Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 29 ottobre 2024, n. 8612
Presidente: Simonetti - Estensore: Vitale
FATTO E DIRITTO
1. Con il ricorso proposto in primo grado, l'odierno appellante ha impugnato il provvedimento di diniego di permesso di costruire in sanatoria prot. 0038546 del 30 aprile 2020 e l'ordinanza di demolizione prot. n. 0086078 del 16 ottobre 2019.
2. Detti provvedimenti hanno ad oggetto un'opera realizzata sine titulo sul terreno di proprietà dell'odierno appellante consistente in un porticato di m. 3,50 x m. 7 con altezza di m. 3, sul cui solaio è stato realizzato un terrazzo di mq 24,50 pavimentato con mattoni in ceramica monocottura.
3. L'istanza di permesso di costruire in sanatoria è stata rigettata, oltre che per alcune carenze progettuali e documentali, sulla base del mancato rispetto della distanza di 10 metri dal confine prevista dall'art. 157 del r.e.u. e per mancato rispetto del limite dimensionale delle superfici coperte, calcolate come previsto dalla parte prima, allegato A, dello schema di regolamento edilizio di cui alla delibera del Commissario prefettizio adottata con i poteri del Consiglio comunale di Corigliano Rossano in data 30 maggio 2019, n. 38.
4. Con il ricorso di prime cure, l'odierno appellante ha contestato entrambi tali profili motivazionali.
Quanto al primo di detti profili, ha dedotto che il Comune potrebbe unicamente stabilire in modo inderogabile le distanze tra le costruzioni, e non tra la costruzione e il confine, in quanto l'art. 9 del d.m. n. 1444/1968 e l'art. 2-bis del d.P.R. n. 380/2001 fanno riferimento alle distanze dal confine e l'art. 873 c.c. fa salva la potestà regolamentare del Comune per stabilire una distanza maggiore rispetto a quella ivi prevista e calcolata sempre tra le costruzioni. Pertanto, ad avviso dell'odierno appellante, la previsione dell'art. 157 r.e.u. dovrebbe ritenersi derogabile da parte dei privati (ed ha prodotto al riguardo una "autorizzazione" rilasciata dalla proprietaria del fondo confinante) ovvero, in subordine, dovrebbe ritenersi illegittima per contrasto con le fonti sovraordinate.
Quanto al secondo profilo, con il ricorso di primo grado si deduce che il piccolo manufatto rientra nei limiti percentuali consentiti (30%) rispetto alla superficie di ingombro del fabbricato medesimo pari a mq 116,05.
5. Il T.A.R. ha respinto il ricorso ritenendo infondata la prima doglianza ed assorbendo la seconda, stante la natura plurimotivata del provvedimento impugnato. Il primo giudice ha evidenziato che il sistema del codice civile consente al Comune di adottare previsioni regolamentari inderogabili in ordine alle distanze non solo tra le costruzioni ma anche tra le costruzioni e i confini.
6. Con il gravame proposto, l'appellante articola due motivi con cui contesta la sentenza del T.A.R. riproponendo i due profili di censura del provvedimento impugnato avanzati in primo grado.
7. Si è costituito il Comune al fine di chiedere il rigetto dell'appello.
8. All'udienza del 10 ottobre 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
9. Il primo motivo di appello è infondato.
10. La tesi dell'appellante secondo cui i regolamenti comunali potrebbero stabilire in via inderogabile solo le distanze tra le costruzioni ma non anche tra le costruzioni e il confine non può essere condivisa.
La potestà regolamentare dei Comuni in materia edilizia trova fondamento nell'art. 2 del d.P.R. n. 380/2001 il quale, al comma 4, stabilisce che "[i] comuni, nell'ambito della propria autonomia statutaria e normativa di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, disciplinano l'attività edilizia".
Dal momento che la disposizione fa riferimento, in generale, alla "disciplina dell'attività edilizia", non può ritenersi che, in ordine alla disciplina delle distanze, il Comune possa stabilire unicamente le distanze tra le costruzioni e non anche tra le costruzioni e i confini.
Altresì, il giudice di primo grado ha correttamente evidenziato come lo stesso codice civile presupponga una tale potestà regolamentare dei Comuni non limitata al solo ambito della disciplina delle distanze tra costruzioni, come si ricava dall'art. 875 c.c. ove si fa riferimento alle previsioni regolamentari comunali in materia di distanze tra il muro e il confine ("[q]uando il muro si trova ad una distanza dal confine minore di un metro e mezzo ovvero a distanza minore della metà di quella stabilita dai regolamenti locali...").
11. Infine, deve altresì condividersi l'affermazione del T.A.R. secondo cui le norme regolamentari comunali di cui si discute sono inderogabili da parte dei privati.
Dette norme, difatti, sono adottate dal Comune a tutela di interessi generali e, pertanto, come affermato da costante giurisprudenza, pongono limiti non derogabili dall'autonomia privata (cfr., tra tante, Cass., Sez. II, 6 novembre 2020, n. 24827 e giurisprudenza ivi citata; sull'inderogabilità della distanza dal confine stabilita da norme locali, cfr. Cass., Sez. II, 8 agosto 2024, n. 22493).
12. Alla luce di quanto esposto, il primo motivo è infondato e, di conseguenza, assorbito il secondo motivo per le ragioni indicate al punto 5, l'appello deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna l'appellante a rifondere a favore del Comune appellato le spese di lite del presente grado di giudizio quantificate in euro 4.000 (quattromila), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Note
La presente decisione ha per oggetto TAR Calabria, sez. II, sent. n. 864/2021.