Consiglio di Stato
Sezione II
Sentenza 24 gennaio 2025, n. 537

Presidente: Sabbato - Estensore: Altavista

FATTO E DIRITTO

Con gli appelli in epigrafe sia l'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (di seguito ARERA) sia la società Terna hanno impugnato la sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, sede di Milano, n. 1984 del 25 giugno 2024, nella parte in cui ha accolto il ricorso proposto dalla società Free Luce&Gas avverso la nota del 15 dicembre 2023 con cui Terna ha respinto l'istanza di accesso presentata dalla società Free Luce&Gas il 16 novembre 2023.

La sentenza ha accolto il ricorso limitatamente alla istanza di accesso formulata quale operatore del settore interessato dai provvedimenti; ha respinto l'istanza di accesso civico.

La istanza di accesso, presentata dalla società Free Luce&Gas il 16 novembre 2023, si pone a valle di un lungo contenzioso tra la società e l'Autorità regolatrice del mercato elettrico. Infatti la medesima società è stata destinataria, nel 2017, di un provvedimento prescrittivo adottato dall'allora Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico in relazione alle condotte non diligenti che la società avrebbe adottato rispetto a strategie di programmazione nell'ambito del servizio di dispacciamento, poste in essere nel periodo compreso tra il gennaio 2015 e il luglio 2016. Il provvedimento prescrittivo ha imposto il pagamento della somma di circa 750.000 euro.

Tale provvedimento è stato annullato dal Consiglio di Stato con sentenza n. 5835 del 5 ottobre 2020, che, anche sulla base delle risultanze della verificazione effettuata in giudizi analoghi (acquisiti al giudizio quale prova atipica), ha ritenuto sussistente il potere dell'Autorità di adottare provvedimenti prescrittivi; ha ritenuto altresì integrate le condotte non diligenti individuate dall'Autorità; ha accolto le censure relative al difetto di istruttoria e di motivazione sulla quantificazione delle somme dovute, in quanto - in relazione alla natura non sanzionatoria del provvedimento - non era stata verificata la sussistenza di un aumento dei costi dell'energia subìto dagli utenti del servizio elettrico, a seguito degli eventuali effetti indiretti positivi per il sistema derivanti dagli sbilanciamenti, in particolare per gli sbilanciamenti "contro fase".

A seguito di tale sentenza la Autorità ha riavviato il procedimento, emanando, il 29 novembre 2022, un nuovo provvedimento prescrittivo con il quale ha imposto alla società Free Luce&Gas il pagamento di circa 650.000 euro. Il provvedimento dà atto di non avere valutato in maniera effettiva il risparmio di spesa per gli utenti finali derivanti dagli sbilanciamenti, in quanto "l'individuazione puntuale del suddetto risparmio richiederebbe di ricostruire la sequenza degli esiti dei mercati da quello del giorno prima a quello del bilanciamento nelle condizioni storiche precise in cui si è trovato il sistema elettrico nel periodo interessato dalla deliberazione 342/2016/E/EEL", ma di avere proceduto tramite una analisi presuntiva, indipendentemente dal fatto che tale vantaggio sia stato effettivamente o meno conseguito dal sistema, attribuendo alla società "il massimo beneficio teoricamente ottenibile dal sistema per effetto degli sbilanciamenti in controfase rispetto alla posizione reale del sistema".

Tale provvedimento è stato impugnato con ricorso per ottemperanza al Consiglio di Stato che, con la ordinanza n. 3963 del 2023, ha richiesto una relazione di chiarimenti "che chiarisca se siano concretamente ravvisabili criticità della rete diverse dal bilanciamento del sistema e se vi siano altre variabili che concorrono a influenzarne l'andamento dell'uplift (in particolare con riguardo all'impatto delle movimentazioni nel MSD delle unità abilitate volte a porre rimedio a cali di tensione/frequenza, congestioni); se siano concretamente sussistenti elementi che impattano sull'uplift, imputabili a fattori terzi, che si riflettono sulla valutazione dell'effetto degli sbilanciamenti sull'uplift e se tale eventuale omissione possa implicare l'errata attribuzione agli sbilanciamenti di un impatto sull'uplift imputabile invece a fattori terzi (non considerati dall'analisi)". L'Autorità ha depositato una relazione in cui ribadiva di avere attribuito per gli sbilanciamenti in controfase il massimo beneficio teoricamente ottenibile dal sistema per effetto dei medesimi.

Con la sentenza n. 6939 del 17 luglio 2023 il Consiglio di Stato ha ritenuto insussistente la violazione del giudicato, essendo limitato l'oggetto della rinnovazione del procedimento agli sbilanciamenti "in controfase", e ha disposto la riassunzione del giudizio al T.A.R. Lombardia, con riguardo ai motivi "con cui si contesta la ragionevolezza, anche sotto il profilo tecnico, del criterio presuntivo utilizzato e la conseguente inattendibilità della rinnovata istruttoria condotta da ARERA".

Il giudizio riassunto è allo stato pendente al T.A.R. Lombardia con udienza pubblica fissata al 25 giugno 2025 (R.G. 1778/2023).

In particolare, con il ricorso in riassunzione sono state proposte censure di eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria per il mancato accertamento degli effetti reali degli sbilanciamenti, del nesso causale tra sbilanciamenti e incremento del corrispettivo uplift e quindi dei possibili risparmi di spesa; per l'omessa valutazione degli sbilanciamenti in fase.

Successivamente alla riassunzione del ricorso al T.A.R. Lombardia la società Free Luce&Gas, il 16 novembre 2023, ha presentato istanza di accesso agli atti alla Terna, chiedendo, sia ai sensi della l. 7 agosto 1990, n. 241 che del d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33 relativo all'accesso civico, "per ciascun operatore nei confronti del quale è stato avviato il procedimento di cui alla delibera 342/2016/E/eel, l'accesso ai seguenti documenti in forma anonima: delibere Arera contenenti provvedimenti prescrittivi; relativi file Excel di calcolo prodotti da Terna, in forma anonima ma con indicazione dei relativi provvedimenti prescrittivi. In alternativa, si chiede la comunicazione dei soli file Excel indicati, sempre in forma anonima, purché con indicazione del numero delle delibere contenenti i relativi provvedimenti prescrittivi".

