Corte di cassazione
Sezione IV penale
Sentenza 28 novembre 2024, n. 20
Presidente: Di Salvo - Estensore: Pezzella
RITENUTO IN FATTO
1. Il 19 luglio 2013 il Tribunale di Livorno, per quanto ora di interesse, ebbe a dichiarare la penale responsabilità di A. Stefano, B. Maria Letizia, F. Claudio, Be. Simone, Br. Rita, M. Vittorio, C. Maurizio, V. Donatella e Cu. Carmelino in relazione alle opere edilizie loro contestate sub a) della imputazione, ad eccezione di quelle per le quali vi era un'attestazione di conformità in sanatoria emessa dal Comune di Rosignano Marittimo, ed a quelle di cui al capo b) (si tratta di una lottizzazione materiale).
Con la sentenza in questione gli imputati sopra indicati vennero condannati alla pena ritenuta dal Tribunale di giustizia, e venne altresì disposta la confisca dei terreni lottizzati.
La Corte di appello di Firenze, con sentenza del 27 novembre 2015, in riforma di quella sentenza, ha dichiarato la prescrizione del reato di cui al capo b), nel quale ha ritenuto assorbito il reato di cui al capo a). La Corte territoriale ha, altresì, revocato la disposta confisca, sulla base della riflessione che le opere abusive erano state rimosse e che l'attuale assetto del territorio era conforme alla legge.
Avverso tale sentenza ha interposto ricorso per cassazione la Procura generale presso la Corte di appello di Firenze, deducendone la illegittimità in relazione alla revoca della confisca, considerato che questa sarebbe stata disposta sulla base di elementi di fatto che non avrebbero giustificato la predetta soluzione.
La Terza Sezione Penale di questa Corte, con la sentenza 39320 del 26 giugno 2019, ha annullato la sentenza impugnata limitatamente alla revoca della confisca, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Firenze al fine di riesaminare il tema della confiscabilità dei terreni abusivamente lottizzati, ai sensi dell'art. 44, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001, pur in presenza di una sentenza dichiarativa dell'avvenuta estinzione, per prescrizione, del reato di lottizzazione abusiva contestato.
La Corte di appello di Firenze, con sentenza del 9 ottobre 2023, pronunciando nel giudizio di rinvio, tenuto conto delle statuizioni della sentenza della Corte d'appello di Firenze del 27 novembre 2015 in relazione alle quali non era stato disposto annullamento e del conseguente effetto di formazione progressiva dei giudicato, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Livorno in composizione monocratica del 19 luglio 2013, appellata nell'interesse degli imputati A. Stefano, B. Maria Letizia, Cu. Carmelindo, F. Claudio, Be. Simone, Br. Rita, M. Vittorio, C. Maurizio e V. Donatella, ha confermato la confisca del terreno abusivamente lottizzato e delle opere abusivamente realizzate.
2. Avverso tale provvedimento hanno proposto ricorso per cassazione, a mezzo del comune difensore di fiducia, F. Claudio, B. Maria Letizia, Be. Simone nonché C. Daniele e C. Tiziano, questi ultimi due quali eredi dei coniugi loro genitori C. Maurizio e V. Donatella, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p.
Con il primo motivo il difensore ricorrente lamenta violazione del contraddittorio e conseguentemente del diritto di difesa, per l'avvenuto decesso degli imputati Maurizio C. e Donatella V., nonché nullità della sentenza.
Sottolinea che la Corte fiorentina era chiamata a decidere in merito alla revoca della confisca del terreno oggetto dell'imputazione, terreno non gravato - alla morte di C. e V., avvenuta nel periodo compreso tra la sentenza di rinvio della Suprema Corte e la fissazione dell'udienza di appello - di alcun peso o vincolo, sequestro, confisca, provvedimento penale, civile o amministrativo di qualunque genere, che pertanto per la quota di proprietà degli imputati C. e V. era divenuto di legittima proprietà dei figli Daniele e Tiziano C.
Sarebbe, dunque, evidente che trattandosi di decisione che si ripercuote sulla proprietà privata di soggetti estranei al reato, questi avessero il diritto ad essere chiamati in giudizio. D'altronde, il decesso dei due imputati si era certamente reso palese al momento del tentativo di notifica agli stessi della vocatio in ius davanti alla Corte territoriale, non essendo efficace in caso di decesso dell'imputato la notifica ai sensi dell'art. 161, n. 4, c.p.p.
