Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
Sezione IV
Sentenza 17 febbraio 2025, n. 266
Presidente: Giani - Estensore: Viola
FATTO E DIRITTO
1. Con bando pubblicato in data 7 giugno 2024, Acquedotto del Fiora s.p.a. indiceva una procedura di gara, da aggiudicarsi con il criterio del minor prezzo ed affidata al portale acquisti del gruppo ACEA, relativa alla stipulazione di un "accordo quadro di durata biennale della fornitura di acido peracetico per il fabbisogno degli impianti di depurazione gestiti ... e di ipoclorito di sodio per il trattamento delle acque destinate al consumo umano e delle acque reflue" (CIG B1FDB28AAF).
In data 24 giugno 2024, la ricorrente riceveva una comunicazione della stazione appaltante che invitava tutti i concorrenti a non "compilare ed allegare alcun D.G.U.E. ... essendo stato ravvisato un errore materiale del D.G.U.E. allegato (trattasi infatti di D.G.U.E. relativo ad un'altra procedura di gara)", risultando del tutto sufficiente la sola "compilazione della Busta di qualifica, strutturata con criteri del tutto analoghi al D.G.U.E."; la ricorrente predisponeva quindi la propria domanda e tentava di caricarla sul sistema; non riuscendovi (non permettendo il sistema il caricamento di domande di partecipazione non corredate dal D.G.U.E.), contattava l'help-desk della stazione appaltante che consigliava di caricare comunque il D.G.U.E.; alla fine, la domanda di partecipazione alla procedura era caricata sul sistema alle 8:31 del 26 giugno 2024 (quindi, nel termine previsto per la presentazione delle domande che scadeva alle 9:00 della medesima giornata) ed alle 8:38 era presentata altra domanda da parte della Toscochimica s.p.a.
Alle 9:47 del 26 giugno 2024, era pubblicata sul portale Acea una nota che comunicava la riapertura della procedura di gara, al fine di consentire la presentazione di altre eventuali offerte, fino alle 10:30 del medesimo giorno ed "a seguito di un disservizio del presente portale di gara comunicato da alcuni operatori economici e verificato ... (dalla) stazione appaltante"; a seguito della riapertura del termine di partecipazione alla gara, anche Inpec Chimici s.r.l. presentava un'offerta, alle 10:04 del 26 giugno 2024, che risultava poi prima in graduatoria (avendo offerto un prezzo medio ponderato di 0,6, mentre la ricorrente si classificava in seconda posizione, con un prezzo medio ponderato di 0,649) e conseguiva l'aggiudicazione, con la determinazione 9 agosto 2024 n. 20916 dell'Amministratore delegato di Acquedotto del Fiora s.p.a.
Gli atti meglio specificati in epigrafe erano impugnati dalla ricorrente, sulla base di censure di: 1) violazione art. 25, comma 2, del codice dei contratti pubblici, eccesso di potere per arbitrarietà e ingiustizia manifesta, difetto di istruttoria e di motivazione, violazione artt. 1, 2, 3, 4 e 5 del codice di contratti pubblici e artt. 3 e 97 della Costituzione, violazione art. 6 del bando di gara, quale lex specialis di gara; 2) violazione, sotto un ulteriore profilo, dell'art. 25, comma 2, del codice dei contratti pubblici, violazione del principio di autoresponsabilità, eccesso di potere per arbitrarietà e ingiustizia manifesta, difetto di istruttoria ed assenza di motivazione, violazione artt. 1, 2, 3, 4 e 5 del codice di contratti pubblici e artt. 3 e 97 della Costituzione, violazione del bando di gara, quale lex specialis di gara; 3) violazione del bando di gara, quale lex specialis della procedura, eccesso di potere per carenza di istruttoria e motivazione; 4) violazione del bando di gara, quale lex specialis della procedura, eccesso di potere per carenza di istruttoria e motivazione sotto ulteriore profilo; con il ricorso, erano altresì richiesti la declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato tra la controinteressata e la stazione appaltante ed il subentro nel rapporto negoziale.
