Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 14 febbraio 2025, n. 1235
Presidente: Lotti - Estensore: Molinaro
FATTO
1. Le ricorrenti in epigrafe indicate hanno presentato ricorso per l'ottemperanza alla sentenza 4 novembre 2022, n. 9697 (all. 1), pronunciata dal Consiglio di Stato, Sez. VII, e per la declaratoria di nullità e/o inefficacia, ex art. 114, comma 4, lett. b) e c), c.p.a., di tutti gli atti - nessuno escluso o eccettuato - adottati dalla Provincia di Foggia in palese violazione o elusione della predetta sentenza n. 9697/2022 e, specificatamente:
- la deliberazione del Consiglio provinciale della Provincia di Foggia n. 18 del 29 giugno 2023 e relativo allegato B;
- la deliberazione presidenziale n. 98 del 29 giugno 2023;
- la deliberazione del Presidente della Provincia di Foggia n. 171 del 20 ottobre 2023 e il relativo allegato B;
- la nota della Provincia di Foggia di "Chiarimenti in ordine al rispetto del principio di invarianza del gettito, di cui al comma 817 dell'art. 1 della legge 27 dicembre 2019, n. 160", del 23 aprile 2024, a firma della dirigente del Settore finanziario della Provincia di Foggia, dott.ssa Rosa Lombardi, e dell'allegato "prospetto modifica tariffe canone unico patrimoniale ai fini dell'invarianza di gettito";
- ove occorra, la nota della Provincia di Foggia n. 23193 del 3 maggio 2024;
- ogni altro atto presupposto, connesso, conseguente o, comunque, collegato, anche se non conosciuto.
2. Nel giudizio si sono costituite le ricorrenti indicate in epigrafe.
3. All'udienza camerale del 9 gennaio 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
4. Il ricorso per ottemperanza è inammissibile, oltre che infondato.
5. Con detto ricorso parte ricorrente ha dedotto la violazione del giudicato formatosi sulla sentenza n. 9697 del 2022.
5.1. Con la delibera n. 171 del 2023 l'Amministrazione resistente ha ritenuto di dover «confermare per l'anno 2024 le tariffe ed i coefficienti di cui all'"Allegato" che costituisce parte integrante e sostanziale del presente provvedimento, con le modifiche apportate in virtù della richiamata Deliberazione di consiglio provinciale n. 18 del 29 giugno 2023, già recepite con propria deliberazione n. 98 del 29 giugno 2023».
Secondo l'appellante i suddetti provvedimenti "si pongono in aperto ed insanabile contrasto" con la decisione n. 9697 del 2022, con la quale il Consiglio di Stato ha inte[r]pretato il comma 831 dell'art. 1 della l. n. 160 del 1997, che stabilisce che "l'ammontare del canone dovuto a ciascun ente non può essere inferiore a euro 800", alla luce dell'art. 5, comma 14-quinquies, lett. b), del d.l. n. 146 del 2021 (inserito dalla legge di conversione n. 215 del 2021), statuendo "l'applicabilità di tale disposizione alla tipologia di occupazione ed ai soggetti al centro del presente giudizio".
5.2. L'appellante ha poi censurato la nota di "Chiarimenti in ordine al rispetto del principio di invarianza del gettito, di cui al comma 817 dell'art. 1 della legge 27 dicembre 2019, n. 160" e la nota n. 23193 del 3 maggio 2024 adottate dalla Provincia di Foggia, "in palese contrasto con il giudicato formatosi in ordine alla decisione n. 9697/2002, oltre che con il chiaro tenore letterale dell'art. 1, comma 831 l. 160/2019".
6. Il ricorso è innanzitutto inammissibile in quanto volto a chiedere l'ottemperanza di una sentenza di rito, con la quale il Consiglio di stato si è pronunciato ai sensi dell'art. 35, comma 1, c.p.a. dichiarando "l'improcedibilità del ricorso proposto in primo grado, nonché dell'appello proposto dalla Provincia di Foggia avverso l'originario accoglimento del ricorso stesso" (così la motivazione e in termini analoghi il dispositivo).
