Corte di cassazione
Sezione III civile
Ordinanza 19 settembre 2024, n. 25146

Presidente: Frasca - Relatore: Guizzi

FATTI DI CAUSA

1. La società Teda Merchant s.p.a. (d'ora in poi, "Teda") ha proposto regolamento necessario di competenza - sulla base di un unico motivo - contro la sentenza parziale n. 4184/23, del 4 ottobre 2023, del Tribunale di Salerno, che, in relazione all'opposizione da essa proposta avverso il decreto ingiuntivo concesso alla società JC Capital s.p.a. (d'ora in poi, "JC"), ha declinato la propria competenza esclusivamente in relazione alla domanda riconvenzionale di Teda, di accertamento della sussistenza di una società di fatto, per essere competente a decidere, sulla stessa, la Sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale di Napoli, compensando tra le parti le spese di lite.

2. Riferisce, in punto di fatto, l'odierna ricorrente di essersi opposta al provvedimento monitorio con cui le era stato ingiunto di pagare a JC l'importo di euro 51.832.145,70, oltre gli interessi e le spese del procedimento. Con l'iniziativa assunta, essa Teda, oltre a eccepire l'incompetenza territoriale del Tribunale di Salerno, in favore di quello di Napoli, chiedeva, in via riconvenzionale, che fosse accertata l'inesigibilità del credito azionato in via monitoria, perché il titolo negoziale che JC aveva posto a fondamento della propria pretesa era sussumibile in un contratto di società o comunque di dominio, ovvero, se qualificabile come contratto di finanziamento, per esercizio abusivo di attività finanziaria e usurarietà degli interessi applicati dall'ingiungente.

Costituitasi l'opposta, per resistere all'avversaria iniziativa, l'adito giudicante - negata la concessione della provvisoria esecutività al decreto ingiuntivo - pronunciava la suddetta sentenza parziale, con la quale devolveva alla Sezione specializzata in materia di impresa, del Tribunale di Napoli, soltanto la domanda di accertamento dell'esistenza di una società di fatto tra Teda e JC.

3. Avverso la sentenza del Tribunale salernitano ha proposto regolamento necessario di competenza Teda, sulla base - come detto - di un unico motivo.

3.1. Assume la ricorrente che l'intera controversia, e non la sola domanda di accertamento dell'esistenza di una società di fatto, avrebbe dovuto essere devoluta alla Sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale di Napoli, ai sensi dell'art. 3, comma 3, del d.lgs. 27 giugno 2003, n. 168, a mente del quale "le sezioni specializzate sono altresì competenti per le cause e i procedimenti che presentano ragioni di connessione con quelli di cui ai commi 1 e 2".

La sentenza impugnata, nell'operare la separazione delle due cause - sul presupposto che, in relazione a quella relativa alla pretesa azionata in via monitoria, vi sia una competenza funzionale del giudice dell'opposizione - avrebbe, infatti, dato seguito a un "principio di diritto ormai superato dalla più recente giurisprudenza delle Sezioni unite" (è citata Cass., Sez. un., 13 gennaio 2022, n. 927).

Esse, infatti, hanno affermato che "l'opposizione prevista dall'art. 645 c.p.c. non è una actio nullitatis o un'azione di impugnativa nei confronti dell'emessa ingiunzione, ma un ordinario giudizio sulla domanda del creditore che si svolge in prosecuzione del procedimento monitorio, non quale giudizio autonomo, ma come fase ulteriore - anche se eventuale - del procedimento iniziato con il ricorso per ottenere il decreto ingiuntivo". Di conseguenza, alla ritenuta "continuità verticale" tra la fase monitoria e quella di opposizione, sarebbe subentrata - a dire dell'odierna ricorrente - una "continuità orizzontale", in ragione della quale la fase ingiuntiva stricto sensu intesa e la fase oppositiva costituiscono due differenti momenti di un unico processo, sicché «il "dogma" della competenza funzionale del giudice dell'opposizione non appare più in alcun modo fondato».

4. Ha resistito all'avversaria impugnazione, con controricorso, JC, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata, nonché facendo richiesta di applicazione dei commi primo e terzo dell'art. 96 c.p.c.

5. La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell'art. 380-bis.1 c.p.c.

6. Il Procuratore generale presso questa Corte, in persona di un suo Sostituto, ha depositato requisitoria scritta, con la quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

7. La controricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

8. Il regolamento va rigettato.

8.1. Questa Corte, come ha sottolineato il Procuratore generale nella sua requisitoria, ha, ancora di recente, ribadito che "il giudizio di opposizione è connotato dalla competenza funzionale e inderogabile dello stesso ufficio giudiziario che ha emesso il decreto ingiuntivo opposto", essendo tale competenza "immodificabile anche per ragioni di connessione"; di conseguenza, "il giudice dell'opposizione a decreto ingiuntivo, nel caso in cui sia proposta domanda riconvenzionale di competenza della Sezione specializzata delle imprese di altro Tribunale, è tenuto a separare le due cause, rimettendo quella relativa a quest'ultima domanda dinanzi al tribunale competente, ferma restando nel prosieguo l'eventuale applicazione delle disposizioni in tema di sospensione dei processi" (Cass., Sez. 1, ord. 7 marzo 2024, n. 6125, non massimata, che richiama, tra le più recenti, Cass., Sez. 6-1, ord. 5 dicembre 2022, n. 35661, Rv. 667160-01, e Cass., Sez. 6-2, ord. 17 marzo 2022, n. 8693, Rv. 663954-01).