Si costituivano in giudizio la stazione appaltante e la controinteressata, controdeducendo sul merito del ricorso ed articolando eccezione preliminare di inammissibilità di alcune censure proposte con i primi due motivi di ricorso; la difesa di Acquedotto del Fiora s.p.a. sollevava altresì ulteriore eccezione di irricevibilità del ricorso per tardività.
Alla camera di consiglio del 24 ottobre 2024, parte ricorrente rinunciava all'istanza cautelare proposta con il ricorso, in considerazione della pronta fissazione dell'udienza di merito del ricorso; il ricorso era quindi trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 13 febbraio 2025.
2. In via preliminare, la Sezione deve rilevare come non possa trovare accoglimento l'eccezione preliminare di irricevibilità del ricorso, articolata dalla difesa di Acquedotto del Fiora s.p.a. e che risulta fondata sulla (presunta) necessità di valutare la tempestività dell'impugnazione a decorrere dal momento in cui la controinteressata è stata ammessa alla gara, piuttosto che dal momento di aggiudicazione finale della procedura; a prescindere da qualche improprietà di formulazione (l'eccezione potrebbe, al massimo, investire le censure relative all'illegittima partecipazione della controinteressata alla procedura per effetto della riapertura del termine, ovvero i primi due motivi di ricorso e non le successive censure che risultano proponibili solo a partire dal momento in cui la ricorrente ha avuto piena cognizione, a seguito dell'esercizio del diritto di accesso, della domanda di partecipazione alla procedura dell'aggiudicataria), l'eccezione risulta però palesemente infondata, trattandosi di impugnazione tempestivamente proposta, ove si guardi al momento in cui la stazione appaltante ha fatto proprie, con la determinazione di aggiudicazione, le conclusioni della commissione di gara e non alle precedenti determinazioni della commissione in materia di ammissione dei concorrenti che assumono valore solo endoprocedimentale.
Il ricorso risulta poi solo in parte fondato e deve essere accolto solo con riferimento alla quarta censura, risultando le altre censure proposte da parte ricorrente, in parte, infondate nel merito ed in parte, inammissibili.
In particolare, le prime due censure (relative all'illegittimità del provvedimento di riapertura del termine di partecipazione alla gara ed alla conseguenziale necessità di escludere la domanda della controinteressata dalla procedura) devono, in parte, essere respinte ed in parte, essere dichiarate inammissibili per difetto di interesse in capo alla ricorrente.
Come esattamente rilevato dalla ricorrente, al centro dell'intera problematica è la previsione di cui all'art. 25, comma 2, ultima parte, del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36 (nuovo codice dei contratti pubblici) che reca una previsione dal seguente tenore: "le stazioni appaltanti e gli enti concedenti assicurano la partecipazione alla gara anche in caso di comprovato malfunzionamento, pur se temporaneo, delle piattaforme, anche eventualmente disponendo la sospensione del termine per la ricezione delle offerte per il periodo di tempo necessario a ripristinare il normale funzionamento e la proroga dello stesso per una durata proporzionale alla gravità del malfunzionamento".
Con tutta evidenza, si tratta di una previsione dal contenuto "aperto" e che si limita a prevedere l'obbligo delle "piattaforme di e-procurement ... (di) assicurare la parità di accesso degli operatori e la partecipazione alla gara degli stessi, anche in caso di comprovato malfunzionamento, pur se temporaneo, delle piattaforme" (così la relazione del Consiglio di Stato al codice dei contratti pubblici, a pag. 46) e non reca un qualche esclusivo riferimento, come prospettato da parte ricorrente, all'istituto della proroga del termine (che costituisce solo uno dei modi idonei a determinare il "risultato utile" costituito dall'attribuzione, a tutti gli operatori interessati, della possibilità di partecipare alla procedura in condizioni di parità con gli altri concorrenti).
