proprie argomentazioni difensive.

All'udienza di smaltimento del 5 luglio 2024, la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il ricorso principale è infondato e deve, pertanto, essere rigettato per le ragioni di seguito illustrate.

Si rileva, in via preliminare, che dinanzi alla naturale scadenza di una concessione, nessun legittimo affidamento può dirsi maturato in capo al ricorrente circa il rinnovo automatico e/o tacito della concessione.

La concessionaria, indipendentemente dalla durata del rapporto di concessione di un bene pubblico, non è titolare di alcuna relativa aspettativa al rinnovo del rapporto medesimo, il cui diniego, nei limiti della ragionevolezza dell'agire amministrativo, è parificabile al rigetto di un'ordinaria istanza di concessione e non necessita di ulteriore motivazione.

Ne deriva che l'ente locale, qualora ritenga di recuperare un'area pubblica per darle una destinazione ritenuta più adeguata alle sue caratteristiche, è libero di non procedere al rinnovo della precedente concessione di suolo pubblico, senza dover rendere particolari giustificazioni in ordine alla scelta così operata.

In sintesi, l'Amministrazione può decidere, alla scadenza del rapporto di concessione di un bene pubblico, se procedere o meno al rinnovo della concessione medesima (fermo restando, nel primo caso, il doveroso rispetto dei principi dell'evidenza pubblica), potendo optare per non rinnovarla ad alcuno.

Mentre un provvedimento di concessione dell'occupazione temporanea di suolo pubblico a un privato - che ha un automatico effetto restrittivo dell'uso generale dello spazio pubblico - deve essere adeguatamente e congruamente motivato, affinché siano oggettive e chiare le superiori ragioni per cui, in quel particolare caso, l'amministrazione ritenga di sottrarre il bene alla naturale pubblica destinazione e restringerne l'uso alla collettività per concederlo in via privativa, per tempi che comunque debbono essere limitati, all'uso esclusivo ed economicamente redditizio del privato (cfr. C.d.S., Sez. VI, 11 settembre 2013, n. 4497), non ricorre, invece, ragionando a contrario, la necessità di una analitica argomentazione a supporto di un provvedimento di diniego di proroga, essendo la titolarità pubblica o demaniale fatto di per sé autoevidente della piena capacità dell'amministrazione di disporre del bene, anche negando una richiesta di proroga di un'occupazione di suolo pubblico già concessa.

La convenzione accessiva al provvedimento di concessione non istituisce, dunque, una posizione soggettiva di diritto al rinnovo in capo al concessionario, fermo restando che una simile previsione sarebbe di dubbia compatibilità con le norme e i principi, che, a livello interno e comunitario, impongono che l'individuazione del concessionario di beni pubblici debba rispettare le regola dell'evidenza pubblica; infatti l'indizione di una procedura comparativa per il rinnovo deve considerarsi rispondente ai principi comunitari in materia di libera circolazione dei servizi, par condicio, imparzialità e trasparenza, di modo che l'esperimento della gara, per il rilascio o il rinnovo di concessioni di beni pubblici, rappresenta - in mancanza di norme diverse in relazione a specifici e particolari settori - un principio indefettibile.

In relazione ad una fattispecie analoga a quella oggetto della presente controversia, il Consiglio di Stato ha, infatti, avuto modo di affermare che "a fronte dell'intervenuta scadenza del rapporto concessorio costituito nel 2011, per decorso della durata ivi stabilita, non era configurabile un diritto di insistenza del concessionario uscente, privo di base legale e, in ogni caso, in contrasto con i principi generali di imparzialità, trasparenza e parità di trattamento di derivazione europea che impongono all'amministrazione concedente di beni pubblici di porre in essere una procedura di evidenza pubblica, sicché il concessionario di un bene demaniale non può vantare alcuna aspettativa al rinnovo del rapporto, essendo lo stesso, in sede di rinnovo, posto sullo stesso piano di qualsiasi altro soggetto richiedente lo stesso titolo" (C.d.S., Sez. VI, sent. n. 3467/2020).

Alla luce dei principi fin qui richiamati, appare, dunque, evidente l'infondatezza delle censure svolte dalla parte ricorrente avverso il provvedimento di conferma del rigetto della domanda di rinnovo, impugnato in sede di ricorso principale, che deve, pertanto, ritenersi pienamente legittimo, dovendosi escludere il rinnovo tacito della concessione ed essendo incontestata l'omessa presentazione dell'istanza di rinnovo entro il termine prescritto (sei mesi antecedenti alla scadenza), non emergendo, alla luce della documentazione prodotta da parte ricorrente, circostanze idonee a giustificare la tardività del predetto adempimento.

Lo stesso è a dirsi per il primo ricorso per motivi aggiunti, proposto avverso la nota con cui il Comune, nel concedere al ricorrente una proroga tecnica della concessione, comunque già evidenziava l'intendimento di non voler procedere ad un nuovo affidamento dell'area, attesa la legittimità, per quanto fin qui detto, di una tale scelta, tanto più non avendo il ricorrente evidenziato in atti alcun elemento di macroscopica irragionevolezza o illogicità della stessa.

I successivi ricorsi per motivi aggiunti proposti nei confronti del piano e dei relativi atti applicativi, avversati nella parte in cui non contemplano la postazione di interesse del ricorrente, devono, invece, essere dichiarati radicalmente inammissibili per carenza di interesse, nella considerazione che, attesa la già intervenuta scadenza della concessione, non si comprende quale vantaggio ne potrebbe derivare al ricorrente dalla nullità o dall'annullamento di tali atti.

A ciò si aggiunga che il ricorrente - se vorrà - ben potrà partecipare alle procedure selettive per le nuove concessioni previste nel piano medesimo, che peraltro non ha mai incluso la postazione attualmente da lui occupata ed ha ora introdotto, nella versione contestata, ben due nuovi posteggi al quale il ricorrente medesimo potrebbe aspirare.

In conclusione, il ricorso introduttivo ed il primo ricorso per motivi aggiunti devono essere respinti, mentre il secondo ed il terzo ricorso per motivi aggiunti devono essere dichiarati inammissibili per difetto di interesse.

Le spese seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate in dispositivo in favore del Comune resistente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Stralcio), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, respinge il ricorso introduttivo ed il primo ricorso per motivi aggiunti mentre dichiara inammissibili per difetto di interesse il secondo ed il terzo ricorso per motivi aggiunti.

Condanna il ricorrente alla rifusione, in favore del Comune di Fiumicino, delle spese di lite che liquida in complessivi euro 3.000,00 (tremila/00) oltre accessori di legge se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.