Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa per il Trentino-Alto Adige
Bolzano
Sentenza 27 febbraio 2025, n. 59

Presidente: Pantozzi Lerjefors - Estensore: Dellantonio

FATTO E DIRITTO

1. La ricorrente agisce per l'annullamento del silenzio-diniego del Comune resistente sull'istanza di accesso dd. 28 agosto 2024, da lei proposta ai sensi degli artt. 22 e seguenti della l. n. 241/1990 (l'omologa disciplina provinciale, cui più correttamente è da fare riferimento nel caso all'esame, è contenuta negli artt. 24 e seguenti della legge provinciale n. 17/1993 e relativo regolamento esecutivo, richiamata, per i comuni della provincia di Bolzano, dall'art. 13 della legge regionale n. 2/2018) e del parere negativo dd. 19 gennaio 2024, espresso dalla Difensora civica in seguito alla richiesta d'intervento dd. 22 ottobre 2024, come integrata in data 24 ottobre 2024.

Chiede, inoltre, che sia accertato il suo diritto di accedere ai documenti richiesti e che l'Amministrazione resistente sia condannata a esibirli.

Formula, infine, istanza di nomina di un commissario ad acta per il caso di perdurante inerzia dell'Amministrazione.

2. La ricorrente, predicatasi proprietaria delle particelle fondiarie 1284/1, 1284/3 e 1283, situate nel Comune di Santa Cristina Valgardena, per le quali, tra il 2003 e il 2017, aveva più volte fatto domanda di variazione urbanistica, ha chiesto al Comune resistente (letteralmente) l'ostensione (i) di copia delle domande di variante al piano urbanistico da lei stessa presentate e (ii) di copia di tutti i provvedimenti, i pareri, le risposte, le delibere e le determinazioni, emessi dal Comune di Santa Cristina Valgardena in relazione a tali domande.

A sostegno dell'istanza di accesso documentale, la ricorrente ha affermato di avere "un interesse diretto, concreto e attuale ad ottenere copia di tali atti per la tutela dei propri diritti ed interessi", senza aggiungere o precisare altro (doc. 1 dell'Amministrazione).

3. A fronte del silenzio-diniego del Comune, la ricorrente, in data 18 ottobre 2024, si è rivolta alla Difensora civica tramite il modulo online del suo sito web, con la seguente testuale doglianza "il Comune di Santa Cristina Valgardena non rilascia i miei documenti" (doc. 2 dell'Amministrazione).

In data 22 ottobre 2024, la ricorrente, tramite il proprio legale, su invito della Difensora civica, ha integrato e precisato come segue la richiesta d'intervento a essa rivolta: "Buongiorno, come da vie brevi appena intercorse si chiede l'intervento del difensore civico al fine di ottenere la documentazione richiesta tramite accesso documentale al comune di Santa Cristina Valgardena nell'interesse della Sig.ra Barberina G. L'accesso integrale è richiesto per i seguenti documenti amministrativi: 1. Copia delle domande di varianti al Piano Urbanistico presentate dalla signora Barberina G., relative alle particelle n. 1284/1, 1284/3 e 1283, nel periodo compreso tra l'anno 2003 e l'anno 2017; 2. Copia di tutte le risposte, i provvedimenti, i pareri, le delibere e le determinazioni emessi dal Comune di Santa Cristina Valgardena in relazione a tali domande. La richiesta è motivata dalla necessità di conoscere ed esaminare i dati/documenti in quanto titolare di un interesse diretto e attuale, correlato a situazioni giuridicamente rilevanti. Nello specifico la sig.ra G. ha presentato una serie di richieste negli anni volte a modificare la destinazione d'uso della sua proprietà. Essendo che ciò è stato concesso a tutti i suoi vicini (che hanno visto tutti diventare la propria particella edificabile) salvo che a lei, quest'ultima è intenzionata ad ottenere tutta la documentazione al fine di proporre una azione civile di risarcimento del danno per l'insensata disparità di trattamento e una azione amministrativa ed eventualmente giudiziario-amministrativa al fine di ottenere il cambio di destinazione d'uso. La presente richiesta è formulata al fine di chiedere l'intervento del difensore civico non avendo il Comune stesso provveduto. Si allega la richiesta fatta al Comune contenente anche la procura".

In data 24 ottobre 2024, la ricorrente ha trasmesso alla Difensora civica anche la richiesta originariamente rivolta al Comune (doc. 4 dell'Amministrazione).

