Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 19 febbraio 2025, n. 1390
Presidente: De Felice - Estensore: Gallone
FATTO E DIRITTO
1. Gli avvocati Giulio Cesare R. e Mauro B., partner di un importante studio legale che si occupa anche del contenzioso relativo agli atti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato (in seguito per brevità l'"Autorità" o anche solo, in acronimo, "A.G.C.M."), hanno formulato, in data 3 aprile 2024, istanza di accesso civico generalizzato ex art. 5, comma 2, d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33 chiedendo l'ostensione "all'ultima versione [...] del massimario sistematico della giurisprudenza amministrativa in materia (i) di concorrenza e (ii) di tutela del consumatore".
1.1. Con provvedimento del 30 aprile 2024, prot. n. 36205/2024, A.G.C.M. ha rigettato detta istanza osservando come la stessa non fosse "intesa a esercitare un controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali dell'Autorità [bensì] strumentale a perseguire un interesse di carattere privato e individuale. Inoltre [...] l'istanza è volta ad ottenere uno strumento di lavoro [...] dell'Autorità".
2. Con ricorso ex art. 116 c.p.a. notificato il 27 maggio 2024 e depositato il 28 maggio 2024 Giulio Cesare R. e Mauro B. hanno impugnato dinanzi al T.A.R. per il Lazio - sede di Roma, domandandone l'annullamento, il predetto diniego prot. n. 36205/2024 di A.G.C.M.
Gli stessi hanno altresì chiesto:
- l'accertamento del diritto dei ricorrenti di accedere, ai sensi e per gli effetti dell'art. 5, comma 2, d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, ai documenti che formano oggetto della loro istanza di accesso del 3 aprile 2024;
- la conseguente condanna di A.G.C.M. all'ostensione degli stessi ai sensi dell'art. 116, comma 4, c.p.a. anche, eventualmente, nella forma della loro "pubblicazione sul sito Internet istituzionale.
2.1. A sostegno del ricorso hanno dedotto il motivo così rubricato:
1) Violazione e falsa applicazione dell'art. 97 Cost. Violazione e falsa applicazione dei principi di buon andamento e trasparenza dell'agire. Violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 5-bis del d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche: sviamento, travisamento, irragionevolezza manifesta, illogicità e insufficienza della motivazione.
3. Ad esito del relativo giudizio, con la sentenza indicata in epigrafe, l'adito T.A.R. ha respinto il ricorso osservando che:
- "il massimario di cui parte ricorre chiede l'ostensione non costituisce documento amministrativo";
- il massimario formato da A.G.C.M. va qualificato "come uno strumento informale di lavoro, che semplifica e velocizza l'attività dell'ufficio legale; tuttavia, non avendo alcun rilievo esterno, atteso che esso non potrà mai confluire in un provvedimento amministrativo, risulta esclusa la sua accessibilità".
4. Con ricorso notificato il 28 novembre 2024 e depositato lo stesso giorno Giulio Cesare R. e Mauro B. hanno proposto appello avverso la suddetta sentenza chiedendone la riforma.
4.1. Hanno affidato il gravame al motivo così rubricato:
1) Error in iudicando per violazione e falsa applicazione dell'art. 97 Cost., degli artt. 5 e 5-bis del d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, e dell'art. 22 della l. 7 agosto 1990, n. 241. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche: sviamento, travisamento, irragionevolezza manifesta, illogicità e insufficienza della motivazione. Violazione del divieto di integrazione postuma della motivazione del provvedimento impugnato.
5. Il 29 novembre 2024 si è costituita in giudizio l'Autorità.
5.1. La stessa ha depositato in data 23 gennaio 2025 memorie difensive. In esse, oltre a sviluppare le difese già svolte in precedenza, l'Avvocatura ha evidenziato, sul piano dei limiti all'accesso civico, che l'ostensione potrebbe pregiudicare l'interesse privato alla riservatezza dei dati personali e delle informazioni economiche e commerciali sensibili, stabilito dall'art. 5-bis, comma 2. In particolare, sul punto, ha rilevato come il massimario de quo abbia ad oggetto le sentenze relative a procedimenti giudiziari di cui l'Autorità è parte, che quindi l'Autorità riceve nella versione riservata destinata alle parti e che diversamente, sul sito istituzionale di giustizia amministrativa o nelle altre banche dati giuridiche, le stesse pronunce (e le relative massime) sono pubblicate, al ricorrere dei presupposti, in versione confidenziale.
