Consiglio di Stato
Sezione III
Sentenza 7 novembre 2024, n. 8908

Presidente: De Nictolis - Estensore: Cerroni

FATTO E DIRITTO

1. La Salumificio Scarlino s.r.l., industria alimentare avente come attività principale la produzione ed il commercio di prodotti e insaccati a base di carne, ha ottenuto dall'Istituto nazionale di previdenza sociale l'autorizzazione alla cassa integrazione guadagni ordinaria per i seguenti periodi: a) dal 3 febbraio al 3 maggio 2014; b) di seguito, dal 5 maggio al 28 giugno 2024; c) dal 2 febbraio al 2 maggio 2015; d) di seguito, dal 4 maggio 2015 al 1° agosto 2015, in ragione della crisi temporanea di impresa ingenerata dal sequestro giudiziario di un macchinario disposto dall'autorità giudiziaria in conseguenza di un gravissimo incidente sul lavoro ad un suo dipendente, della più generale crisi del settore produttivo e della contrazione delle commesse.

2. Nondimeno, successivamente la Direzione provinciale dell'I.N.P.S. di Lecce, con nota del 2 agosto 2019, ha disposto la revoca delle autorizzazioni per essere asseritamente "venuti meno i presupposti previsti dalle disposizioni vigenti per la concessione degli ammortizzatori sociali" sulla scorta delle risultanze delle indagini di polizia economico-finanziaria svolte presso il Salumificio dalla Guardia di finanza. In particolare, i militari della Guardia di finanza avrebbero appurato che la società "in nessun caso, negli atti esaminati, ... fa riferimento all'accordo commerciale per il trasferimento della produzione all'estero, della durata di un quinquennio, che, nello stesso periodo in cui si avviavano le procedure per l'accesso agli ammortizzatori sociali, ovvero nel primo trimestre dell'anno 2014, era stato sottoscritto con una società polacca, a fronte, in comodato d'uso gratuito, di macchinari e attrezzature di proprietà, con il dichiarato intento di perseguire un significativo abbattimento dei costi di produzione. Tale accordo, qualora rivelato agli Organi delle procedure, avrebbe palesato la reale intenzione della società, di non riprendere affatto l'attività di produzione di wurstel in Italia, bensì di procedere, nella maniera meno traumatica possibile, alla delocalizzazione della produzione medesima, mediante il licenziamento di 55 dipendenti, licenziamento che si verificherà, in concreto, dopo aver avuto accesso a tutte le possibili forme di integrazione di integrazione salariale vigenti".

3. La società ha impugnato la nota di revoca emanata dall'I.N.P.S. innanzi al T.A.R. per la Puglia - Sezione staccata di Lecce, estendendo poi le censure con atto di motivi aggiunti avverso la nota informativa della Guardia di finanza. L'impianto delle censure articolato in prime cure verteva sulla frustrazione delle garanzie partecipative e sul difetto istruttorio e motivazionale della nota, unitamente alla violazione dell'art. 21-nonies l. n. 241/1990 per l'inosservanza del termine ivi previsto per l'esercizio del potere di annullamento di ufficio.

4. All'esito del giudizio di prime cure, il T.A.R. Lecce ha respinto il gravame sull'assunto che, a dispetto dell'allegata inosservanza delle prerogative partecipative, l'impugnato provvedimento di "revoca" (rectius: annullamento d'ufficio) assume in concreto carattere vincolato per l'I.N.P.S. in correlazione alle significative circostanze fattuali riscontrate dalla Guardia di finanza che imponevano all'ente previdenziale di tenerne conto e di porle alla base del provvedimento di "revoca" impugnato, nella forma della motivazione per relationem: in particolare, secondo il primo giudice le predette circostanze fattuali - poi poste al vaglio anche della magistratura penale per le gravi ipotesi di reato ipotizzate (art. 640-bis c.p.) - sono state adeguatamente valutate sul piano amministrativo dall'ente previdenziale nei loro elementi di fatto e danno pieno conto della palese insussistenza dei requisiti di legge per l'ottenimento della C.I.G.O. per l'assenza, alla luce delle più volte menzionate risultanze istruttorie, della necessaria temporanea crisi produttiva, connessa ad accadimenti transitori e contingenti avulsi dalle possibilità di controllo della società istante. Quanto alla censura sull'inosservanza del termine di 18 mesi per l'esercizio dell'annullamento d'ufficio, il tribunale leccese ha ritenuto che nel caso di specie ricorresse l'ipotesi della falsità rappresentativa di tal ché si potesse prescindere da tale termine a norma del secondo comma dell'art. 21-nonies l. n. 241/1990.

