Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata
Sentenza 21 novembre 2024, n. 582

Presidente: Donadono - Estensore: Mariano

FATTO E DIRITTO

1. Con il ricorso in esame, depositato in data 6 settembre 2024, i deducenti - nella qualità di cittadini elettori del Comune di Potenza e di delegati alla presentazione delle liste elettorali, denominate "Fratelli d'Italia - Giorgia Meloni" e "Forza Italia", che, unitamente alle altre denominate "Noi Moderati", "Potenza Civica", "Lega Salvini Premier", "Orgoglio Lucano" e "Amiamo Potenza", hanno sostenuto la candidatura a Sindaco del sig. Francesco Fanelli nel corso delle elezioni per il rinnovo del Sindaco e del Consiglio comunale di Potenza svoltesi in data 8-9 giugno 2024 e 23-24 giugno 2024 - hanno impugnato l'atto di proclamazione degli eletti alla carica di consigliere comunale del Comune di Potenza del 12 luglio 2024 ed il verbale delle operazioni elettorali dell'Ufficio elettorale centrale a seguito del turno di ballottaggio, nella parte in cui hanno assegnato il premio di maggioranza al gruppo di liste collegato al candidato eletto Sindaco del Comune di Potenza sig. Vincenzo Telesca (sostenuto dalle liste elettorali "Uniamoci per Potenza", "Basilicata Casa Comune", "La Potenza dei Cittadini", "Potenza Prima", "Insieme per Potenza").

1.1. L'impugnazione è essenzialmente affidata alla contestazione della violazione dell'art. 73, comma 10, del d.lgs. n. 267/2000 ("Qualora un candidato alla carica di sindaco sia proclamato eletto al primo turno, alla lista o al gruppo di liste a lui collegate che non abbia già conseguito, ai sensi del comma 8, almeno il 60 per cento dei seggi del consiglio, ma abbia ottenuto almeno il 40 per cento dei voti validi, viene assegnato il 60 per cento dei seggi, sempreché nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate abbia superato il 50 per cento dei voti validi. Qualora un candidato alla carica di sindaco sia proclamato eletto al secondo turno, alla lista o al gruppo di liste ad esso collegate che non abbia già conseguito, ai sensi del comma 8, almeno il 60 per cento dei seggi del consiglio, viene assegnato il 60 per cento dei seggi, sempreché nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate al primo turno abbia già superato nel turno medesimo il 50 per cento dei voti validi. I restanti seggi vengono assegnati alle altre liste o gruppi di liste collegate ai sensi del comma 8"), in quanto l'Ufficio elettorale centrale ha assegnato il premio di maggioranza del 60% dei seggi alle liste a sostegno del Sindaco eletto Telesca, nonostante le liste a sostegno del candidato Sindaco Fanelli avessero già superato al primo turno il 50% dei "voti validi"; a tal fine assumendo che detta espressione debba essere interpretata nel senso che la relativa base di calcolo comprenderebbe soltanto i voti validi di lista e non si estenderebbe, invece, come erroneamente ritenuto dall'Ufficio elettorale centrale, anche ai voti espressi singolarmente a favore dei candidati sindaci senza espressione del voto di lista, in esplicazione del c.d. voto disgiunto.

In subordine, qualora interpretata nel senso indicato dall'Ufficio elettorale centrale, si opina della legittimità costituzionale di detta disposizione, per violazione del principio di sovranità popolare e di rappresentatività ex artt. 1, 48 e 51 della Costituzione, nonché, del principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione e della discrezionalità nell'esercizio della funzione legislativa di cui all'art. 70 della Costituzione.

2. Si sono costituiti in giudizio, per resistere all'accoglimento del ricorso, i consiglieri comunali controinteressati.

3. All'udienza pubblica del 20 novembre 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

4. Il ricorso è infondato e, pertanto, va respinto.

Il thema decidendum è imperniato sull'interpretazione dell'art. 73, comma 10, del d.lgs. n. 267/2000, avuto specifico riguardo al significato da attribuire all'espressione "voti validi" (nel senso opinato nel ricorso ovvero in quello, divergente, prediletto dall'Ufficio elettorale centrale).

Sul punto, giova richiamare il consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr. C.d.S., Sez. V, 14 maggio 2010, n. 3022; in termini: C.d.S., Sez. II, 22 aprile 2022, n. 3114; T.A.R. Piemonte, Sez. II, 11 ottobre 2012, n. 1082, confermato in appello da C.d.S., Sez. V, 21 maggio 2013, n. 2762; T.A.R. Sardegna, Sez. II, 4 novembre 2011, n. 1060, confermato in appello da C.d.S., Sez. V, 17 maggio 2012, n. 2823; T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 17 ottobre 2017, n. 1627, confermato in appello da C.d.S., Sez. III, 19 febbraio 2018, n. 1055; T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 2 ottobre 2019, n. 860; incidentalmente anche da C.d.S., Sez. II, 28 maggio 2021, n. 4100), che si è già dettagliatamente occupato di identica questione, secondo il quale:

«... 2. ... si controverte attorno al quesito, se il "50 per cento dei voti validi" debba essere calcolato (i) sui soli voti validi complessivi conseguiti al primo turno dalle liste concorrenti all'elezione, oppure (ii) sui voti validi complessivi conseguiti al primo turno dai candidati alla carica di sindaco (e dunque, oltreché sui voti di lista automaticamente assegnati al candidato sindaco collegato alla lista ai sensi dell'art. 72, comma 3, d.lgs. n. 267/2000, anche sui voti espressi singolarmente a favore dei soli candidati sindaci senza voti di lista, in esplicazione del c.d. voto disgiunto).