Rappresentava nell'istanza che "l'accesso ai suddetti documenti è necessario per la tutela dei propri interessi nel giudizio in corso presso il T.A.R. Lombardia, R.G. 1778 del 2023, nel quale Free Luce & Gas ha impugnato un provvedimento prescrittivo adottato con deliberazione ARERA 29 novembre 2022, n. 632/2022/E/EEL", il relativo atto di quantificazione degli importi e altri atti connessi, presupposti e conseguenziali. "Nel giudizio è contestato il criterio di calcolo degli importi dovuti dalla ricorrente, sicché, per verificare la correttezza dell'operato di Arera e di Terna, è necessario verificare il criterio di calcolo applicato con riferimento ad altri operatori. Di conseguenza, è interesse della scrivente conoscere i criteri applicati agli altri operatori, anche in forma anonima, con indicazione del relativo provvedimento prescrittivo, sempre in forma anonima. A questo scopo, è necessario poter confrontare i singoli provvedimenti prescrittivi con i relativi file Excel, in cui sono riportati i calcoli".

Con nota del 15 dicembre 2023 Terna, anche a seguito delle osservazioni dell'ARERA del 13 dicembre 2023, respingeva l'istanza di accesso presentata ai sensi della l. n. 241 del 1990, evidenziando che "le delibere adottate dall'Autorità, in esito ai procedimenti avviati con la delibera 342/2016, e poi riviste in ottemperanza alle pronunce giudiziarie intervenute, contenenti i provvedimenti prescrittivi, sono pubblicate sul sito istituzionale dell'Autorità a cui si rinvia ai fini della relativa consultazione. Le uniche parti di tali delibere che non sono state rese pubbliche, ma notificate dall'ARERA ai soli destinatari e a TERNA per le attività di quantificazione del quantum dovuto, sono gli Allegati B, che recano, per ciascun utente del dispacciamento, le percentuali degli sbilanciamenti a esso imputabili, distinti per zone e per mese di riferimento, nonché l'esplicitazione delle formule di calcolo in cui si traducono i criteri declinati nella motivazione del provvedimento prescrittivo (in particolare nella Sezione C), sulla cui base TERNA ha calcolato gli importi dovuti da ciascun utente, a tutela della generalità dell'utenza finale. Tali Allegati B non sono stati pubblicati dall'Autorità in quanto contengono, come detto, per ciascun utente, informazioni sui rispettivi sbilanciamenti, nonché eventuali indicazioni sulle tipologie di alcuni impianti per cui l'utente è responsabile, oltre ai dettagli del portafoglio clienti di ciascun operatore. Per la natura dei dati e delle informazioni contenute, detti documenti, così come i file di calcolo di TERNA ad essi strettamente connessi, non possono essere resi ostensibili in quanto offrono elementi per risalire alle concrete strategie di programmazione messe in atto da ciascun utente del dispacciamento, nonché al portafoglio clienti da questi detenuto". Aggiungeva: "le esigenze di trasparenza di terzi potenzialmente interessati, quali i clienti finali, risultano pienamente soddisfatte da quanto illustrato nella motivazione dei provvedimenti prescrittivi. Né le informazioni puntuali contenute nei citati Allegati B e nei relativi file Excel assumono rilievo per i procedimenti avviati ex delibera 342/2016 nei confronti degli altri utenti del dispacciamento, in quanto le condotte di ciascun utente sono state valutate alla luce del quadro normativo di cui al relativo provvedimento e nessuna valutazione comparativa - rispetto alla posizione degli altri utenti del dispacciamento - è stata compiuta dall'Autorità, né con riferimento alla sussistenza dei presupposti per l'adozione della misura prescrittiva, né con riferimento alla determinazione dei relativi contenuti, come si evince dalla motivazione di tutti i provvedimenti prescrittivi adottati da ARERA". Evidenziava poi la genericità della richiesta, nella quale erano indicate "non meglio precisate esigenze probatorie e difensive" che "non consentono di dimostrare la titolarità di un interesse personale, diretto e attuale suscettibile (qualora esistente) di prevalere sulle contrapposte esigenze di riservatezza", mentre la richiesta di accesso motivato con le esigenze di difesa in giudizio deve evidenziare uno stretto collegamento con il giudizio. Rappresentava quindi che l'atto introduttivo del giudizio promosso avverso la delibera 632/2022 non conteneva censure in merito al criterio di calcolo dell'importo dovuto dagli altri operatori e che né l'Autorità nel corso del procedimento aveva effettuato valutazioni comparative né il Consiglio di Stato aveva indicato la necessità di completare l'istruttoria in comparazione con gli altri operatori, per cui l'istanza è stata ritenuta "esplorativa, immotivata, sprovvista di un interesse personale, concreto e attuale all'ostensione della documentazione richiesta", in quanto i dati puntuali relativi agli altri utenti del dispacciamento coinvolti nei relativi procedimenti avviati con la delibera 342/2016, dettagliati nei relativi Allegati B nonché nei file di calcolo sono del tutto estranei sia alla definizione del criterio di calcolo, impiegato dall'Autorità, sia al procedimento concluso con la delibera 632/2022.

Con riguardo all'istanza di accesso civico rilevava che le indicazioni contenute negli allegati B si riferivano alle condotte tenute dall'utente di riferimento in sede di programmazione e al relativo portafoglio clienti, la cui divulgazione poteva essere lesiva degli interessi economici e commerciali degli utenti del dispacciamento concorrenti della società istante, rilevanti ai sensi dell'art. 5-bis del d.lgs. n. 33 del 2013.