5. Il Salumificio Scarlino è insorto in appello avverso la prefata decisione, affidando il gravame ad un unico, benché articolato, motivo di censura col quale ha denunciato l'error in iudicando del primo giudice laddove non avrebbe ravvisato la violazione delle garanzie partecipative in sede di procedimento di riesame esitato nella revoca: sarebbero, difatti, mancati la comunicazione di avvio del procedimento e il contraddittorio endoprocedimentale, mentre la motivazione per relationem, nella specie, non sarebbe soddisfacente e, infine, sarebbe stato trasgredito il termine invalicabile di 18 mesi per l'esercizio del potere di riesame in autotutela. Ha dissentito, infine, l'appellante dalla tesi che il provvedimento avrebbe contenuto vincolato e che conseguentemente l'esito dell'attività di riesame sarebbe stato necessitato (e immune da censure) in applicazione dell'art. 21-octies, comma 2, l. n. 241/1990. Sul versante cautelare, la società appellante ha prospettato un pericolo grave atteso l'ammontare degli importi di cui l'I.N.P.S. pretende la restituzione, la cui eventuale esecuzione forzata comprometterebbe il precario equilibrio finanziario della società.

6. L'Istituto nazionale di previdenza sociale si è costituito nel giudizio di appello controdeducendo nel senso dell'infondatezza della pretesa avversaria.

7. Con istanza di prelievo del 30 giugno 2024 l'appellante ha sostanzialmente rappresentato la propria disponibilità a rinunciare all'istanza cautelare a fronte di una celere fissazione del merito.

In occasione della camera di consiglio del 4 luglio 2024 per la trattazione cautelare le parti hanno assentito per l'abbinamento al merito.

8. In vista dell'udienza pubblica del 10 ottobre 2024 le parti hanno prodotto le memorie difensive di rito soffermandosi sui punti salienti della vertenza. Da ultimo, in data 9 ottobre 2024, la società appellante ha rappresentato di aver ricevuto il giorno precedente la notifica da parte dell'I.N.P.S. di Lecce di un "provvedimento di disconoscimento di periodi di Cassa Integrazione straordinaria ed in deroga", disposto sulla scorta del Verbale Unico di accertamento dell'Ispettorato territoriale del lavoro di Lecce n. 2019014728/DDL del 24 gennaio 2020. Di conseguenza, il Salumificio Scarlino ha domandato il rinvio dell'udienza pubblica ai fini di una compiuta difesa onde valutare la rilevanza dell'atto sopravvenuto nella cornice della presente controversia.

9. All'udienza pubblica del 10 ottobre 2024 il Collegio ha ritenuto di non ravvisare ragioni eccezionali per accogliere l'istanza di rinvio proposta dall'appellante e ha invitato le parti alla discussione. All'esito della discussione, il Collegio ha disposto che la causa venisse trattenuta in decisione.

10. L'appello è fondato e deve trovare accoglimento per le ragioni che si espongono dappresso.

11. Come appena sunteggiato, la tesi avallata dal primo giudice riposa sulla constatazione che l'«impugnato provvedimento di "revoca" (rectius: annullamento d'ufficio) assume (in concreto) carattere vincolato per l'I.N.P.S. (come, peraltro, dimostrato dall'Istituto resistente nel corso del giudizio) in correlazione alle significative circostanze fattuali riscontrate dalla Guardia di Finanza (e comunicate all'Ente previdenziale)», conseguentemente troverebbe applicazione il disposto di cui all'art. 21-octies, comma 2, ultimo capoverso, della l. n. 241/1990, «risultando (sul piano concreto) irrilevante la mancata comunicazione di avvio del procedimento di secondo grado di che trattasi».

