Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
Sezione II
Sentenza 6 dicembre 2024, n. 2916
Presidente: Palliggiano - Estensore: Garbari
FATTO
Con atto notificato in data 29 giugno 2020 e depositato in data 27 luglio 2020 il ricorrente G. Ferruccio ha riassunto avanti a questo T.A.R., a seguito di declaratoria di difetto di giurisdizione del giudice ordinario (sentenza Tribunale di Padova - Seconda Sezione civile n. 359/2020 pubblicata il 14 febbraio 2020), il ricorso avanti allo stesso promosso con atto di citazione notificato in data 3 aprile 2019 per la condanna, in solido, del Comune di Piove di Sacco e della sig.ra Lorenza Z. al risarcimento dei danni asseritamente patiti in ragione della convenzione urbanistica sottoscritta dai convenuti.
Espone il deducente:
- di essere proprietario di beni immobili siti nel comune di Piove di Sacco, catastalmente distinti al foglio 27 - mappali 225 e 644;
- che tali mappali sono stati erroneamente inseriti nel Progetto di Comparto relativo all'Unità Minima di Intervento n. 18 proposto dai sig.ri Lorenza Z. e Pietro G., e, altresì, nella relativa Convenzione urbanistica sottoscritta avanti a notaio in data 6 luglio 2004 tra il Comune di Piove di Sacco ed i proponenti del Piano attuativo;
- di aver inviato al Comune una missiva in data 23 febbraio 2009, diffidando l'Amministrazione a stralciare le sue particelle dal Comparto e da ogni provvedimento connesso;
- di aver reiterato la diffida in data 30 giugno 2009, a fronte del silenzio comunale, unitamente alla richiesta di ristoro dei danni patiti per la ridotta e/o eliminata capacità edificatoria ed il deprezzamento di valore e indisponibilità giuridica dei suoi beni;
- di aver dovuto proporre negli anni ulteriori successive diffide, a fronte dell'inerzia dell'Amministrazione comunale, e che solo con deliberazione del Consiglio comunale di Piove di Sacco n. 51 del 2 ottobre 2015, di approvazione della variante n. 2 all'UMI 18, veniva disposto lo stralcio dei mappali; la convenzione urbanistica veniva coerentemente modificata e trascritta con atto di data 18 gennaio 2016;
- di aver adito il giudice ordinario per chiedere la condanna del Comune e della sig.ra Z. Lorenza, in solido, al risarcimento di "tutti i danni connessi all'intervenuto illecito vincolo sui mappali 225 e 644 del foglio 27 dal 6.7.2004 al 18.1.2016"; danni che quantificava in 25.000,00 euro;
- che nel giudizio civile il Comune di Piove di Sacco ha chiesto l'autorizzazione alla chiamata in causa degli eredi del sig. Pietro G., della sig.ra Lorenza Z. (già convenuta) e di "Due Zeta Due s.r.l.", avente causa del sig. G. Pietro limitatamente ai mappali 33, 230, 615, 1353 e 1351, chiedendone - in via subordinata - la condanna quali unici responsabili dei fatti dedotti o, in ulteriore subordine, la condanna di questi a manleva.
La sig.ra Z. ha parimenti chiesto l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi del sig. G. Pietro, rappresentando che l'accertamento di un'eventuale, ma non creduta, responsabilità a suo carico, quale asserita danneggiante, sarebbe dipesa da responsabilità di altro danneggiante.
Nel giudizio in riassunzione avanti a questo T.A.R. il ricorrente ripropone la domanda di accertamento della responsabilità delle parti intimate per i danni da lui asseritamente patiti a causa dell'illegittimo inserimento nell'Unità minima di intervento dei suoi mappali a far data dalla convenzione urbanistica del 2004 e fino al 2016 e la conseguente condanna delle controparti al risarcimento del danno ingiusto.
Egli sostiene che l'erroneo inserimento delle sue aree all'interno dell'UMI18 ne avrebbe determinato di fatto l'incommerciabilità e l'indisponibilità materiale e giuridica, causando un serio pregiudizio alle potenzialità di sfruttamento economico e una diminuzione del valore di mercato determinatasi nel tempo; quantifica i danni da ristorare in 25.000 euro o nella somma - minore o maggiore - che verrà determinata in corso di causa, anche sulla scorta di valutazione equitativa.