3. Ritiene il Collegio che a favore della seconda alternativa, di cui sopra sub (ii), militino una serie di argomenti interpretativi di natura letterale, logico-sistematica e teleologica.

3.1. In primo luogo, il legislatore, laddove nell'ambito del testo normativo in esame si è voluto riferire ai soli voti di lista, ha usato l'espressione "cifra elettorale" (v., ad es., il comma 5 dell'art. 73: "La cifra elettorale di una lista è costituita dalla somma dei voti validi riportati dalla lista stessa in tutte le sezioni del comune"), anche ai fini del calcolo dei seggi da attribuire alle singole liste o gruppi di liste collegate (v. comma 8 dell'art. 73).

Laddove, invece, ha voluto riferirsi quale base di calcolo di una percentuale alla totalità dei voti espressi, compresi quelli per l'elezione alla carica di sindaco, ha usato l'espressione "voti validi". Al riguardo, assume particolare rilevanza la formulazione dell'art. 72, comma 9, disciplinante l'elezione del sindaco nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, la quale testualmente dispone: "Dopo il secondo turno è proclamato eletto sindaco il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti validi. In caso di parità di voti, è proclamato eletto sindaco il candidato collegato, ai sensi del comma 7, con la lista o il gruppo di liste per l'elezione del consiglio comunale che ha conseguito la maggiore cifra elettorale complessiva. A parità di cifra elettorale, è proclamato eletto sindaco il candidato più anziano d'età". La norma oggetto della diatriba ermeneutica de qua, nella parte in cui prevede quale condizione negativa dell'attribuzione del c.d. premio di maggioranza il mancato superamento nel primo turno, da parte di lista (o gruppo di liste) diversa da quella collegata al candidato sindaco eletto, del "50 per cento dei voti validi", non può non essere letta nel senso di riferirsi, quale base di calcolo di tale requisito negativo, alla totalità dei voti validi espressi nell'elezione del sindaco, che per definizione supera la totalità dei voti di lista, essendo i voti espressi a favore delle sole liste automaticamente attribuiti al candidato sindaco ad esse collegato, mentre i voti espressi per il solo candidato alla carica di sindaco non si trasmettono alle liste collegate... In applicazione del criterio ermeneutico della presuntiva costanza terminologica del legislatore nell'ambito di uno stesso testo normativo, si osserva che il legislatore, qualora avesse voluto riferirsi alla diversa base di calcolo dei soli voti di lista, avrebbe fatto ricorso alla diversa ed univoca locuzione "50 per cento delle cifre elettorali complessive", impiegata nel precedente articolo di legge nella disciplina dell'elezione del sindaco nella stessa categoria di comuni, mentre, usando la locuzione "50 per cento dei voti validi", deve ritenersi che abbia inteso riferirsi alla maggioranza assoluta della totalità dei voti validi, anche di quelli espressi per il candidato sindaco (in coerenza con le stesse, identiche parole usate negli artt. 71, comma 10, e 72, comma 4, nonché, per le elezioni provinciali, nell'art. 74, commi 6 e 11, dello stesso testo legislativo).

3.2. In secondo luogo, sotto un profilo d'interpretazione logico sistematica, il regime delle elezioni comunali disegnato nel d.lgs. n. 267/2000 è improntato al principio maggioritario... La regola del c.d. premio di maggioranza, diversamente modulata nei comuni a popolazione rispettivamente inferiore o superiore ai 15.000 abitanti e, nell'ambito di questi ultimi, ulteriormente differenziata a seconda che si tratti di garantire la governabilità del comune guidato da un sindaco "forte" o "debole" - rafforzandone l'operatività in quest'ultima ipotesi -, è dunque destinata a subire una deroga in favore del sistema proporzionale nel solo caso, in cui le liste diverse da quelle collegate al candidato eletto sindaco abbiano superato il 50% dei voti validi (nel primo turno, non essendo più spazio per i voti di lista nel secondo turno).

