Consiglio di Stato
Sezione III
Sentenza 20 febbraio 2025, n. 1419
Presidente: Franconiero - Estensore: Palmieri
FATTO E DIRITTO
1. La società Water & Soil Remediation s.r.l. (di seguito, per brevità: la società) gestisce un impianto, regolarmente autorizzato, di messa in riserva (R13) e di recupero (R5) di rifiuti speciali non pericolosi, di sua proprietà, sito in Comune di San Giovanni del Dosso.
In tale veste, con due distinti ricorsi proposti innanzi al T.A.R. Brescia, rubricati ai nn. 297/2015 e 298/2015 R.G., essa ha impugnato, rispettivamente, la variante 1B e la variante 1A al P.G.T. del Comune di San Giovanni del Dosso, nella parte in cui esse (artt. 17.7 e 28 delle N.T.A.):
a) vietano l'insediamento nel territorio comunale di attività di discarica e trattamento di rifiuti speciali pericolosi, ovvero l'estensione delle attività già insediate per includervi il trattamento di rifiuti speciali pericolosi;
b) subordinano a un previo giudizio di compatibilità, sotto il profilo geologico, idrogeologico, sismico e ambientale, del sito scelto per la localizzazione, l'apertura di nuove di attività di trattamento di rifiuti speciali non pericolosi ovvero l'ampliamento di quelle esistenti;
La società ritiene che tali previsioni di piano impediscano il futuro sviluppo della propria attività economica e, per questo, ha chiesto l'annullamento della variante 1A e della variante 1B.
Nei due ricorsi sono stati dedotti i medesimi motivi di illegittimità, e precisamente:
- vizi nella procedura di approvazione, segnatamente in punto di pubblicità dell'avvio del procedimento, consultazione dei soggetti interessati, termine di approvazione;
- eccesso di potere, avendo quale obiettivo le disposizioni in esame quello di espellere dal territorio comunale attività economiche, quali quella della società, legittimamente insediatesi;
- incompetenza, non spettando al Comune, bensì alla Provincia - in quanto delegata dalla Regione -disciplinare, anche dal punto di vista urbanistico, gli impianti di trattamento dei rifiuti;
- falso presupposto di fatto, dal momento che non sarebbe vero che il territorio comunale sia particolarmente vulnerabile, necessitando quindi di una disciplina restrittiva dell'attività di trattamento dei rifiuti;
- illogicità del richiamo da parte dell'art. 17 all'art. 28 delle N.T.A., il quale riguarda gli impianti di produzione dell'energia elettrica da fonti rinnovabili e non gli impianti di trattamento dei rifiuti.
Si è costituito in entrambi i giudizi il Comune di San Giovanni del Dosso, rilevando preliminarmente la tardività dei ricorsi (notificati oltre il termine di 60 giorni dalla pubblicazione sul B.U.R. dell'avviso dell'avvenuta approvazione delle due varianti), e contestando nel merito gli assunti avversari.
Con sentenza n. 455/2021 il T.A.R. Brescia, riuniti i ricorsi, li ha dichiarati inammissibili.
Avverso tale statuizione giudiziale la società ha interposto appello, affidato ai seguenti motivi di gravame, appresso sintetizzati: 1) illegittima declaratoria di inammissibilità dei ricorsi; 2) tempestività dei ricorsi.
Nel merito, l'appellante ha nuovamente proposto le censure già articolate nel giudizio di primo grado e non esaminate dal giudice di prime cure, a cagione della declaratoria di inammissibilità dei ricorsi.
Ha chiesto pertanto, in accoglimento dell'appello, e in riforma dell'impugnata sentenza, l'annullamento delle suddette varianti al locale P.G.T. Il tutto con vittoria delle spese di lite.
Nessuno si è costituito per le Amministrazioni intimate.
All'udienza di smaltimento del 5 febbraio 2025 - tenutasi con modalità di collegamento da remoto in videoconferenza, ai sensi dell'art. 87, comma 4-bis, c.p.a. - l'appello è stato trattenuto in decisione.
2. Con il primo motivo di gravame, l'appellante contesta la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi emessa dal giudice di prime cure.
A tal riguardo, essa deduce che: "la disciplina urbanistica dell'area interessata dall'autorizzazione assume specifico rilievo in sede di rilascio (e dunque anche di rinnovo o di ampliamento) dell'autorizzazione stessa. È infatti evidente che, ove detta disciplina contrasti con il contenuto dell'autorizzazione richiesta, il parere del Comune non potrà che essere negativo, non potendo tale ente discostarsi dalle previsioni del proprio strumento urbanistico generale" (atto di appello, p. 6).
L'assunto è infondato.