La sentenza sarebbe, pertanto, affetta da nullità assoluta, essendo gli imputati Maurizio C. e Donatella V. deceduti rispettivamente in data 14 settembre 2019 e 17 ottobre 2020, senza che il difensore ne fosse a conoscenza, avuta la notizia solo successivamente, quando è riuscito a stabilire contatti con i figli.
Con il secondo motivo si lamenta violazione del contraddittorio e conseguentemente del diritto di difesa, per l'avvenuto decesso dell'Avv. Paolo Di Mattina, difensore di A. Stefano, e conseguente nullità della sentenza.
Evidenzia il difensore ricorrente che, pur se non difeso da lui, è evidente in atti la mancanza del difensore di Stefano A., essendo l'Avv. Paolo di Mattina deceduto nel dicembre del 2018. E al difensore non risulta che l'Avv. Di Mattia sia stato sostituito da un nuovo difensore, tanto meno d'ufficio, e ci si chiede come sia stato possibile decidere, in quella camera di consiglio del 9 ottobre 2023, che vi era stata la formale regolarità delle notifiche e del contraddittorio.
Anche in questo caso, dove la mancata notifica era rilevabile d'ufficio, non essendo certo possibile operare ai sensi dell'art. 161, n. 4, c.p.p. all'imputato per il difensore, la sentenza sarebbe da considerarsi radicalmente nulla.
Il difensore afferma che non gli è possibile documentare le mancate notifiche, ma chiede che la cancelleria trasmetta tutte le notifiche effettuate alla Suprema Corte in ossequio a quanto previsto dall'art. 165-bis, comma 2, d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271.
Con un terzo motivo si lamenta mancata valutazione di merito dell'esistenza oggettiva e soggettiva del reato di cui all'art. 44, lett. c), d.P.R. 380/2001, con conseguente violazione di legge ed errata applicazione della norma suddetta.
Si lamenta che con la sentenza di appello, dichiarativa della prescrizione, non sia stata valutata affatto nel merito la sussistenza o meno dell'unico reato, tra quelli contestati, che preveda la confisca del terreno.
Come sempre sostenuto dalla difesa, infatti, non vi è in atti alcun elemento che possa far pensare alla "lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio mediante il frazionamento e la vendita del terreno in lotti destinati a scopo edificatorio", come contestato nel capo B) dell'imputazione.
Sono presenti su quel terreno, di cui tutti gli imputati sono proprietari pro indiviso, mere prese di acqua e di energia elettrica collocate in vari punti distanti tra loro, nonché due manufatti, uno in legno ed uno in lamiera, entrambi demoliti e collocati sopra quell'unico terreno in comproprietà ed utilizzati da tutti, come la strada di accesso. Tutti quegli abusi, contestati anche al capo a), sono stati sanati.
Come dice la stessa sentenza oggi impugnata, su quel terreno vi è un unico pozzo per approvvigionamento idrico, una unica fornitura elettrica, una unica strada di accesso e le "baracche in legno" non erano "lottizzate" ma comuni.
Ora, se il terreno è unico, contiene manufatti comuni e non è oggetto di divisione per la vendita edificatoria, senza che nessun presunto lotto sia stato oggetto di cessione a fini edificatori, non vi può essere alcuna lottizzazione. Se non vi fossero stati gli abusi del capo a) qualcuno avrebbe pensato ad una lottizzazione? Secondo il difensore ricorrente, si tratterebbe di "una distesa di orti amatoriali". Diverso sarebbe stato se accanto ad ogni presa o ad ogni rubinetto fossero stati edificati elementi architettonici abusivi di un qualche tipo... riconducibili ciascuno ad un solo imputato o comunque divisi tra alcuni di loro. Ma non c'è nulla.