Orbene, integrando l'ipotesi da ultima contemplata una fattispecie derogatoria alla regola del principio maggioritario, che tendenzialmente informa il sistema di voto nelle elezioni comunali quale delineato dagli artt. 71, 72 e 73 d.lgs. n. 267/2000, e trattandosi dunque di norma eccezionale, la stessa va interpretata in modo restrittivo, sicché anche per tale ragione s'impone la soluzione ermeneutica sposata dai primi giudici, di rapportare la percentuale derogatoria del 50% a tutti i voti validi espressi nel primo turno per l'elezione di sindaco, e non solo ai voti di lista. Opinando diversamente, si perverrebbe al risultato assurdo, certamente esulante dalla voluntas legis, di paralizzare l'attribuzione del c.d. premio di maggioranza anche nei casi, in cui solo una minoranza dell'elettorato abbia espresso il voto di lista e la maggioranza si sia limitata ad esprimere il voto per i candidati alla carica di sindaco. In casi siffatti, sarebbe del tutto irragionevole controbilanciare la posizione del sindaco, il quale abbia conseguito la maggioranza assoluta dei voti validi senza il sostegno di una lista o di un gruppo di liste munite di una maggioranza altrettanto assoluta, con una maggioranza di consiglieri esponenti di liste a lui antagoniste, in ipotesi espressione di una percentuale dell'elettorato di gran lunga inferiore alla maggioranza assoluta dei voti validi espressi nell'elezione del sindaco. Solo rapportando "il 50 per cento dei voti validi", di cui al comma 10 dell'art. 73, al numero complessivo dei voti espressi nel primo turno, compresi quelli per la sola elezione del sindaco, la norma va ricondotta a razionalità, in quanto in tal caso soltanto rimane giustificato - nel disegno del legislatore - il contrappeso della diversa composizione del consiglio comunale quale espressione rappresentativa di una maggioranza di voti di lista divergente da quella conseguita dalle liste collegate al sindaco eletto con la maggioranza assoluta dei suffragi...» (cfr. C.d.S., Sez. V, 14 maggio 2010, n. 3022).

A tale orientamento, conducente de plano alla reiezione del gravame (siccome idoneo alla complessiva confutazione delle censure ricorsuali), il Collegio intende dare continuità, trovando del tutto persuasivi gli argomenti interpretativi di natura letterale, logico-sistematica e teleologica, dianzi compendiati, secondo cui, nella lettura dell'art. 73, comma 10, del d.lgs. n. 267/2000, l'espressione "voti validi" debba essere riferita alla totalità dei voti espressi, compresi quelli per l'elezione alla carica di sindaco, senza espressione del voto di lista, in esplicazione del c.d. voto disgiunto; il ridetto orientamento è qui richiamato anche per i fini di cui all'art. 74 c.p.a. ("La motivazione della sentenza può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo ovvero, se del caso, ad un precedente conforme"), tenuto conto delle immanenti esigenze di sinteticità e di rapidità decisionale imposte dal rito elettorale.

5. In merito alla questione di costituzionalità dell'art. 73, comma 10, cit. (come interpretato dal richiamato diritto vivente), in riferimento a molteplici parametri, il Collegio ne ravvisa la manifesta infondatezza, all'uopo rinviando alle conformi statuizioni giurisprudenziali già intervenute anche al riguardo (cfr. T.A.R. Sardegna, Sez. II, 4 novembre 2011, n. 1060; C.d.S., Sez. V, 1° ottobre 2015, n. 4598; C.d.S., Sez. V, 23 settembre 2013, n. 4680; C.d.S., Sez. III, 10 maggio 2017, n. 2174).

In particolare, con riferimento all'ipotizzata violazione:

- degli artt. 3 e 48, comma 2, della Costituzione, si è evidenziato che il principio di uguaglianza del voto «si limita a esigere che l'esercizio del diritto di elettorato attivo avvenga in condizioni di parità, donde il divieto del voto multiplo o plurimo, ma non anche che il risultato concreto della manifestazione di volontà dell'elettorato sia proporzionale al numero dei consensi espressi, dipendendo questo invece dal concreto atteggiarsi delle singole leggi elettorali rimesse, come detto, alla discrezionalità del legislatore, fermo il controllo sulla ragionevolezza delle scelte fatte. Più nello specifico, l'alterazione del voto, ipotizzata dagli appellanti con particolare riferimento alla espressione del voto disgiunto, sub specie di compressione del voto medesimo, in base all'interpretazione fatta propria da questo Consiglio, non sussiste giacché la norma de qua, come interpretata dalla giurisprudenza, non assicura affatto, al candidato Sindaco eletto, l'attribuzione del premio di maggioranza - e quindi una stabile maggioranza consiliare - "a tutti i costi", essendo la norma nel suo complesso rispettosa del voto disgiunto» (cfr. C.d.S., Sez. V, 17 maggio 2012, n. 2823);

- dell'art. 1 della Costituzione, si è evidenziato che «l'art. 73, comma 10, del d.lgs. n. 267/2000 non preclude il naturale dispiegarsi della sovranità popolare» (cfr. C.d.S., Sez. V, 17 maggio 2012, n. 2823);

- dell'art. 70 della Costituzione, si è evidenziato che «rientra nella discrezionalità del legislatore - per la disciplina delle elezioni locali - bilanciare l'interesse alla rappresentanza politica e quello alla governabilità, alla luce dei possibili rapporti tra il candidato sindaco e le liste ad esso collegate» (cfr. C.d.S., Sez. V, 23 settembre 2013, n. 4680).

6. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese di lite in favore dei controinteressati, da quantificarsi nella somma onnicomprensiva di euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.