Corte di cassazione
Sezione V civile (tributaria)
Ordinanza 19 settembre 2024, n. 25204
Presidente: Federici - Relatore: D'Aquino
RILEVATO CHE
1. La società contribuente Franco Vago s.p.a. ha impugnato una cartella di pagamento emessa a seguito della formazione del relativo ruolo, anch'esso impugnato, avente ad oggetto sette provvedimenti di contestazione sanzioni. Gli atti di contestazione delle sanzioni facevano seguito all'emissione di numerosi avvisi di rettifica relativi a dichiarazioni di importazione definitiva degli anni 2005 e 2006, con cui era stato contestato l'omesso pagamento dell'IVA all'importazione. L'Ufficio aveva contestato l'irregolare utilizzo da parte della società contribuente di un deposito fiscale virtuale a termini dell'art. 50-bis d.l. 30 agosto 1993, n. 331, senza introduzione fisica della merce, deposito dal quale era stata estratta successivamente la merce importata e immessa in consumo senza transitare dal deposito medesimo ma solo dalla documentazione contabile. Come risulta dalla sentenza impugnata, gli avvisi di accertamento prodromici e relativi all'accertamento del maggior tributo per IVA erano stati annullati in primo grado e, come risulta dal controricorso, erano stati successivamente annullati in autotutela dall'Ufficio.
2. La CTP di La Spezia ha accolto il ricorso e la CTR della Liguria ha rigettato l'appello dell'Ufficio. La sentenza di appello è stata cassata da questa Corte con rinvio (Cass., Sez. V, 17 gennaio 2018, n. 1000), statuendo che in caso di estrazione di merce dal deposito fiscale virtuale con il meccanismo dell'inversione contabile deve farsi applicazione della sanzione ex art. 13 d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, rilevando che la contribuente «non aveva tempestivamente impugnato [gli atti] ad essa notificati» nonché ritenendo che fosse «intervenuta definitività degli atti irrogativi delle sanzioni per mancata impugnazione degli stessi da parte della società contribuente» (Cass., n. 1000/2018, cit.), disponendo che il giudice del rinvio rivalutasse il trattamento sanzionatorio.
3. La CTR della Liguria, con sentenza in data 12 giugno 2019, adita in sede di rinvio, ha ritenuto che il ricorso iniziale si sarebbe dovuto dichiarare inammissibile per decorrenza dei termini.
4. Ha proposto ricorso per cassazione la società contribuente, affidato a quattro motivi e ulteriormente illustrato da memoria, cui ha resistito con controricorso l'Ufficio.
5. Il ricorrente ha dichiarato di avvalersi della definizione agevolata a termini della l. n. 197/2022, per cui il giudizio è stato rinviato a nuovo ruolo. Successivamente, il ricorrente ha depositato domanda di definizione agevolata in relazione alle sanzioni, stante la domanda di annullamento in autotutela degli originari avvisi di accertamento. A seguito del provvedimento di diniego prot. n. 41267 del 14 dicembre 2023, motivato con l'estraneità dell'Agenzia delle dogane alle cartelle impugnate e con la definitività degli atti presupposti, il ricorrente ha depositato ricorso avverso il provvedimento di diniego di condono, affidato a due motivi, illustrato da ulteriore memoria, con cui insiste in via principale nell'istanza di definizione agevolata e in subordine per l'accoglimento del ricorso. L'Ufficio si è costituito con controricorso e ha depositato ulteriore memoria illustrativa.
CONSIDERATO CHE
1. Con il primo motivo del ricorso per cassazione si deduce, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., nullità della sentenza e del procedimento per violazione del principio di rispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all'art. 112 c.p.c. in relazione all'omessa pronuncia sull'impugnazione del ruolo. Osserva parte ricorrente [che] il giudice del rinvio avrebbe omesso di pronunciarsi sulla domanda della società contribuente di accertamento dell'illegittimità del ruolo ordinario sulla base del quale erano state emesse le cartelle impugnate, essendosi il giudice del rinvio pronunciato unicamente sulla legittimità delle cartelle.
