Consiglio di Stato
Sezione II
Sentenza 17 ottobre 2024, n. 8337
Presidente: Sabbato - Estensore: Filippini
FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe indicata il T.A.R. per il Lazio, dopo aver disposto la riqualificazione (da ricorso per annullamento a ricorso avverso silenzio) della domanda proposta dalla sig.ra P. Raffaella con il ricorso introduttivo e la conseguente conversione del rito (da quello ordinario a quello in materia di silenzio ai sensi degli artt. 31 e 117 del c.p.a.), ha:
- respinto la domanda di annullamento delle comunicazioni di inizio lavori e delle DIA (meglio descritte in seguito) relative ad opere realizzate sulla proprietà confinante, in quanto atti non impugnabili;
- accolto il ricorso principale e il primo motivo aggiunto e, per l'effetto, condannato il Comune di Vivaro Romano a provvedere, entro sessanta giorni dalla sentenza, all'esercizio dei poteri inibitori, repressivi e ripristinatori previsti dall'art. 27 del d.P.R. 380/2001, in merito all'intervento edilizio operato sulla proprietà confinante con quella della ricorrente Raffaella P.;
- dichiarato assorbito il secondo motivo aggiunto.
1.1. In particolare, con il ricorso introduttivo di quel giudizio, notificato il 12 dicembre 2014 e depositato al T.A.R. il 9 gennaio 2015, la P. aveva chiesto l'annullamento:
- di ogni atto e/o provvedimento adottato al fine di autorizzare e/o assentire e/o sanare la realizzanda opera nel Comune di Vivaro Romano, in via Cara, altezza civico n. 4, consistente nella rimozione di tetto a falda originariamente coperto da tegole e coppi alla romana e conseguente realizzazione di terrazza confinante con la proprietà della P.;
- di ogni altro atto e/o provvedimento conseguente e/o presupposto e/o comunque connesso a quelli eventualmente autorizzativi/concessori anche in sanatoria delle opere come sopra descritte, alla data di presentazione del ricorso ancora non nota alla ricorrente, né negli estremi identificativi, né nel contenuto.
1.1.1. Mentre, con ricorso per motivi aggiunti notificato in data 10 febbraio 2015 e depositato il 9 marzo 2015, la stessa P. aveva chiesto l'accertamento e la declaratoria di illegittimità dei seguenti atti:
- comunicazione di inizio lavori prot. 1137 del 28 settembre 2013, presentata dalla sig.ra Filomena D.N. con riferimento a immobile di proprietà della predetta, recante per oggetto "opere di manutenzione ordinaria della copertura con il completo rifacimento del tavolato..." (foglio 10, part. 648);
- denuncia di inizio attività prot. 177 del 22 febbraio 2014, presentata dalla sig.ra Filomena D.N. con riferimento a immobile di proprietà della predetta, recante per oggetto "rifacimento della copertura a tetto nel fabbricato sito in via Mastro Lavinio snc" (foglio 10, part. 648);
- denuncia di inizio attività prot. 176 del 22 febbraio 2014, presentata dal sig. Gino D.A. con riferimento a immobile di sua proprietà, compromesso in vendita tra il medesimo e la sig.ra D.N., recante per oggetto la sostituzione di una copertura a tetto di un edificio (foglio 10, part. 651);
- comunicazione di inizio lavori, presentata con riferimento alla DIA prot. 176 del 22 febbraio 2014 dal sig. D.A., prot. n. 1045 dell'11 ottobre 2014;
- denuncia di inizio attività presentata dal sig. D.A., prot. n. 1046 dell'11 ottobre 2014, recante per oggetto "variante alla DIA prot. 176 del 22 febbraio 2014 per la sostituzione della falda di tetto con un terrazzino" con riferimento a immobile di sua proprietà, compromesso in vendita tra il medesimo e la sig.ra D.N.;
- denuncia di inizio attività presentata quale "d.i.a. postuma" dalla sig.ra D.N., prot. 1239 del 19 novembre 2014, recante per oggetto "d.i.a. in sanatoria relativamente alla demolizione e rifacimento del solaio tra il sottotetto e il piano sottostante, al fine di eliminare lo stato di pericolosità provocato dalle cattive condizioni statiche del vecchio solaio esistente";
- denuncia di inizio attività presentata dalla sig.ra D.N. prot. 1240 del 19 novembre 2014 recante per oggetto "variante alla d.i.a. prot. 177 del 22 febbraio 2014";
- con conseguente annullamento dell'atto tacito di diniego del provvedimento inibitorio ovvero del titolo abilitativo formatosi per effetto del decorso del termine previsto dalla legge con riferimento alle sopra emarginate comunicazioni e denunce;
- con concorrente esercizio dell'azione di adempimento dell'obbligo dell'Amministrazione di adottare i provvedimenti interdittivi e/o restrittivi a mente dell'art. 31, comma 3, del d.lgs. n. 104/2010 con riferimento all'inerzia serbata dal Comune di Vivaro Romano con riguardo alle comunicazioni inizio lavori/denunzie di inizio attività sopra emarginate.
