Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria
Sentenza 25 novembre 2024, n. 816
Presidente: Ungari - Estensore: Carrarelli
FATTO E DIRITTO
1. La sig.ra N., attualmente residente in Australia, è proprietaria di un immobile nel Comune di Spoleto (foglio 295, particelle 194, sub 1, e 917), confinante per un lato con l'edificio del sig. Bruno M. (foglio 295, particella 196).
Con l'istanza trasmessa a mezzo pec al Comune di Spoleto in data 3 giugno 2024, l'odierna ricorrente chiedeva, a mezzo del proprio legale, di accedere a «permesso di costruire o altro titolo edilizio» eventualmente rilasciato in favore del sig. M. con riferimento al richiamato immobile, evidenziando che la sig.ra N., tornata in Italia per qualche giorno, aveva constatato che una parte del suo terreno e le opere ivi presenti sono state modificate senza alcuna autorizzazione da parte della proprietà e che una porta, da sempre presente sull'edificio confinante, era stata allungata abbassando il livello di ingresso.
In data 5 giugno 2024, il Comune di Spoleto comunicava che, ai fini dell'avvio del procedimento, era necessario di integrare la pratica con la visura storica dell'immobile e con il pagamento dei diritti di segreteria entro il termine di dieci giorni, oltre il quale la richiesta sarebbe stata ritenuta irricevibile e archiviata.
L'integrazione richiesta veniva presentata con pec del 12 giugno 2024.
In data 14 giugno 2024 il Comune comunicava all'instante che il giorno 13 giugno 2024 era stata data comunicazione con raccomandata ai controinteressati per presentare eventuali opposizioni entro dieci giorni dalla ricezione.
2. La parte ricorrente evidenzia che, dopo tale ultima comunicazione, il Comune di Spoleto ha omesso qualsiasi altra notizia, facendone discendere che sull'istanza di accesso ai documenti amministrativi si è formato il silenzio-diniego ex art. 25, comma 4, l. n. 241 del 1990.
Avverso il suddetto diniego la ricorrente ha agito con ricorso notificato in data 27 agosto 2024 e depositato il successivo 29 agosto, lamentando:
i) violazione artt. 22, commi 1, lett. b), e 6, e 24, comma 7, l. n. 241 del 1990 e degli artt. 3 e 24 Cost., evidenziando la sussistenza della legittimazione della ricorrente all'accesso in ragione della vicinitas;
ii) violazione artt. 1, commi 2 e 2-bis, 2 e 3, l. n. 241 del 1990 e dell'art. 97 Cost., in quanto l'Amministrazione, chiedendo l'integrazione dell'istanza con la visura storica dell'immobile, che avrebbe potuto autonomamente acquisire, avrebbe aggravato il procedimento. Parimenti è contestato che il pagamento dei diritti di segreteria fosse fondamentale ai fini della valutazione dell'istanza, attenendo piuttosto a profili formali, inidonei ad interrompere il termine del procedimento. Evidenzia la parte ricorrente che in casi come questo al privato è riconosciuta la possibilità di richiedere una somma a titolo di indennizzo da ritardo della P.A. ai sensi dell'art. 2-bis, comma 1-bis, l. n. 241 del 1990, consistente in euro 30,00 al giorno per ogni giorno di ritardo;
iii) in via subordinata, violazione art. 25, comma 4, l. n. 241 del 1990 e artt. 3 e 6, comma 4, d.P.R. n. 184 del 2006, violazione art. 24 Cost., lamentando l'illegittimità del regolamento in materia di accesso civico, accesso generalizzato e accesso documentale del Comune di Spoleto, approvato con d.C.c. n. 4 del 2 marzo 2017, laddove all'art. 8 statuisce che i «termini [del procedimento] sono sospesi nel caso di comunicazione dell'istanza ai contro-interessati durante il tempo stabilito dalla norma per consentire agli stessi di presentare eventuale opposizione (10 giorni dalla ricezione della comunicazione)»; tale previsione violerebbe la tassatività del termine di trenta giorni previsto tanto dall'art. 25, comma 4, l. n. 241 del 1990 quanto dall'art. 6, comma 4, d.P.R. n. 184 del 2006.