Si chiede pertanto che, valutata la violazione di legge, costituita dalla errata applicazione nel caso concreto dell'art. 44, lett. c), d.P.R. 380/2001, la Corte si pronunci in tal senso e dunque revochi la confisca del terreno, in ossequio allo stesso principio enunciato dalle Sezioni unite già citato nelle conclusioni del Procuratore generale, ovvero che: «la confisca di cui all'art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001 può essere disposta anche in presenza di una causa estintiva determinata dalla prescrizione del reato, purché sia stata accertata la sussistenza della lottizzazione abusiva sotto il profilo oggettivo e soggettivo, nell'ambito di un giudizio che abbia assicurato il contraddittorio e la più ampia partecipazione degli interessati, fermo restando che, una volta intervenuta detta causa, il giudizio non può, in applicazione dell'art. 129, comma 1, c.p.p., proseguire al solo fine di compiere il predetto accertamento. In caso di declaratoria, all'esito del giudizio di impugnazione, di estinzione del reato di lottizzazione abusiva per prescrizione, il giudice di appello e la Corte di cassazione sono tenuti, in applicazione dell'art. 578-bis c.p.p., a decidere sull'impugnazione agli effetti della confisca di cui all'art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001» (Sez. un., n. 13539/2020).
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
3. Le parti hanno reso le conclusioni scritte riportate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I motivi illustrati in premessa sono infondati e, pertanto, i proposti ricorsi vanno rigettati.
2. La decisione impugnata è stata emessa dalla Corte territoriale quale giudice di rinvio a seguito dell'annullamento in sede di legittimità della sentenza della Corte di appello, limitatamente alla revoca della confisca degli immobili interessati dalla lottizzazione abusiva c.d. materiale, estintasi per prescrizione in secondo grado.
L'annullamento della statuizione di revoca della confisca si è fondata - secondo la sentenza rescindente - sull'errore in diritto, commesso dalla Corte territoriale nella sentenza annullata, allorché si è ritenuta necessaria la verifica, ai fini della revoca o meno della confisca, della attuale perdurante offensività della condotta. Donde il rinvio affinché venisse riesaminato il tema della confiscabilità dei terreni abusivamente lottizzati, con svolgimento del detto giudizio nei confronti di tutti gli originari coimputati, ivi compresi F. Claudio e B. Maria.
Non risultano coinvolti nel giudizio di rinvio - e di ciò gli eredi ricorrenti si dolgono - C. Maurizio e V. Donatella, nel frattempo deceduti senza che la Corte territoriale ne avesse contezza.
3. Vanno presi in esame, in primis, i profili di doglianza di natura processuale proposti nell'interesse di C. Daniele e C. Tiziano, quali eredi di C. Maurizio e V. Donatella.
La doglianza, come illustrato in premessa, investe la mancata integrazione del contraddittorio da parte del giudice del rinvio nei confronti degli eredi dei coimputati deceduti.
Il difensore ricorrente in proposito aggiunge che il decesso si sarebbe palesato agli stessi giudici di appello al momento del tentativo di notifica ai citati C. Maurizio e V. Donatella, senza però indicare specificamente le modalità di esecuzione delle notifiche in questione e limitandosi a sollecitare genericamente ed in forma "esplorativa" - il che non è consentito - la trasmissione alla Corte degli atti relativi all'asserito e non meglio precisato difetto di notifica.
Orbene, va innanzitutto smentita la circostanza che le notifiche in questione non fossero rituali o che i giudici di appello abbiano potuto avere aliunde notizia del decesso dei due imputati.
La Corte territoriale non poteva venire a conoscenza della morte dei coniugi C.-V. in quanto le notifiche effettuate agli stessi sono regolari e nessuno l'ha informata.
Il difensore, che è lo stesso Avv. Giorgio Ponti del giudizio di merito e che nell'occasione non lo fece, ha documentato solo in questa sede di legittimità, producendo le relative certificazioni, che Maurizio C. è morto il 14 settembre 2019 e Donatella V. il 16 ottobre 2020, entrambi a Prato.
Inoltre, come si evince dagli atti, cui questa Corte di legittimità ha ritenuto di accedere in ragione della natura processuale del vizio lamentato (Sez. un., n. 42792 del 31 ottobre 2001, Policastro, Rv. 220094): a V. Donatella (cfr. cartolina in atti), tentata infruttuosamente il 31 luglio 2023, con plico non ritirato l'11 agosto 2023, la notifica all'indirizzo a cui era elettivamente domiciliata ex art. 161 c.p.p. in Via Bocca di Stella in Carmignano (PO), il decreto di citazione a giudizio venne notificato ex art. 161, comma 4, c.p.p. al difensore; a Maurizio C. la notifica risulta perfezionata all'indirizzo in atti mediante consegna a persona con lui convivente il 25 luglio 2023, che evidentemente non comunicò all'ufficiale giudiziario notificatore l'avvenuto decesso.
