Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 24 ottobre 2024, n. 8509

Presidente: Simonetti - Estensore: Vitale

FATTO

Gli odierni appellati, Roberto D. e Donatella P., hanno acquistato, nel marzo 2011, un immobile sito nel comune di Grosseto, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, con riguardo al quale il loro dante causa sig. C. aveva presentato domanda di condono, ex l. n. 47/1985, all'epoca non ancora definita.

Il procedimento di condono è stato definito con un provvedimento di diniego prot. n. 107692 del 29 settembre 2011, motivato sulla base del parere negativo formulato dalla competente Soprintendenza, notificato al sig. C. in data 7 ottobre 2011.

Senonché, nel giugno 2016, il Comune, senza fare riferimento al precedente provvedimento di diniego, ha invitato gli odierni appellanti ad integrare la documentazione relativa alla medesima pratica di condono presentando, inter alia, l'istanza di autorizzazione paesaggistica.

All'esito del procedimento, il 23 maggio 2018 il Comune ha adottato un nuovo provvedimento di diniego dell'istanza di condono motivato con riferimento a modifiche che sarebbero state apportate ai manufatti nelle more della definizione dell'istanza medesima.

Con un primo ricorso proposto davanti al T.A.R. (R.G. n. 1044/2018), i sigg.ri D. e P. hanno impugnato detto provvedimento del 23 maggio 2018 ed i relativi atti presupposti sollevando tre censure.

Con il primo motivo, è stata contestata la mancanza di qualsivoglia preavviso di rigetto sia con riferimento alla domanda di sanatoria edilizia che con riguardo all'istanza di autorizzazione paesaggistica, con conseguente lesione del contraddittorio procedimentale.

Con il secondo motivo, i ricorrenti hanno censurato la mancanza di un parere della competente Soprintendenza in ordine all'istanza di autorizzazione paesaggistica presentata dagli odierni appellati, parere da considerarsi invece obbligatorio.

Con il terzo motivo, è stato dedotto che le modifiche apportate al manufatto oggetto dell'istanza di sanatoria (e di autorizzazione paesaggistica) erano di portata estremamente limitata, non tale da impedire l'esame della pratica sia dal punto di vista edilizio che paesaggistico.

Con successivo ricorso per motivi aggiunti, i medesimi ricorrenti hanno impugnato il conseguente provvedimento del 22 gennaio 2019 con cui l'amministrazione civica ha ingiunto la demolizione dei manufatti abusivi.

Con successivo ricorso proposto davanti al medesimo T.A.R. (R.G. n. 756/2019), i sigg.ri D. e P. hanno impugnato il precedente provvedimento di diniego prot. n. 107692 del 29 settembre 2011 ed i relativi atti presupposti, tra cui il parere della Soprintendenza, assumendo di aver conosciuto tali atti solo al momento in cui il Comune li ha depositati nel giudizio R.G. n. 1044/2018.

Con tale ricorso i ricorrenti hanno articolato due motivi: con il primo mezzo hanno lamentato un deficit partecipativo, atteso che non risultava che la Soprintendenza avesse inviato il preavviso di rigetto ai danti causa degli appellanti, in violazione dell'art. 146 del d.lgs. n. 42/2004, nella formulazione vigente ratione temporis, che imponeva tale adempimento procedimentale; con il secondo mezzo, hanno contestato la motivazione del parere soprintendentizio.

Con la sentenza oggetto dell'odierno appello, il primo giudice ha riunito i due ricorsi, ha accolto il primo di essi (R.G. n. 1044/2018), ritenendo assorbente la violazione dell'art. 10-bis della l. 241/1990, ed ha dichiarato inammissibile il secondo ricorso (R.G. 756/2019) in quanto "gli atti e provvedimenti assunti dal Comune nel 2016 superano e sostituiscono quelli risalenti al 2011" con conseguente carenza di interesse al ricorso.

Con l'appello proposto, il Comune di Grosseto censura detta sentenza a mezzo di due motivi.

Con il primo motivo (Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 10-bis l. n. 241/1990. Insufficiente ed erronea motivazione su un punto decisivo della controversia. Error in iudicando), il Comune deduce la violazione dell'art. 10-bis l. n. 241/1990 evidenziando che gli odierni appellati già prima dell'adozione dei provvedimenti impugnati risultavano edotti in via di fatto - tramite la partecipazione del proprio tecnico ai sopralluoghi - in ordine al presumibile esito negativo dell'istanza presentata dal loro dante causa venendo così soddisfatte le garanzie partecipative.