Siamo pertanto in presenza di una previsione normativa del tutto in linea con l'evoluzione giurisprudenziale che ha spesso sottolineato l'impossibilità di escludere da una procedura di gara gli operatori economici che non abbiano potuto presentare la domanda o completarne la presentazione per effetto di malfunzionamenti della piattaforma informatica imputabili al gestore (tra le tante: T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 15 ottobre 2024, n. 5451; T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. II, 4 giugno 2024, n. 736) e consentito il ricorso, in funzione correttiva del malfunzionamento, a tutti gli istituti idonei a porre rimedio al malfunzionamento, come, a seconda dei casi, la revoca dell'intera procedura (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 4 novembre 2020, n. 5026), la proroga o la riapertura dei termini, peraltro non escludendo, in ultima analisi, il ricorso a forme sostanzialmente "atipiche" di soccorso istruttorio (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 5 luglio 2023, n. 4007; C.d.S., Sez. VII, 2 maggio 2022, n. 3418; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 17 settembre 2019, n. 11022) finalizzate a surrogare la mancata tempestiva presentazione della domanda o degli allegati.
Del tutto errata risulta pertanto la prospettazione di parte ricorrente tendente a restringere l'operatività della previsione di cui all'art. 25, comma 2, ultima parte, del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36 al solo istituto della proroga del termine, sulla base di una lettura coordinata con la successiva previsione di cui all'art. 92, comma 2, lett. c), del codice che riguarda solo l'istituto della proroga del termine di partecipazione alla gara ed ha pertanto un'operatività più ristretta della "norma aperta" in materia di obbligo di garantire la partecipazione alla gara anche in caso di malfunzionamenti della piattaforma imputabili alla stazione appaltante.
In questa prospettiva, non sussistono pertanto particolari ostacoli di principio ad ammettere che la garanzia della possibilità degli operatori interessati di poter partecipare alla gara possa concretizzarsi nella riapertura di termini ormai scaduti (come effettivamente è nella vicenda che ci occupa) o in altri "correttivi", non sussistendo alcun obbligo di utilizzare solo l'istituto della proroga del termine (come sostanzialmente prospettato da parte ricorrente); quel che conta è che la misura, di volta adottata, risulti idonea ad assicurare, in concreto, l'obbligo cui la "stazione appaltante è tenuta, nelle forme più adeguate alla fattispecie, ... (di) offrire la possibilità all'operatore economico di presentare la propria offerta, garantendo la par condicio competitorum" (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 4 novembre 2020, n. 5026).
Perché la riapertura del termine possa risultare legittima devono essere però soddisfatte due condizioni.
La prima, spesso sottolineata ed ormai "messa a fuoco" dalla giurisprudenza sopra richiamata, è che il malfunzionamento sia effettivamente imputabile alla stazione appaltante (o al gestore della piattaforma) e non all'operatore economico; nella vicenda che ci occupa, la stessa prospettazione della ricorrente chiarisce come il malfunzionamento della piattaforma derivi dal "chiarimento" (certo non ben meditato) del 24 giugno 2024 della stazione appaltante che ha determinato il tentativo non riuscito di tutti i concorrenti di caricare sul sistema domande di partecipazione mancanti del D.G.U.E. e che non potevano essere caricate sulla piattaforma.
Non possono pertanto sussistere dubbi in ordine al fatto che si tratti di problematica di malfunzionamento del sistema imputabile e sostanzialmente "creata" dalla stessa stazione appaltante ed ovviata, "in qualche modo" e con qualche arrangiamento (in sostanza, caricando un D.G.U.E. relativo ad altra procedura), attraverso la riapertura del termine; quanto sopra rilevato, porta poi ad escludere anche la prospettazione subordinata di parte ricorrente (sviluppata al secondo motivo di ricorso) tendente ad imputare l'impossibilità di caricare la domanda alla sola negligenza della controinteressata che avrebbe tentato di caricare la domanda solo a pochi minuti dalla scadenza del termine o che comunque non avrebbe considerato adeguatamente la possibilità di caricare un D.G.U.E. "sbagliato" che sarebbe stata da sempre operativa nella fattispecie (secondo una prospettazione avanzata nella memoria conclusionale, ma che risulta in sostanziale contraddizione con quanto sostenuto al primo motivo di ricorso in ordine all'obiettiva sussistenza dell'impedimento a caricare la domanda).