Detto della ritualità delle notifiche, va aggiunto che, in ogni caso, gli eredi come tali, pacificamente, sono estranei al processo penale. Perciò non sarebbe stata dovuta loro alcuna notifica, né nei confronti degli stessi sarebbe dovuta intervenire alcuna integrazione del contraddittorio anche se la Corte territoriale fosse venuta a conoscenza prima di pronunciare la sentenza oggi impugnata della morte dei loro genitori. Né - come si dirà di qui a poco - gli stessi possono far valere le loro ragioni impugnando con ricorso per cassazione la sentenza emessa, che peraltro ha pronunciato una confisca su un bene indiviso che non è in alcun modo viziata quanto ai comproprietari rimasti in vita.
4. Il diverso epilogo decisorio avrebbe dovuto vedere la Corte territoriale prendere atto della morte di Maurizio C. e Donatella V. e pronunciare una sentenza di improcedibilità nei confronti degli stessi che, tuttavia, non avrebbe impedito la confisca.
Ed invero, ancora recentemente questa Corte di legittimità ha ricordato (Sez. 3, n. 39832 del 27 maggio 2022, Carzeddu, non mass., pag. 7 della motivazione) che: «... questa Corte si è più volte espressa, rivendicando la legittimità del provvedimento ablatorio laddove il proscioglimento dell'imputato sia intervenuto a causa della sua morte verificatasi nelle more del giudizio successivamente alla pronunzia di primo grado di condanna» (il richiamo è a Sez. 3, n. 25883 del 14 marzo 2013, Pasqui e altri, Rv. 257144-01, sentenza i cui principi, in quanto applicabili, sono richiamati successivamente anche Sez. 2, n. 11834/2018).
Nella motivazione di Sez. 3, n. 25883 del 14 marzo 2013, Pasqui e altri, Rv. 257144-01, si legge condivisibilmente che: «2.2. Per quanto concerne la posizione dell'erede rispetto alla confisca si impongono invece alcune considerazioni. 2.2.1. La morte del reo non fa venire di per sé meno la possibilità di disporre la confisca per il reato di lottizzazione all'atto del proscioglimento secondo quanto più volte affermato da questa Sezione. In questo senso si richiama Sez. 3, n. 5857 del 6 ottobre 2010, Rv. 249516, che ribadisce il principio secondo cui la confisca dei terreni o delle aree oggetto di lottizzazione abusiva può essere disposta anche con la sentenza di non luogo a procedere e, in particolare, anche per morte del reo ove la fattispecie della lottizzazione abusiva, come reato, sia accertata in tutti i suoi elementi e segnatamente anche nell'elemento soggettivo del reato. Non è censurabile, quindi, la decisione dei giudici di appello i quali hanno ritenuto di non dover revocare la statuizione della confisca nei confronti dell'imputato deceduto avendo ritenuto comunque accertata la lottizzazione».
Sez. 3, n. 25883/2013 prosegue rilevando che: «2.2.2. Si pone, tuttavia, anche per l'erede, il quale è ovviamente rimasto estraneo al giudizio penale, il problema di verificare se ed in quale sede possa far valere le proprie ragioni sul bene di cui è stata disposta la confisca che, si ribadisce, può operare anche in pregiudizio di terzi, secondo i principi consolidati di questa Corte. È di tutta evidenza che le posizioni del terzo acquirente in buona fede dell'immobile successivamente confiscato e dell'erede dell'imputato prosciolto per morte, presentino tratti difformi e non siano, quindi, del tutto sovrapponibili. L'acquirente in buona fede è di norma, infatti, colui che ha ricevuto l'immobile dall'imputato in epoca antecedente alla pronuncia di confisca. L'erede, per effetto della confisca, si trova invece nella posizione di non poter far valere alcuna pretesa sul bene per il semplice fatto che la confisca incide ab origine sulla nascita del suo diritto sul bene, rendendolo inesistente. Accomuna invece le due posizioni la mancata partecipazione al giudizio principale ma, soprattutto, l'incidenza patrimoniale di decisioni adottate in un contesto estraneo sulla propria sfera giuridica. Per l'erede il problema è evidentemente più complesso in quanto il pregiudizio può derivare più propriamente dalla impossibilità per il dante causa deceduto di far valere nel giudizio appieno le proprie difese per opporsi alla confisca».