1.2. Con il ricorso principale l'allora ricorrente aveva dedotto di aver appurato, in data 13 ottobre 2014, recandosi nella sua proprietà, l'avvio di lavori edilizi sulla proprietà adiacente e di aver immediatamente proposto accesso agli atti per conoscerne eventuali titoli abilitanti, avendo interesse ad opporli in quanto relativi a opere non consentite dagli strumenti urbanistici vigenti; non appena ricevuti gli esiti dell'istanza di accesso agli atti e conosciuti i titoli sottostanti ai lavori in questione (le comunicazioni di inizio lavori e le dichiarazioni di inizio attività sopra indicate), la P. aveva proposto i motivi aggiunti di cui si è detto, chiedendo espressamente, in quella sede, l'accertamento dell'illegittimità dell'operato del Comune di Vivaro Romano e dell'obbligo di adottare i provvedimenti interdittivi e/o restrittivi previsti dalla legge.
1.3. Si erano costituiti dinanzi al T.A.R. la controinteressata Filomena D.N. e il Comune di Vivaro Romano chiedendo ciascuno, per quanto di ragione, il rigetto del ricorso, ritenendolo inammissibile e infondato.
1.4. A fondamento dell'articolata decisione sopra riportata, il T.A.R. ha posto le seguenti considerazioni:
- il ricorso e i motivi aggiunti sono infondati, quanto alla domanda di annullamento delle comunicazioni di inizio lavori e della DIA, mentre sono fondati quanto all'azione di accertamento dell'illegittimità e adempimento dell'obbligo dell'Amministrazione di adottare i provvedimenti interdittivi e restrittivi a mente dell'art. 31, comma 3, c.p.a.;
- parte ricorrente, pur avendo proposto il ricorso e i motivi aggiunti nell'ambito di un rito ordinario, ha pure formulato espressa domanda qualificata ai sensi dell'art. 31, comma 3, c.p.a., sicché appariva necessario disporre d'ufficio la conversione del rito, ai sensi dell'art. 32 c.p.a., da quello ordinario a quello del silenzio ex artt. 31 e 117 c.p.a., vertendosi in tema di SCIA e di tutela del terzo;
- sebbene le opere in questione apparivano contrastare con il piano regolatore del Comune di Vivaro Romano, le domande di annullamento andavano rigettate (perché DIA e SCIA non costituiscono provvedimenti taciti impugnabili ma consentono la sola azione per l'accertamento dell'obbligo dell'Amministrazione di provvedere ex art. 31, commi 1, 2 e 3, c.p.a.), mentre doveva essere accolta la domanda di condanna del Comune di Vivaro Romano a provvedere all'esercizio dei poteri inibitori, repressivi e ripristinatori previsti dall'art. 27 del d.P.R. 380/2001.
2. Avverso tale decisione la sig.ra Filomena D.N. (già controinteressata di primo grado) ha proposto il presente appello, affidandolo ai motivi che possono riassumersi nei termini seguenti:
2.1. Error in procedendo: violazione e/o falsa applicazione degli artt. 31, 87, 117 c.p.a.; inammissibilità, per tardività, del ricorso e dei motivi aggiunti; invero, a seguito della trasformazione del rito disposta dal T.A.R., tutti i termini del giudizio di primo grado erano dimidiati, sicché tardivo risulta il deposito del ricorso principale, essendo stato depositato oltre il quindicesimo giorno dal perfezionamento della notifica, al pari di quello per motivi aggiunti, in quanto anche essi sono stati depositati oltre il quindicesimo giorno dal perfezionamento della notifica (cfr. C.d.S., Sez. III, 8 marzo 2023, n. 2401).