Ha anche aggiunto che, tenuto conto della rilevanza meramente interna di tale massimario, nella fase di raccolta delle pronunce non viene adottata alcuna cautela al fine di tutelare l'eventuale riservatezza delle informazioni in esso contenute, con la conseguenza che dalla lettura dei massimari potrebbe essere possibile ricavare informazioni sensibili e di natura giudiziaria in relazione a tutti i soggetti che hanno instaurato un contenzioso con l'Autorità e che hanno esigenze di riservatezza nei confronti di terzi, potendo subire un pregiudizio concreto e attuale da tale pubblicazione e/o diffusione.
6. Il 31 gennaio 2025 parte appellante ha depositato memorie in replica.
7. All'udienza in camera di consiglio del 13 febbraio 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.
8. L'appello è fondato.
9. Con l'unico motivo di appello si propongono quattro distinti profili di censura avverso la sentenza impugnata.
Con il primo di essi si censura la decisione impugnata nella parte in cui, recependo le difese svolte nel corso del giudizio dalla difesa erariale, ha individuato per la prima volta come ulteriore motivazione non fornita a suo tempo a fondamento del diniego di ostensione la circostanza che i massimari, non essendo "documenti amministrativi" ex art. 22, comma 1, lett. d), della l. n. 241 del 1990, sarebbero sottratti all'accesso.
Secondo parte appellante ciò costituirebbe un'inammissibile integrazione postuma del provvedimento gravato in prime cure.
9.1. Con il secondo profilo di doglianza si censura la sentenza impugnata nella parte in cui, ritenendo che i massimari non rientrino nella nozione di documento amministrativo, sarebbe incorsa nella violazione e falsa applicazione del disposto dell'art. 22, comma 1, lett. d), della l. n. 241 del 1990 affermando che "un massimario sistematico non rappresent[erebbe] il contenuto di un atto, bensì [...] l'esito di un'elaborazione, operata dai funzionari all'uopo preposti dall'Autorità, di alcuni dati esogeni", e non avrebbe "alcun rilevo esterno, atteso che esso non potrà mai confluire in un provvedimento amministrativo". Pertanto, "la compilazione del massimario non è frutto di un'attività amministrativa stricto sensu intesa, in quanto non finalizzata in via diretta alla cura di alcun interesse pubblico, bensì [...] è un autentico interna corporis".
Detta statuizione sarebbe errata in quanto:
- il citato art. 22, comma 1, lett. d), definisce il "documento amministrativo" come "ogni rappresentazione [...] del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse";
- nei massimari è rappresentato il risultato della rielaborazione da parte dell'A.G.C.M. di dati da essa detenuti in quanto parte "naturale" di ogni giudizio relativo a propri provvedimenti;
- sarebbe del tutto irrilevante che il massimario non possa "confluire" in un provvedimento amministrativo: sia il tenore del citato art. 22, comma 1, lett. d) ("anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento") sia la giurisprudenza chiariscono espressamente che non è indispensabile l'impiego del documento al quale si chiede accesso all'interno di uno specifico procedimento amministrativo e, conseguentemente, nell'atto finale dello stesso;
- attraverso l'elaborazione dei massimari l'A.G.C.M. persegue un'attività di pubblico interesse funzionale ad evitare che nel successivo esercizio di attività procedimentale incorra nelle medesime violazioni (procedurali e/o sostanziali) e a potersi difendere efficacemente in giudizi successivi;
- i massimari sono redatti da funzionari dell'A.G.C.M. durante il loro orario di lavoro.
9.2. Con il terzo profilo di doglianza si censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso la sussistenza dei presupposti per l'accesso civico generalizzato affermando che "la conoscenza del massimario non sia necessaria per alcuna delle finalità indicate dal d.lgs. 33/2013" e che "il controllo sull'operato dell'Autorità non necessita la conoscenza del massimario".
Detta statuizione sarebbe errata atteso che:
- il d.lgs. n. 33/2013 pone quale regola generale, all'art. 5, la totale accessibilità di dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni prevedendo poi, all'art. 5-bis, eccezioni di carattere tassativo (v. art. 5, comma 6) al fine di garantire un livello di protezione adeguata a determinati interessi, ritenuti di particolare rilevanza;
- nel caso di specie il fine perseguito con l'istanza sarebbe stato quello di incoraggiare una maggiore trasparenza su temi di interesse collettivo e diffondere una maggiore conoscenza del diritto della concorrenza e dei consumatori, come evolutosi nel corso degli anni proprio per l'effetto della giurisprudenza amministrativa; anche in considerazione del fatto che la possibilità di accedere ai massimari, attualmente riservata all'A.G.C.M., favorirebbe una più intensa e consapevole partecipazione al dibattito pubblico non solo di tutti i soggetti interessati, ma anche dei soggetti protetti dalla normativa di settore (imprese e consumatori).
