Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 9 dicembre 2024, n. 9855

Presidente: Lotti - Estensore: Barreca

FATTO E DIRITTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia ha dichiarato cessata la materia del contendere sul ricorso per accesso agli atti proposto dalla dottoressa Serafina S. nei confronti dell'Agenzia regionale per le politiche attive del lavoro - ARPAL Puglia e ha dichiarato inammissibili i motivi aggiunti presentati il 24 ottobre 2022, con compensazione delle spese tra le parti.

1.1. Il tribunale ha premesso che:

- la ricorrente aveva partecipato al concorso pubblico per la copertura di n. 3 posti di dirigente esperto in U.O. "Coordinamento Servizi per l'impiego territoriale" indetto da ARPAL Puglia con decreto del d.g. n. 63 dell'8 ottobre 2021;

- al termine delle prove concorsuali e della valutazione dei titoli la dott.ssa S. si era classificata al 4° posto nella graduatoria provvisoria con il punteggio di 78,50 prima tra gli idonei non vincitori, ed aveva, quindi, presentato istanza di accesso in data 15 giugno 2022, avente ad oggetto tutti i verbali della commissione di concorso e le prove scritte dei candidati risultati vincitori e idonei nella graduatoria provvisoria;

- con pec del 27 giugno 2022 la ricorrente aveva presentato una seconda istanza di accesso integrativa della precedente, nella quale si chiedeva l'accesso alle domande di partecipazione di tutti i candidati utilmente collocati in graduatoria come vincitori o idonei, alla documentazione fornita dagli stessi come prova delle dichiarazioni rese nella domanda di partecipazione e ai verbali della commissione e/o degli atti del RUP di verifica del possesso dei requisiti e dei titoli dei suddetti candidati;

- l'interessata aveva poi dedotto che l'Agenzia con pec del 21 luglio 2022 aveva comunicato di aver trasmesso l'istanza di accesso ai controinteressati e successivamente con pec del 2 agosto 2022 aveva inviato solo gli elaborati scritti dei concorrenti utilmente collocati in graduatoria;

- da ultimo erano stati pubblicati sul sito dell'ARPAL i verbali della commissione di concorso da 1 a 10, riguardanti le prove scritte e la valutazione dei titoli.

1.2. Decidendo sul ricorso dell'istante contro il silenzio serbato da ARPAL Puglia sull'istanza di accesso presentata con pec del 21 luglio 2022 e sulla richiesta di accertare il diritto della ricorrente all'accesso agli atti richiesti e non ancora comunicati, il tribunale ha dichiarato cessata la materia del contendere, dando atto che la richiesta di accesso agli atti era stata completamente soddisfatta sia con la nota pec di ARPAL del 20 dicembre 2022 sia con la costituzione in giudizio della resistente del 22 dicembre 2022.

1.3. Il tribunale ha quindi dichiarato inammissibili i motivi aggiunti del 24 ottobre 2022, con i quali la ricorrente ha chiesto l'annullamento, previa sospensiva, del decreto del direttore generale dell'ARPAL n. 99/2022 di approvazione della graduatoria del concorso per n. 3 posti di "dirigente esperto" in U.O. coordinamento servizi per l'impiego territoriale, e degli atti presupposti e connessi.

A fondamento della decisione il primo giudice ha posto il divieto di cumulo delle domande di accertamento dell'illegittimità del silenzio sulla richiesta di accesso e di annullamento, motivando nel senso che non si potrebbero "introdurre due distinti mezzi, disciplinati da differenti riti ed aventi diverso oggetto e contenuto, attesa l'incompatibilità del procedimento camerale in materia di diniego di accesso con quello ordinario di natura impugnatoria" in base ad un principio affermato dalla giurisprudenza amministrativa (tra cui la sentenza del Consiglio Stato, Sez. IV, 12 febbraio 2010, n. 773), ritenuto operante anche dopo l'entrata in vigore del diverso regime del cumulo delle domande dell'art. 32 c.p.a.