Al di là della necessaria stigmatizzazione dell'"abitudine" di tutti i concorrenti di caricare le domande di partecipazione all'ultimo momento (che certo costituisce una costante di tutta la giurisprudenza che si è occupata della materia), risulta, infatti, evidente come tutti e tre i concorrenti abbiano incontrato difficoltà nel caricare la domanda a pochi minuti dalla scadenza del termine e come il poco meditato chiarimento del 24 giugno 2024 li abbia posti tutti nella difficile alternativa tra il presentare una domanda corredata da un D.G.U.E. che la stessa stazione appaltante aveva già qualificato come errato ed il blocco provocato da un sistema che non accettava domande mancanti del D.G.U.E.; la problematica di malfunzionamento era quindi oggettiva e non imputabile ai concorrenti e non si può cercare di imputare la mancata presentazione della domanda solo alla negligenza della controinteressata (come la ricorrente cerca di fare, con gli ultimi scritti difensivi ed in una prospettiva che, come già rilevato, non può che risultare contraddittoria con quanto prospettato al primo motivo di ricorso).
La seconda condizione è che la riapertura del termine risulti rispettosa dei principi di par condicio e di "correttezza, leale collaborazione e buona fede" (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 4 novembre 2020, n. 5026) propri delle procedure di gara.
A questo proposito, la semplice lettura del verbale n. 1 della commissione di gara (doc. n. 9 del deposito della stazione appaltante) evidenzia come le offerte di tutti i concorrenti siano state conosciute dalla commissione ed aperte solo dopo le 10:30 del 26 giugno 2024 e non anteriormente alla riapertura dei termini; anteriormente a tale determinazione risultano solo dei contatti di alcuni soggetti interessati alla procedura (tra cui la ricorrente e la controinteressata) con l'help-desk della stazione appaltante finalizzati a comunicare il "blocco" procedimentale ed a sollecitarne la risoluzione.
In termini oggettivi, è pertanto rintracciabile solo la volontà della stazione appaltante di permettere la partecipazione alla procedura di tutti gli interessati (soprattutto a chi, come la controinteressata, aveva già praticamente caricato l'intera documentazione), in un contesto in cui continuava a rimanere riservata la presenza di altri partecipanti ed il contenuto delle relative offerte.
Quanto sopra rilevato, esclude ovviamente ogni possibilità di attribuire rilevanza al riferimento presente nella memoria conclusionale della ricorrente (a pag. 12) al fatto che i primi due concorrenti fossero "legittimamente convinti del fatto che nessun altra offerta potesse essere presentata e, dunque, avrebbero potuto, legittimamente ed in buona fede, comunicare a chiunque, inclusi ad esempio soggetti direttamente o indirettamente operanti per la Impec, non solo la circostanza di avere partecipato alla gara, ma addirittura anche il contenuto economico dell'offerta"; oltre a trattarsi di affermazione in contrasto con la rilevazione generale in ordine all'impossibilità di riconoscere una qualche posizione di affidamento al concorrente nelle fasi anteriori alla conclusione della gara costantemente presente nella giurisprudenza in materia, si tratta, infatti, di affermazione del tutto indimostrata e che presuppone la violazione, da parte della ricorrente o di altro concorrente, degli obblighi di segretezza cui sono tenuti tutti i partecipanti alle gare pubbliche.
Anche l'ultima prospettazione della ricorrente non può pertanto trovare accoglimento.
2.1. Con una prospettazione sostanzialmente subordinata, la ricorrente contesta la riapertura dei termini operata dalla stazione appaltante anche con riferimento all'eccessiva ristrettezza del nuovo termine di partecipazione alla gara (praticamente operativo dalle 9:47 alle 10:30 del 26 giugno 2024) ed all'omessa pubblicazione, sul sito della stazione appaltante, della determinazione di riapertura dei termini (che è stata pubblicata solo sul portale che gestiva la gara e, quindi, praticamente risultava conoscibile solo da chi avesse già manifestato interesse alla procedura).
Con tutta evidenza, si tratta però di censure che risultano inammissibili per difetto di interesse in capo alla ricorrente.
