Corte di giustizia dell'Unione Europea
Seconda Sezione
Sentenza 30 gennaio 2025
«Rinvio pregiudiziale - Tutela dei consumatori - Pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno - Direttiva 2005/29/CE - Mezzi diretti a lottare contro tali pratiche - Articoli 11 e 13 - Procedure d'infrazione alle norme del diritto del consumo - Rispetto del termine ragionevole - Normativa nazionale che prevede l'obbligo dell'autorità nazionale di procedere a una comunicazione degli addebiti entro il termine di decadenza di 90 giorni decorrente dalla conoscenza degli elementi essenziali della violazione - Annullamento integrale e automatico del provvedimento dell'autorità nazionale garante della concorrenza in caso di inosservanza di tale termine - Principio del ne bis in idem - Decadenza dal potere di avviare una nuova procedura d'infrazione per gli stessi fatti - Principio di effettività - Diritti della difesa delle imprese».
Nella causa C-510/23, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'articolo 267 TFUE, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia), con ordinanza del 2 agosto 2023, pervenuta in cancelleria l'8 agosto 2023, nel procedimento Trenitalia SpA contro Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nei confronti di: Federconsumatori .
[...]
1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull'interpretazione dell'articolo 11 della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali») (GU 2005, L 149, pag. 22).
2. Tale domanda è stata presentata nell'ambito di una controversia tra Trenitalia SpA e l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Italia) (in prosieguo: l'«AGCM»), in relazione alle sanzioni irrogate da quest'ultima a Trenitalia a causa di una pratica commerciale sleale.
Contesto normativo
Diritto dell'Unione
Direttiva 2005/29
3. L'articolo 1 della direttiva 2005/29, intitolato «Scopo», prevede quanto segue:
«La presente direttiva intende contribuire al corretto funzionamento del mercato interno e al conseguimento di un livello elevato di tutela dei consumatori mediante l'armonizzazione delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di pratiche commerciali sleali lesive degli interessi economici dei consumatori».
4. L'articolo 5 di tale direttiva, intitolato «Divieto delle pratiche commerciali sleali», al paragrafo 1 così dispone:
«Le pratiche commerciali sleali sono vietate».
5. L'articolo 11 di detta direttiva, intitolato «Applicazione», prevede quanto segue:
«1. Gli Stati membri assicurano che esistano mezzi adeguati ed efficaci per combattere le pratiche commerciali sleali al fine di garantire l'osservanza delle disposizioni della presente direttiva nell'interesse dei consumatori.
Tali mezzi includono disposizioni giuridiche ai sensi delle quali le persone o le organizzazioni che secondo la legislazione nazionale hanno un legittimo interesse a contrastare le pratiche commerciali sleali, inclusi i concorrenti, possono:
a) promuovere un'azione giudiziaria contro tali pratiche commerciali sleali,
e/o
b) sottoporre tali pratiche commerciali sleali al giudizio di un'autorità amministrativa competente a giudicare in merito ai ricorsi oppure a promuovere un'adeguata azione giudiziaria.
(...)
2. Nel contesto delle disposizioni giuridiche di cui al paragrafo 1, gli Stati membri conferiscono all'organo giurisdizionale o amministrativo il potere, qualora ritengano necessari detti provvedimenti tenuto conto di tutti gli interessi in causa e, in particolare, dell'interesse generale:
a) di far cessare le pratiche commerciali sleali o di proporre le azioni giudiziarie appropriate per ingiungere la loro cessazione,
o
b) qualora la pratica commerciale sleale non sia stata ancora posta in essere ma sia imminente, di vietare tale pratica o di proporre le azioni giudiziarie appropriate per vietarla,
anche in assenza di prove in merito alla perdita o al danno effettivamente subito, oppure in merito all'intenzionalità o alla negligenza da parte del professionista.
(...)».
6. L'articolo 13 della medesima direttiva, intitolato «Sanzioni», prevede quanto segue:
«Gli Stati membri determinano le sanzioni da irrogare in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in applicazione della presente direttiva e adottano tutti i provvedimenti necessari per garantirne l'applicazione. Le sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive».
Regolamento n. 2006/2004
7. Il considerando 7 del regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 ottobre 2004, sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell'esecuzione della normativa che tutela i consumatori («Regolamento sulla cooperazione per la tutela dei consumatori») (GU 2004, L 364, pag. 1), come modificato dalla direttiva 2005/29 (in prosieguo: il «regolamento n. 2006/2004»), era così formulato:
«La capacità delle autorità competenti di cooperare liberamente e su base reciproca per lo scambio di informazioni, l'individuazione delle infrazioni intracomunitarie e le relative indagini, nonché le misure adottate per porre fine a queste infrazioni o vietarle, è essenziale per garantire il buon funzionamento del mercato interno e la tutela dei consumatori».
8. L'articolo 1 del regolamento n. 2006/2004, intitolato «Obiettivo», prevedeva quanto segue:
«Il presente regolamento definisce le condizioni in base alle quali le autorità competenti dello Stato membro designate in quanto responsabili dell'esecuzione della normativa sulla tutela degli interessi dei consumatori collaborano fra di loro e con la Commissione [europea] al fine di garantire il rispetto della citata normativa e il buon funzionamento del mercato interno e al fine di migliorare la protezione degli interessi economici dei consumatori».
9. L'articolo 3 di tale regolamento, intitolato «Definizioni», così disponeva:
«Ai fini del presente regolamento:
a) per "norme sulla protezione degli interessi dei consumatori" si intendono le direttive elencate all'allegato e recepite nell'ordinamento giuridico interno degli Stati membri e i regolamenti elencati nell'allegato;
(...)».
10. L'articolo 9 di detto regolamento, intitolato «Coordinamento delle attività di sorveglianza del mercato [e] di esecuzione», prevedeva quanto segue:
«1. Le autorità competenti coordinano le attività di sorveglianza del mercato e di esecuzione e a tal fine si scambiano tutte le informazioni necessarie.