Si tratta, dunque, di orientamento che permane inalterato anche dopo l'arresto con cui le Sezioni unite di questa Corte hanno affermato - peraltro, anche in questo caso in conformità con i tradizionali indirizzi della giurisprudenza di legittimità - che quello di opposizione a decreto ingiuntivo è "un ordinario giudizio sulla domanda del creditore che si svolge in prosecuzione del procedimento monitorio, non quale giudizio autonomo, ma come fase ulteriore - anche se eventuale - del procedimento iniziato con il ricorso per ottenere il decreto ingiuntivo"; principio, dunque, che nulla ha mutato in relazione al tema oggetto del presente regolamento.

D'altra parte, la natura non impugnatoria del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo (ribadita, come detto, da Cass., Sez. un., 13 gennaio 2022, n. 927) nulla ha a che vedere con il tema della competenza, funzionale e inderogabile, del giudice dell'ingiunzione a conoscere della proposta opposizione (sulla quale, da ultimo, Cass., Sez. 6-2, ord. 2 marzo 2023, n. 6232, Rv. 667065-01).

9. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, essendo pertanto poste a carico della ricorrente.

Esse vanno liquidate come da dispositivo, in applicazione del principio secondo cui, in caso di regolamento di competenza, "il valore effettivo della causa deve essere considerato indeterminabile, non potendo trovare applicazione alcuno dei criteri previsti dall'art. 5 del d.m. n. 55 del 2014 del Ministero della giustizia quando la questione oggetto del giudizio abbia rilievo meramente processuale" (Cass., Sez. 6-3, ord. 14 gennaio 2020, n. 504, Rv. 656577-01).

10. Non sussistono, invece, i presupposti per l'applicazione dei commi primo e terzo dell'art. 96 c.p.c.

10.1. Per un verso, infatti, deve rilevarsi che la società JC non indica il danno che ha risentito in forza dell'iniziativa impugnatoria assunta da Teda, dovendo, pertanto, darsi seguito al principio secondo cui «la domanda di risarcimento da responsabilità processuale aggravata, di cui all'art. 96, primo comma, c.p.c., pur recando in sé una necessaria indeterminatezza quanto agli effetti lesivi immediatamente discendenti dall'improvvida iniziativa giudiziale, impone, comunque, una, sia pur generica, allegazione della "direzione" dei supposti danni» (Cass., Sez. 2, sent. 26 marzo 2013, n. 7620, Rv. 625885-01).

10.2. Per altro verso, invece, deve rilevarsi - quanto al comma terzo dell'art. 96 c.p.c. - che lo scopo di tale norma è quello di sanzionare una condotta «oggettivamente valutabile alla stregua di "abuso del processo"» (ex multis, Cass., Sez. 3, sent. 30 marzo 2018, n. 7901, Rv. 648311-01; Cass., Sez. 2, sent. 21 novembre 2017, n. 27623, Rv. 646080-01), e, dunque, nel giudizio di legittimità, di uso indebito dello strumento impugnatorio.

Siffatta evenienza, tuttavia, è stata ravvisata in casi - ai quali non può ricondursi quello presente - o di vera e propria "giuridica insostenibilità" del ricorso (Cass., Sez. 3, sent. 14 ottobre 2016, n. 20732, Rv. 642925-01), "non essendo sufficiente la mera infondatezza, anche manifesta, delle tesi prospettate" con lo stesso (così, Cass., Sez. un., sent. 20 aprile 2018, n. 9912, Rv. 648130-02), ovvero in presenza di altre condotte processuali al pari indicative dello "sviamento del sistema giurisdizionale dai suoi fini istituzionali", e suscettibili, come tali, di determinare "un ingiustificato aumento del contenzioso", così ostacolando "la ragionevole durata dei processi pendenti e il corretto impiego delle risorse necessarie per il buon andamento della giurisdizione" (Cass., Sez. 3, ord. 30 aprile 2018, n. 10327, Rv. 648432-01).

Nella specie, per contro, si è in presenza solo di un ricorso manifestamente infondato.

11. In ragione del rigetto del regolamento, va dato atto - ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228 - della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all'amministrazione giudiziaria (Cass., Sez. un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 657198-01), pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, applicandosi tale norma, in ipotesi, anche con riferimento al regolamento di competenza, stante la sua natura impugnatoria (Cass., Sez. 6-lav., ord. 22 maggio 2014, n. 11331, Rv. 630910-01).

P.Q.M.

La Corte rigetta il regolamento e dichiara la competenza del Tribunale di Salerno in relazione all'opposizione a decreto ingiuntivo, condannando la società Teda Merchant s.p.a. a rifondere, alla società JC Capital s.a., le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi euro 2.800,00, più euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.