11.1. Il Collegio dissente dalla ricostruzione della fattispecie procedimentale operata in prime cure.

Invero, la peculiare disciplina dei vizi non invalidanti di cui all'art. 21-octies, comma 2, della l. n. 241 del 1990 esclude l'annullabilità dei provvedimenti adottati in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, risulti palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato e aggiunge che, indipendentemente dalla sua natura vincolata, il provvedimento non sarebbe annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto provvedimentale non avrebbe potuto esser diverso da quello in concreto adottato.

A detta del primo giudice il provvedimento adottato dall'Istituto - riqualificato in iure come annullamento d'ufficio - avrebbe assunto in concreto carattere vincolato sottraendosi per l'effetto alle garanzie partecipative previste dalla legge sul procedimento amministrativo.

11.2. Nondimeno, il Collegio rileva una fallacia ricostruttiva in tale sillogismo giudiziale: se infatti è vero che l'esito del riesame in autotutela è la decadenza - rectius: annullamento d'ufficio stando alla configurazione accolta in prime cure e non censurata in appello - dal regime di integrazione salariale all'acclarata insussistenza dei presupposti legalmente scanditi e tale esito è necessariamente vincolato non essendovi spazio utile per il contraddittorio con la parte interessata, ciò non può parimenti dirsi nell'ipotesi in cui sia revocata in dubbio la sussistenza stessa dei presupposti legittimanti, postulante accertamenti in fatto nei quali può risultare utile o necessario l'apporto partecipativo del destinatario dei provvedimenti.

In altre parole, il confronto procedimentale con l'interessato può risultare necessario e imprescindibile, agli effetti della legittimità del provvedimento, anche nelle ipotesi di provvedimenti vincolati allorquando l'apporto partecipativo sia utile per giungere ad un accertamento dei presupposti di fatto del provvedimento stesso che richieda un'istruttoria ad hoc (cfr. C.d.S., Sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6235). Milita in favore di una ricostruzione più meditata e vigile della fattispecie anche la giurisprudenza della Sezione che, chiamata a pronunciarsi sul rapporto tra natura vincolata del provvedimento amministrativo e garanzie partecipative, ha ritenuto che siffatta natura vincolata non vale ad esimere sic et simpliciter dall'osservanza delle garanzie partecipative, a partire proprio dalla comunicazione di avvio del procedimento, se si verte in "situazioni peculiari e giuridicamente complesse" (così, C.d.S., Sez. III, 14 settembre 2021, n. 6288), indirizzo poi ripreso anche da altre pronunce che hanno ribadito la sussistenza dell'obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento anche nella ipotesi di provvedimenti a contenuto totalmente vincolato, "sulla scorta della condivisibile considerazione che la pretesa partecipativa del privato riguarda anche l'accertamento e la valutazione dei presupposti sui quali si deve comunque fondare la determinazione amministrativa" (C.d.S., Sez. VI, 23 aprile 2024, n. 3710).

11.3. Tali coordinate giurisprudenziali permettono di inquadrare sotto una luce diversa la fattispecie per cui è causa. Come si evince dalla ricostruzione in fatto, l'Istituto appellato si è determinato alla revoca delle autorizzazioni alla cassa integrazione guadagni ordinaria sulla scorta della circostanziata nota informativa del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Lecce con un peculiare provvedimento non compartecipato e motivato unicamente per relationem. A sua volta, la ridetta nota informativa ha sviluppato una articolata ipotesi investigativa, sottoposta altresì all'attenzione della magistratura inquirente in sede penale per l'ipotesi di reato di truffa aggravata ex art. 640-bis c.p., alla stregua della quale la paventata crisi temporanea di impresa, addotta dalla società a fondamento dell'accesso al regime di integrazione salariale e riconducibile asseritamente al sequestro penale della macchina impastatrice, mirava invero a dissimulare il reale intento di delocalizzazione dell'intera produzione in Polonia, come sarebbe poi avvenuto in virtù dell'accordo commerciale con la ditta polacca Z.