4. In data 21 novembre 2024, infine, la Difensora civica ha trasmesso alla ricorrente e al Comune, a mezzo PEC, il proprio parere negativo, rilevando che "nell'istanza presentata dalla Signora G. non veniva indicata alcuna motivazione a fondamento della propria richiesta di accesso". Ha pertanto ritenuto "che il Comune di Santa Cristina" avesse "legittimamente rifiutato l'accesso ai documenti richiesti, in quanto l'istanza era priva di motivazione" (doc. 5 dell'Amministrazione).

5. Nel ricorso proposto a tutela del proprio diritto di accesso ai documenti in questione, la ricorrente deduce, in primo luogo, la "Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 24 e seguenti Legge provinciale n. 17/1993, Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2, 3, 24 e 97 della Costituzione; Violazione del Regolamento UE 2016/679 (GDPR). Eccesso di potere per difetto di istruttoria, illogicità e contraddittorietà" e sostiene, con richiamo a diversi approdi giurisprudenziali, di essere titolare di un "interesse diretto, concreto e attuale all'accesso dei documenti relativi alle varianti del Piano Urbanistico riguardanti le particelle n. 1284/1, 1284/3 e 1283 nel Comune di Santa Cristina di Valgardena". Tale interesse sarebbe strettamente collegato alla tutela del suo diritto di proprietà sulle menzionate particelle e finalizzato a verificare l'esistenza, il contenuto e la legittimità degli atti che potrebbero incidere sulla pianificazione urbanistica e, conseguentemente, sulle modalità di utilizzo del suo patrimonio immobiliare. Sostiene che il suo interesse si configura come diretto, per essere lei stessa la destinataria degli atti richiesti, concreto, in quanto finalizzato alla tutela del suo diritto di proprietà e alla verifica della legittimità dei provvedimenti comunali, e attuale, poiché intende valutare l'esistenza di eventuali irregolarità o disparità di trattamento nelle decisioni dell'Amministrazione. La documentazione richiesta, in sintesi, sarebbe necessaria alla ricorrente per tutelare le proprie prerogative patrimoniali e per valutare l'opportunità di intraprendere un'azione civile volta al risarcimento del danno subito, nonché eventuali azioni amministrative o giudiziarie per ottenere il cambio di destinazione urbanistica dei suoi terreni. Vorrebbe, attraverso "l'accesso documentale funzionale alla tutela del diritto di non essere discriminata rispetto agli altri proprietari confinanti che hanno ottenuto il cambio di destinazione d'uso per i propri terreni", "verificare la correttezza delle procedure adottate, ma anche per garantire la trasparenza dell'azione amministrativa". L'ostensione della documentazione richiesta sarebbe indispensabile per consentire alla ricorrente di esercitare pienamente il proprio diritto di difesa e di partecipare in modo informato e consapevole ai procedimenti amministrativi che la riguardano.

6. Con una seconda censura, rivolta contro il parere della Difensora civica, la ricorrente lamenta la "Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 6 comma 5 del dpr 2006, n. 184. Eccesso di potere per illogicità della motivazione". Si duole, in breve, dell'irragionevolezza del parere espresso dalla Difensora civica, la quale, in un primo momento chiede e ottiene l'integrazione dell'istanza di accesso, per poi negarle il diritto all'ostensione documentale, basandosi sull'insufficienza della motivazione originaria, apposta alla domanda di accesso inoltrata al Comune, senza considerare l'integrazione ottenuta. Il parere negativo espresso dalla Difensora civica violerebbe anche l'art. 6, comma 5, del d.P.R. n. 184/2006, recante il regolamento in materia di accesso ai documenti amministrativi, a mente del quale, in caso di irregolarità o di incompletezza della richiesta, l'amministrazione, entro dieci giorni, ne dà comunicazione al richiedente e il termine del procedimento ricomincia a decorrere dalla presentazione della richiesta corretta.

7. Si sono costituiti sia il Comune di Santa Cristina Valgardena sia la Difensora civica, a mezzo dell'Avvocatura dello Stato di Trento, e chiedono il rigetto del ricorso perché inammissibile e infondato.

7.1. Essi chiedono, preliminarmente, che l'azione della ricorrente, asseritamente da essa stessa qualificata come proposta avverso il silenzio ex art. 117 c.p.a., venga convertita, ai sensi dell'art. 32, comma 1, del medesimo codice in rito ordinario, essendo proposte contestualmente diverse domande, nello specifico di annullamento degli atti impugnati e di accertamento dell'illegittimità del silenzio, domande soggette a riti diversi che devono, pertanto, essere trattate con il rito ordinario. Ne discenderebbe la necessità del rinvio dell'udienza al fine di garantire il rispetto dei termini interi previsti dall'art. 73 c.p.a.