2. Nel caso in cui le autorità competenti vengano a conoscenza di una infrazione intracomunitaria che arrechi pregiudizio agli interessi dei consumatori di più di due Stati membri, le autorità competenti interessate coordinano il loro intervento e chiedono l'assistenza reciproca attraverso l'ufficio unico di collegamento. In particolare, esse si adoperano per svolgere le indagini e applicare le misure esecutive contemporaneamente.
(...)».
11. Il punto 16 dell'allegato al medesimo regolamento menzionava la direttiva 2005/29.
12. Il regolamento n. 2006/2004 è stato abrogato, con effetto dal 17 gennaio 2020, dal regolamento (UE) 2017/2394 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2017, sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell'esecuzione della normativa che tutela i consumatori e che abroga il regolamento (CE) n. 2006/2004 (GU 2017, L 345, pag. 1).
Diritto italiano
Codice del consumo
13. L'articolo 27 del decreto legislativo del 6 settembre 2005, n. 206 - Codice del consumo (supplemento ordinario alla GURI n. 235, dell'8 ottobre 2005), nella versione applicabile alla controversia oggetto del procedimento principale, intitolato «Tutela amministrativa e giurisdizionale», così dispone:
«1. L'[AGCM] esercita le attribuzioni disciplinate dal presente articolo anche quale autorità competente per l'applicazione del [regolamento n. 2006/2004], nei limiti delle disposizioni di legge.
(...)
2. L'[AGCM], d'ufficio o su istanza di ogni soggetto o organizzazione che ne abbia interesse, inibisce la continuazione delle pratiche commerciali scorrette e ne elimina gli effetti. A tale fine, l'[AGCM] si avvale dei poteri investigativi ed esecutivi di cui al citato regolamento [n. 2006/2004] anche in relazione alle infrazioni non transfrontaliere. (...)
(...)
13. Per le sanzioni amministrative pecuniarie conseguenti alle violazioni del presente decreto si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nel capo I, sezione I, e negli articoli 26, 27, 28 e 29 della legge 24 novembre 1981, n. 689, [- Modifiche al sistema penale, nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: la "legge n. 689/81")]. (...)».
Legge n. 689/81
14. La legge n. 689/81 disciplina il regime generale delle sanzioni amministrative e all'articolo 14, intitolato «Contestazione e notificazione», prevede quanto segue:
«La violazione, quando è possibile, deve essere contestata immediatamente tanto al trasgressore quanto alla persona che sia obbligata in solido al pagamento della somma dovuta per la violazione stessa.
Se non è avvenuta la contestazione immediata per tutte o per alcune delle persone indicate nel comma precedente, gli estremi della violazione debbono essere notificati agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni e a quelli residenti all'estero entro il termine di trecentosessanta giorni dall'accertamento [della violazione].
Quando gli atti relativi alla violazione sono trasmessi all'autorità competente con provvedimento dell'autorità giudiziaria, i termini di cui al comma precedente decorrono dalla data della ricezione [di tali atti].
(...)».
Procedimento principale e questione pregiudiziale
15. Trenitalia è la principale società di gestione del trasporto ferroviario passeggeri operante in Italia. Essa assicura sia i servizi di trasporto ferroviario regionali che quelli a medio e lungo raggio, categoria quest'ultima comprendente, in particolare, i treni ad alta velocità.
16. Tra il 2011 e il 2016 l'AGCM ha ricevuto segnalazioni e doglianze da parte di consumatori, dell'Autorità di regolazione dei trasporti (Italia), e dell'associazione Federconsumatori relative alle modalità di vendita dei biglietti ferroviari online. Il 21 ottobre 2016 l'AGCM ha acquisito agli atti i risultati delle simulazioni d'acquisto effettuate dai propri funzionari tra il 26 agosto e il 30 settembre 2016.
17. Il 15 novembre 2016 l'AGCM ha notificato a Trenitalia la decisione di avviare un procedimento volto ad accertare un illecito in materia di tutela dei consumatori e ha proceduto a un'ispezione presso la sede di detta società, che si è conclusa con l'acquisizione di documentazione. I consulenti di Trenitalia hanno avuto modo di accedere al fascicolo istruttorio e addurre argomenti a difesa. Peraltro, anche la società che ha fornito il sistema informatico utilizzato da Trenitalia è stata oggetto di ispezione.
18. Con provvedimento del 19 luglio 2017 l'AGCM ha accertato l'esistenza di una pratica commerciale scorretta da parte di Trenitalia nell'ambito della vendita online di biglietti ferroviari. Infatti, secondo l'AGCM le soluzioni di viaggio proposte al consumatore attraverso il sistema telematico di informazione, ricerca e acquisto di biglietti di Trenitalia comportavano principalmente l'utilizzo di treni ad alta velocità laddove, per gli stessi orari, sarebbe stato possibile l'utilizzo, non proposto, di treni regionali, molto meno costosi. Detta autorità ha pertanto ingiunto a Trenitalia di cessare la pratica contestata, le ha concesso un termine per individuare le misure a tal fine necessarie e, tenuto conto della gravità e della durata dell'infrazione, le ha irrogato una sanzione pari a EUR 5 milioni.
19. Trenitalia ha contestato il provvedimento dell'AGCM del 19 luglio 2017 dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia), giudice del rinvio, invocando, in particolare, la tardività dell'avvio della fase istruttoria in contraddittorio del procedimento che ha dato luogo a tale provvedimento.
20. A tal riguardo il giudice del rinvio precisa che, secondo la recente giurisprudenza del Consiglio di Stato (Italia), i procedimenti condotti dall'AGCM in materia di tutela dei consumatori sono soggetti al rispetto dell'articolo 14 della legge n. 689/81 in forza del quale tale autorità, a pena di decadenza dal suo potere sanzionatorio, è tenuta ad avviare la fase istruttoria in contraddittorio del procedimento mediante la comunicazione degli addebiti entro il termine di 90 giorni decorrente dal momento in cui essa viene a conoscenza degli elementi essenziali dell'asserita violazione (in prosieguo: il «termine di cui trattasi»).