2. La dottoressa Serafina S., dichiarando di non gravare la declaratoria di cessazione della materia del contendere, ha proposto appello con un unico motivo avverso la pronuncia di inammissibilità dei motivi aggiunti e di diniego di conversione del rito speciale in rito ordinario. Ha quindi riproposto i motivi non esaminati in primo grado, chiedendone l'accoglimento o, in subordine, la rimessione al primo giudice ai sensi dell'art. 105 c.p.a.

L'Agenzia regionale per le politiche attive del lavoro - ARPAL Puglia si è costituita per resistere all'appello.

2.1. Con ordinanza cautelare n. 2474 del 28 giugno 2024 è stata respinta l'istanza di sospensione dell'esecutività della sentenza di primo grado, presentata successivamente al deposito del ricorso in appello.

2.2. All'udienza del 7 novembre 2024 la causa è stata assegnata a sentenza, previo deposito di memorie di entrambe le parti.

3. Con l'unico motivo di appello si contesta, in primo luogo, l'affermazione della sentenza secondo cui i due mezzi azionati in primo grado avrebbero avuto "diverso oggetto e contenuto": l'appellante obietta che entrambe le domande avevano ad oggetto la medesima procedura concorsuale; e precisamente che l'istanza di accesso aveva ad oggetto atti del concorso non conosciuti dall'appellante mentre con i motivi aggiunti erano stati "denunciati quei vizi di legittimità del medesimo concorso, conosciuti indipendentemente dall'accesso".

3.1. L'appellante censura quindi la ratio decidendi del divieto di cumulo di domande, basandosi sul disposto dell'art. 32 c.p.a., e sostenendo che questa disposizione avrebbe previsto la generale conversione del rito proprio quando una domanda processuale è incompatibile col rito applicato nel procedimento giurisdizionale nel quale è stata proposta.

3.2. Infine censura l'affermazione del giudice di primo grado che il divieto permarrebbe, malgrado il disposto dell'art. 32 c.p.a., nel caso di giudizio introdotto ai sensi dell'art. 116 c.p.c. [recte: c.p.a. - n.d.r.], perché i motivi aggiunti sarebbero ammissibili solo se proposti avverso gli atti conosciuti a seguito dell'evasione dell'istanza di accesso. Secondo la ricorrente, siffatta distinzione fra atti già conosciuti e atti sopravvenuti non troverebbe fondamento nella disciplina processuale applicabile, come da giurisprudenza richiamata in ricorso.

4. L'appello è infondato e la dichiarazione di inammissibilità dei motivi aggiunti va confermata, anche se per ragioni parzialmente diverse da quelle esposte nella sentenza gravata.

4.1. Il giudizio di primo grado è stato introdotto ai sensi dell'art. 116, comma 1, c.p.a.

Il rito sull'accesso presenta regole comuni col rito avverso il silenzio perché entrambi sono riti camerali soggetti ai termini indicati nell'art. 87 c.p.a. ed inoltre la disciplina è parzialmente sovrapponibile nel caso di impugnazione del silenzio sull'istanza di accesso. Tuttavia, in tale ultima situazione - che è quella verificatasi nel caso di specie - prevale il rito sull'accesso, in quanto per espressa previsione dell'art. 116, comma 1, c.p.a. serve ad impugnare non solo il diniego espresso, ma anche il silenzio serbato sulla domanda di accesso, di modo che il rito dell'accesso risulta essere speciale rispetto a quello sul silenzio.

4.2. Dato ciò, è corretto l'assunto da cui muove la sentenza appellata secondo cui, se nel corso del giudizio sopravviene (la conoscenza di) un atto o provvedimento, non impugnato ab initio con domanda di annullamento perché non conosciuto, sono proponibili motivi aggiunti ai sensi dell'art. 117, comma 5, c.p.a., applicabile anche al rito dell'accesso per le ragioni di parziale coincidenza sopra dette.