3. Si è costituito per resistere in giudizio il Comune di Spoleto.
4. Con memoria depositata in data 18 ottobre 2024 la parte ricorrente ha dato atto dell'intervenuto accoglimento della domanda di accesso da parte del Comune di Spoleto, cui ha fatto seguito la visione degli atti e l'estrazione di copie, insistendo per la refusione delle spese di lite, avendo l'Amministrazione adempiuto solo dopo la notifica del ricorso.
5. Con memoria ex art. 73 c.p.a., la difesa comunale ha evidenziato in fatto che con prot. n. 38079 del 5 giugno 2024 il responsabile del procedimento riscontrava l'istanza dell'odierna ricorrente del 3 giugno 2024 al fine di richiedere integrazioni (visura storica e diritti di ricerca), che pervenivano in data 13 giugno 2024; quindi il Comune di Spoleto procedeva con il notiziare il soggetto controinteressato dell'istanza di accesso pervenuta, con avviso della facoltà di presentare opposizione entro giorni dieci dal ricevimento, comunicando poi alla richiedente l'avvio dell'iter. In data 25 luglio 2024 l'ufficio postale verificava che la raccomandata, consegnata presso l'indirizzo del sig. M. con avviso di deposito in data 21 giugno 2024, non era stata dallo stesso ritirata nei successivi trenta giorni, procedendo pertanto con la restituzione al mittente. La raccomandata perveniva all'archivio comunale in data 9 agosto 2024 e veniva successivamente trasmessa al competente ufficio in data 20 agosto 2024, come riferito dal responsabile del procedimento nella comunicazione prot. 57377 del 9 settembre 2024 di accoglimento dell'istanza di accesso.
Alla luce di tale ricostruzione, la difesa resistente ha eccepito, in primo luogo, la cessazione della materia del contendere e/o l'improcedibilità del ricorso attesa l'avvenuta consegna della documentazione richiesta. Ciò posto, la difesa comunale ha eccepito l'inammissibilità del ricorso non essendosi perfezionato il lamentato silenzio-rifiuto ex art. 25, comma 4, l. n. 241 del 1990, attesa la sospensione dei termini per consentire l'eventuale opposizione del controinteressato. Nessun aggravio del procedimento vi sarebbe stato da parte dell'Amministrazione comunale - né con riferimento alla richiesta di integrazione con la visura storica dell'immobile, volta a suffragare il requisito della vicinitas, né con riferimento al pagamento dei diritti di segreteria, dovuti per la ricerca delle pratiche - con conseguente infondatezza della domanda di indennizzo da ritardo.
Infine, nessuna illegittimità affliggerebbe l'art. 8 del regolamento comunale in materia di accesso civico, accesso generalizzato e accesso documentale, essendo la sospensione del termine del tutto logica e conforme ai principi del procedimento amministrativo, necessaria per garantire l'effettiva partecipazione procedimentale del controinteressato.
6. Le parti si sono scambiate repliche.
In particolare, la parte ricorrente ha affermato la permanenza dell'interesse circa le domande di indennizzo da ritardo della P.A. e di annullamento e/o disapplicazione dell'art. 8 del regolamento in materia di accesso civico, accesso generalizzato e accesso documentale del Comune di Spoleto, insistendo sull'intervenuta formazione del silenzio-rifiuto per inutile decorso del termine di cui all'art. 25, comma 4, l. n. 241 del 1990.
7. Alla camera di consiglio del 5 novembre 2024, uditi per le parti i difensori come specificato a verbale, la causa è stata trattenuta in decisione.
8. Emerge dagli atti di causa che in data 9 settembre 2024 l'Amministrazione comunale ha notificato alla ricorrente l'accoglimento dell'istanza di accesso per cui è causa e che i documenti richiesti sono poi stati consegnati dell'istante; per quanto attiene alla domanda concernente l'accesso agli atti, la materia del contendere è quindi cessata.
9. Nelle proprie memorie difensive la parte ricorrente ha insistito, oltre che per la refusione delle spese di giudizio in ragione della tardività dell'adempimento comunale, per la domanda di indennizzo da ritardo e per l'annullamento e/o disapplicazione dell'art. 8 del regolamento in materia di accesso civico, accesso generalizzato e accesso documentale del Comune di Spoleto.
In tale prospettiva devono essere scrutinate le censure di cui al ricorso.
10. Preliminarmente, deve essere esaminata l'eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa resistente, per la quale il ricorso sarebbe stato notificato in pendenza del termine per la conclusione del procedimento di accesso.
L'eccezione si presenta fondata per le considerazioni che seguono.