21. L'esatto dies a quo del termine di cui trattasi sarebbe soggetto a un controllo giurisdizionale, nell'ambito del quale il giudice amministrativo dovrebbe procedere a un giudizio di prognosi postuma e verificare a partire da quando gli elementi di cui disponeva l'AGCM in un dato momento fossero sufficienti perché essa fosse tenuta a formulare la comunicazione degli addebiti e ad avviare, quindi, la fase istruttoria in contraddittorio del procedimento. Qualsiasi superamento di tale termine comporterebbe l'annullamento, nella sua interezza, del provvedimento dell'AGCM adottato in esito alla procedura d'infrazione. Peraltro, in forza del principio del ne bis in idem, tale autorità non potrebbe più avviare una nuova procedura d'infrazione per la medesima pratica, nemmeno nei casi in cui l'impresa interessata non l'abbia mai interrotta.
22. Secondo il giudice del rinvio, l'applicazione del termine di cui trattasi lede l'autonomia dell'AGCM obbligandola a istruire i casi di cui è investita secondo un ordine puramente cronologico, senza che essa possa tener conto delle peculiarità inerenti a ciascun caso. Inoltre, considerata la grande complessità dell'attività dell'AGCM, in particolare in occasione di indagini sulle pratiche dei grandi operatori economici, un'eccessiva anticipazione dell'avvio della fase istruttoria in contraddittorio del procedimento aumenterebbe il rischio che tale autorità non riesca a raccogliere gli elementi necessari e sufficienti a dimostrare l'infrazione contestata.
23. In tale contesto, il giudice del rinvio ipotizza un parallelismo con le sanzioni adottate in materia di concorrenza, dal momento che l'autorità competente è tenuta a concludere la procedura di infrazione entro un «termine ragionevole». Quest'ultimo termine si applicherebbe anche, per analogia, in materia di tutela dei consumatori, cosicché occorrerebbe disapplicare il termine di cui trattasi, che non deriverebbe in ogni caso dal diritto dell'Unione in materia di tutela dei consumatori.
24. Inoltre, dal momento che l'impresa sospettata di pratiche commerciali sleali non sarebbe tenuta, in forza del diritto nazionale come interpretato dal Consiglio di Stato, a dimostrare di aver subìto un danno a causa dell'avvio della fase istruttoria in contraddittorio del procedimento oltre il termine di cui trattasi, ne risulterebbe una presunzione assoluta di lesione dei diritti della difesa di tale impresa per il solo fatto di detto superamento del termine.
25. In ogni caso, l'applicazione di un termine il cui dies a quo dipenda dal singolo caso non sarebbe compatibile con il principio di tutela del legittimo affidamento al cui rispetto le imprese sanzionate dovrebbero avere diritto.
26. Alla luce di tali considerazioni, il giudice del rinvio dubita della compatibilità con il diritto dell'Unione dell'applicazione del termine di cui trattasi ai procedimenti istruttori vertenti su infrazioni sanzionate dalle disposizioni nazionali adottate in applicazione della direttiva 2005/29.
27. In tale contesto, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se l'articolo 11 [della] direttiva [2005/29], letto alla luce dei principi di tutela dei consumatori ed effettività dell'azione amministrativa, debba essere interpretato nel senso che osti a una normativa nazionale, quale quella discendente dall'applicazione dell'articolo 14 [della legge n. 689/81] - come interpretata nel diritto vivente - che impone all'[AGCM] di avviare il procedimento istruttorio per l'accertamento di una pratica commerciale scorretta (sleale) entro un termine decadenziale di novanta giorni, decorrente dal momento in cui l'Autorità ha la conoscenza degli elementi essenziali della violazione, potendo questi ultimi esaurirsi nella prima segnalazione dell'illecito».
Sulla questione pregiudiziale
28. In via preliminare occorre ricordare che, nell'ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita all'articolo 267 TFUE, spetta a quest'ultima fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è investito. In tale prospettiva spetta alla Corte, se del caso, riformulare le questioni che le sono sottoposte e prendere in considerazione, se necessario, norme del diritto dell'Unione alle quali il giudice nazionale non abbia fatto riferimento nella formulazione della sua questione (v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2024, Direktor na Glavna direktsia «Natsionalna politsia» pri MVR - Sofia, C-118/22, EU:C:2024:97, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).
29. Nel caso di specie, il giudice del rinvio, pur avendo limitato la sua questione all'articolo 11 della direttiva 2005/29, rileva altresì che l'inosservanza del termine di cui trattasi comporta l'annullamento integrale del provvedimento finale adottato dall'AGCM nonché la decadenza dal potere di quest'ultima di avviare un nuovo procedimento vertente sui medesimi fatti. Orbene, poiché l'articolo 13 di tale direttiva riguarda la determinazione, da parte degli Stati membri, delle sanzioni da irrogare in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in applicazione di detta direttiva, occorre rispondere alla questione sollevata prendendo in considerazione anche tale articolo 13.
30. Al fine di fornirgli una risposta pienamente utile occorre quindi considerare che, con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 11 e 13 della direttiva 2005/29 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che, nell'ambito di un procedimento diretto all'accertamento di una pratica commerciale sleale condotto da un'autorità nazionale responsabile dell'esecuzione della normativa che tutela i consumatori, da un lato, impone a tale autorità di avviare la fase istruttoria in contraddittorio di tale procedimento, mediante la comunicazione degli addebiti all'impresa interessata, entro un termine di 90 giorni a decorrere dal momento in cui essa viene a conoscenza degli elementi essenziali dell'asserita violazione, potendo questi ultimi esaurirsi nella prima segnalazione dell'illecito, e, dall'altro, sanziona l'inosservanza di tale termine con l'annullamento integrale del provvedimento finale di detta autorità in esito alla procedura d'infrazione, nonché con la decadenza dal potere di quest'ultima di avviare una nuova procedura d'infrazione riguardante la stessa pratica.