Tale principio, anche se formulato con riguardo all'ipotesi della morte del reo intervenuta prima del giudizio di appello, risulta estensibile alla fattispecie in esame, nella quale il decesso degli imputati è intervenuto invece dopo la declaratoria di prescrizione del reato in appello (con conseguente possibilità per gli imputati poi deceduti di difendersi nella detta sede e di interloquire sulla sussistenza del reato, diversamente dal caso esaminato dalla Suprema Corte nella pronuncia del 2013).
Ciò che accomuna all'ipotesi di cui sopra la fattispecie oggetto del presente ricorso è il tema, ivi sollevato, della violazione del contraddittorio nei confronti degli eredi.
5. Dunque, negli arresti giurisprudenziali sopra ricordati (e anche nella sentenza n. 39078 del 13 luglio 2009, Rv. 245347) ci si è mossi nel solco del principio, più volte ribadito, che la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite (d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, comma 2) consegue non soltanto ad una sentenza di condanna, ma anche quando, pur essendo accertata la sussistenza del reato di lottizzazione abusiva nei suoi elementi oggettivo e soggettivo, non si pervenga alla condanna od all'irrogazione della pena per causa diversa.
Tale soluzione, evidentemente conforme alla giurisprudenza CEDU che non ritiene necessaria la condanna del proprietario della res per disporne la confisca, postula tuttavia un accertamento anche di natura soggettiva in relazione al reato di lottizzazione, che, come si dirà al § 7, risulta pacificamente avvenuto e convalidato dalla sentenza rescindente.
Tuttavia, se si negasse aprioristicamente all'erede anche la possibilità di interloquire sulla confisca in una qualunque sede giurisdizionale, si prospetterebbe una situazione che, a prescindere dai profili di ingiustizia sostanziale, presenterebbe aspetti di incompatibilità con i principi più volte affermati dalle Corti sovranazionali, anche in tema di confisca, in quanto lesiva delle principali garanzie di rispetto dell'effettività di esercizio di difesa e della tutela del diritto di proprietà. Ciò perché, come detto in precedenza, il de cuius, per effetto del decesso, non ha avuto incolpevolmente la possibilità di esercitare compiutamente la propria difesa, nella effettività del contraddittorio e senza potere esperire i mezzi di impugnazione, e l'erede, dal suo canto, verrebbe, invece, ad essere pregiudicato da una decisione sulla quale non è stato posto in alcun modo nella possibilità di far valere le ragioni di contrasto in relazione al provvedimento adottato.
La Corte di giustizia dell'Unione europea nelle cause riunite C-845/19 e C-863/19 con sentenza del 21 ottobre 2021, pronunciando su una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall'Apelativen sad - Varna - Bulgaria a proposito della direttiva 2014/42/UE in punto di congelamento e confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell'Unione europea, di ambito di applicazione della confisca dei beni illecitamente acquisiti e di vantaggio economico derivante da un reato che non è stato oggetto di una condanna, si è occupata specificamente del terzo privo del diritto di intervenire quale parte nel procedimento di confisca.
Ricorda tale pronuncia, richiamando anche l'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che: «L'articolo 6 della direttiva in parola, dal titolo "Confisca nei confronti di terzi", così dispone: "1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per poter procedere alla confisca di proventi da reato o di altri beni di valore corrispondente a detti proventi che sono stati trasferiti, direttamente o indirettamente, da un indagato o un imputato a terzi, o che sono stati da terzi acquisiti da un indagato o imputato, almeno se tali terzi sapevano o avrebbero dovuto sapere che il trasferimento o l'acquisizione dei beni aveva lo scopo di evitarne la confisca, sul[l]a base di fatti e circostanze concreti, ivi compreso il fatto che il trasferimento o l'acquisto sia stato effettuato a titolo gratuito o contro il pagamento di un importo significativamente inferiore al valore di mercato. 2. Il paragrafo 1 non pregiudica i diritti dei terzi in buona fede». E, soprattutto, pone l'accento sul fatto che: «L'articolo 8 della direttiva 2014/42, rubricato "Garanzie", prevede quanto segue: «1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie a garantire che, al fine di salvaguardare i propri diritti, le persone colpite dai provvedimenti previsti nella presente direttiva godano del diritto a un ricorso effettivo e a un [processo equo]. (...) 6. Gli Stati membri adottano le misure necessarie a garantire che ciascun provvedimento di confisca sia motivato e comunicato all'interessato. Gli Stati membri dispongono che vi sia l'effettiva possibilità per il soggetto nei confronti del quale è stata disposta la confisca di impugnare il provvedimento dinanzi a un organo giudiziario».