La ragione di tale improcedibilità è ravvisata nella sopravvenienza normativa, cioè nell'art. 5, comma 14-quinquies, lett. b), del d.l. n. 146 del 2021, come inserito dalla legge di conversione n. 215 del 2021, che ha fornito l'interpretazione autentica del comma 831 dell'art. 1 della l. n. 160 del 1997.
La sentenza è interpretata come sentenza di rito (che dichiara l'improcedibilità) anche dalla Corte di cassazione nell'ordinanza n. 2233 del 2024, richiamata da parte ricorrente, con cui è stato dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla Provincia rilevando che "il Consiglio di Stato, infatti, ritenuto applicabile al caso sottoposto al suo esame l'art. 4, comma 14-quinquies, del d.l. n. 146 del 2021 (norma avente natura interpretativa), ha rilevato che fosse venuto meno l'interesse a ricorrere delle Società, con conseguente improcedibilità dell'appello" (Cass., Sez. un., ord. n. 2233 del 2024).
Con la sentenza di cui è qui chiesta l'ottemperanza, pertanto, non è stato attribuito il bene della vita.
Posto che il giudizio di ottemperanza costituisce un istituto finalizzato a garantire l'effettività della tutela e quindi la capacità del processo di garantire alla parte vittoriosa il bene della vita del quale sia stata accertata la spettanza, nel caso di specie viene a mancare il presupposto per l'attivazione della giurisdizione di merito del giudice amministrativo, funzionale ad adeguare la situazione di fatto alla situazione di diritto scolpita nel giudicato o, comunque, nella sentenza esecutiva.
Di qui, l'inammissibilità del ricorso.
7. Si aggiunge per completezza che, anche a ritenere che la sentenza n. 9697 del 2022 sia una sentenza di merito, con la quale è dichiarata la cessata materia del contendere in ragione della disposizione contenuta nelle fonti sopra richiamate, il ricorso per ottemperanza è infondato.
Parte ricorrente muove infatti, al fine di sostenere l'inottemperanza alla sentenza e la nullità degli atti impugnati, dall'interpretazione resa nella suddetta pronuncia del portato normativo del comma 831 dell'art. 1 della l. n. 160 del 1997, in combinato disposto con l'art. 5, comma 14-quinquies, lett. b), del d.l. n. 146 del 2021, come inserito dalla legge di conversione n. 215 del 2021, al fine di giustificare la decisione assunta.
Senonché, per regola generale del sistema processuale italiano, l'interpretazione resa dal giudice per definire una controversia non vincola il giudice di una successiva causa, che debba interpretare la stessa legge per scrutinare un altro atto.
È fatto salvo il caso dell'ottemperanza e del relativo giudizio in quanto è "dovere dell'amministrazione di non adottare atti che contrastino con l'accertamento giudiziale e il conseguente effetto conformativo" (Ad. plen., 15 gennaio 2013, n. 2).
L'effetto conformativo si apprezza in particolare rispetto alle pronunce caducatorie non autoesecutive (volte a soddisfare un interesse pretensivo): l'Amministrazione deve riesercitare il potere rispettando la sentenza di annullamento, anche in relazione all'esegesi della norma di legge (nei limiti esplicitati dal giudice che ha caducato l'atto) e così il giudice dell'ottemperanza è tenuto a verificare il rispetto dell'esegesi illustrata dal giudice della cognizione.
Nel caso di sentenza caducatoria autoesecutiva (volta a soddisfare un interesse oppositivo), invece, il vincolo che deriva dal giudicato riguarda l'atto annullato (cioè l'oggetto dell'accertamento), sicché l'Amministrazione non potrà riadottare un atto dello stesso tenore, in mancanza di sopravvenienze, così assicurando effettività al bene della vita attribuito dal giudice della cognizione.
Pertanto è in particolare nel primo caso, di sentenza caducatoria non autoesecutiva, che l'interpretazione del giudice della cognizione vincola l'Amministrazione e quindi indirettamente, e nei termini illustrati, il giudice dell'ottemperanza.
Al di fuori di detta ipotesi si riespande la regola generale, in base alla quale l'esegesi di una disposizione di legge non costituisce un precedente vincolante per i successivi giudizi.