Successivamente, con istanza del 27 dicembre 2023, la società Free Luce&Gas chiedeva il riesame del diniego, evidenziando: che "la verifica del criterio di calcolo applicato agli altri operatori è necessaria per accertare se, come sostenuto dalle controparti nel giudizio in corso presso il T.A.R. Lombardia, alla scrivente è stato applicato il criterio più favorevole possibile e se l'istruttoria è stata compiuta correttamente"; che "dai documenti richiesti non è in alcun modo possibile risalire al portafoglio clienti degli utenti del dispacciamento". Limitava la domanda ai soli allegati B, in forma anonima, e ai relativi file Excel di calcolo, anche essi in forma anonima con indicazione dei relativi allegati B.

Avverso il diniego del 15 dicembre 2023 e per l'accertamento del diritto di accesso e la condanna all'esibizione dei documenti è stato proposto ricorso al T.A.R. Lazio, davanti al quale sono stati altresì proposti motivi aggiunti avverso il silenzio-rigetto formatosi sulla istanza presentata il 27 dicembre 2023.

Il T.A.R. Lazio, con ordinanza n. 6320 del 2 aprile 2024, ha dichiarato la propria incompetenza territoriale indicando come competente il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sede di Milano, davanti al quale il giudizio è stato riassunto.

Con il ricorso e i motivi aggiunti proposti al T.A.R. Lazio e successivamente riproposti con il ricorso in riassunzione sono state formulate censure di violazione degli artt. 22, 24 e 25 della l. n. 241 del 1990, eccesso di potere per sviamento, violazione degli artt. 1, 5 e 5-bis del d.lgs. n. 33 del 2013, con cui si è dedotto che l'interesse all'accesso deriverebbe dalla necessità della tutela nel giudizio pendente al T.A.R. Lombardia, dal momento che quel giudizio ha ad oggetto l'adeguatezza dell'istruttoria in ordine all'applicazione del criterio di calcolo più favorevole, per cui sarebbe rilevante verificare se ad altri sia stato applicato un criterio più favorevole; inoltre non vi sarebbe alcuna violazione della riservatezza in quanto si chiedono i dati in forma anonima con schermatura del nome dell'operatore, della partita IVA e del relativo numero del contratto di dispacciamento, non potendosi in tal modo altrimenti individuarsi l'operatore; inoltre i dati non sono stati forniti neppure al verificatore nei giudizi davanti al Consiglio di Stato al quale sono stati dati sono successivamente ad apposite richieste e comunque il verificatore non li ha ostesi alle parti. Si è precisato che si tratta di documenti già esistenti e già in forma digitale (essendo stati notificati via pec agli operatori), sicché non si tratta di una richiesta di accesso onerosa per l'amministrazione. Con riguardo all'accesso civico si è dedotto che tale istituto è finalizzato proprio al controllo diffuso sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche per cui non è richiesta specifica motivazione.

Si sono costituite in primo grado sia l'ARERA che Terna sostenendo l'infondatezza del ricorso.

Con la sentenza n. 1984 del 2024 il T.A.R. ha accolto il ricorso proposto ai sensi dell'art. 24 della l. n. 241 del 1990, ritenendo la società ricorrente titolare di una posizione giuridica da tutelare in giudizio, "quale operatore del settore del trading di energia, posizione che costituisce la situazione giuridica finale che essa si intende difendere nelle sedi giudiziarie opportune", avvalendosi, all'occorrenza, della documentazione amministrativa, rispetto alla quale non deve essere operata una valutazione in concreto del giudizio proposto, in quanto l'accesso è esercitabile anche in funzione della mera possibilità di azionare il contenzioso. Ha respinto la domanda di accesso civico ritenendola proposta con mera formula di stile. Ha dichiarato improcedibili i motivi aggiunti (originariamente proposti al T.A.R. Lazio avverso il silenzio-rigetto), essendo venuto meno l'interesse a seguito dell'accoglimento del ricorso.

Con gli appelli in esame ARERA e Terna hanno contestato le affermazioni della sentenza.

In particolare ARERA ha formulato un unico articolato motivo di error in iudicando per omessa motivazione, assenza dei presupposti di ammissibilità del c.d. accesso difensivo, mancanza del nesso di strumentalità necessaria, in quanto il giudice di primo grado avrebbe fatto riferimento, in sostanza, solo alla posizione di operatore del sistema dell'energia, mentre per la richiesta di accesso ad una massiva e ingente documentazione - avente ad oggetto i portafogli commerciali di tutti gli operatori (quasi un centinaio), coinvolti nei procedimenti prescrittivi avviati con delibera 342/2016/E/eel - si imporrebbe uno stringente nesso di strumentalità necessaria tra la posizione finale da tutelare e la documentazione richiesta non indicato dalla parte ricorrente; ha poi dedotto che i criteri di quantificazione dei provvedimenti prescrittivi sono uguali per tutti gli operatori e sono dettagliati in ciascun provvedimento prescrittivo nella Sezione C, atti tutti pubblicati; ciascun operatore, sin dai provvedimenti prescrittivi del 2017, è stato destinatario di uno specifico provvedimento individuale prescrittivo, senza alcuna interazione o correlazione tra le partite economiche indebite dovute dall'uno rispetto a quelle dell'altro; oggetto del giudizio pendente al T.A.R. Lombardia non è il confronto comparativo con gli altri operatori, ma il raffronto tra il calcolo degli sbilanciamenti effettuato dal provvedimento prescrittivo originario e il calcolo degli sbilanciamenti in controfase secondo il favorevole criterio presuntivo adottato in sede di rideterminazione effettuata con la delibera n. 632 del 29 novembre 2022. Ha precisato che l'oggetto del giudizio è delimitato dalla riassunzione per cui riguarda solo la legittimità del criterio presuntivo adottato dall'ARERA nella valutazione degli sbilanciamenti in controfase, "anziché procedere, come previsto dal giudicato ottemperato n. 5835/2020, alla verifica puntuale, secondo la teoria della condicio sine qua non, se ciascun sbilanciamento in controfase abbia effettivamente arrecato al sistema un risparmio di spesa"; in ogni caso non sono oggetto di giudizio i criteri di calcolo dell'Allegato B del provvedimento prescrittivo del 2017, coperti dai giudicati né la verifica se il criterio presuntivo di calcolo degli sbilanciamenti in controfase sia più vantaggioso per la ricorrente rispetto ad altri operatori; inoltre la conoscenza degli Allegati B degli altri operatori non avrebbe alcuna utilità per la società ricorrente, in quanto gli Allegati B dei provvedimenti prescrittivi del 2017 non applicavano alcun criterio presuntivo di valutazione degli sbilanciamenti in controfase, essendo stati adottati in epoca antecedente ai giudicati del Consiglio di Stato del 2020 e del 2021, che hanno imposto la valutazione condizionalistica del beneficio al sistema degli sbilanciamenti in controfase; comunque le condotte di ciascuno dei soggetti sottoposti a procedimento sarebbero state valutate alla luce del quadro normativo descritto nella motivazione dei relativi provvedimenti, e nessuna valutazione comparativa - rispetto alla posizione degli altri utenti del dispacciamento - è stata compiuta dall'Autorità né con riferimento alla sussistenza dei presupposti per l'adozione della misura prescrittiva né con riferimento alla determinazione dei relativi contenuti. Ha quindi eccepito la tardività della domanda di accesso formulata dopo sette anni dall'avvio del contenzioso e solo dopo la riassunzione del giudizio successivamente al riesercizio del potere da parte dell'Amministrazione, a seguito della sentenza del Consiglio di Stato n. 5835 del 2020.