2.2. Error in procedendo; violazione e/o falsa applicazione degli artt. 34, 40 e 42 c.p.a. e dell'art. 100 c.p.c.; inammissibilità, per difetto di interesse ad agire e comunque genericità, del ricorso e dei motivi aggiunti, trattandosi di atti vaghi ed esplorativi.
2.3. Error in iudicando: violazione e/o falsa applicazione dell'art. 8 del piano regolatore - travisamento dei fatti; difetto di istruttoria e di motivazione; non sussiste la violazione del p.r.g. e comunque non sussiste alcun pregiudizio per il vicino.
2.4. Error in iudicando: violazione e/o falsa applicazione degli artt. 19, 20 e 21-nonies l. n. 241/1990 nella versione ratione temporis applicabile.
2.5. Veniva anche formulata istanza cautelare, avendo il Comune, con nota prot. 336 del 5 febbraio 2024, comunicato l'avvio dei "poteri inibitori, repressivi e ripristinatori previsti dall'art. 27 del D.P.R. 380/01".
3. L'appellata P. Raffaella si costituiva per resistere al gravame, contrastando analiticamente i profili di inammissibilità e di merito proposti dall'appellante.
4. Con ordinanza resa all'esito dell'udienza del 7 maggio 2024 la Sezione ravvisava la carenza di attualità e concretezza del paventato periculum, rigettando l'istanza cautelare.
5. In vista dell'udienza di discussione la parte appellata depositava memoria con la quale insisteva sulle proprie difese.
6. Sulle difese e conclusioni in atti, la controversia è stata trattenuta in decisione all'esito dell'udienza dell'8 ottobre 2024.
DIRITTO
7. L'appello è fondato nei limiti infra precisati.
8. Occorre in principalità considerare che nessuna delle statuizioni del primo giudice ha formato oggetto di impugnazione (né principale, né incidentale) da parte dell'odierna appellata, la quale ha limitato le proprie difese al contrasto dell'unico gravame proposto dalla controparte.
8.1. Di conseguenza, tutte le statuizioni del T.A.R. che non hanno formato oggetto di specifica censura nel corpo dell'appello principale, né di impugnazione incidentale, debbono ritenersi coperte dal giudicato interno e dunque intangibili.
8.2. È questo il caso, nella specie, del capo di sentenza T.A.R. con cui è stata riqualificata la domanda di annullamento proposta dalla sig.ra P. e della conseguente statuizione di conversione del rito.
8.3. Ciò posto, è del tutto evidente che, a fronte di un giudizio di primo grado che dal T.A.R. è stato riqualificato ai sensi degli artt. 31 e 117 c.p.a., non possano che trovare applicazione le relative previsioni processuali, ivi compresa la disciplina sul rito camerale ex art. 87, comma 2, lett. b), e la connessa dimidiazione dei termini di cui all'art. 87, comma 3, c.p.a. (norma secondo cui "... tutti i termini processuali sono dimezzati rispetto a quelli del processo ordinario, tranne, nei giudizi di primo grado, quelli per la notificazione del ricorso introduttivo, del ricorso incidentale e dei motivi aggiunti...").
9. Nella specie, l'appellante ha correttamente rilevato che il termine per il deposito del ricorso e dei motivi aggiunti, ordinariamente fissato dall'art. 45 c.p.a. in trenta giorni e avente natura perentoria, nel giudizio de quo, per effetto della richiamata disposizione, deve ritenersi pari a quindici giorni. E dunque, atteso che il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado è stato notificato alla sig.ra D.N. in data 17 dicembre 2014 e depositato al T.A.R. del Lazio in data 9 gennaio 2015 (dunque ventitré giorni dopo il perfezionamento della notifica), mentre il ricorso per motivi aggiunti è stato notificato in data 10 febbraio 2015 e depositato al T.A.R. in data 9 marzo 2015 (dunque ventisette giorni dopo la notifica), è evidente che detti depositi vadano considerati tardivi, con conseguente irricevibilità dei ricorsi [art. 35, comma 1, lett. a), c.p.a.].