31. Ai sensi dell'articolo 11, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2005/29, gli Stati membri assicurano che esistano mezzi adeguati ed efficaci per combattere le pratiche commerciali sleali al fine di garantire l'osservanza delle disposizioni di detta direttiva nell'interesse dei consumatori. Il paragrafo 2, lettera a), di tale articolo 11 precisa che gli Stati membri conferiscono all'organo amministrativo il potere, qualora ritengano necessari detti provvedimenti tenuto conto di tutti gli interessi in causa e, in particolare, dell'interesse generale, di far cessare le pratiche commerciali sleali o di proporre le azioni giudiziarie appropriate per ingiungere la loro cessazione.
32. Inoltre, l'articolo 13 di tale direttiva dispone che gli Stati membri determinino le norme in materia di sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni nazionali adottate in applicazione di quest'ultima e prendano tutti i provvedimenti necessari per garantirne l'attuazione, fermo restando che le sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.
33. Come risulta dal combinato disposto dell'articolo 1 e dell'articolo 11, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2005/29, quest'ultima intende contribuire al conseguimento di un livello elevato di tutela dei consumatori e, a tal fine, garantire che le pratiche commerciali sleali siano efficacemente combattute nell'interesse di questi ultimi [v., in tal senso, sentenze del 13 settembre 2018, Wind Tre e Vodafone Italia, C-54/17 e C-55/17, EU:C:2018:710, punto 54, nonché del 2 febbraio 2023, Towarzystwo Ubezpieczeń Ż (Contratti tipo di assicurazione ingannevoli), C-208/21, EU:C:2023:64, punto 81].
34. Tuttavia tale direttiva si limita a prevedere, al suo articolo 5, paragrafo 1, che le pratiche commerciali sleali «sono vietate» e pertanto essa lascia alla discrezionalità degli Stati membri la scelta delle misure nazionali destinate a contrastare tali pratiche, ai sensi degli articoli 11 e 13 della direttiva medesima, purché esse siano adeguate ed efficaci e le sanzioni così previste siano effettive, proporzionate e dissuasive [v., in tal senso, sentenze del 19 settembre 2018, Bankia, C-109/17, EU:C:2018:735, punto 31 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 2 febbraio 2023, Towarzystwo Ubezpieczeń Ż (Contratti tipo di assicurazione ingannevoli), C-208/21, EU:C:2023:64, punto 79].
35. Ne consegue che, in assenza di una normativa specifica dell'Unione che disciplini i termini procedurali diretti a garantire l'esistenza di mezzi adeguati ed efficaci per contrastare le pratiche commerciali sleali e sanzionarle in maniera effettiva, proporzionata e dissuasiva, spetta agli Stati membri adottare e applicare le norme procedurali nazionali in tale settore (v., per analogia, sentenze del 21 gennaio 2021, Whiteland Import Export, C-308/19, EU:C:2021:47, punti da 43 a 45; del 13 luglio 2023, Napfény-Toll, C-615/21, EU:C:2023:573, punto 34, nonché del 21 dicembre 2023, BMW Bank e a., C-38/21, C-47/21 e C-232/21, EU:C:2023:1014, punto 303).
36. Tuttavia, se è pur vero che l'adozione e l'applicazione di tali norme rientrano nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono esercitare tale competenza nel rispetto del diritto dell'Unione e, in forza del principio di effettività, essi non devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'attuazione di tale diritto (v., in tal senso, sentenze del 21 gennaio 2021, Whiteland Import Export, C-308/19, EU:C:2021:47, punto 46, nonché del 13 luglio 2023, Napfény-Toll, C-615/21, EU:C:2023:573, punti 35 e 47).
37. Occorre considerare che la fissazione di termini procedurali ragionevoli per le autorità nazionali responsabili dell'esecuzione della normativa che tutela i consumatori al fine di contrastare le pratiche commerciali sleali è compatibile con il diritto dell'Unione. Siffatti termini ragionevoli sono infatti stabiliti nell'interesse sia delle imprese interessate sia di tali autorità, conformemente al principio della certezza del diritto, e non sono tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'attuazione del diritto dell'Unione (v., per analogia, sentenze del 29 ottobre 2015, BBVA, C-8/14, EU:C:2015:731, punto 28, e del 21 gennaio 2021, Whiteland Import Export, C-308/19, EU:C:2021:47, punto 48).
38. Pertanto, le norme nazionali che fissano i termini procedurali in materia di accertamento delle infrazioni e di imposizione di sanzioni da parte delle autorità nazionali responsabili dell'esecuzione della normativa che tutela i consumatori per contrastare le pratiche commerciali sleali devono far sì che, nel rispetto del principio della certezza del diritto, le cause siano trattate entro un termine ragionevole, senza compromettere l'effettiva attuazione della direttiva 2005/29 nell'ordinamento giuridico interno (v., per analogia, sentenza del 21 gennaio 2021, Whiteland Import Export, C-308/19, EU:C:2021:47, punto 49).
39. Al fine di determinare se una disciplina nazionale in materia di termini rispetti un siffatto equilibrio occorre prendere in considerazione, in particolare, la durata del termine di cui trattasi nonché l'insieme delle modalità della sua applicazione, quali la data a partire dalla quale inizia a decorrere, le modalità adottate per dare inizio al decorso di detto termine nonché quelle che consentono la sua sospensione o la sua interruzione (v., in tal senso, sentenze del 21 gennaio 2021, Whiteland Import Export, C-308/19, EU:C:2021:47, punto 50, e del 10 giugno 2021, BNP Paribas Personal Finance, da C-776/19 a C-782/19, EU:C:2021:470, punto 30).
40. Occorre altresì tener conto delle peculiarità dei casi riguardanti la lotta contro le pratiche commerciali sleali che rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 2005/29 e, in particolare, del fatto che tali casi possono richiedere una complessa analisi materiale ed economica (v., per analogia, sentenza del 21 gennaio 2021, Whiteland Import Export, C-308/19, EU:C:2021:47, punto 51).