Nel medesimo solco ermeneutico, quanto alle garanzie partecipative e alla presenza nel giudizio del terzo che subisce una misura ablatoria di carattere patrimoniale, si pone anche la giurisprudenza della Corte EDU.
Come principio generale, per la Corte di Strasburgo alle persone i cui beni sono confiscati dovrebbe essere formalmente riconosciuto lo status di parti del procedimento in cui viene ordinata la confisca, ma la Corte Edu «accetta che nelle particolari circostanze del caso di specie le autorità (nazionali) hanno di fatto concesso alla ricorrente un'opportunità ragionevole e sufficiente per proteggere adeguatamente i propri interessi» (sentenze Silickiene c. Lituania del 10 aprile 2012 e Veits c. Estonia del 15 gennaio 2015).
In particolare, quanto all'art. 1 prot. 1 Cedu, riveste profili d'interesse la sentenza Silickiene c. Lituania del 10 aprile 2012 con la quale i giudici europei hanno escluso una violazione di detta norma convenzionale in relazione alla confisca disposta nei confronti dei parenti di un soggetto, deceduto dopo essere stato condannato per alcuni gravi reati, affermando che tale provvedimento doveva ritenersi giustificato per esigenze di contrasto della criminalità.
Esclusa, quindi, per le ragioni espresse in precedenza, la possibilità di impugnazione della sentenza da parte dell'erede, in quanto estraneo al giudizio in cui è stata disposta la confisca, non può che ritenersi ammessa, nel perimetro delle garanzie richieste dalla sopra ricordata giurisprudenza sovranazionale, per quest'ultimo la possibilità di agire in sede di esecuzione nel caso in cui la confisca sia stata disposta dopo la morte del reo.
Va dunque affermato il principio di diritto per cui: "A fronte della pronunciata confisca di un immobile oggetto di lottizzazione abusiva nonostante la morte degli imputati suoi danti causa, non conosciuta ai giudici di merito, deve essere riconosciuto all'erede - estraneo al giudizio penale e nei confronti del quale non era in alcun modo dovuta l'integrazione del contraddittorio in sede di giudizio di cognizione e che era dunque impossibilitato ad esperire i mezzi di impugnazione avverso la decisione - il diritto di agire in giudizio avverso il provvedimento ablatorio mediante incidente di esecuzione".
A sostegno del convincimento dell'impossibilità per gli eredi di proporre il ricorso per cassazione e, quindi, dell'esperibilità dell'incidente di esecuzione, quale unico strumento di tutela degli eredi in ipotesi di confisca disposta con la sentenza di proscioglimento per morte del reo, le già ricordate Sez. 3, n. 25883 del 14 marzo 2013, Pasqui e altri, Rv. 257144-01, e Sez. 2, n. 11834/2018, svolgono in sintesi i seguenti rilievi: a) l'erede, per effetto della confisca, si trova nella posizione di non poter far valere alcuna pretesa sul bene per il semplice fatto che la confisca incide ab origine sulla nascita del suo diritto sul bene, rendendolo inesistente; b) il proscioglimento per morte del reo impedisce di impugnare la statuizione sulla confisca nel giudizio in cui è pronunciata, con la conseguente incidenza patrimoniale di decisioni adottate in un contesto estraneo sulla propria sfera giuridica e senza che l'erede sia stato posto in alcun modo nella possibilità di far valere le ragioni di contrasto in relazione al provvedimento adottato; c) ne consegue, anche in conformità alla giurisprudenza CEDU e alla connessa necessità di assicurare un contraddittorio per l'erede, il convincimento che anche per l'erede deve essere consentito, a fronte di una decisione di proscioglimento per morte del reo nel caso in cui sia stata disposta la confisca per la lottizzazione abusiva, la possibilità di agire in sede di esecuzione.