In sostanza, l'accertamento della carenza dei presupposti per l'accesso al regime di integrazione salariale è venuto a dipendere da tale complessa e articolata ricostruzione fattuale, frutto delle attività investigative dei militari della Guardia di finanza e recepita de plano dalla Direzione provinciale dell'I.N.P.S. di Lecce senza ulteriori approfondimenti, né alcun confronto partecipativo con la società interessata.

11.4. Orbene, la tesi prospettata dagli investigatori, pur profilandosi circostanziata e doviziosamente corroborata da supporti documentali, appare strenuamente contrastata, quantomeno negli esiti, dalle controdeduzioni del Salumificio Scarlino in fase processuale. La società adduce che, se l'intento della società fosse stato maliziosamente quello di delocalizzare stabilmente l'intera produzione in Polonia avvantaggiandosi, nelle more, del conveniente regime di integrazione salariale non si spiegherebbe perché, a dispetto di quanto opinato dalla Guardia di finanza, i livelli occupazionali del Salumificio Scarlino sarebbero tornati agli stessi livelli del 2014, se non superiori, una volta che l'accordo commerciale con la società polacca era giunto alla naturale scadenza, senza esser stato peraltro prorogato (cfr. documenti versati in atti il 1° luglio 2024). Dipoi, in linea più generale, la società appellante offre la propria ricostruzione degli eventi opponendosi fermamente alle tesi degli investigatori - tesi che peraltro non hanno avuto ad oggi alcun seguito in sede penale.

Tale discrasia fattuale, emersa grazie all'apporto difensivo della società appellante nella sede processuale, avvalora la tesi portante dell'intera azione demolitoria secondo cui l'omissione delle garanzie partecipative a partire dall'omessa comunicazione di avvio del procedimento non sarebbe, nel caso di specie, scriminabile in virtù della peculiare disciplina sui vizi non invalidanti, per la precipua ragione che l'accertamento del presupposto di fatto del provvedimento impugnato - in tesi, l'assenza di crisi temporanea di impresa e l'intento decettivo e fraudolento della società - è lungi dall'essere di agevole esperimento e perspicua delibazione, anzi ricade in quel novero di "situazioni peculiari e giuridicamente complesse" al ricorrer delle quali la giurisprudenza amministrativa ha preteso la piena osservanza delle garanzie partecipative dell'interessato.

11.5. Alla luce della disamina sin qui svolta, la censura che fa leva sull'omissione della comunicazione di avvio del procedimento nonché sulla frustrazione delle prerogative partecipative è fondata e assorbente. Come già osservato, a dispetto della disciplina sui vizi non invalidanti, nella fattispecie in esame il contenuto dispositivo del provvedimento avrebbe potuto (e dovuto) beneficiare dell'apporto partecipativo della società interessata nella delucidazione delle premesse fattuali strumentali all'accertamento dei presupposti per l'accesso al regime di integrazione salariale (o meglio, alla connessa revoca o decadenza dallo stesso).

12. Tanto considerato, il ricorso in appello va accolto con riguardo al primo motivo di gravame, mentre possono essere logicamente assorbiti gli altri profili di impugnazione.

Conseguentemente, in riforma dell'impugnata sentenza, va accolto il ricorso introduttivo di primo grado con annullamento del provvedimento impugnato, fatta salva l'eventuale riedizione del potere nel rispetto delle ridette garanzie partecipative.

13. La peculiarità della fattispecie giustifica la compensazione delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini di cui in motivazione e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado e annulla i provvedimenti impugnati.

Spese di entrambi i gradi compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Note

La presente decisione ha per oggetto TAR Puglia, Lecce, sez. III, sent. n. 34/2024.