4.2.1. Tuttavia, la specialità del rito dell'accesso impedisce di seguire la medesima disciplina con riferimento agli atti e provvedimenti noti alla parte già al momento della proposizione del ricorso ai sensi dell'art. 116 c.p.c. [recte: c.p.a. - n.d.r.], tanto che, già in tale momento, avrebbero potuto essere impugnati con l'azione di annullamento; soltanto che la parte, in luogo di provvedere con quest'ultima azione ed eventualmente chiedere l'accesso in corso di causa ai sensi dell'art. 116, comma 2, c.p.a., come è la regola, ha agito in via principale ai sensi dell'art. 116, comma 1, c.p.a. ed ha poi proposto motivi aggiunti per chiedere l'annullamento dell'atto già conosciuto.

4.2.2. Esclusa l'applicabilità dell'art. 117, comma 5, c.p.a., tale fattispecie processuale non è regolata direttamente dall'art. 32 c.p.a., che riguarda la proposizione contestuale di più domande, in via principale o incidentale, nello stesso giudizio.

Piuttosto, trattandosi di motivi aggiunti c.d. impropri - poiché proposti contro atti che si assumono solo connessi con quelli ai quali è chiesto l'accesso - sono disciplinati dalla norma generale dell'art. 43 c.p.a.

Orbene, sul piano formale e dei termini, i motivi aggiunti hanno lo stesso regime del ricorso introduttivo (arg. ex art. 43, comma 1, ultimo periodo, secondo cui "Ai motivi aggiunti si applica la disciplina prevista per il ricorso, ivi compresa quella relativa ai termini").

Pertanto, se si propongono motivi aggiunti in un giudizio non impugnatorio, pure se si tratta di motivi impugnatori - anche a voler ritenere questi ultimi ammissibili, in applicazione di un principio generale di economia processuale che può essere tratto dall'art. 32 c.p.a. - tuttavia vanno rispettati i termini propri del relativo giudizio, a meno che non sia diversamente stabilito, come appunto è per l'art. 117, comma 5, c.p.c. [recte: c.p.a. - n.d.r.] (norma però non applicabile, come detto, alla fattispecie de qua).

Peraltro, lo stesso art. 116, comma 1, ultimo inciso, c.p.a. prevede che nel giudizio sull'accesso il termine per la proposizione di motivi aggiunti è di trenta giorni.

4.3. Nel caso di specie, pertanto, anche a voler ritenere ammissibile la scelta della parte di introdurre il giudizio ai sensi dell'art. 116, comma 1, c.p.a. e poi proporre nello stesso giudizio motivi aggiunti per impugnare la graduatoria già conosciuta (tanto che era stata prodotta come allegato al ricorso per accesso agli atti), tali motivi aggiunti avrebbero dovuto essere proposti nel termine di trenta giorni.

Né si può diversamente argomentare per la natura impugnatoria dei motivi aggiunti, poiché, al momento della loro proposizione, il rito era ancora quello camerale degli artt. 116 e 87 c.p.a., tanto è vero che la stessa parte ricorrente ne ha lamentato la mancata conversione nel rito ordinario. Questa conversione però sarebbe stata possibile solo dopo la presentazione dei motivi, a seguito di provvedimento di conversione del rito da adottarsi da parte del giudice (arg. ex art. 32, comma 2, c.p.a., richiamato anche dalla parte appellante).

4.3.1. Applicando il termine di trenta giorni ai motivi aggiunti presentati il 24 ottobre 2022 avverso la determinazione di approvazione della graduatoria n. 99 del 19 luglio 2022, risulta la tardività del relativo ricorso, anche tenendo conto del periodo di quindici giorni di pubblicazione della detta determinazione nell'albo on line dell'Agenzia (arg. ex art. 41 c.p.a.).

4.4. In conclusione, va confermata la dichiarazione di inammissibilità dei motivi aggiunti, perché proposti in primo grado oltre il termine di legge.

5. L'appello va quindi respinto.

5.1. Considerate la correzione della motivazione della sentenza gravata e la novità della questione processuale oggetto di appello, si ritiene di giustizia la compensazione delle spese del grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Note

La presente decisione ha per oggetto TAR Puglia, sez. I, sent. n. 114/2023.