Anche la società Terna ha dedotto che la società (originariamente Smallenergy s.r.l.) aveva proposto il giudizio di primo grado nel 2017 senza previa richiesta di accesso né aveva presentato istanze istruttorie e che, solo nel 2023, ha presentato istanza di accesso a documenti e informazioni risalenti anche al 2016 e sulla cui base ARERA ha adottato a partire dal 2017 le delibere nei confronti di circa cento utenti di dispacciamento, responsabili di aver posto in essere strategie di programmazione non diligenti. Ha proposto un unico articolato motivo di error in iudicando et in procedendo, violazione e falsa applicazione degli artt. 29 e 34 c.p.a., degli artt. 22 e 25 della l. n. 241/1990, nonché degli artt. 24, 103 e 113 Cost., erronea valutazione degli atti e dei documenti di causa, sostenendo che il T.A.R. non avrebbe valutato la sussistenza di uno specifico interesse attuale e concreto dell'appellata né del nesso di strumentalità necessaria, dal momento che il giudizio pendente al T.A.R. Lombardia (r.g. n. 1778/2023) non riguarda i criteri di calcolo di cui all'Allegato B, la legittimità dei quali è coperta dal giudicato della sentenza di questo Consiglio di Stato n. 5835/2020; in ogni caso in quel giudizio non sono stati censurati i criteri di calcolo degli importi dovuti né che l'ARERA abbia applicato nei propri confronti criteri diversi da quelli - del tutto identici - che sono stati applicati agli altri operatori. Anche Terna ha dedotto che "nessuno degli Allegati B ai provvedimenti prescrittivi contiene il criterio presuntivo di valutazione degli sbilanciamenti in controfase adottato da ARERA - e contestato dall'Appellata - in riferimento al quale la sentenza n. 5835/2020 ha circoscritto la verifica di legittimità oggetto della fase cognitoria riassunta dinanzi al T.A.R. Lombardia", trattandosi di documenti (gli Allegati B) antecedenti alle sentenze del Consiglio di Stato che hanno imposto la valutazione condizionalistica con particolare riguardo agli sbilanciamenti in controfase. Ha poi dedotto che comunque ARERA ha applicato un criterio presuntivo più favorevole (come sarebbe stato riconosciuto dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 3274/2024, che ha affermato la legittimità con riguardo ad altro operatore). In ogni caso si tratta di atti riservati che, anche ostesi in forma anonima, consentirebbero di risalire agli operatori.

Con decreto cautelare n. 2857 del 25 luglio 2024 è stata accolta la domanda di tutela cautelare monocratica.

In entrambi i giudizi si è costituita la società appellata, che ha sostenuto l'infondatezza degli appelli, in particolare deducendo che la sentenza ha dato espressamente conto della strumentalità rispetto al giudizio pendente e ha sostenuto che l'accesso è necessario proprio al fine di verificare se l'ARERA abbia effettivamente applicato un criterio più favorevole alla società istante, per cui, se anche nei procedimenti prescrittivi non vi è una valutazione comparativa e le partite economiche relative a ciascun operatore sono autonome da quelle degli altri, qualora si accertasse che sono stati applicati criteri diversi o che vi sono stati trattamenti di favore o di sfavore, sarebbero suffragate le censure di difetto di istruttoria e di motivazione avverso il provvedimento prescrittivo. Ha dedotto altresì che non sussiste alcuna esigenza di riservatezza, non essendo possibile dai documenti richiesti risalire all'identità degli operatori e ricavare alcun elemento significativo in ordine ai loro clienti, al numero degli stessi o alle loro strategie aziendali; inoltre si tratta di dati vecchi di dieci anni, nei quali il mercato è stato rivoluzionato e gli operatori sono cambiati.

Nel giudizio R.G. 6065 del 2024 si è costituita ARERA.

Con ordinanza cautelare n. 3107 del 29 agosto 2024 i ricorsi sono stati riuniti ed è stata accolta la domanda cautelare di sospensione della sentenza, in relazione al danno grave ed irreparabile derivante dall'ostensione degli atti in esecuzione della sentenza di primo grado.

La società appellata ha proposto appello incidentale avverso: il capo della sentenza con il quale è stato respinto il ricorso proposto per contestare il rigetto dell'istanza di accesso civico, sostenendo l'erroneità della sentenza laddove ha richiesto l'indicazione di presupposti dell'accesso, in quanto non richiesti dalla norma di legge, che configura l'accesso civico come la regola generale non richiedendo una specifica motivazione; il capo della sentenza, che ha dichiarato improcedibili i motivi aggiunti deducendo di avere comunque interesse al loro accoglimento.