9.3. Con il quarto profilo di doglianza si ripropongono alcuni profili di asserita illegittimità del diniego di ostensione gravato in prime cure sui quali non si è pronunciato il T.A.R.
Nel dettaglio si deduce che:
- l'Istanza non sarebbe sorretta da un fine meramente egoistico legato alla professione svolta dagli istanti;
- non sussisterebbe alcun vulnus al diritto di difesa dell'Amministrazione e al principio di buon andamento.
10. Il motivo è fondato.
Va, anzitutto, rammentato che, secondo l'insegnamento dell'Adunanza plenaria di questo Consiglio (C.d.S., Ad. plen., 2 aprile 2020, n. 10):
- «nell'accesso civico generalizzato si ha un accesso dichiaratamente finalizzato a garantire il controllo democratico sull'attività amministrativa, nel quale il c.d. right to know, l'interesse individuale alla conoscenza, è protetto in sé, se e in quanto non vi siano contrarie ragioni di interesse pubblico o privato, ragioni espresse dalle cc.dd. eccezioni relative di cui all'art. 5-bis, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 33 del 2013»;
- «l'accesso civico generalizzato, nel quale la trasparenza si declina come "accessibilità totale" (Corte cost., 21 febbraio 2019, n. 20), è un diritto fondamentale, in sé, ma contribuisce, nell'ottica del legislatore (v., infatti, art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 33 del 2013), al miglior soddisfacimento degli altri diritti fondamentali che l'ordinamento giuridico riconosce alla persona».
In questa prospettiva, è dovere dell'interprete prediligere un'interpretazione della disciplina dell'accesso civico c.d. "generalizzato" che assicuri all'istituto la massima latitudine operativa possibile.
Ne discende che non è corretta la lettura restrittiva seguita dal T.A.R. nella perimetrazione del suo oggetto e che ha condotto a non ritenere qualificabile come documento amministrativo ostensibile il massimario sistematico della giurisprudenza amministrativa in materia di concorrenza e di tutela del consumatore elaborato da A.G.C.M.
In proposito, è sufficiente rammentare che:
- già la l. n. 241 del 1990 pone una nozione amplissima di "documento amministrativo" stabilendo all'art. 22, comma 1, lett. d), della l. n. 241 del 1990 "ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento [corsivo aggiunto - n.d.r.], detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale";
- sulla scorta di tale dettato va fatta rientrare nella nozione di documento anche un atto come una raccolta di giurisprudenza in forme di massima, a valenza interna e che non si inserisce in uno specifico procedimento amministrativo ma è impiegato a supporto dello svolgimento dell'attività di diritto pubblico dell'Autorità (in particolare in chiave di indirizzo delle proprie scelte regolatorie);
- peraltro l'art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33 del 2013 stabilisce espressamente che l'accesso civico generalizzato ha ad oggetto non solo i "documenti" ma, addirittura, i "dati" (in forma liquida e non trasfusi in un singolo atto, salvo i limiti all'abuso dello strumento ove l'accesso si riveli massivo) e lo stesso ha esplicitamente lo "scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico";
- in ogni caso il prefato massimario, come ammesso dalla stessa difesa erariale, è comunque redatto da funzionari dell'Autorità nel corso dell'orario lavorativo e, quindi, del loro rapporto di servizio presso la stessa;
- rispetto alla trasparenza "totale" che deve assicurare lo strumento dell'accesso civico generalizzato non può ammettersi un'area di atti sottratti all'ostensione in quanto interna corporis dell'Autorità anche in considerazione del fatto che ai sensi dell'art. 2-bis, comma 1, d.lgs. n. 33 del 2013 la disciplina posta dal medesimo decreto legislativo si applica anche alle "autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione" senza specifiche limitazioni;
- nel solco dell'insegnamento della Corte costituzionale (sent. n. 13 del 2019) occorre rilevare che l'A.G.C.M. è "investita della salvaguardia dell'interesse al corretto funzionamento del mercato e la titolarità di detto interesse discende direttamente da una precisa scelta del legislatore che le ha affidato la relativa tutela; pertanto, l'Autorità non agisce [...] per far valere una propria posizione soggettiva, ma quale portatrice di un interesse pubblico alla promozione della concorrenza e alla garanzia del corretto esplicarsi delle dinamiche competitive" (C.d.S., Sez. VI, 22 aprile 2024, n. 3641);