41. Peraltro, ai fini della fissazione dei limiti temporali ragionevoli che si applicano ai procedimenti condotti dalle autorità nazionali responsabili dell'esecuzione della normativa che tutela i consumatori per contrastare le pratiche commerciali sleali e sanzionarle, il principio della certezza del diritto impone agli Stati membri di istituire una disciplina in materia di termini sufficientemente precisa, chiara e comprensibile che consenta a tutti gli attori coinvolti di conoscere con esattezza la portata degli obblighi loro imposti dalle norme di cui trattasi e di regolarsi di conseguenza (v., per analogia, sentenze dell'11 dicembre 2012, Commissione/Spagna, C-610/10, EU:C:2012:781, punto 49; del 3 giugno 2021, Jumbocarry Trading, C-39/20, EU:C:2021:435, punto 48, nonché del 7 marzo 2024, Die Länderbahn e a., C-582/22, EU:C:2024:213, punto 66).
42. In tale contesto, dalla giurisprudenza della Corte relativa a procedure d'infrazione agli articoli 101 e 102 TFUE condotte dalla Commissione risulta che il rispetto del principio del termine ragionevole si impone, in linea di principio, in ciascuna fase che s'inscriva in tali procedure (v., in tal senso, sentenze del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C-238/99 P, C-244/99 P, C-245/99 P, C-247/99 P, da C-250/99 P a C-252/99 P e C-254/99 P, EU:C:2002:582, punti 199 e 230, nonché del 21 settembre 2006, Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, C-105/04 P, EU:C:2006:592, punti da 37 a 39).
43. Per ragioni analoghe, nel fissare i termini procedurali in materia di accertamento delle infrazioni e di imposizione di sanzioni da parte delle autorità nazionali responsabili dell'esecuzione della normativa che tutela i consumatori, gli Stati membri possono prevedere non solo norme generali in materia di prescrizione applicabili alla procedura d'infrazione nel suo complesso ma anche, se del caso, termini che disciplinino lo svolgimento di talune fasi di tale procedura, come quella della fase preliminare alla comunicazione degli addebiti all'impresa interessata, purché i termini in questione siano conformi ai requisiti di cui ai punti da 38 a 41 della presente sentenza.
44. A tal riguardo, occorre ricordare, anzitutto, che in linea di principio la ragionevolezza della durata di tale fase deve essere valutata alla luce delle circostanze proprie di ciascun caso di specie (v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2013, HGA e a./Commissione, da C-630/11 P a C-633/11 P, EU:C:2013:387, punto 82). Più in particolare, la durata di un termine procedurale valevole per detta fase deve essere materialmente sufficiente a garantirne il corretto svolgimento [v., in tal senso, sentenze del 29 ottobre 2015, BBVA, C-8/14, EU:C:2015:731, punto 29, nonché del 9 settembre 2020, Commissaire général aux réfugiés et aux apatrides (Rigetto di una domanda ulteriore - Termine di ricorso), C-651/19, EU:C:2020:681, punto 57].
45. Occorre altresì ricordare che, nell'ambito delle procedure d'infrazione agli articoli 101 e 102 TFUE condotte dalla Commissione, la fase di indagine preliminare, che si estende fino alla comunicazione degli addebiti, è destinata non solo a consentire a tale istituzione di raccogliere tutti gli elementi pertinenti che confermino o meno l'esistenza di un'infrazione alle norme sulla concorrenza, ma anche di prendere posizione sulla direzione che deve assumere il procedimento nonché sull'ulteriore seguito da riservare allo stesso (v., in tal senso, sentenze del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C-238/99 P, C-244/99 P, C-245/99 P, C-247/99 P, da C-250/99 P a C-252/99 P e C-254/99 P, EU:C:2002:582, punto 182, nonché del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C-521/09 P, EU:C:2011:620, punto 113).
46. Benché la complessità di un procedimento in materia di concorrenza possa essere tale da giustificare il fatto che la fase preliminare di quest'ultimo si protragga per un lungo periodo (v., in tal senso, sentenze del 2 settembre 2021, Commissione/Tempus Energy e Tempus Energy Technology, C-57/19 P, EU:C:2021:663, punto 62, nonché del 17 novembre 2022, Irish Wind Farmers' Association e a./Commissione, C-578/21 P, EU:C:2022:898, punto 88), la Commissione non è tuttavia autorizzata a perpetuare uno stato di inattività durante detta fase del procedimento (v., in tal senso, sentenze del 18 marzo 1997, Guérin automobiles/Commissione, C-282/95 P, EU:C:1997:159, punto 36, nonché del 13 giugno 2013, HGA e a./Commissione, da C-630/11 P a C-633/11 P, EU:C:2013:387, punto 81).
47. Inoltre, il rispetto dei diritti della difesa costituisce un principio fondamentale del diritto dell'Unione che deve essere pienamente osservato nel contesto dei procedimenti amministrativi rientranti nell'ambito di applicazione del diritto dell'Unione. Nel quadro di una procedura d'infrazione alle norme in materia di concorrenza, è la comunicazione degli addebiti che costituisce la garanzia essenziale a questo riguardo (v., in tal senso, sentenze del 26 ottobre 2017, Global Steel Wire e a./Commissione, C-457/16 P e da C-459/16 P a C-461/16 P, EU:C:2017:819, punti 139 e 140; del 13 settembre 2018, UBS Europe e a., C-358/16, EU:C:2018:715, punto 60, nonché del 6 ottobre 2021, Sumal, C-882/19, EU:C:2021:800, punto 56).
48. Ne consegue che le considerazioni esposte ai punti da 45 a 47 della presente sentenza sono pertinenti anche nell'ambito di un procedimento amministrativo condotto, a livello nazionale, da un'autorità nazionale responsabile dell'esecuzione della normativa che tutela i consumatori al fine di reprimere un'infrazione alla normativa dell'Unione in tale materia.
49. Orbene, al fine di adempiere efficacemente il loro obbligo di applicare il diritto dell'Unione in materia di tutela dei consumatori, le autorità nazionali responsabili dell'esecuzione della normativa in detta materia devono essere in grado di attribuire un diverso grado di priorità alle denunce ad esse indirizzate, disponendo, a tal fine, di un ampio margine di discrezionalità (v., per analogia, sentenze del 14 dicembre 2000, Masterfoods e HB, C-344/98, EU:C:2000:689, punto 46, nonché del 19 settembre 2013, EFIM/Commissione, C-56/12 P, EU:C:2013:575, punti 72 e 83).