Come già rilevato nella parte in fatto della sentenza, la ricorrente ha, infatti, presentato la propria domanda di partecipazione alla procedura anteriormente alla riapertura dei termini e non si comprende che interesse possa avere a rilevare aspetti della proroga che risultano certamente lesivi degli interessi di atri soggetti interessati alla procedura e che non abbiano potuto presentare domanda per effetto dell'eccessiva ristrettezza del nuovo termine di partecipazione (effettivamente ingiustificabile) o a seguito della mancata conoscenza di un provvedimento di riapertura non pubblicizzato con gli stessi criteri del bando, ma non certo degli interessi dei soggetti che abbiano già presentato la propria domanda di partecipazione alla gara.
Al di là di ogni considerazione in ordine all'inapplicabilità alla fattispecie della previsione di cui all'art. 25, comma 2, lett. c), del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36 (che, come già rilevato, si riferisce alla sospensione del termine e non alla riapertura), si tratta pertanto di censure che, pur risultando di una certa serietà e consistenza, non possono trovare accoglimento, non essendo possibile ravvisare un qualche interesse della ricorrente al loro accoglimento, neanche nella prospettiva della possibile presentazione di una "nuova offerta in sostituzione di quella precedentemente caricata" che risulta esclusivamente teorica, non dimostrata anche in sede procedimentale (non avendo mai parte ricorrente, nelle interlocuzioni con la stazione appaltante, prospettato la propria volontà di presentare una nuova offerta) ed in conflitto con l'interesse fatto valere in giudizio (che sembra essere quello all'aggiudicazione della procedura e non ad un suo rifacimento, sulla base di nuovi termini e nuove domande).
In definitiva, primo e secondo motivo di ricorso devono, in parte, essere respinti ed in parte, essere dichiarati inammissibili per difetto di interesse.
3. Con il terzo motivo di ricorso parte ricorrente vira di prospettiva ed inizia a contestare la dimostrazione fornita dalla controinteressata della sussistenza del requisito di capacità tecnico-professionale di cui al punto 5.2 del bando di gara (relativo all'avere effettuato "forniture analoghe all'oggetto della presente procedura di gara ... nel triennio antecedente la pubblicazione del presente bando di almeno euro 1.138.600,00"), sotto il profilo "tecnico" dell'inidoneità di alcune sostanze indicate dalla controinteressata (ammoniaca, acido formico e miscela triacida) ad essere utilizzate "nell'ambito di impianti di depurazione e/o potabilizzazione" (come dal chiarimento pubblicato dalla stazione appaltante il 19 giugno 2024 che ha così individuato le forniture idonee a dimostrare il possesso del requisito).
Con tutta evidenza, si tratta però di censura che risulta eccessivamente generica ed in aperta contraddizione con quanto rilevato nello stesso ricorso (a pag. 24) in ordine all'utilizzo "davvero sporadico e di fatto esclusivamente teorico" delle stesse sostanze negli impianti di depurazione; il riferimento all'utilizzo "sporadico" di dette sostanze nel processo di depurazione conferma, infatti, piuttosto che smentire, come si tratti di sostanze utilizzate nel processo di depurazione, non prevedendo peraltro la lex specialis della procedura una qualche restrizione relativa al fatto che si dovesse trattare delle sostanze "più utilizzate" o relative solo a determinati tipi di depurazione (come per l'ammoniaca che sembra avere maggiore utilizzo nella depurazione industriale), piuttosto che ad altri.
In ogni caso, la documentazione esibita dalla controinteressata alla stazione appaltante in sede di soccorso istruttorio (doc. n. 13 del deposito della ricorrente) e la relazione tecnica di cui al doc. n. 21 del deposito della stazione appaltante hanno poi evidenziato la completa infondatezza delle contestazioni tecniche della ricorrente e la non necessità di procedere ad ulteriori approfondimenti in ordine all'utilizzo nella depurazione delle dette sostanze che, in alcuni casi (acido formico), lo stesso R.U.P. ha ritenuto addirittura di poter de plano considerare attinenti alla depurazione, sulla base di una sua competenza tecnica non validamente contestata dalla ricorrente.
Il motivo di ricorso non può pertanto trovare accoglimento.
