Consiglio di Stato
Sezione III
Sentenza 7 febbraio 2025, n. 984
Presidente ed Estensore: Lamberti
FATTO E DIRITTO
1. La società appellante ha impugnato avanti il T.A.R. per il Lazio la determinazione dirigenziale 26 febbraio 2020, n. QL/359/2020, prot. QL/15492/2020, di conclusione negativa del procedimento di autorizzazione provvisoria all'esercizio di attività di autodemolizione, chiedendo altresì la condanna di Roma Capitale al risarcimento dei danni subiti e subendi derivanti dalla chiusura dell'attività.
2. Al riguardo la società ha allegato:
- di aver svolto per oltre quarant'anni attività di autodemolizione, in forza di autorizzazioni provvisorie sempre rinnovate, conformandosi di volta in volta alle indicazioni delle amministrazioni competenti e presentando progetti di adeguamento alle normative di settore succedutesi nel tempo;
- che Roma Capitale ha dapprima rigettato l'istanza di autorizzazione ordinaria ex art. 208 adducendo principalmente che, pur essendo l'area urbanisticamente idonea a ospitare l'impianto (destinazione ad attività produttive), mancherebbe un piano attuativo di zona;
- che Roma Capitale ha, quindi, omesso di rispondere alla richiesta di autorizzazione provvisoria (presentata nel maggio 2018 e poi a febbraio 2019) in attesa della delocalizzazione, costringendo la società a proporre ricorso avverso il silenzio, accolto con la sentenza del T.A.R. 21 novembre 2019, n. 13397;
- che, infine, il Comune ha negato l'autorizzazione provvisoria con la d.d. 26 febbraio 2020 prot. QL/359/2020;
- che dal luglio 2019 la società, esaurita anche l'attività di vendita di ricambi usati, ha dovuto cessare l'attività.
3. Il T.A.R. adito, dopo aver disposto una verificazione, con la sentenza indicata in epigrafe, ha accolto il ricorso, annullando il provvedimento impugnato e disponendo il riesame dell'istanza di autorizzazione alla luce degli esiti della verificazione e ribadendo comunque "l'invito a Roma Capitale a porre in essere l'attività amministrativa di competenza dell'ente ai fini della delocalizzazione degli impianti di rottamazione e demolizione".
4. La società originariamente ricorrente ha impugnato tale statuizione, lamentando che il Giudice di primo grado non si era pronunciato sulla domanda di risarcimento danni e chiedendo la riforma del capo che aveva compensato le spese di lite.
5. L'appello va accolto nei termini di seguito esposti.
Come lamentato dall'appellante il T.A.R. ha completamente omesso l'esame della domanda risarcitoria dedotta dalla società in primo grado, pur accogliendo il ricorso ed annullando l'atto impugnato.
Occorre tuttavia verificare quali siano le conseguenze processuali di tale rilevata omissione; in particolare, se essa imponga o meno la regressione della causa al giudice di primo grado, ai sensi dell'art. 105, comma 1, c.p.a., che così recita: "Il Consiglio di Stato rimette la causa al giudice di primo grado soltanto se è mancato il contraddittorio, oppure è stato leso il diritto di difesa di una delle parti, ovvero dichiara la nullità della sentenza, o riforma la sentenza o l'ordinanza che ha declinato la giurisdizione o ha pronunciato sulla competenza o ha dichiarato l'estinzione o la perenzione del giudizio".
Sul punto è sufficiente rinviare ai consolidati principi elaborati dalla giurisprudenza (cfr. C.G.A., n. 33 del 2018; C.d.S., Sez. IV, n. 3809 del 2017; Sez. IV, n. 5595 del 2013; Sez. V, n. 7235 del 2009) secondo cui:
a) costituisce causa di annullamento con rinvio l'obliterazione non di una censura bensì di una intera domanda (come quella risarcitoria), avente carattere distinto ed autonomo rispetto a quella impugnatoria;
b) ai sensi dell'art. 105 c.p.a., nel processo amministrativo, a differenza che nel processo civile, la integrale violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato rientra a pieno titolo nei casi in cui il principio devolutivo cede il passo al principio del doppio grado di giudizio stabilito dall'art. 125 Cost.;
c) invero, per un verso, si è di fatto declinato l'esercizio di giurisdizione su una delle domande proposte; per altro verso, si è inciso sul diritto di difesa della parte ricorrente;
d) non può trovare ingresso, di contro, l'altrettanto consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo il quale "l'omessa pronuncia su una o più censure proposte col ricorso giurisdizionale non configura un error in procedendo tale da comportare l'annullamento della decisione, con contestuale rinvio della controversia al giudice di primo grado, ma solo un vizio dell'impugnata sentenza che il giudice di appello è legittimato ad eliminare integrando la motivazione carente o, comunque, decidendo del merito della causa" (C.d.S., Sez. IV, n. 846 del 2016; Sez. V, n. 279 del 2016; Sez. IV, n. 376 del 2015; Sez. IV, n. 3346 del 2014; Sez. IV, 19 giugno 2007, n. 3289).
In conclusione, in accoglimento dell'appello, il ricorso deve essere rinviato al medesimo T.A.R., che, ferma la statuizione di annullamento, provvederà a pronunciare in diversa composizione ex artt. 17 c.p.a. e 51, n. 4, c.p.c. sulla domanda risarcitoria (cfr. C.d.S., Ad. plen., n. 2 del 2009; nn. 4 e 5 del 2014, queste ultime rese sotto l'egida del nuovo codice del processo amministrativo, che hanno ribadito la necessità di salvaguardare il principio di imparzialità-terzietà della giurisdizione in sede di rinvio prosecutorio).
Le spese processuali allo stato possono essere compensate, stante la mancata definizione della domanda risarcitoria, dovendosi al riguardo disattendere i rilievi di parte appellante di cui al secondo motivo di appello.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) accoglie l'appello nei sensi di cui in motivazione e, conseguentemente, rinvia la causa ai sensi dell'art. 105 c.p.a., per l'ulteriore corso, al T.A.R. per il Lazio in diversa composizione.
Spese di lite compensate.
Note
La presente decisione ha per oggetto TAR Lazio, sez. II, sent. n. 6305/2021.