2. Con il secondo motivo del ricorso per cassazione si deduce, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., nullità della sentenza e del procedimento per violazione delle norme in materia di giudizio di rinvio alla luce del principio di diritto enunciato dalla sentenza del giudice rescindente (Cass., n. 1000/2018). Osserva parte ricorrente che il giudizio demandato al giudice del rinvio atteneva all'accertamento della responsabilità sanzionatoria della società contribuente per avere corrisposto l'IVA all'importazione con uno scarto temporale tra la dichiarazione e l'emissione di autofattura da parte del cessionario, che poteva consistere anche nel computo degli interessi di mora secondo il principio di proporzionalità. Osserva, pertanto, che la motivazione di decisione della causa non ha fatto applicazione del principio di diritto.
3. Con il terzo motivo del ricorso per cassazione si deduce, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 1, c.p.c., violazione del diritto dell'Unione e del principio di proporzionalità. Osserva parte ricorrente che l'Ufficio aveva irrogato una sanzione per omesso versamento dell'IVA all'importazione in misura del 30% dell'imposta evasa, laddove la giurisprudenza della Corte di giustizia ha ritenuto che l'IVA non fosse dovuta (CGUE, Equoland, C-252/13), di talché l'Ufficio ha provveduto ad annullare in autotutela l'atto impositivo relativo all'IVA. Ne consegue, secondo parte ricorrente, che la misura del 30% dell'imposta irrogata non sarebbe conforme al principio di proporzionalità per assenza della debenza del tributo e l'importo della sanzione si sarebbe dovuto rideterminare dal giudice del rinvio in conformità al principio di proporzionalità, non potendo essere determinata in misura fissa in relazione a una imposta non dovuta.
4. Con il quarto motivo del ricorso per cassazione si deduce, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 1, c.p.c., violazione dell'art. 21 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nella parte in cui il giudice del rinvio ha ritenuto inammissibile in quanto tardivo il ricorso introduttivo. Parte ricorrente osserva come la cartella impugnata e con essa il ruolo sarebbe stata notificata in data 1° luglio 2009, laddove il ricorso sarebbe stato notificato il 15 ottobre 2009, come da atti del fascicolo del procedimento di merito puntualmente indicati dal ricorrente.
5. Con il primo motivo del ricorso per diniego di condono si deduce, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione dell'art. 1, comma 186, l. n. 197/2022, per aver l'Ufficio rigettato l'istanza sul presupposto del difetto di legittimazione passiva del controricorrente, laddove la legge afferma la legittimazione dell'Agenzia delle dogane nel procedimento di definizione agevolata per i provvedimenti di sua competenza (nella specie, atti di contestazione sanzioni), deducendo - in ogni caso - come il difetto di legittimazione non sia stato eccepito nel corso del giudizio.
6. Con il secondo motivo del medesimo ricorso si deduce, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione dell'art. 1, comma 186, l. n. 197/2022, nella parte in cui l'Ufficio ha rigettato l'istanza di definizione agevolata sostenendo che il giudizio non sia suscettibile di definizione per il fatto che attenga a ruolo cartella formati in virtù di atti ormai definitivi. Osserva parte ricorrente che, nella specie, non si tratterebbe di atti riscossivi, bensì di atti con cui è stata applicata la sanzione in misura fissa pari al 30% dell'IVA dovuta per effetto della omessa introduzione fisica di alcune partite di merce nel deposito fiscale e del ritardato versamento dell'IVA.
7. Con la memoria parte ricorrente evidenzia che per la medesima pretesa sarebbe stata emessa una ulteriore cartella, con conseguente sgravio della preesistente e cessazione della materia del contendere. Il ricorrente ha prodotto in allegato la nuova cartella (all. 3), nonché provvedimento prot. n. 13871/RU del 20 aprile 2022.