Tutte le parti hanno presentato memorie, insistendo nelle proprie ricostruzioni difensive; Free Luce&Gas e Terna hanno presentato anche memoria di replica.

Alla camera di consiglio del 17 dicembre 2024 gli appelli, già riuniti, sono stati trattenuti in decisione.

Gli appelli sono fondati.

L'art. 22 della l. n. 241 del 1990 al comma 2 qualifica l'accesso ai documenti amministrativi, "attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse", quale "principio generale dell'attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza".

Al comma 1 definisce il "diritto di accesso" come "il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi" (lett. a); gli "interessati" "tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso" (lett. b); "controinteressati" "tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall'esercizio dell'accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza" (lett. c).

Il comma 3 prevede: "Tutti i documenti amministrativi sono accessibili, ad eccezione di quelli indicati all'articolo 24, commi 1, 2, 3, 5 e 6".

Ai sensi dell'art. 23 "Il diritto di accesso nei confronti delle Autorità di garanzia e di vigilanza si esercita nell'ambito dei rispettivi ordinamenti, secondo quanto previsto dall'articolo 24".

L'art. 24 consente la sottrazione all'accesso dei documenti che "riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale e commerciale di cui siano in concreto titolari, ancorché i relativi dati siano forniti all'amministrazione dagli stessi soggetti cui si riferiscono".

Il regolamento in materia di accesso dell'ARERA (adottato con delibera 5 ottobre 2021412/2021/A) sottrae all'accesso "documentazione, comunicazioni, dichiarazioni, rese anche in sede di audizione, contenenti informazioni coperte da segreto commerciale, industriale o aziendale".

Ai sensi del comma 7, secondo periodo, dell'art. 24 "Deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici". Analoga disposizione è contenuta nel regolamento ARERA.

Sulla base delle norme richiamate, la giurisprudenza richiede per l'esercizio del diritto d'accesso la sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante del soggetto che richiede l'accesso, non necessariamente consistente in un interesse legittimo o in un diritto soggettivo, ma comunque giuridicamente tutelato; un rapporto di strumentalità tra tale interesse e la documentazione di cui si chiede l'ostensione (cfr. per tutte C.d.S., Sez. VI, 27 marzo 2024, n. 2900). Anche l'Adunanza plenaria ha qualificato l'accesso come una situazione strumentale per la tutela di una situazione giuridica finale (Ad. plen., n. 19 del 2020).

Inoltre, non può che richiamarsi l'Adunanza plenaria n. 4 del 18 marzo 2021, per cui, ai fini del bilanciamento tra il diritto di accesso difensivo, preordinato all'esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale in senso lato, e la tutela della riservatezza (nella specie, c.d. finanziaria ed economica), secondo la previsione dell'art. 24, comma 7, della l. n. 241 del 1990, trova applicazione il criterio generale della "necessità" ai fini della "cura" e della "difesa" di un proprio interesse giuridico, ritenuto dal legislatore tendenzialmente prevalente sulla tutela della riservatezza, ma escludendo che sia sufficiente nell'istanza di accesso un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite a un processo già pendente oppure ancora instaurando, poiché l'ostensione del documento richiesto passa attraverso un rigoroso, motivato, vaglio sul "nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale che l'istante intende curare o tutelare".

La giurisprudenza ha, quindi, ribadito che per l'accesso difensivo devono sussistere un interesse ostensivo diretto, concreto ed attuale alla cura in giudizio di determinate fattispecie, un collegamento certo tra atti richiesti e difese anche da apprestare (C.d.S., Sez. VII, 21 marzo 2024, n. 2773; Sez. IV, 22 novembre 2022, n. 10277), in quanto, l'ostensione del documento passa attraverso un rigoroso vaglio circa il nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale controversa (cfr. C.d.S., Ad. plen., n. 4/2021).

Con riguardo ai procedimenti di gara la giurisprudenza ha richiamato il principio della strumentalità necessaria, affermando che, nel bilanciamento tra il diritto alla tutela dei segreti industriali e commerciali ed il diritto all'esercizio del c.d. "accesso difensivo" è necessario accertare il nesso esistente tra la documentazione oggetto dell'istanza di accesso e le doglianze di legittimità specificamente dedotte rispetto al provvedimento impugnato in giudizio (cfr. C.d.S., Sez. V, 31 marzo 2021, n. 2682); in particolare qualora l'accesso integrale possa disvelare segreti tecnici o commerciali, il richiedente l'accesso deve dimostrare non già un generico interesse alla tutela dei propri interessi giuridicamente rilevanti, ma la concreta necessità dell'utilizzazione della documentazione richiesta in uno specifico giudizio, atteso che, nel quadro del bilanciamento tra il diritto alla tutela della riservatezza ed il diritto all'esercizio del cosiddetto accesso difensivo, risulta necessario accertare l'effettiva sussistenza o meno del nesso di strumentalità esistente tra la documentazione oggetto dell'istanza di accesso e le censure formulate (C.d.S., Sez. V, 14 gennaio 2022, n. 263; Sez. V, 20 febbraio 2024, n. 1681).

Nel caso di specie, si deve rilevare che la società appellata non ha alcun interesse concreto ed attuale all'accesso alla documentazione richiesta.

La società appellata, nella propria istanza e nel ricorso per l'accesso, ha motivato la sussistenza dell'interesse in relazione al giudizio pendente davanti al T.A.R. Lombardia avverso il provvedimento prescrittivo del 29 novembre 2022, con cui l'ARERA ha rieditato il proprio potere, a seguito dell'annullamento del precedente provvedimento da parte del Consiglio di Stato con la sentenza n. 5835 del 5 ottobre 2020. In tale giudizio la posizione dei terzi raggiunti da analoghi provvedimenti prescrittivi nel 2017 è del tutto irrilevante.