Così anche Sez. 3, n. 47729/2018, secondo cui, in tema di lottizzazione abusiva, la confisca di cui all'art. 44, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001 comporta l'acquisizione del terreno al patrimonio comunale alla data di irrevocabilità della sentenza, momento dal quale il condannato non può più disporre del bene, in quanto irrevocabilmente uscito dal suo patrimonio, nemmeno a titolo ereditario, e non avendo neppure alcun rilievo l'eventuale buona fede dell'erede, il quale non potrebbe ricevere una situazione soggettiva attiva inesistente nel patrimonio del de cuius.
6. Manifestamente infondato è il secondo motivo di ricorso, con cui il ricorrente si duole della violazione del diritto di difesa con riguardo all'originario coimputato A. Stefano in considerazione del decesso del suo difensore: evenienza a fronte della quale nulla sarebbe stato disposto dalla Corte territoriale in sede di rinvio.
In primo luogo, la deduzione, pur essendo processuale (con conseguente necessità che la Cassazione diventi giudice del fatto accedendo direttamente agli atti), appare esplorativa, poiché non descrive specifici elementi a sostegno della violazione in concreto del diritto di difesa, oltre a non essere supportata dall'allegazione del certificato di morte dell'avv. Di Mattia, asseritamente avvenuta nel 2018.
Inoltre, il difensore ricorrente non pare avervi alcun interesse, non essendo pacificamente il difensore dell'A. e, peraltro, non risultando tale evenienza prospettata nel 2019 in sede di legittimità nell'interesse dell'imputato A. Stefano, stando alla sentenza rescindente.
7. Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Invero, la questione della confiscabilità, se correlata - come anche la sentenza rescindente precisa - all'accertamento del reato comunque necessaria anche in caso di proscioglimento (per prescrizione o per morte) ai fini della confisca, appare coperta da giudicato. E ciò, alla luce di quanto precisato sia dalla stessa Suprema Corte nella sentenza rescindente, sia, di riflesso, correttamente, dalla Corte territoriale, la quale sembra ripetere in ogni caso l'accertamento incidentale in funzione della confisca, sia pure con corretto rinvio a quanto già rilevato dalla decisione annullata (pag. 9 e 10 della sentenza impugnata).
Come ricorda la sentenza impugnata «... la sentenza del 27.11.2015 (...) ha incidentalmente proceduto all'accertamento della responsabilità penale degli imputati per la lottizzazione abusiva, rilevando che i singoli interventi realizzati unitariamente erano chiaramente diretti all'attività edificatoria, di portata non irrilevante dal punto di vista della pianificazione della zona; che, inoltre la parcellizzazione del terreno a mezzo di recinzioni interne, oltre che esterne e, quindi, le opere realizzate dagli imputati, consistenti nella suddivisione interna di un unico appezzamento di terreno tramite recinzioni, nella realizzazione di condutture per l'acqua e per l'energia elettrica destinate al servizio dei singoli lotti, nella installazione all'interno di essi di roulottes atte all'insediamento umano, erano condotte tali da incidere sull'assetto del territorio, così integrando il reato contestato».
La pronuncia rescindente, va ribadito, era intervenuta sul piano della motivazione della confisca, evidenziando che la stessa non poteva essere revocata come avevano fatto i precedenti giudici d'appello in relazione alla perdurante offensività della condotta, ma non aveva in alcun modo inciso sulla motivazione in punto di responsabilità penale per l'intervenuta lottizzazione abusiva, che doveva ritenersi coperta pertanto da giudicato.
Inoltre, l'unico aspetto - non esplicitamente affrontato - dell'osservanza del criterio della proporzionalità (pag. 5 della sentenza rescindente) sembra, però, non porsi nel caso in esame, trattandosi in sé di "beni immobili direttamente interessati dall'attività lottizzatoria" (pag. 9 cit., da cui emerge con evidenza che la confisca è relativa a lottizzazione c.d. materiale). Tanto più, ove si consideri il vaglio accurato della rilevanza limitata delle sanatorie, già effettuato dalla decisione annullata in punto di revoca della confisca (profilo estraneo al ricorso della Procura sfociato nell'annullamento).
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Depositata il 2 gennaio 2025.