7.2. In secondo luogo, rilevano l'inammissibilità del ricorso per illecito cumulo di azioni.

7.3. Sarebbe inammissibile, in terzo luogo, la domanda di annullamento del parere della Difensora civica per difetto di legittimazione passiva di quest'ultima, che sarebbe, pertanto, da estromettere dal giudizio. Si tratterebbe, infatti, di un organo non avente natura di Amministrazione in senso stretto, con funzioni principalmente di mediazione e senza potere coercitivo, che opera sollecitando soluzioni e raccomandando interventi. Di conseguenza la decisione della Difensora civica non avrebbe natura provvedimentale in senso stretto e non sarebbe neppure lesiva della sfera giuridica della ricorrente, considerato che, secondo quanto disposto dall'art. 25, comma 4, della legge n. 241/1990, la Difesa civica non può fare altro che riesaminare la decisione dell'Ente competente e, in caso di accoglimento, informarne il richiedente e comunicare il proprio parere all'autorità disponente, mentre non può provvedere nel merito della domanda di accesso né, tanto meno, procedere direttamente all'ostensione della documentazione richiesta.

7.4. Nel merito, la domanda di accesso sarebbe in ogni caso infondata oltre che parzialmente inammissibile per difetto di interesse. Essa sarebbe connotata da assoluta indeterminatezza sia con riguardo ai contenuti e alla documentazione richiesta, sia in merito alla motivazione sottesa alla stessa.

Precisato che le richieste di variazione urbanistica proposte dai privati non fanno sorgere in capo a questi alcuna posizione soggettiva qualificata, la difesa degli Enti eccepisce l'inammissibilità della domanda di accesso afferente alle copie delle istanze di variante urbanistica presentate dalla ricorrente negli anni tra il 2003 e il 2017, dovendosi dare per scontato che, trattandosi di documentazione da essa stessa presentata, lei ne sia pienamente a conoscenza; quanto alle richieste "copie di tutte le risposte, i provvedimenti, i pareri, le delibere e le determinazioni emesse in relazione a tali domande", sarebbe evidente il carattere vago e immotivato della pretesa, tale da rendere inesigibile un dovere di riscontro in capo all'Amministrazione, a maggior ragione tenuto conto della risalenza nel tempo dei documenti in questione, la quale, in assenza di qualsivoglia indicazione da parte dell'interessato, renderebbe oggettivamente difficoltoso il loro reperimento. La difesa pubblica fa poi notare che la ricorrente non ha fatto pervenire al Comune la sua richiesta d'intervento della Difensora civica né ha mai integrato la domanda con l'indicazione dei motivi a base della stessa né ha fornito al medesimo più puntuali elementi per identificare i documenti richiesti, tenuto conto del fatto che essi sono collocati in un lasso di tempo di quattordici anni, tra il 2003 e il 2017.

Il ricorso, a sua volta, null'altro farebbe se non profilare, in modo vago, generico e del tutto ipotetico, presunte violazioni, per la verifica delle quali sarebbe necessario l'accesso alla richiesta documentazione.

La motivazione che, secondo quanto affermato nel ricorso, sarebbe sottesa alla domanda di accesso, ossia di voler attivare una causa risarcitoria, poiché mai resa nota al Comune, sarebbe in ogni caso irrimediabilmente postuma. Ineccepibile sarebbe, pertanto, la conclusione della Difensora civica che ha giudicato corretto il comportamento del Comune, atteso che l'istanza di accesso a questo proposta era priva di motivazione.

8. La ricorrente, nel replicare alle difese pubbliche, si è rimessa al Collegio quanto alla qualificazione dell'azione, ha resistito sulle eccezioni d'inammissibilità e ha ribadito le proprie ragioni meritorie.

9. All'udienza camerale del 25 febbraio 2025 la causa è stata trattenuta per essere decisa.

10. Va disattesa, in limine, l'istanza di conversione del rito e di rinvio dell'udienza proposta dalla difesa pubblica.

In base all'art. 32, comma 2, c.p.a., spetta al giudice qualificare l'azione in base ai suoi elementi sostanziali.

Quella proposta dalla ricorrente si configura come azione proposta ai sensi dell'art. 116 c.p.a. "contro le determinazioni e contro il silenzio sulle istanze di accesso ai documenti amministrativi, nonché per la tutela del diritto di accesso civico connessa all'inadempimento degli obblighi di trasparenza".

L'azione disciplinata dalla disposizione richiamata, che ne detta il rito, si riferisce sia alle determinazioni, in materia di accesso, che si ritengono illegittime sia all'inerzia serbata dall'Amministrazione di fronte a una domanda di accesso.