4. La previsione di cui al punto 5.2 del bando di gara prevedeva poi che il requisito di capacità tecnico-professionale sopra richiamato dovesse essere comprovato mediante esibizione di certificazioni o attestazioni del committente pubblico o privato "con l'indicazione dell'oggetto, dell'importo e del periodo di esecuzione" della fornitura oppure dei contratti stipulati con amministrazioni pubbliche o privati "completi di copia delle fatture quietanzate ovvero dei documenti bancari attestanti il pagamento delle stesse".
In sede di domanda di partecipazione alla procedura (doc. n. 7 del deposito della ricorrente), la controinteressata ha esibito alla stazione appaltante una serie di fatture relative alla fornitura di vari prodotti chimici (non è dato di capire se tutti attinenti alla depurazione) che reca la cancellazione della quantità e del prezzo unitario dei singoli prodotti; la sola esibizione delle fatture non risulta pertanto essere stata accompagnata dall'esibizione dei relativi contratti, delle quietanze o dei documenti bancari attestanti il pagamento delle fatture, come previsto dal punto 5.2 del bando di gara e non è per nulla surrogata dall'attestazione a posteriori dell'importo della fornitura ricevuta che è prevista come (possibile) mezzo alternativo di documentazione dalla citata disposizione della lex specialis della procedura.
In buona sostanza, si tratta di un'insufficienza della documentazione presentata che è ammessa dalla stessa controinteressata che la giustifica sulla base del fatto che "avrebbe impiegato molto tempo a mettere insieme gli estratti di conto corrente attestanti l'incasso di tutte quelle fatture, a maggior ragione se si considera che alcune di esse sono state pagate tramite RIBA" e che, in realtà, non si ferma alla mancanza della prova del pagamento (come tendono ad affermare la stazione appaltante e la controinteressata), mancando totalmente anche i contratti relativi alle forniture effettuati (come già detto surrogabili solo attraverso la specifica attestazione dell'avvenuta fornitura).
Anche la documentazione successivamente depositata in giudizio dalla controinteressata non ha poi eliminato il problema, mancando totalmente, come già rilevato, i contratti di fornitura e non potendo comunque la documentazione di cui ai docc. 7-ter e 7-quater del deposito della controinteressata (che, unitamente alle fatture, potrebbe, forse, integrare tutti i contenuti dell'attestazione dell'avvenuta fornitura) coprire l'intero importo previsto dal punto 5.2 del bando di gara.
Come prospettato dalla ricorrente in sede di memoria conclusionale, è pertanto del tutto mancato un serio riscontro in sede procedimentale in ordine alla congruità della documentazione allegata alla domanda di partecipazione della controinteressata a dimostrare l'effettivo possesso del requisito di cui al punto 5.2 del bando di gara; serio riscontro che oggi non può prescindere dall'eventuale ricorso al soccorso istruttorio di cui all'art. 101 del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, ove si debba concludere, per le ragioni sopra evidenziate (mancata dimostrazione del contratto o del pagamento delle fatture; ecc.) o per altre, per l'insufficienza della detta documentazione a dimostrare il possesso del requisito.
5. In definitiva, solo il quarto motivo di ricorso deve pertanto essere accolto, con conseguenziale annullamento degli atti impugnati ed obbligo della stazione appaltante di rinnovare le operazioni di aggiudicazione a partire dalla verifica in ordine alla documentazione allegata alla domanda di partecipazione della controinteressata ed all'effettiva sussistenza, in capo alla stessa, del requisito di capacità tecnico-professionale di cui al punto 5.2 del bando di gara; non risultando essere stato stipulato il contratto, non possono poi trovare accoglimento le ulteriori azioni proposte dalla ricorrente.
Le spese di giudizio devono essere compensate per metà in ragione della reciproca soccombenza e liquidate, come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti indicati in motivazione e, per l'effetto, dispone l'annullamento della determinazione di aggiudicazione e delle operazioni della commissione a partire dalla fase di ammissione dei concorrenti alla procedura.
Condanna la stazione appaltante alla corresponsione alla ricorrente della somma di euro 3.000,00 (tremila/00), oltre ad IVA e CAP, a titolo di spese del giudizio.
Condanna la controinteressata alla corresponsione alla ricorrente della somma di euro 3.000,00 (tremila/00), oltre ad IVA e CAP, a titolo di spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.