Si sono costituiti per resistere al ricorso il Comune di Piove di Sacco, i controinteressati Lorenza Z., Due Più due s.r.l., e in qualità di eredi del sig. Pietro G., originario sottoscrittore della convenzione, deceduto nel 2010, i sig.ri G. Giorgio, G. Gilberto e G. Gabriella.
Il Comune ha precisato, in fatto:
- che l'area di cui è questione ha un'estensione di 84,37 mq e comprende solo parte dei mappali 225 e 644; si tratta di una porzione dell'angolo di un cortile interno ad un compendio immobiliare;
- che tale area è stata compresa nell'UMI 18 con la variante n. 23 al PRG, approvata dalla Giunta regionale con deliberazione n. 3682 del 13 dicembre 2002, non impugnata dal ricorrente;
- che il ricorrente non ha impugnato nemmeno la parziale riperimetrazione dell'Unità minima di intervento approvata con deliberazione del Consiglio comunale n. 47 del 28 maggio 2004, né la variante n. 1 all'UMI approvata con deliberazione del Consiglio comunale n. 24 del 9 maggio 2008;
- che solo nel febbraio 2009 ha contestato l'inserimento delle due particelle all'interno della convenzione, chiedendone lo stralcio, ma non anche la riperimetrazione dell'UMI né una modifica del PRG;
- che le particelle del ricorrente non sono mai state interessate nel periodo di cui è questione da alcuna opera o trasformazione.
L'Amministrazione ha poi, in diritto, preliminarmente eccepito l'irricevibilità e/o inammissibilità del ricorso per decadenza dell'azione ai sensi dell'art. 30, comma 3, c.p.a., eccezione a cui hanno successivamente aderito le altre parti resistenti.
Il Comune ha inoltre notificato alle controparti e depositato in data 28 settembre 2020 ricorso incidentale, riproponendo nei confronti dei controinteressati le domande già avanzate in sede civile e quindi chiedendo, nella denegata ipotesi in cui fosse affermato un diritto del ricorrente al risarcimento, la condanna dei controinteressati in solido a tenere in ogni caso indenne e manlevare l'Amministrazione per gli importi che fosse stata condanna a versare al ricorrente a qualunque titolo.
Tutte le resistenti hanno dedotto l'infondatezza nel merito della domanda risarcitoria, evidenziando che il danno lamentato non è conseguente alla stipula della convenzione ma, al più, alla variante urbanistica del 2002, non tempestivamente impugnata dal ricorrente, e che l'inserimento di aree all'interno del PUA non le ha rese incommerciabili né ne ha modificato le potenzialità edificatorie, non avendone mutato la destinazione. Hanno quindi evidenziato l'insussistenza dei presupposti del risarcimento e la mancata prova del danno.
In via subordinata hanno tutte escluso la propria responsabilità per i danni pretesi, evidenziando per contro i profili di responsabilità delle altre parti resistenti.
Le parti hanno scambiato memorie e repliche.
Il ricorso è stato chiamato all'udienza di smaltimento dell'arretrato del 5 novembre 2024, ove è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato irricevibile per decadenza dell'azione risarcitoria ex art. 30, comma 3, c.p.a., come eccepito dalle parti resistenti (questione sulla quale, peraltro, il ricorrente non ha preso posizione nelle sue difese) e ciò consente, per ragioni di economia processuale, di prescindere dall'ulteriore eccezione in rito (inammissibilità del ricorso per mancata impugnazione della variante al PRG 2002) e dallo scrutinio del merito della pretesa.
Il ricorrente propone azione risarcitoria dei pregiudizi asseritamente subiti con riferimento all'arco temporale intercorrente tra il 6 luglio 2004, data di stipula della convenzione urbanistica tra il Comune e i sig.ri Lorenza Z. e Pietro G., e il 18 gennaio 2016, data di modifica della convenzione, con lo stralcio dei suoi mappali.
A termini del codice di rito l'azione di risarcimento per lesione di interessi legittimi deve essere proposta nel termine decadenziale di 120 giorni decorrenti dal giorno in cui il fatto si è verificato o dalla conoscenza del provvedimento lesivo (ex art. 30, comma 3, "La domanda di risarcimento per lesione di interessi legittimi è proposta entro il termine di decadenza di centoventi giorni decorrente dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo...").