Al fine di definire se si fosse o meno formato al momento della notifica del ricorso il silenzio-diniego di cui all'art. 25 l. n. 241 del 1990, condizione di ammissibilità della domanda ai sensi del primo comma dell'art. 116 c.p.a., risulta dirimente la questione inerente la sospensione del termine procedimentale in pendenza del termine attribuito al controinteressato.
La ricostruzione di parte ricorrente trova fondamento sull'illegittimità della espressa previsione della sospensione del termine del procedimento di accesso agli atti in pendenza del termine assegnato al controinteressato per opporsi all'accesso stesso contenuta all'art. 8 del regolamento comunale in materia di accesso civico, accesso generalizzato e accesso documentale, nonché sulla più generale incompatibilità di detta sospensione con il quadro normativo delineato dall'art. 25 l. n. 241 del 1990 e dagli artt. 3 e 6 del d.P.R. n. 184 del 2006.
Preliminarmente, va osservato che il richiamato art. 8 del regolamento comunale è espressamente riferito al procedimento di accesso civico o di accesso generalizzato, mentre il procedimento di accesso documentale è disciplinato dall'art. 19 del medesimo regolamento, che contiene al primo comma una analoga previsione sulla sospensione del termine di conclusione del procedimento «nel caso di comunicazione dell'istanza ai controinteressati durante il tempo necessario per consentire agli stessi di presentare eventuale opposizione (10 giorni dalla ricezione della comunicazione)».
Come è noto, prima di pronunciarsi sull'istanza di accesso che implica l'acquisizione di dati personali di soggetti controinteressati, l'amministrazione è tenuta [a] conoscere la posizione del controinteressato, salvo che ricorrano casi di esclusione dall'accesso previsti per legge o in base alla legge (art. 24, commi 1, 2, 5, 6, l. n. 241 del 1990 e decreto ministeriale del Ministero dell'interno 16 marzo 2022). L'art. 22, comma 1, lett. c), l. n. 241 del 1990, precisa che "controinteressati" sono «tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall'esercizio dell'accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza» dei dati personali (generici, sensibili, giudiziari, supersensibili).
Che il termine di conclusione del procedimento resti sospeso in pendenza del termine assegnato al controinteressato per avanzare eventuale opposizione discende, prima ancora che dal contestato regolamento comunale - che si presenta pertanto immune dai vizi denunciati - dalla disciplina statale.
Giova richiamare il disposto dell'art. 3 d.P.R. n. 182 del 2006, regolamento recante disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi, per cui: «1. Fermo quanto previsto dall'articolo 5, la pubblica amministrazione cui è indirizzata la richiesta di accesso, se individua soggetti controinteressati, di cui all'articolo 22, comma 1, lettera c), della legge, è tenuta a dare comunicazione agli stessi, mediante invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento, o per via telematica per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione. I soggetti controinteressati sono individuati tenuto anche conto del contenuto degli atti connessi, di cui all'articolo 7, comma 2.
2. Entro dieci giorni dalla ricezione della comunicazione di cui al comma 1, i controinteressati possono presentare una motivata opposizione, anche per via telematica, alla richiesta di accesso. Decorso tale termine, la pubblica amministrazione provvede sulla richiesta, accertata la ricezione della comunicazione di cui al comma 1».
Deve aversi particolare riguardo al disposto del secondo comma; sebbene tale disposizione non contenga l'esplicita previsione della sospensione - come invece l'art. 5, comma 5, d.lgs. n. 33 del 2013 - la sospensione del termine è logicamente deducibile dalla disposizione stessa laddove prevede che «Decorso tale termine, la pubblica amministrazione provvede sulla richiesta, accertata la ricezione della comunicazione di cui al comma 1». Potendo l'Amministrazione provvedere sulla richiesta solo dopo che sia decorso il termine assegnato ai controinteressati, il termine di conclusone del procedimento non può che rimanere nelle more sospeso.