10. Tali conclusioni non sono scalfite dalla difesa della parte appellata, atteso che l'esercizio, da parte del T.A.R., del potere di conversione dell'azione ex art. 32, comma 2, c.p.a., non può costituire un modo per sollevare la parte dall'assolvimento degli oneri processuali (e dalle conseguenze derivanti dalla loro inosservanza) connessi all'azione scaturente dalla conversione, che essa avrebbe dovuto assolvere ab initio, nel rispetto dei corretti schemi processuali vigenti dinanzi al giudice adìto.
10.1. Né può sostenersi, come pare affermare l'appellata, che l'esito invocato dall'odierna appellante comporterebbe l'imposizione retroattiva di un onere processuale, il cui assolvimento non avrebbe potuto esigersi dal ricorrente, tenuto a rispettare il principio di stretta corrispondenza del ricorso alla originaria domanda proposta dinanzi al T.A.R. Infatti, se da un lato è sicuramente onere del ricorrente seguire le regole processuali coerenti con il mezzo di tutela azionato, dall'altro lato non può non rilevarsi che al giudice legittimamente competa il potere di qualificare l'azione proposta in base ai suoi elementi sostanziali e, sussistendone i presupposti, disporre la conversione delle azioni (art. 32, comma 2, c.p.a.); sicché, una volta che il T.A.R. si avvalga di tale facoltà, la parte che ne risulti in qualche modo pregiudicata non può che contrastare detta decisione, se ritenuta errata, cosa non avvenuta nella presente fattispecie, laddove il capo di sentenza sulla riqualificazione della domanda è divenuto definitivo e irretrattabile proprio per la scelta processuale della stessa parte appellata, che non ha proposto appello incidentale sul punto.
10.2. A tanto, deve solo aggiungersi che l'esercizio del diritto di azione deve sottostare alle condizioni previste dall'ordinamento processuale per l'azione come proposta o come riqualificata dal giudice, ivi comprese le previsioni relative al termine (eventualmente dimezzato) entro il quale provvedere al deposito del ricorso, mentre il potere di conversione, pur avendo finalità conservativa dei mezzi processuali, in un'ottica di effettività della tutela, non può condurre al risultato di derogare alle condizioni di rito all'uopo contemplate, a salvaguardia delle esigenze del contraddittorio e di quelle oggettive sottese al celere ed efficiente esercizio della funzione giurisdizionale, così come valutate dal legislatore in relazione alla specifica tipologia processuale (cfr., sul punto, i condivisibili orientamenti espressi da questo Consiglio nella sentenza della Sez. III, 8 marzo 2023, n. 2401).
10.3. Neppure può sostenersi che l'originaria ricorrente non avrebbe potuto assolvere ad un onere processuale (quello cioè del deposito del ricorso entro il suddetto termine dimezzato) le cui condizioni sono maturate solo per effetto della conversione dell'azione originariamente esperita, avendo questa la funzione di rimediare ad un errore di inquadramento del diritto di azione entro la cornice processuale appropriata, per come individuata dal T.A.R. con decisione oramai irretrattabile per effetto, in ultima analisi, di una scelta processuale della stessa parte appellata.
11. Né risulta posta questione di eventuale concessione, a favore dell'allora ricorrente, dell'errore scusabile, al cui riconoscimento, anche officioso, comunque risulta ostativa sia l'assenza di appello incidentale sulla statuizione relativa alla conversione dell'azione e del rito, sia l'assenza di deduzioni intese a dimostrare la sussistenza degli eccezionali presupposti - inerenti alla sussistenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o di gravi impedimenti di fatto - di cui all'art. 37 c.p.a.
12. L'appello, in conclusione, deve essere accolto sotto il dirimente profilo predetto, che diventa assorbente rispetto ad ogni ulteriore questione proposta; per l'effetto, la sentenza impugnata va annullata e va dichiarata l'irricevibilità del ricorso al T.A.R. e dei relativi motivi aggiunti.
13. La peculiarità dell'oggetto della controversia giustifica la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla la sentenza impugnata e dichiara irricevibili il ricorso principale proposto al T.A.R. da Raffaella P. e i relativi motivi aggiunti.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Note
La presente decisione ha per oggetto TAR Lazio, sez. II, sent. n. 423/2024.