8. Va esaminato preliminarmente il ricorso per diniego di condono e, per la ragione più liquida, va esaminato il secondo motivo del medesimo ricorso che è infondato. La cartella di pagamento può essere oggetto di definizione agevolata, purché sia il primo atto con il quale la pretesa fiscale è comunicata al contribuente, essendo come tale impugnabile, ex art. 19 del d.lgs. n. 546/1992, non solo per vizi propri, ma anche per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva (Cass., Sez. un., 25 giugno 2021, n. 18298). Diversamente, la cartella non è impugnabile in quanto atto meramente riscossivo. Per effetto della definitività degli «atti irrogativi delle sanzioni per mancata impugnazione degli stessi da parte della società contribuente» (Cass., n. 1000/2018, cit.), la cartella impugnata non può qualificarsi quale primo atto impositivo comunicato al contribuente. Tale principio, già applicato alla definizione agevolata di cui al d.l. n. 119/2018, deve applicarsi anche alla definizione agevolata in oggetto, essendo del tutto analoga nei presupposti di diritto e di fatto. Il secondo motivo va, pertanto, rigettato.
9. Essendo il provvedimento di diniego fondato su una duplice ratio decidendi (difetto di legittimazione passiva dell'Agenzia delle dogane e natura meramente riscossiva dell'atto oggetto di definizione agevolata), il ricorrente non ha interesse all'esame del primo e ulteriore motivo di ricorso, essendo stabilizzata la decisione dell'Ufficio sulla base della ragione della decisione già esaminata.
10. I quattro motivi di ricorso, i quali possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati. Questa Corte, nella fase rescindente, ha osservato che - pur non potendosi richiedere l'IVA all'importazione in caso di utilizzo di un deposito fiscale "virtuale", in relazione al quale non vi sia stata introduzione fisica della merce importata - il contribuente può avvalersi della detrazione IVA ma è tenuto a pagare la sanzione derivante dal tardivo pagamento dell'IVA, avvenuto all'esito dell'emissione dell'autofattura da parte del cessionario. Questa Corte ha, pertanto, ritenuto che la sanzione è dovuta, in relazione "allo scarto temporale tra la dichiarazione e l'autofatturazione, con una specifica sanzione per il ritardo - non fissa e che può consistere anche nel computo degli interessi di mora, purché sia rispettato il principio di proporzionalità" (Cass., n. 1000/2018).
11. La sentenza impugnata non ha proceduto alla rideterminazione della sanzione, ma ha affrontato temi diversi da quelli oggetto della rimessione, così violando il principio di diritto.
Deve, pertanto, ribadirsi il principio, costantemente affermato da questa Corte, secondo cui «la riassunzione della causa - a seguito di cassazione della sentenza - dinanzi al giudice di rinvio instaura un processo chiuso, nel quale è preclusa alle parti, tra l'altro, ogni possibilità di presentare nuove domande, eccezioni, nonché conclusioni diverse, salvo che queste, intese nell'ampio senso di qualsiasi attività assertiva o probatoria, siano rese necessarie da statuizioni della sentenza della Corte di cassazione. Conseguentemente, nel giudizio di rinvio non possono essere proposti dalle parti, né presi in esame dal giudice, motivi di impugnazione differenti da quelli che erano stati formulati nel giudizio di appello conclusosi con la sentenza cassata e che continuano a delimitare, da un lato, l'effetto devolutivo dello stesso gravame e, dall'altro, la formazione del giudicato interno (Cass., n. 5137 del 21 febbraio 2019; Cass., n. 68 del 7 gennaio 2009; Cass., n. 4096 del 21 febbraio 2007; Cass., n. 13719 del 14 giugno 2006; Cass., n. 13006 del 5 settembre 2003)» (Cass., Sez. V, 31 marzo 2022, nn. 10374, 10375; Cass., Sez. VI, 21 settembre 2015, n. 18600; Cass., Sez. V, 12 dicembre 2014, n. 26200). Il giudice del rinvio non avrebbe potuto, pertanto, affrontare ulteriori questioni in quanto coperte dal giudicato interno, laddove avrebbe dovuto procedere alla rideterminazione della sanzione in conformità alle indicazioni di questa Corte.
12. Il ricorso va, pertanto, accolto, cassandosi con rinvio la sentenza al giudice a quo, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso avverso il diniego di condono; accoglie il ricorso per cassazione; cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.