Consiglio di Stato
Sezione III
Sentenza 4 novembre 2024, n. 8757

Presidente: Caputo - Estensore: De Carlo

FATTO E DIRITTO

1. Il signor Francesco T. ha impugnato la sentenza indicata in epigrafe che ha respinto il suo ricorso per l'annullamento del provvedimento del 13 gennaio 2020, n. 254, con il quale il Comune di Serrara Fontana ha denegato il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica per le opere oggetto della domanda di condono.

2. L'appellante proprietario di un fabbricato adibito a civile abitazione e sito nel Comune di Serrara Fontana, alla via Casale aveva presentato domanda di condono ai sensi della l. 724/1994 in relazione alla realizzazione di opere in ampliamento e difformità dall'autorizzazione edilizia del 9 gennaio 1991, n. 13.

L'ufficio tecnico del Comune di Serrara Fontana, acquisito il parere favorevole della commissione locale per il paesaggio, aveva redatto la relazione tecnica illustrativa di cui è menzione all'art. 146, comma 7, d.lgs. 42/2004, proponendo alla Soprintendenza la adozione del provvedimento di autorizzazione, in conformità del parere della commissione, "trattandosi di opere di ristrutturazione o ampliamento di un vecchio fabbricato baraccale. Le opere realizzate non hanno conformato ostacolo delle libere visuali essendo il fabbricato sottoposto ad altri fabbricati di maggiore altezza".

La Soprintendenza esprimeva parere negativo dal momento che le opere abusive avevano alterato in maniera sostanziale il manufatto originario realizzato dopo il sisma del 1883 con un sistema denominato "baraccato" da tutelare perché considerato [u]n metodo innovativo all'epoca per realizzare una costruzione antisismica.

Con il provvedimento impugnato il Comune di Serrara Fontana recependo il parere negativo della Soprintendenza, reso oltre il termine di 45 giorni, previsto dal comma 8 del richiamato art. 146 d.lgs. 42/2004, ha negato l'autorizzazione paesaggistica alla domanda di condono.

3. La sentenza impugnata, dopo aver affermato che a causa della non emissione del parere non si era formato alcun silenzio-assenso, ha respinto il ricorso ritenendo che il parere della Soprintendenza fosse esaurientemente motivato e sostenendo che il provvedimento del Comune non si fosse adeguato per la forza vincolante d[e]l parere negativo, ma avesse espresso nuovamente una valutazione facendo proprie le argomentazioni della Soprintendenza che erano del tutto diverse da quelle che accompagnavano la proposta favorevole del Comune nel corso del procedimento.

4. L'appello è affidato a tre motivi.

4.1. Il primo deduce l'illegittimità del parere negativo della Soprintendenza, in quanto reso oltre il termine di 45 giorni, di cui all'art. 146, comma 8, d.lgs. n. 42/2004, essendosi già perfezionato il silenzio-assenso ex art. 17-bis l. 241/1990. Secondo la ricostruzione di parte ricorrente, tale ultima disposizione sopravvenuta all'art. 146 che troverebbe applicazione anche nelle materie c.d. "sensibili", compresa quella paesaggistica, in ragione del criterio temporale da cui deriverebbe l'abrogazione implicita del precedente assetto normativo perché non risultano modificati né i volumi, né le superfici, trattandosi solo di opere interne per le quali era mancata la denuncia di attività e passibili di una richiesta di sanatoria ex art. 37 d.P.R. 380/2001.

Inoltre l'istituto del silenzio-assenso sarebbe applicabile al procedimento di autorizzazione paesaggistica, trattandosi di un procedimento "polistrutturato", in cui le due amministrazioni coinvolte condividono la medesima funzione decisoria, che avrebbe natura sostanziale.

4.2. Il secondo motivo contesta la valutazione del primo giudice circa l'esistenza di una motivazione esauriente nel parere della Soprintendenza: sostenere che l'edificio costituisca una testimonianza da tutelare costituisce una motivazione apparente poiché esso non ha mai formato oggetto di speciale protezione attraverso l'adozione di un provvedimento di vincolo storico-artistico-monumentale ai sensi degli artt. 21 e ss. del d.lgs. n. 42/2004.

4.3. Il terzo motivo contesta l'illegittimità del provvedimento di diniego del Comune, in quanto motivato per relationem.

5. Il Comune di Serrara Fontana non si è costituito in giudizio.

6. Il Ministero della cultura si è costituito in giudizio con comparsa di stile.

7. L'appello è fondato in applicazione del principio della ragione più liquida in accoglimento del terzo motivo.

Il primo motivo pone una vexata quaestio che fino ad oggi non ha avuto una soluzione giurisprudenziale univoca e che andrebbe posta all'attenzione dell'Adunanza plenaria.

Ma nel caso di specie non è necessario tale rinvio per risolvere la questione giuridica proposta con l'appello poiché l'annullamento del provvedimento impugnato deriva da un'altra ragione sulla quale non vi è nessuna difformità di orientamento nel panorama giurisprudenziale.

Quando la Soprintendenza si esprime con ritardo rispetto al termine che l'art. 146 d.lgs. 42/2004 le assegna, il Comune non è più vincolato a decidere in conformità al parere, ma deve decidere in autonomia anche condividendo le conclusioni cui è giunta tardivamente la Soprintendenza purché motivi sulle ragioni per cui aderisce al parere dell'organo ministeriale (ex multis C.d.S., Sez. IV, 6446/2023).

Il provvedimento diventa illegittimo se il Comune aderisce alle conclusioni negative della Soprintendenza limitandosi a motivare per relationem.

Si tratta di quanto fondatamente denunciato con il terzo motivo di ricorso dal momento che il diniego di autorizzazione paesaggistica prende semplicemente atto del parere negativo definitivo della Soprintendenza archeologica belle arti e paesaggio per l'Area metropolitana di Napoli, addirittura dopo aver riportato il parere favorevole della Commissione per il paesaggio, senza argomentare perché aveva ritenuto più fondato il parere negativo della Soprintendenza rispetto a quello favorevole espresso dal suo organo consultivo.

8. Le spese seguono la soccombenza quanto al Comune, mentre possono compensarsi con il Ministero della cultura.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, annulla l'atto impugnato.

Condanna il Comune di Serrara Fontana a rifondere le spese del presente grado di giudizio che liquida in euro 4.000 (quattromila) oltre agli accessori di legge.

Spese compensate con il Ministero della cultura.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Note

La presente decisione ha per oggetto TAR Campania, sez. VI, sent. n. 3651/2020.