50. Inoltre, il regolamento n. 2006/2004, applicabile al momento dell'avvio della fase in contraddittorio del procedimento nel giudizio a quo, e successivamente il regolamento 2017/2394 hanno istituito un meccanismo di cooperazione e coordinamento, nell'ambito del quale le autorità nazionali responsabili dell'esecuzione della normativa che tutela i consumatori possono essere indotte a cooperare e a coordinarsi tra loro, nonché con la Commissione, ai fini della lotta contro talune categorie di infrazioni agli atti di cui all'allegato a ciascuno di questi due regolamenti, tra i quali figura la direttiva 2005/29.
51. Conformemente all'articolo 9, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 2006/2004, le autorità competenti dovevano coordinare le attività di sorveglianza del mercato e di esecuzione della normativa in materia di tutela dei consumatori adoperandosi per svolgere le indagini e applicare le misure esecutive contemporaneamente. Come risultava dal considerando 7 di tale regolamento, la capacità delle autorità competenti di cooperare liberamente e su base reciproca per lo scambio di informazioni, l'individuazione delle infrazioni rientranti nell'ambito di applicazione di detto regolamento e le relative indagini, nonché le misure adottate per porre fine a queste infrazioni o vietarle è essenziale per garantire il buon funzionamento del mercato interno e la tutela dei consumatori.
52. Risulta sia dalla finalità stessa della fase che precede la comunicazione degli addebiti in una procedura d'infrazione in materia di tutela dei consumatori, sia dall'ampio margine discrezionale di cui deve disporre un'autorità nazionale responsabile dell'esecuzione della normativa in tale materia nell'organizzazione dell'ordine di priorità dei suoi procedimenti in detto ambito che, in tale fase del procedimento, una siffatta autorità dev'essere in grado non solo di procedere a tutte le misure istruttorie preliminari nonché alle valutazioni di fatto e di diritto spesso complesse, necessarie per valutare se l'avvio della fase istruttoria in contraddittorio sia giustificato, ma anche di scegliere, in funzione del grado di priorità che, nell'esercizio della sua indipendenza operativa, intende accordare a una procedura d'infrazione in corso, il momento più opportuno per avviare, se del caso, la fase istruttoria in contraddittorio di quest'ultima.
53. Pertanto, un'autorità nazionale responsabile dell'esecuzione della normativa che tutela i consumatori deve disporre della facoltà di rinviare temporaneamente l'avvio della fase istruttoria in contraddittorio in un determinato procedimento, sebbene essa abbia già accertato l'esistenza degli elementi essenziali dell'asserita violazione. Tale facoltà è conforme all'obiettivo di garantire che l'autorità interessata sia in grado di trattare adeguatamente tutte le procedure d'infrazione di cui è investita. Essa può inoltre contribuire a un uso efficiente delle risorse disponibili e a favorire un'adeguata cooperazione nell'ambito della rete di cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell'esecuzione della normativa che tutela i consumatori, istituita dal regolamento n. 2006/2004 e successivamente dal regolamento 2017/2394. Tuttavia, un siffatto rinvio temporaneo non può avere come conseguenza un superamento del termine ragionevole entro il quale deve concludersi la fase che precede la comunicazione degli addebiti di una procedura d'infrazione.
54. Infine, nell'esercizio della sua autonomia procedurale, uno Stato membro deve garantire non soltanto la piena effettività della normativa dell'Unione in materia di tutela dei consumatori nonché il perseguimento e la repressione delle violazioni di quest'ultima, ma anche il rispetto dei diritti fondamentali, segnatamente quello dei diritti della difesa delle imprese oggetto di procedure d'infrazione (v., in tal senso, sentenze del 7 dicembre 2010, VEBIC, C-439/08, EU:C:2010:739, punto 63, nonché del 5 giugno 2018, Kolev e a., C-612/15, EU:C:2018:392, punto 98).
55. A tal riguardo, la Corte ha già dichiarato che la durata eccessiva della fase che precede la comunicazione degli addebiti può influire sulle future possibilità di difesa delle imprese interessate, pregiudicando i loro diritti della difesa nell'ambito della fase istruttoria in contraddittorio della procedura d'infrazione avviata nei loro confronti. Difatti, più tempo trascorre tra una misura di indagine preliminare e la comunicazione degli addebiti, tanto più diviene probabile che eventuali prove a discarico riguardanti l'infrazione addebitata in tale comunicazione non possano più essere acquisite o possano esserlo soltanto con difficoltà (v., in tal senso, sentenza del 21 settembre 2006, Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, C-105/04 P, EU:C:2006:592, punto 49).
56. Benché termini procedurali ragionevoli mirino quindi, in particolare, a garantire l'esercizio effettivo dei diritti della difesa delle imprese sottoposte a una procedura d'infrazione, resta il fatto che una normativa nazionale, che stabilisca termini procedurali in materia di imposizione di sanzioni da parte delle autorità nazionali responsabili dell'esecuzione della normativa che tutela i consumatori per contrastare le pratiche commerciali sleali e sanzionarle, deve essere adattata alle peculiarità dell'Unione in tale materia e agli obiettivi dell'applicazione di tale diritto da parte degli interessati, in modo da non pregiudicare la piena efficacia di quest'ultimo (v., per analogia, sentenza del 21 gennaio 2021, Whiteland Import Export, C-308/19, EU:C:2021:47, punto 52).
57. Nel caso di specie, come risulta dall'ordinanza di rinvio, l'AGCM è tenuta ad avviare la fase istruttoria in contraddittorio del procedimento mediante la comunicazione degli addebiti entro il termine fisso di 90 giorni decorrente dall'accertamento degli elementi essenziali dell'asserita violazione. Inoltre, l'inosservanza del termine di cui trattasi ha come conseguenza, da un lato, l'annullamento integrale e automatico del provvedimento finale adottato dall'AGCM in esito alla procedura d'infrazione, sia nella parte in cui verte sulla cessazione della pratica commerciale sleale sia nella parte riguardante le sanzioni inflitte all'impresa interessata. Dall'altro, tale autorità, in forza del principio del ne bis in idem, è definitivamente impossibilitata ad avviare una nuova procedura d'infrazione per la medesima pratica commerciale sleale. Pertanto, come risulta dal fascicolo di cui dispone la Corte, l'obiettivo di tali norme è quello di salvaguardare i diritti della difesa delle imprese nel corso della procedura d'infrazione di cui esse sono oggetto informandole in tempo utile degli addebiti mossi nei loro confronti.