La citata disposizione impone, altresì, all'Amministrazione di accertare la ricezione della comunicazione da parte del controinteressato; tale comunicazione, ai sensi del primo comma, può essere effettuata mediante raccomandata con avviso di ricevimento. L'Amministrazione in tal caso potrà accertare la ricezione della comunicazione unicamente mediante la ricevuta di ritorno della raccomandata stessa; inoltre, laddove, come nel caso in esame, all'avviso di deposito non faccia seguito il ritiro della raccomandata stessa, sarà tenuta ad attendere il compimento del periodo di giacenza. Difatti, la presunzione di conoscenza di un atto non è integrata dalla sola prova della spedizione della raccomandata, essendo necessaria, attraverso l'avviso di ricevimento o l'attestazione di compiuta giacenza, la dimostrazione del perfezionamento del procedimento notificatorio (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 2 marzo 2022, n. 2492; Cass. civ., Sez. VI, n. 738 del 2022). Come rilevato dalla giurisprudenza, «la comunicazione dell'atto amministrativo, per il combinato disposto dell'art. 40, comma 3, del d.P.R. 29 maggio 1982, n. 655 e dell'art. 1335 c.c., si perfeziona per il destinatario necessariamente secondo le due seguenti modalità alternative: a) allorché provveda al ritiro del piego; b) per fictio juris (ai sensi dell'art. 1335 c.c.), al momento della scadenza del termine di "compiuta giacenza"» (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 8 giugno 2015, n. 8040; cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 18 febbraio 2020, n. 774).
Dall'applicazione di tali coordinate al caso che occupa discende che il ricorso in epigrafe è stato notificato prima dello spirare del termine assegnato all'Amministrazione per provvedere.
Emerge dagli atti di causa che, a fonte dell'istanza del 3 giugno 2024, il Comune ha provveduto alla comunicazione al controinteressato con raccomandata del 13 giugno 2024; tale raccomandata non è stata ritirata e, compiuto il periodo di giacenza, la spedizione è stata restituita a mittente in data 9 agosto 2024. Da questo momento l'Amministrazione comunale era a conoscenza dell'avvenuto inutile decorso del termine assegnato al controinteressato e, pertanto, tenuta a provvedere ai sensi dell'art. 3, comma 3, d.P.R. n. 182 del 2006. Anche considerando interamente i dieci giorni già trascorsi tra il 3 ed il 13 giugno 2024 - quindi senza alcuna interruzione per la richiesta di integrazione - residuava in favore dell'Amministrazione comunale un termine di venti giorni, che sarebbe spirato il 29 agosto 2024, pertanto dopo la notifica del ricorso, avvenuta a mezzo pec in data 27 agosto 2024.
11. Conseguentemente si presentano inammissibili le ulteriori domande spiegate nel ricorso.
Rileva, comunque, il Collegio l'inapplicabilità alla fattispecie che occupa dell'invocato indennizzo da mero ritardo di cui all'art. 2-bis, comma 1-bis, della l. n. 241 del 1990.
La disposizione citata prevede che «Fatto salvo quanto previsto dal comma 1 e ad esclusione delle ipotesi di silenzio qualificato e dei concorsi pubblici, in caso di inosservanza del termine di conclusione del procedimento ad istanza di parte, per il quale sussiste l'obbligo di pronunziarsi, l'istante ha diritto di ottenere un indennizzo per il mero ritardo alle condizioni e con le modalità stabilite dalla legge o, sulla base della legge, da un regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400. In tal caso le somme corrisposte o da corrispondere a titolo di indennizzo sono detratte dal risarcimento».
La giurisprudenza ha chiarito che la fattispecie dell'indennizzo da ritardo va nettamente distinta da quella prevista dal comma 1 dell'art. 2-bis della l. n. 241 del 1990, introdotto dall'art. 7, comma 1, lett. c), della l. n. 69 del 2009, atteso che mentre il risarcimento presuppone la prova del danno e del comportamento colposo o doloso dell'Amministrazione nonché del nesso di causalità, la fattispecie dell'indennizzo da ritardo prescinde dalla dimostrazione dei suddetti elementi, essendo sufficiente il solo superamento del termine di conclusione del procedimento (cfr., ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 16 giugno 2020, n. 2417). Il comma 1-bis, tuttavia, espressamente esclude dall'applicabilità dell'indennizzo per il mero ritardo all'obbligo di provvedere le ipotesi di silenzio qualificato, cui deve ricondursi l'ipotesi del silenzio sull'istanza di accesso proprio alla luce del disposto del quarto comma dell'art. 25 l. n. 241 del 1990.
12. Per quanto esposto, deve essere in parte dichiarata la cessazione della materia del contendere e per la restante parte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, come da motivazione.
Le spese di giudizio, attesa la peculiarità della vicenda, possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte dichiara la cessazione della materia del contendere e per la restante parte lo dichiara inammissibile, come da motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.