- in questa prospettiva v'è sicuramente un interesse pubblico all'ostensione del documento di che trattasi in quanto esso costituisce, attraverso la raccolta ragionata di precedenti della giurisprudenza amministrativa, un valido strumento attraverso cui effettuare un controllo diffuso sull'operato dell'Autorità e promuoverne la conoscenza, anche sollecitando il dibattito pubblico all'interno della comunità dei tecnici ed accademici;
- la sussistenza di un siffatto interesse pubblico non è, peraltro, escluso dalla sussistenza di un concorrente interesse individuale dei richiedenti in ragione della loro veste professionale in quanto, secondo la giurisprudenza, nel caso di accesso civico generalizzato, "Non si deve confondere la ratio dell'istituto con l'interesse del richiedente, che non necessariamente deve essere altruistico o sociale né deve sottostare a un giudizio di meritevolezza, per quanto certamente non deve essere pretestuoso o contrario a buona fede" (C.d.S., Ad. plen., 2 aprile 2020, n. 10, punto 37.2 della parte in diritto).
10.1. Non è, infine, di ostacolo all'ostensione il rispetto del limite ex art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d.lgs. n. 33 del 2013 relativo alla "protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia".
E, infatti, in disparte dalla considerazione che il suo travalicamento è stato eccepito in maniera piuttosto generica dalla difesa erariale solo in chiusura delle memorie del 23 gennaio 2025, occorre rilevare che:
- sulla scorta delle deduzioni di parti il massimario di cui si chiede l'ostensione costituisce la raccolta di massime estratte da provvedimenti giurisdizionali già oggetto di pubblicazione sul sito istituzionale della giustizia amministrativa;
- quand'anche nelle massime elaborate dall'Autorità fosse presente qualche dato personale non ostensibile, tale circostanza non varrebbe comunque ad escludere tout court l'accesso, dovendo tali dati essere oscurati, nel rispetto della normativa vigente in materia, a cura e sotto la responsabilità della stessa Autorità, prima di procedere alla pubblicazione del documento (C.d.S., Sez. VII, 25 gennaio 2023, n. 860).
11. Per le ragioni esposte l'appello è fondato e va accolto.
La pretesa ostensiva avanzata dagli appellanti Giulio Cesare R. e Mauro B. è fondata ed illegittimo è il diniego all'accesso opposto dall'Autorità.
Per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve quindi essere accolto il ricorso di primo grado e va, di conseguenza, disposto l'annullamento del provvedimento del 30 aprile 2024, prot. n. 36205/2024 di A.G.C.M.
Va, poi, disposta la condanna di A.G.C.M. all'ostensione, previa adozione di ogni cautela necessaria ad impedire l'indebita diffusione di dati sensibili, dell'ultima versione del massimario sistematico della giurisprudenza amministrativa in materia di concorrenza e di tutela del consumatore, a mezzo di pubblicazione sul sito istituzionale della stessa Autorità da effettuare entro il termine di 90 (novanta) giorni dalla notifica ovvero, in mancanza, dalla pubblicazione della presente sentenza.
12. Le spese del doppio grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono ex artt. 26 c.p.a. e 96 c.p.c. la soccombenza e sono, pertanto, da porre a carico dell'Autorità.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado e di conseguenza:
- annulla il provvedimento del 30 aprile 2024, prot. n. 36205/2024 di A.G.C.M.;
- condanna A.G.C.M., in persona del legale rappresentante pro tempore, all'ostensione, con le modalità dettate in motivazione, del documento indicato nell'istanza del 3 aprile 2024, a mezzo di pubblicazione del medesimo sul sito istituzionale della stessa Autorità da effettuare entro il termine di 90 (novanta) giorni dalla notifica ovvero, in mancanza, dalla pubblicazione della presente sentenza;
- condanna A.G.C.M., in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento, a titolo di spese processuali, in favore degli appellanti Giulio Cesare R. e Mauro B., della somma complessiva di euro 6.000,00 (seimila/00), oltre gli accessori di legge (se dovuti).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Note
La presente decisione ha per oggetto TAR Lazio, sez. I, sent. n. 15851/2024.