Nel caso di specie, in primo luogo, l'attività successivamente svolta dall'Amministrazione, di modifica (attraverso la delibera qui gravata), del regolamento impugnato nel giudizio esitato con la sentenza n. 9697 del 2022, non è stata posta in essere in ottemperanza alla predetta sentenza di cognizione, atteso che l'interesse ivi fatto valere dai ricorrenti è un interesse oppositivo e la sentenza autoesecutiva.
In secondo luogo, l'oggetto della sentenza n. 9697 del 2022 (del relativo accertamento) è l'interesse delle parti di quella causa, non l'atto impugnato (come invece per le sentenze autoesecutive caducatorie).
Ad esito della sentenza ottemperanda, infatti, la delibera in quella sede impugnata, di approvazione del regolamento del canone unico patrimoniale, non è stata annullata.
L'interpretazione della norma di legge, effettuata dal giudice a quo, è stata funzionale ad accertare la sussistenza (ed eventualmente la soddisfazione) di detto interesse, senza necessità di pronunciarsi sul regolamento approvato con la delibera impugnata in quel giudizio.
Il vincolo derivante da quella sentenza riguarda quindi la sussistenza (ed eventualmente la soddisfazione) dell'interesse delle parti del giudizio a impugnare una delibera che non ha impedito (nella prospettazione del giudice a quo) l'applicazione della disposizione di legge.
Pertanto l'Amministrazione, con gli atti qui impugnati non ha violato il vincolo del giudicato, essendo questo apprezzabile rispetto all'interesse delle parti di quella causa (così come nelle sentenze caducatorie autoesecutive si apprezza rispetto all'atto annullato).
Peraltro l'atto impugnato in quel giudizio, la delibera del Consiglio provinciale n. 9 del 25 maggio 2021, recante "Regolamento per l'istituzione e la disciplina del canone unico patrimoniale l.n. 160/2019. Decorrenza 1° gennaio 2021", contiene un regolamento.
A fronte di un potere di intervento normativo, la pronuncia n. 9697 del 2022, riguardante l'interesse delle parti del giudizio, non può essere vincolante rispetto al successivo esercizio del potere erga omnes, considerata anche l'ampiezza del potere regolamentare, che impone di considerare congiuntamente l'intera materia normata e il rispetto dei fini individuati dal legislatore (fra i quali, nel caso di specie, l'invarianza del gettito dell'ente locale). E ciò anche in ragione del fatto che il giudice a quo ha valutato l'interesse delle specifiche parti del giudizio basandosi non sul regolamento ma su una disposizione di legge. Pertanto il regolamento approvato con delibera n. 9 del 2021, e impugnato nel giudizio esitato con la sentenza n. 9697 del 2022, e poi modificato con gli atti qui impugnati, non ha costituito, neppure indirettamente, l'oggetto dell'accertamento (dell'interesse delle parti), rispetto al quale si misura il perimetro del giudicato, come visto.
Da quella pronuncia non deriva quindi un vincolo rispetto al successivo esercizio del potere regolamentare.
In tale contesto, atteso che la delibera di modifica del regolamento non è stata posta in essere in ottemperanza alla sentenza n. 9697 del 2022, né in violazione del vincolo dalla stessa derivante, non può ritenersi che l'interpretazione resa in quel giudizio delle disposizioni di legge sopra richiamate sia vincolante (non essendo quindi rilevanti le vicende relative al ricorso davanti alla Corte di cassazione).
Tanto basta per ritenere infondata le censure, assorbita ogni altra questione.
Le censura mosse da parte ricorrente in ottemperanza sono infatti basate sull'interpretazione che il giudice che ha pronunciato la sentenza n. 9697 del 2022 ha reso del comma 831 dell'art. 1 della l. n. 160 del 1997, come interpretato dall'art. 5, comma 14-quinquies, lett. b), del d.l. n. 146 del 2021, come inserito dalla legge di conversione n. 215 del 2021 (impregiudicato lo scrutinio della violazione di legge in sede cognitoria, già attivata).
8. In conclusione il ricorso per ottemperanza è inammissibile, oltre che infondato.
9. La particolarità e la novità della questione giuridica sottesa alla presente controversia giustifica la compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) dichiara inammissibile il ricorso per ottemperanza, come in epigrafe proposto.
Spese del giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Note
La presente decisione ha per oggetto CdS, sez. VII, sent. n. 9697/2022.