I provvedimenti prescrittivi adottati nel 2017 rispetto agli utenti del dispacciamento, pur avendo avuto all'origine un unico atto di avvio, con la delibera n. 342 del 24 giugno 2016, sono stati adottati sulla base di procedimenti distinti dell'Autorità, che ha valutato le condotte - considerate come non diligenti - di ciascun operatore. Le delibere con cui sono stati applicati i provvedimenti prescrittivi, da cui emergono quindi i criteri applicati, sono state rese pubbliche sul sito dell'Autorità, mentre la società odierna appellata richiede gli allegati, tra cui i file Excel di Terna, da cui emergono i singoli episodi di "sforamento" dalla programmazione del dispacciamento, sulla base dei quali sono state individuate le condotte non diligenti ed è stata commisurata la somma nel provvedimento prescrittivo.

Anche la circostanza che l'Autorità abbia o meno applicato un medesimo criterio di calcolo è comunque irrilevante, in quanto si tratta di procedimenti connessi solo in via di fatto, mentre le strategie di ogni operatore e gli errori rispetto alla programmazione sono stati valutati autonomamente, anche se necessariamente rispetto al mercato di riferimento.

La stessa parte appellata dà, infatti, atto che non si tratta di procedimenti comparativi.

Inoltre non può non essere richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui la censura di disparità di trattamento può rilevare solo qualora le situazioni poste a raffronto siano, tra loro, omogenee mentre la legittimità dell'operato della Pubblica amministrazione non può comunque essere inficiata dall'eventuale illegittimità compiuta in altra situazione (C.d.S., Sez. V, 8 gennaio 2024, n. 256; 18 luglio 2024, n. 6449; Sez. III, 4 dicembre 2018, n. 6873).

Nel caso di specie, peraltro il vizio di disparità di trattamento per avere l'Autorità applicato un criterio differente ai vari operatori neppure è stato mai dedotto né avverso le delibere del 2017 (essendo stato formulato un motivo di disparità di trattamento rispetto alle diverse condizioni degli operatori - piccoli o grandi - ma con riguardo all'applicazione di un unico criterio, presupponendone quindi l'applicazione per tutti) né avverso il provvedimento del 2022 emesso in sede di riesercizio del potere.

Con riguardo a tale ultimo provvedimento non può che rilevarsi, inoltre, che l'ambito del giudizio pendente è necessariamente individuato dall'annullamento operato con la sentenza del Consiglio di Stato n. 5835 del 2020 - limitatamente al difetto di istruttoria e di motivazione, ritenute dal giudice d'appello non adeguate con riferimento ai possibili effetti ulteriori, anche positivi, derivanti dagli sbilanciamenti rispetto all'utenza finale - e dal successivo giudizio di ottemperanza, definito dalla sentenza n. 6939 del 2023, che ha ritenuto eseguito il giudicato derivante dalla sentenza n. 5835 del 2020, in quanto limitato solo agli sbilanciamenti in controfase, e ha rimesso al giudizio di riassunzione l'esame delle censure relative al difetto di istruttoria e di motivazione rispetto all'utilizzo del criterio presuntivo da parte dell'Autorità (ritenuto peraltro già legittimo da questa Sezione con la sentenza n. 3274/2024 in un giudizio proposto da altro operatore; in tal senso altresì Sez. II, 5 agosto 2024, n. 6990).

Sotto tale profilo deve anche osservarsi che, anche ammesso che possa rilevare una eventuale censura di disparità di trattamento rispetto agli altri operatori, l'ambito di riferimento del giudizio avverso il provvedimento del 29 novembre 2022 è quello del riesercizio del potere, successivo ai giudizi sopra richiamati, limitatamente all'utilizzo del criterio presuntivo da parte dell'Autorità; rispetto a tale procedimento i provvedimenti emessi nei confronti dei vari operatori nel 2017 non hanno più alcuna rilevanza, essendo stati adottati con applicazione di differenti criteri.

Ne deriva la mancanza di una concreta utilità, valutabile in termini di interesse concreto ed attuale, alla conoscenza di tali documenti, considerato che la stessa parte ricorrente evidenzia che si tratta di documenti risalenti a dieci anni fa e che, nelle istanze di accesso, non vi è alcun riferimento ad eventuali ulteriori procedimenti avviati nel riesercizio del potere successivo all'intervento di analoghe pronunce del Consiglio di Stato sui provvedimenti del 2017.

Anche le indicazioni dell'Autorità rese sia nelle motivazioni della delibera del 29 novembre 2023 sia nel presente giudizio, per cui il criterio applicato sarebbe il più favorevole all'operatore - che ad avviso della difesa appellata sarebbe la giustificazione della verifica dei documenti richiesti - non sono utili ad integrare l'interesse, considerato che l'Autorità non si riferisce al criterio più favorevole rispetto ai possibili criteri applicati ad altri operatori, ma ad un criterio intrinsecamente più favorevole rispetto al singolo operatore esaminato.

In ogni caso, in relazione alla analiticità dei provvedimenti la documentazione richiesta può fornire elementi, per gli operatori del medesimo settore, relativi ad informazioni di carattere commerciale o relative alle strategie aziendali, mentre con riguardo a quanto dedotto dalla società appellata che si tratta di atti vecchi di dieci anni, tale circostanza, come già sopra evidenziato, conduce piuttosto ad escludere il suo interesse all'accesso.

Sulla base del criterio della verifica del nesso di strumentalità necessaria indicato dalla giurisprudenza, e richiamata la circostanza che, nel caso di specie, i procedimenti nei confronti degli operatori sono procedimenti del tutto distinti, l'interesse della parte appellata appare insussistente, non essendovi alcun collegamento tra le censure proposte nel giudizio pendente al T.A.R. Lombardia e i provvedimenti adottati dall'Autorità nel 2017 (a cui comunque si deve ritenere limitata la richiesta di accesso anche in base alle indicazioni difensive in ordine alla risalenza nel tempo degli atti e alla mancata indicazione di elementi ulteriori nelle istanze presentate).