58. Come rilevato, in sostanza, dall'avvocato generale ai paragrafi da 107 a 109 e 114 delle sue conclusioni, l'applicazione del termine in questione rischia di obbligare l'AGCM a dover trattare in maniera indifferenziata l'insieme delle procedure d'infrazione di cui è investita, prendendo in considerazione non già le circostanze proprie di ciascuna procedura, ma seguendo unicamente un ordine cronologico, impedendole così di stabilire e attuare priorità per le sue procedure in materia di tutela dei consumatori. Tale autorità potrebbe quindi essere costretta ad avviare procedimenti istruttori su basi di fatto e di diritto incerte o a privilegiare il trattamento di talune categorie di casi che le sue risorse disponibili le consentano di trattare superata la fase dell'indagine preliminare, a scapito magari di casi particolarmente complessi e dannosi per gli interessi dei consumatori. Un siffatto pregiudizio all'indipendenza operativa dell'AGCM è tanto più verosimile in una situazione in cui il dies a quo del termine, le cui modalità di avvio appaiono, del resto, poco precise, poco chiare e poco prevedibili tanto per tale autorità quanto per l'impresa interessata, coincide con la prima segnalazione dell'asserita violazione presso tale autorità, la quale è quindi obbligata ad istruire immediatamente il fascicolo.
59. Inoltre, le conseguenze legate al superamento del termine di cui trattasi possono impedire all'AGCM di cooperare pienamente nell'ambito della rete istituita dal regolamento n. 2006/2004 e successivamente dal regolamento 2017/2394. Infatti, come giustamente sostenuto dall'AGCM e dalla Commissione nelle loro osservazioni scritte, tale autorità può essere chiamata ad agire in situazioni transfrontaliere, dietro segnalazione di un'autorità di un altro Stato membro o della Commissione. Orbene, il termine di cui trattasi potrebbe non risultare sufficiente per consentire all'AGCM di cooperare utilmente con le autorità degli altri Stati membri e con la Commissione, a fortiori quando la pratica commerciale di cui trattasi era già stata oggetto di una segnalazione in Italia, facendo iniziare così il decorso del termine di cui trattasi.
60. Peraltro occorre rilevare, da un lato, che i diritti della difesa delle imprese sottoposte a una procedura d'infrazione non possono, in ogni caso, risultare violati per il solo fatto dell'inosservanza del termine di cui trattasi.
61. Infatti, come rilevato, in sostanza, dall'avvocato generale al paragrafo 131 delle sue conclusioni, benché sia certamente importante evitare che i diritti della difesa di un'impresa non siano irrimediabilmente compromessi nel corso della fase preliminare di una procedura d'infrazione in materia di pratiche commerciali sleali, una siffatta impresa resterà, in ogni caso, in grado di esercitare effettivamente i suoi diritti della difesa, purché si garantisca che nessuna decisione possa essere adottata nei suoi confronti dall'autorità nazionale garante della concorrenza senza che quest'ultima abbia condotto una fase istruttoria in contraddittorio, nel corso della quale detta società abbia potuto far valere pienamente i suoi diritti della difesa.
62. Dall'altro lato, la Corte ha già dichiarato, nel contesto dell'attività delle autorità nazionali garanti della concorrenza volta a reprimere infrazioni al diritto della concorrenza dell'Unione, che un regime nazionale di prescrizione che, per ragioni ad esso inerenti, osti in modo sistematico all'irrogazione di sanzioni effettive e dissuasive per infrazioni a tale diritto è atto a rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'applicazione delle norme di detto diritto. Di conseguenza, essa non ha considerato conforme al principio di effettività una normativa nazionale che stabiliva un termine di prescrizione la cui applicazione, tenuto conto dell'elevata complessità dei casi in materia di diritto della concorrenza, era idonea a creare un rischio sistemico di impunità per i fatti integranti infrazioni a tale diritto (v., in tal senso, sentenza del 21 gennaio 2021, Whiteland Import Export, C-308/19, EU:C:2021:47, punti 53 e 56).
63. Tenuto conto dello scopo della direttiva 2005/29 volto a conseguire un livello elevato di tutela dei consumatori e a garantire che le pratiche commerciali sleali siano combattute in modo efficace nell'interesse di questi ultimi, ricordato al punto 33 della presente sentenza, le considerazioni esposte al punto precedente della presente sentenza sono pertinenti anche nel contesto dell'attività delle autorità nazionali responsabili dell'esecuzione della normativa che tutela i consumatori.
64. Orbene, come rilevato, in sostanza, dall'avvocato generale ai paragrafi da 137 a 139 delle sue conclusioni, le conseguenze che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale ricollega all'inosservanza del termine di cui trattasi appaiono idonee a generare un rischio sistemico di impunità per i fatti integranti infrazioni al divieto delle pratiche commerciali sleali sancito dall'articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2005/29. Infatti, detta normativa nazionale potrebbe in tal modo implicare che un numero rilevante di infrazioni accertate a tale disposizione non siano oggetto di sanzioni efficaci e dissuasive. Inoltre, l'impossibilità per l'AGCM di avviare una nuova procedura d'infrazione al fine di adottare siffatte sanzioni potrebbe, di fatto, indurre le imprese a mantenere pratiche commerciali sleali, compromettendo così gravemente l'effettiva attuazione, da parte delle autorità nazionali responsabili dell'esecuzione della normativa che tutela i consumatori, delle norme dell'Unione in materia.