Con il secondo motivo (Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 10-bis l. n. 241/1990 anche in relazione all'art. 21-octies l. n. 241/1990 ed all'art. 35 l. n. 47/1985 ss.mm.ii. Insufficiente ed erronea motivazione su un punto decisivo della controversia. Error in iudicando), l'appellante deduce che l'omesso invio della comunicazione dei motivi ostativi rappresenterebbe, comunque, un vizio non invalidante a mente dell'art. 21-octies, comma 2, l. n. 241/1990 in quanto l'accertamento dei lavori abusivi non poteva che obbligare l'Amministrazione a concludere negativamente il procedimento di condono mediante un provvedimento dovuto ed a contenuto vincolato. Altresì, il comune censura la sentenza del T.A.R. laddove ha ritenuto che il precedente parere della Soprintendenza del 2011 non possa essere valorizzato al fine di ritenere il provvedimento come avente natura vincolata.

I sigg.ri D. e P. si sono costituiti chiedendo il rigetto dell'appello avversario e riproponendo, in subordine, le censure avanzate in primo grado e rimaste assorbite. Altresì, i sigg.ri D. e P. hanno proposto appello incidentale condizionato con cui chiedono a questo Giudice, in caso di accoglimento dell'appello avversario, di esaminare le censure dai medesimi avanzate in primo grado con il ricorso R.G. n. 756/2019; con detto appello incidentale, gli appellanti lamentano l'erroneità della sentenza del T.A.R. nella parte in cui ha dichiarato il loro difetto di interesse al ricorso originario dovendosi ritenere, invece, che la carenza di interesse è sopravvenuta alla luce dell'accoglimento del ricorso R.G. n. 1044/2018 ed ai motivi che lo hanno determinato.

In vista dell'udienza di discussione, le parti hanno depositato memorie ed in tale sede i sigg.ri D. e P. hanno chiesto "di voler comunque esaminare l'appello incidentale a prescindere dall'esito di quello principale".

All'udienza del 10 ottobre 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il Collegio deve preliminarmente esaminare l'appello principale.

I due motivi cui è affidato detto appello principale, che possono esaminarsi congiuntamente stante la loro connessione, sono infondati.

È pacifico che nel caso di specie il Comune non ha trasmesso ai privati il preavviso di rigetto ex art. 10-bis l. n. 241/1990 prima dell'adozione del provvedimento di diniego del 23 maggio 2018.

Non può ritenersi che le garanzie partecipative siano state soddisfatte per il tramite della partecipazione dei tecnici di parte alle operazioni di sopralluogo dal momento che un tale contraddittorio tecnico non fa venire meno l'obbligo per l'amministrazione di trasmettere il preavviso di rigetto al fine di rendere i privati edotti, ed eventualmente contraddire, in ordine ai motivi che il comune intendeva porre a fondamento del rigetto delle loro istanze.

Né, infine, può ritenersi applicabile l'art. 21-octies, comma 2, l. n. 241/1990 dal momento che, nel presente caso, i profili di discrezionalità tecnica propri del procedimento, anche relativi all'accertamento delle modifiche apportate ai manufatti in pendenza della domanda di condono, non rendevano palese che il contenuto dispositivo del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Peraltro, nel caso di specie il deficit partecipativo ha impedito agli odierni appellati di far valere in sede procedimentale le plurime osservazioni successivamente veicolate con il ricorso giurisdizionale.

Inoltre, correttamente il T.A.R. ha evidenziato l'irrilevanza, ai fini dell'applicazione dell'art. 21-octies, comma 2, cit., del precedente parere della Soprintendenza del 2011, posto che il Comune non ha in alcun modo richiamato detto parere nel corso del procedimento e nel provvedimento impugnato e, pertanto, non ha mostrato di ritenere la propria attività vincolata da tale precedente atto.

Alla luce di quanto esposto, l'appello principale deve essere rigettato, con conseguente assorbimento delle questioni veicolate dagli appellati, a mezzo della riproposizione dei motivi assorbiti in primo grado e dell'appello incidentale, questioni che sono state espressamente formulate, con l'atto di costituzione in giudizio, in via subordinata.

Non può accogliersi la diversa richiesta, avanzata dagli appellati con la memoria ex art. 73 c.p.a., di esaminare in ogni caso l'appello incidentale. Una volta che la parte appellata abbia espressamente formulato il proprio appello incidentale come avente natura subordinata, non può successivamente, con la memoria depositata in vista dell'udienza, elidere tale subordinazione. L'accoglimento di tale richiesta, difatti, comporterebbe una modifica, in senso estensivo, del petitum sottoposto al giudice dell'appello, in violazione del termine decadenziale stabilito per la proposizione del gravame incidentale medesimo.

Le spese di lite del presente grado seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta, con conseguente assorbimento dell'appello incidentale condizionato.

Condanna l'appellante a rifondere, a favore degli appellati, le spese di lite del presente grado quantificate in euro 4.000,00 (quattromila), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Note

La presente decisione ha per oggetto TAR Toscana, sez. III, sent. n. 356/2020.