Anche ove si ritenga quindi che l'inserimento nell'UMI18 dei mappali di cui è questione sia da ascrivere alla convenzione urbanistica del 2004, e non già alla variante al PRG del 2002, non impugnata (circostanza che peraltro determinerebbe autonoma ragione di inammissibilità del gravame), l'azione risarcitoria andava proposta entro 120 giorni decorrenti dalla cessazione del fatto cagionativo dell'asserito pregiudizio, ovvero dall'approvazione della deliberazione del Consiglio comunale n. 51 del 2 ottobre 2015 (recante variante all'Unità minima di intervento) o, al più, dalla modifica della convenzione urbanistica del 18 gennaio 2016.
Il ricorso avanti al giudice ordinario è stato però originariamente proposto solo con atto di citazione notificato il 3 aprile 2019, quindi ben oltre il menzionato termine decadenziale.
Va evidenziato, inoltre, che l'art. 11, comma 2, del codice di rito prevede che "Quando la giurisdizione è declinata dal giudice amministrativo in favore di altro giudice nazionale o viceversa, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, sono fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda se il processo è riproposto innanzi al giudice indicato nella pronuncia che declina la giurisdizione, entro il termine perentorio di tre mesi dal suo passaggio in giudicato".
Secondo un consolidato indirizzo interpretativo relativo alla richiamata disposizione «la tempestività di un ricorso deve essere valutata non soltanto con riguardo al termine di riassunzione ma anche con riferimento al rispetto, da parte dell'originaria notifica dell'atto di citazione dinanzi al giudice ordinario, dei termini perentori prescritti dal codice del processo amministrativo; ed invero, se anche la domanda è stata proposta dapprima dinanzi al giudice ordinario e la disciplina della c.d. translatio iudicii comporta la salvezza degli effetti, sostanziali e processuali, della domanda avanzata innanzi al giudice sfornito di giurisdizione, tale salvezza non può spingersi fino al punto di rimettere nei termini un ricorrente che fosse già incorso in una decadenza. La norma sopra richiamata va quindi interpretata nel senso che la rituale riassunzione del giudizio nel termine di tre mesi decorrenti dal passaggio in giudicato della prima sentenza, benché astrattamente idonea alla conservazione degli effetti sostanziali e processuali dell'originaria domanda, non impedisce al giudice amministrativo di verificare se l'originaria pretesa, azionata per errore dinanzi al giudice ordinario, sia stata proposta entro il termine di decadenza e ciò in considerazione del disposto dell'art. 11, comma 2, c.p.a., in base al quale, riproposta la domanda al giudice munito di giurisdizione, "restano ferme le preclusioni e le decadenze intervenute" (cfr. T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, Sez. II, 23 gennaio 2023, n. 35 ed ivi precedenti giurisprudenziali)» (T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 11 marzo 2024, n. 959).
Ne consegue che se il giudizio civile non è stato instaurato nei termini decadenziali previsti per l'impugnazione dell'atto, la successiva riassunzione avanti al T.A.R., per effetto della translatio iudicii di cui all'art. 11 c.p.a., "non può far salvi gli effetti sostanziali e processuali della prima domanda proposta atteso che, nell'ipotesi in cui sia stato adito il Giudice ordinario anziché quello amministrativo, l'eventuale riassunzione del processo dinanzi a quest'ultimo non fa venire meno l'onere dell'interessato di rispettare i termini di decadenza previsti dalla legge per l'esercizio delle relative azioni, e ciò anche al fine di evitare che la domanda davanti al Giudice ordinario possa essere proposta proprio allo scopo di eluderli, con l'effetto che la tempestività di un ricorso deve essere valutata non soltanto con riguardo al termine di riassunzione ma anche con riferimento al rispetto, da parte dell'originaria notifica dell'atto di citazione dinanzi al Giudice ordinario, dei termini perentori prescritti dal codice del processo amministrativo (cfr., nei termini, T.A.R. Palermo, Sez. III, 14 febbraio 2020, n. 352)" (T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. III, 14 ottobre 2024, n. 2842).
In conclusione, il gravame è irricevibile, essendo il ricorrente decaduto dalla possibilità di proporre l'azione risarcitoria.
Le spese di lite vanno regolate in ragione di soccombenza, come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara irricevibile.
Condanna il ricorrente a rifondere le spese di lite alle parti resistenti, che liquida in 1.500,00 (millecinquecento/00) euro in favore del Comune di Piove di Sacco, in 1.500,00 (millecinquecento/00) euro solidalmente in favore di Lorenza Z. e Due Più Due s.r.l. e in 1.500,00 (millecinquecento/00) euro solidalmente in favore di Giorgio G., Gilberto G., Gabriella G., oltre oneri dovuti per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.