65. In tali circostanze, tenuto conto delle considerazioni di cui ai punti 58, 59 e 64 della presente sentenza, dall'applicazione del termine in questione all'attività dell'AGCM può scaturire un'ingerenza nell'indipendenza operativa di tale autorità nonché un rischio sistemico di impunità per i fatti integranti infrazioni al divieto delle pratiche commerciali sleali sancito dall'articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2005/29.
66. Inoltre, occorre precisare che un'interpretazione del diritto nazionale secondo la quale le conseguenze dell'inosservanza del termine di cui trattasi da parte dell'AGCM sarebbero limitate alla decadenza dal potere sanzionatorio di tale autorità, la quale resterebbe così in grado di ingiungere a un'impresa di cessare una pratica commerciale sleale, non potrebbe tuttavia escludere l'esistenza di un siffatto rischio di impunità e non potrebbe garantire un'applicazione effettiva della direttiva 2005/29. Infatti, limiti di tal genere all'azione di un'autorità nazionale responsabile dell'esecuzione della normativa che tutela i consumatori sarebbero incompatibili con l'obbligo degli Stati membri di adottare e garantire l'esecuzione di un regime di sanzioni efficaci e dissuasive, posto dall'articolo 13 di tale direttiva.
67. Poiché, secondo il giudice del rinvio, l'applicazione del termine di cui trattasi nel procedimento principale risulta da una determinata interpretazione del diritto nazionale ad opera di un giudice di grado superiore, occorre inoltre aggiungere che, al fine di garantire l'effettività dell'insieme delle disposizioni del diritto dell'Unione, il principio del primato del diritto dell'Unione impone ai giudici nazionali di interpretare il loro diritto interno quanto più possibile in modo conforme al diritto dell'Unione [sentenze del 6 ottobre 2021, Sumal, C-882/19, EU:C:2021:800, punto 70 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 12 ottobre 2023, Z. (Diritto a ricevere un duplicato del contratto di credito), C-326/22, EU:C:2023:775, punto 34 e giurisprudenza ivi citata].
68. Nell'applicare il diritto nazionale, tali giudici sono quindi tenuti ad interpretarlo, quanto più possibile, alla luce della lettera e dello scopo delle disposizioni pertinenti del diritto dell'Unione, prendendo in considerazione il diritto interno nel suo insieme ed applicando i metodi di interpretazione riconosciuti da quest'ultimo, al fine di garantire la piena efficacia di dette disposizioni e di pervenire a una soluzione conforme allo scopo perseguito da queste ultime [v., in tal senso, sentenze del 6 ottobre 2021, Sumal, C-882/19, EU:C:2021:800, punto 71 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 22 settembre 2022, Vicente (Azione per il pagamento degli onorari di avvocato), C-335/21, EU:C:2022:720, punto 72 e giurisprudenza ivi citata].
69. Spetta quindi al giudice del rinvio interpretare, quanto più possibile, il suo diritto nazionale, in particolare l'articolo 27, comma 13, del decreto legislativo n. 206 recante il codice del consumo, nella versione applicabile al procedimento principale, e l'articolo 14 della legge n. 689/81, in modo conforme al diritto dell'Unione al fine di garantirne la piena efficacia. L'obbligo di interpretazione conforme impone a tale giudice di modificare, se del caso, una giurisprudenza consolidata se questa si basa su un'interpretazione del diritto interno incompatibile con gli scopi di una disposizione del diritto dell'Unione e di disapplicare, a tal fine, di propria iniziativa, qualsiasi interpretazione accolta da un organo giurisdizionale superiore, foss'anche supremo, al quale esso sia vincolato, ai sensi di tale disposizione nazionale, se detta interpretazione non è compatibile con il diritto dell'Unione (v., in tal senso, sentenze del 24 giugno 2019, Popławski, C-573/17, EU:C:2019:530, punto 78 e giurisprudenza ivi citata; del 21 gennaio 2021, Whiteland Import Export, C-308/19, EU:C:2021:47, punto 58, nonché del 13 giugno 2024, DG de la Función Pública, Generalitat de Catalunya e Enviamento de Justicia de la Generalitat de Catalunya, C-331/22 e C-332/22, EU:C:2024:496, punti 108 e 110).
70. Alla luce dell'insieme delle motivazioni suesposte, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che gli articoli 11 e 13 della direttiva 2005/29, letti alla luce del principio di effettività, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che, nell'ambito di un procedimento diretto all'accertamento di una pratica commerciale sleale condotto da un'autorità nazionale responsabile dell'esecuzione della normativa che tutela i consumatori, da un lato, impone a tale autorità di avviare la fase istruttoria in contraddittorio del procedimento, mediante la comunicazione degli addebiti all'impresa interessata, entro un termine di 90 giorni a decorrere dal momento in cui essa viene a conoscenza degli elementi essenziali dell'asserita violazione, potendo questi ultimi esaurirsi nella prima segnalazione dell'illecito, e, dall'altro, sanziona l'inosservanza di tale termine con l'annullamento integrale del provvedimento finale di detta autorità in esito alla procedura d'infrazione, nonché con la decadenza dal potere di quest'ultima di avviare una nuova procedura d'infrazione riguardante la stessa pratica.
Sulle spese
71. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
P.Q.M.
la Corte (Seconda Sezione) dichiara:
Gli articoli 11 e 13 della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali»), letti alla luce del principio di effettività, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che, nell'ambito di un procedimento diretto all'accertamento di una pratica commerciale sleale condotto da un'autorità nazionale responsabile dell'esecuzione della normativa che tutela i consumatori, da un lato, impone a tale autorità di avviare la fase istruttoria in contraddittorio del procedimento, mediante la comunicazione degli addebiti all'impresa interessata, entro un termine di 90 giorni a decorrere dal momento in cui essa viene a conoscenza degli elementi essenziali dell'asserita violazione, potendo questi ultimi esaurirsi nella prima segnalazione dell'illecito, e, dall'altro, sanziona l'inosservanza di tale termine con l'annullamento integrale del provvedimento finale di detta autorità in esito alla procedura d'infrazione, nonché con la decadenza dal potere di quest'ultima di avviare una nuova procedura d'infrazione riguardante la stessa pratica.