La mancanza di un nesso di strumentalità necessaria comporta che non è neppure superato il giudizio di bilanciamento con la tutela della riservatezza previsto dall'art. 24, comma 7, che richiede appunto un giudizio valutativo di tipo comparativo di composizione degli interessi confliggenti facenti capo al richiedente e al controinteressato, modulato in ragione del grado di intensità dei contrapposti interessi ed improntato ai tre criteri della necessarietà, dell'indispensabilità e della parità di rango (Ad. plen., n. 19 del 2020), rispetto al quale l'interesse dedotto dalla parte ricorrente appare comunque recessivo rispetto alle esigenze di riservatezza.

Il giudice di primo grado ha, quindi, errato nel ritenere sussistente una situazione giuridica tutelata dall'ordinamento, avendo fatto genericamente riferimento "alla posizione giuridica che la stessa istante riveste quale operatore del settore del trading di energia, posizione che costituisce la situazione giuridica finale che essa si intende difendere nelle sedi giudiziarie opportune, avvalendosi, all'occorrenza, della documentazione amministrativa", senza valutare la specifica situazione giuridica posta a base dell'istanza ovvero la pendenza del contenzioso davanti alla medesima Sezione (R.G. 1778/2023); se anche ha richiamato genericamente la pendenza del contenzioso non ha operato alcun esame dell'ambito di tale giudizio e dell'utilità degli atti rispetto allo stesso.

Gli appelli sono quindi fondati e devono essere accolti con rigetto del ricorso in riassunzione proposto in primo grado.

Deve dunque essere esaminato l'appello incidentale, comunque autonomo, in quanto riguardante capi distinti della sentenza di primo grado.

Con l'appello incidentale sono contestati i capi della sentenza, che hanno respinto l'accesso civico e dichiarato improcedibili i motivi aggiunti avverso il silenzio-rigetto formulato sulla istanza di riesame presentata il 27 dicembre 2023, con cui sono stati richiesti gli allegati B e i relativi file Excel con indicazione degli allegati B di riferimento, ed è stata motivata l'istanza di accesso in relazione alla verifica circa l'applicazione del "criterio più favorevole possibile".

Con riguardo all'accesso civico è stata dedotta l'erroneità della sentenza, che avrebbe fatto riferimento alla carenza di motivazione e di indicazione di presupposti specifici; è stata quindi richiamata la norma dell'art. 5 del d.lgs. n. 33 del 2013 per cui non è richiesta apposita motivazione dell'istanza e comunque non sono chiesti ulteriori presupposti.

Ritiene il Collegio di richiamare quanto affermato dall'Adunanza plenaria n. 10 del 2020, per cui l'istanza di accesso civico non richiede apposita motivazione sull'interesse da tutelare; inoltre l'istanza di accesso documentale può concorrere con quella di accesso civico generalizzato e possono essere formulate contestualmente dal privato, mentre qualora l'istante abbia inteso, espressamente e inequivocabilmente, limitare l'interesse ostensivo ad uno specifico profilo, quello documentale o quello civico, la pubblica amministrazione dovrà limitarsi ad esaminare quello specifico profilo senza essere tenuta a pronunciarsi sui presupposti dell'altra forma di accesso, non richiesta dall'interessato. Nel caso di specie l'istanza presentata il 16 novembre 2023 era specificamente motivata per la pendenza del giudizio davanti al T.A.R. Lombardia; l'unico riferimento al d.lgs. n. 33 del 2013 era contenuto all'inizio unitamente al riferimento alla l. n. 241 del 1990, quindi effettivamente era dubbia la presentazione di una domanda di accesso civico, comunque non riproposta, neppure nella forma generica della precedente istanza, nella domanda di riesame del 27 dicembre 2023.

In ogni caso, la questione è irrilevante, in quanto Terna aveva espressamente esaminato tale istanza e tale profilo del provvedimento [di] diniego era espressamente impugnato, per cui il giudice di primo grado avrebbe dovuto esaminarlo.

Peraltro questo giudice, in forza dell'effetto devolutivo dell'appello, deve comunque esaminare la fondatezza della domanda di accesso civico generalizzato, respinta da Terna, ai sensi dell'art. 5-bis del d.lgs. n. 33 del 2013.

Sul punto l'appello incidentale non contempla specifiche censure che comunque non erano state specificamente proposte in primo grado.

In ogni caso, la domanda è infondata.

Ai sensi dell'art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33 del 2013, "Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall'articolo 5-bis".

In base al successivo comma 3, "L'esercizio del diritto di cui ai commi 1 e 2 non è sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente. L'istanza di accesso civico identifica i dati, le informazioni o i documenti richiesti e non richiede motivazione".

Sulla base di tali disposizioni la giurisprudenza di questo Consiglio ha affermato che l'accesso civico generalizzato non è sottoposto a limiti quanto alla legittimazione soggettiva né a oneri di motivazione (Ad. plen., n. 10/2022; Sez. III, 10 giugno 2022, n. 4735; Sez. V, 11 aprile 2022, n. 2670; 3 agosto 2021, n. 5714; 6 aprile 2020, n. 2309; 2 agosto 2019, n. 5502); non richiede la titolarità in capo all'istante di un interesse specifico (Sez. III, 28 luglio 2022, n. 6639). Si tratta, quindi, di una tipologia di accesso che non incontra il limite connaturale all'accesso documentale di cui alla l. n. 241 del 1990, il quale non può essere preordinato a un controllo generalizzato sull'attività delle pubbliche amministrazioni, restando strumentale alla protezione di un interesse individuale, laddove l'accesso civico generalizzato è finalizzato a garantire il controllo democratico sull'attività amministrativa; sicché si tratta di un interesse individuale alla conoscenza che è protetto in sé e per sé, purché non sussistano le contrarie ragioni di interesse pubblico o privato e le esclusioni previste dallo stesso art. 5-bis, comma 3 (C.d.S., Sez. III, 5 agosto 2024, n. 6956; Sez. IV, febbraio 2024, n. 1117; Sez. IV, 16 novembre 2023, n. 9849; Sez. V, 4 gennaio 2021, n. 60; Sez. IV, 2 febbraio 2024, n. 1117; Sez. IV, 16 novembre 2023, n. 9849).

