Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo
Pescara
Sentenza 20 gennaio 2025, n. 28

Presidente: Passoni - Estensore: Lomazzi

FATTO E DIRITTO

Con determina del 23 aprile 2024 la Prefettura di Chieti respingeva la domanda del sig. Arlind D., volta all'acquisto della cittadinanza italiana, per la mancanza della residenza legale continuativa per anni 10 in Italia, ex art. 9, comma 1f, della l. n. 91 del 1992, in particolare nel periodo intercorrente tra il 26 giugno 2017 e il 30 novembre 2017, risultando irreperibile, con cancellazione anagrafica, per mancato rinnovo della dichiarazione di dimora abituale.

L'interessato impugnava il provvedimento di diniego, censurandolo per violazione dell'art. 9, comma 1f, della l. n. 91 del 1992, dell'art. 6, comma 7, del d.lgs. n. 286 del 1998, degli artt. 3, 97 Cost. nonché per eccesso di potere sotto il profilo del difetto di presupposti, di istruttoria e di motivazione, del travisamento dei fatti, dell'illogicità, dell'ingiustizia, dell'irragionevolezza, dell'irrazionalità.

Il ricorrente in particolare ha fatto presente che nel periodo contestato prestava regolarmente la propria attività lavorativa presso D'Orsogna Dolciaria s.r.l. in San Vito Chietino, allegando documentazione a comprova; che vi erano le dichiarazioni delle persone con lui conviventi; che vi era poi la dichiarazione dell'allenatore della squadra di calcio in cui militava in quel tempo; che inoltre la valutazione discrezionale dell'Amministrazione non poteva tralasciare le circostanze della disponibilità di un alloggio idoneo, dell'attività lavorativa di operaio prestata, della condotta irreprensibile mantenuta.

L'istante ha inoltre sostenuto che come residenza legale andava considerata la residenza effettiva regolare, secondo poi la definizione codicistica della dimora abituale.

Il Ministero dell'interno, la Prefettura di Chieti e la Questura di Chieti si costituivano in giudizio per la reiezione del gravame, allegando documentazione a supporto.

Con successive memorie il ricorrente ribadiva i propri assunti.

Nell'udienza del 13 dicembre 2024 la causa veniva discussa e quindi trattenuta in decisione.

Ritenuta sulla presente controversia la giurisdizione del Giudice amministrativo, implicando il riscontro sull'istanza di cittadinanza, ex art. 9, comma 1f, della l. n. 91 del 1992, valutazioni pienamente discrezionali (cfr. Cass., Sez. un., n. 1053 del 2022, n. 29297 del 2021), il ricorso appare fondato e dunque da accogliere, per le ragioni di seguito esposte.

E invero occorre evidenziare in proposito che il Collegio conosce l'orientamento giurisprudenziale, legato al dato formale della necessità del certificato dell'Autorità anagrafica, ex art. 1, comma 2a, del d.P.R. n. 572 del 1993 per integrare i requisiti della residenza legale (cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, II, n. 6 del 2014; T.A.R. Lazio, II-quater, n. 10123 del 2012), ma ritiene tuttavia di doversene discostare; che si predilige un approccio esegetico sostanziale della nozione di residenza legale, dovendosi conformare la disposizione regolamentare alla fonte normativa di rango primario e, in primo luogo, alla nozione codicistica di residenza, quale dimora abituale, ex art. 43, comma 2, c.c., da leggere nell'ottica dei canoni costituzionali di ragionevolezza e buon andamento, di cui agli artt. 3, 97 Cost.; che pertanto la mancanza del certificato anagrafico può ben essere considerata come un'irregolarità sanabile; che le verifiche di reperibilità devono poi essere effettuate mediante modalità concrete che, pur non previamente concordate, si concilino con l'esigenza di ogni cittadino di poter attendere quotidianamente alle proprie occupazioni, in virtù del principio di leale collaborazione tra soggetto pubblico e privato (cfr. Cass. civ., I, n. 10056 del 2024, n. 8982 del 2023).

Orbene va rilevato al riguardo che depongono per la residenza dell'interessato nel territorio italiano, anche nel periodo contestato intercorrente tra il 26 giugno 2017 e il 30 novembre 2017, quale supporto probatorio decisivo, le relative buste paga per l'attività lavorativa svolta come dipendente della ditta D'Orsogna Dolciaria s.r.l. (cfr. doc. 5-bis al ricorso).

Ne consegue che l'atto di diniego impugnato va annullato.

In considerazione della non univocità degli orientamenti giurisprudenziali sul tema, sussistono nondimeno giuste ragioni per compensare le spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso n. 221/2024 indicato in epigrafe e per l'effetto annulla l'atto impugnato.

Compensa le spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.