3. Questo Consiglio ha da tempo condivisibilmente chiarito che: "l'interesse individuale che legittima alla proposizione del ricorso, ex art. 100 c.p.c., non solo non va confuso con un'astratta aspirazione al ripristino della legalità che si assume violata, ma neppure va letto come possibilità, del tutto ipotetica ed astratta, di eventualmente ottenere una qualche utilità dal suo accoglimento" (C.d.S., VI, 14 gennaio 2019, n. 343).
Pertanto, l'interesse a ricorrere, quale species dell'interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. (norma applicabile anche al processo amministrativo in virtù del rinvio esterno di cui all'art. 39 c.p.a.), deve avere le caratteristiche della concretezza e dell'attualità, e deve consistere in una utilità pratica, diretta ed immediata, che l'interessato può ottenere con il provvedimento richiesto al giudice, sicché il provvedimento giudiziale a cui si aspira mediante la proposizione del ricorso amministrativo deve essere idoneo ad assicurare, direttamente ed immediatamente, l'utilità che la parte ricorrente assume esserle sottratta o negata o disconosciuta, non essendo a tal fine sufficiente il mero riferimento alla generica pretesa al rispetto di norme, svincolate dalla prospettazione di vizi dell'atto che incidono sulla sfera giuridica del ricorrente.
In un'ottica comparatistica - che valorizzi l'osmosi tra le giurisdizioni superiori su questioni di rilievo comune - la soluzione secondo cui l'interesse che sorregge il ricorso debba necessariamente rilevare in chiave concreta, e non astratto-ipotetica, si evince, a contrario, dalla previsione di cui all'art. 366-bis c.p.c., che sanziona con l'inammissibilità il motivo di ricorso per cassazione "il cui quesito di diritto si risolva in un'enunciazione di carattere generale ed astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie in esame (non potendosi, peraltro, desumere il quesito dal contenuto del motivo) o che si riveli una tautologia o un interrogativo circolare, che già presuppone la risposta ovvero la cui risposta non consenta di risolvere il caso sub iudice" (Cass. civ., V, 11 maggio 2017, n. 11646).
4. Ciò premesso, e venendo ora alla fattispecie in esame, rileva il Collegio che:
- l'appellante gestisce un impianto di messa in riserva e recupero di rifiuti speciali non pericolosi;
- le impugnate varianti vietano l'insediamento nel territorio comunale di attività di discarica e trattamento di rifiuti speciali pericolosi, ovvero l'estensione delle attività già insediate per includervi il trattamento di rifiuti speciali pericolosi;
- l'interesse sul quale l'appellante fonda i proposti ricorsi consiste nell'esigenza di evitare future compromissioni della propria attività lavorativa, in astratto limitate dalle impugnate varianti al P.G.T.
Ma, in tal modo, è evidente la natura meramente astratto-ipotetica del dedotto interesse, che lungi dall'essere attuale, rileva unicamente in vista di future ed eventuali iniziative imprenditoriali della società appellante.
5. Peraltro, come correttamente rilevato dal giudice di prime cure, pur in assenza delle contestate varianti, l'appellante non vedrebbe comunque riconosciuto ipso iure il diritto di svolgere attività di trattamento di rifiuti speciali pericolosi, dovendo comunque ottenere il rilascio dell'autorizzazione unica di cui all'art. 208 d.lgs. n. 152/2006; autorizzazione che assume carattere ampiamente discrezionale, come emerge dall'iter di relativa formazione, che vede coinvolte una pluralità di Amministrazioni, ciascuna titolare di un proprio interesse pubblico, non necessariamente coincidente con quello del privato istante. Il tutto senza trascurare la possibilità di svolgimento - all'interno del procedimento principale - di un sub-procedimento di valutazione di impatto ambientale (cfr. art. 208, comma 1, d.lgs. n. 152/2006), la qual cosa rende del tutto incerto - e comunque non ipotizzabile ex ante - il rilascio di una futura autorizzazione al trattamento di rifiuti speciali pericolosi.
6. Per tali ragioni, non può in alcun modo aderirsi alla ricostruzione giuridica dell'interesse al ricorso fatta valere dall'odierna appellante, essa risolvendosi in una inammissibile richiesta di pronuncia avente un'indistinta efficacia esplorativa. Efficacia che non può evidentemente ascriversi alla pronuncia giudiziale, diversamente essa risolvendosi - proprio in quanto rivolta al futuro - in una violazione del divieto di sindacato su poteri non ancora esercitati (art. 34, comma 2, c.p.a.).
7. Alla luce di tali considerazioni, deve ritenersi corretta la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi emessa dal giudice di prime cure, essendo essa del tutto in linea con le descritte coordinate ermeneutiche in punto di esistenza e attualità dell'interesse al ricorso.
8. Ne consegue il rigetto dell'appello.
9. Nulla va dichiarato quanto alle spese di lite, stante la mancata costituzione in giudizio delle Amministrazioni appellate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Nulla sulle spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Note
La presente decisione ha per oggetto TAR Lombardia, Brescia, sez. I, sent. n. 455/2021.