L'art. 5-bis del d.lgs. n. 33 del 2013 prevede: "1. L'accesso civico di cui all'articolo 5, comma 2, è rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno degli interessi pubblici inerenti a:

a) la sicurezza pubblica e l'ordine pubblico;

b) la sicurezza nazionale;

c) la difesa e le questioni militari;

d) le relazioni internazionali;

e) la politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato;

f) la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento;

g) il regolare svolgimento di attività ispettive.

2. L'accesso di cui all'articolo 5, comma 2, è altresì rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno dei seguenti interessi privati:

a) la protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia;

b) la libertà e la segretezza della corrispondenza;

c) gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d'autore e i segreti commerciali".

Ai sensi del comma 3 "Il diritto di cui all'articolo 5, comma 2, è escluso nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l'accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all'articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990".

La giurisprudenza, anche sulla base delle linee-guida ANAC del 28 dicembre 2016, ha individuato due categorie di eccezioni all'accesso civico: quelle indicate al comma 3 dell'art. 5-bis sono state considerate assolute, per cui il legislatore ha operato una generale e preventiva individuazione di esclusioni all'accesso generalizzato, con la conseguenza che l'accesso deve essere necessariamente rifiutato; quelle indicate ai primi due commi dell'art. 5-bis sono considerate relative per cui si rinvia ad una attività valutativa, che deve essere effettuata dalle Amministrazioni con la tecnica del bilanciamento, caso per caso, tra l'interesse pubblico alla disclosure generalizzata e la tutela di altrettanti validi interessi presi in considerazione dall'ordinamento; in particolare l'Amministrazione deve verificare, una volta accertata l'assenza di eccezioni assolute, se l'ostensione degli atti possa comunque determinare un pericolo di concreto pregiudizio agli interessi indicati dal legislatore (cfr. C.d.S., Sez. IV, 2 febbraio 2024, n. 1117; Sez. IV, 16 novembre 2023, n. 9849; Sez. III, 5 agosto 2024, n. 6956; Sez. VI, 22 novembre 2024, n. 9389).

In particolare, con riguardo al settore dei contratti pubblici (nel quale emergono esigenze di tutela della riservatezza delle informazioni commerciali), l'Adunanza plenaria n. 10 del 2020 ha fatto riferimento ad un bilanciamento, secondo un canone di proporzionalità, della tutela del know-how industriale e commerciale con l'esigenza di non sacrificare del tutto l'esigenza di una anche parziale conoscibilità di elementi fattuali, estranei a tale know-how o comunque ad essi non necessariamente legati.

Nel caso di specie, Terna e ARERA (nelle osservazioni del 13 dicembre 2023 trasmesse a Terna) hanno correttamente operato tale bilanciamento, in quanto gli atti richiesti riguardano strategie aziendali degli operatori, mentre l'interesse alla mera conoscenza degli atti, uti cives, tutelata dalla disciplina in materia di accesso civico, deve ritenersi ampiamente soddisfatto tramite la conoscenza dei provvedimenti prescrittivi pubblicati sul sito dell'Autorità.

Con l'appello incidentale è stato impugnato anche il capo della sentenza, che ha dichiarato improcedibili i motivi aggiunti (originariamente proposti al T.A.R. Lazio ma contenuti nell'unico atto di riassunzione al T.A.R. Lombardia) avverso la avvenuta formazione del silenzio-rigetto rispetto alla istanza di riesame presentata il 27 dicembre 2023.

Correttamente il giudice di primo grado ha dichiarato l'improcedibilità di tale parte del ricorso in riassunzione, non sussistendo più alcun interesse concreto ed attuale alla impugnazione del silenzio-rigetto. Infatti si deve considerare che il silenzio-rigetto previsto dall'art. 25 della l. n. 241 del 1990 costituisce solo un presupposto relativo alla legittimazione processuale (cfr. C.d.S., Sez. IV, 7 luglio 2021, n. 5187), in quanto consente alla parte che ha presentato la domanda di accesso di impugnare il silenzio dell'Amministrazione; non comporta quindi la formazione di un vero provvedimento tacito, con le conseguenze che ne possono derivare in ordine alla natura confermativa o meramente confermativa dell'atto e, quindi, alla sussistenza dell'interesse all'annullamento.

Nel caso di specie, peraltro, il silenzio-rigetto non si è neppure formato non sussistendo un obbligo di provvedere sulla istanza con cui si chiedeva solo un riesame, dal momento che già nella prima istanza l'accesso era in via subordinata limitato solo agli allegati B e ai relativi fogli Excel in forma anonima.

In ogni caso, anche a ritenere sussistente nel presente giudizio (essendo stato ritenuto legittimo il diniego di accesso del 15 dicembre 2023) l'interesse all'esame della fondatezza dei motivi proposti avverso il silenzio, tali motivi (analoghi a quelli proposti avvero il diniego espresso del 15 dicembre 2023) non possono che ritenersi infondati per le stesse ragioni sopra evidenziate; con riguardo all'accesso civico si deve rimarcare che la relativa istanza non era stata comunque riproposta nella domanda di riesame del 27 dicembre 2023.

L'appello incidentale è, quindi, infondato e deve essere respinto, anche se con diversa motivazione.

In considerazione della particolarità della controversia le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti, come in epigrafe proposti, accoglie gli appelli principali, respinge l'appello incidentale e, per l'effetto, respinge il ricorso in riassunzione proposto in primo grado.

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Note

La presente decisione ha per oggetto TAR Lombardia, sez. I, sent. n. 1984/2024.

V. anche Consiglio di Stato, sezione II, sentenza 24 gennaio 2025, n. 542.