Ebbene, la ricorrente, contesta il silenzio serbato dal Comune a fronte della sua domanda di accesso documentale e la decisione della Difesa civica che ha confermato la correttezza dell'operato comunale e chiede l'annullamento degli atti in questione. Insta, inoltre, per l'accertamento del suo diritto a ottenere l'ostensione della documentazione richiesta e la speculare condanna del Comune a provvedervi.

Gli elementi sostanziali dell'azione esercitata, in particolare, il diritto fatto valere, le censure dedotte nei confronti degli Enti e le domande conclusivamente formulate, permettono, dunque, la sua qualifica come azione in materia di accesso ai documenti amministrativi, disciplinata dall'art. 116 c.p.a.

Non trattandosi, diversamente da come vorrebbe la difesa comunale, di domande soggette a riti differenti, la domanda di conversione del rito in quello ordinario e il rinvio dell'udienza che ne discenderebbe va senz'altro respinta.

11. Non sussiste nemmeno l'inammissibile cumulo di azioni eccepito dalla difesa pubblica.

Il silenzio del Comune e la decisione sull'intervento richiesto alla Difesa civica, la quale conferma la correttezza dell'operato comunale, si collocano in evidente rapporto di connessione funzionale in relazione all'unica domanda di accesso agli atti presentata dalla ricorrente, sicché la loro impugnazione in un unico ricorso è del tutto conforme agli arresti giurisprudenziali citati dalla medesima difesa, secondo i quali, ai fini dell'ammissibilità del ricorso cumulativo avverso distinti provvedimenti è necessario che gli stessi siano riferibili al medesimo procedimento amministrativo, seppur inteso nella sua più ampia latitudine semantica.

12. Infine, è palesemente infondata anche l'eccezione di difetto di legittimazione passiva in capo alla Difensora civica.

A questo riguardo giova ricordare che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, il ricorso al difensore civico, declinato dall'art. 25, comma 4, della legge n. 241/1990, e, per i comuni della provincia di Bolzano dall'art. 26, comma 5, della legge provinciale n. 17/1993, costituisce, comunque lo si denomini (riesame, ricorso gerarchico proprio, ricorso gerarchico improprio, ecc.), un rimedio amministrativo assimilabile allo schema del ricorso gerarchico improprio, in quanto rivolto a un organo non originariamente competente, né legato a quello competente da una relazione organica di sovraordinazione (C.d.S., Sez. VI, 27 maggio 2003, n. 2938; T.A.R. Abruzzo, Sez. I, sentenza n. 452/2009; T.A.R. Lazio, Sez. Terza Quater, sent. n. 12458/2024).

Si tratta, in breve, di uno strumento di tutela che favorisce l'esercizio del diritto di accesso nei confronti dell'amministrazione pubblica con effetti deflattivi del contenzioso, tenuto, tra l'altro, conto degli oneri connessi al ricorso giurisdizionale.

Il difensore civico, in questo specifico ambito, assume le qualità di autorità decidente e incarna, quindi, il rimedio giustiziale a disposizione del cittadino per far valere le ipotesi di mal amministrazione nel campo del diritto d'accesso. L'istituto si colloca, come detto, nella prospettiva di ricorsi amministrativi che sono disciplinati, nel nostro ordinamento, dal d.P.R. 1199 del 1971.

Il giudice amministrativo, sulla base di tale qualificazione, ha ritenuto, ad esempio, inammissibile per difetto di contraddittorio il ricorso notificato alla sola autorità che ha deciso il ricorso gerarchico improprio (difensore civico) e non anche alla P.A. che ha adottato il diniego di accesso; ovvero, ha riconosciuto all'interessato la possibilità di convertire il ricorso pendente dinanzi alla Commissione per l'accesso (o al difensore civico) in ricorso giurisdizionale, senza dovere attendere necessariamente la previa definizione della procedura amministrativa, oppure ancora di agire in giudizio anche pendente la procedura stessa dinanzi agli organi amministrativi facendo venire meno il proprio interesse alla trattazione della medesima istanza dinanzi alla Commissione per l'accesso (o al difensore civico) (T.A.R. Lazio, Sez. I, n. 10747/2009).

Se ne evince che la decisione emessa dal difensore civico sul rimedio previsto dall'art. 25, comma 4, della legge n. 241/1990, se ritenuta illegittima, può essere impugnata con ricorso giurisdizionale, al pari dei provvedimenti decisori di un ricorso gerarchico.

13. Nel merito il ricorso è infondato.

13.1. È opportuno porre in preliminare evidenza il fatto che la ricorrente, sia nella domanda di accesso sia poi nel ricorso all'esame, ha fatto espresso, esclusivo e inequivocabile richiamo alla disciplina dell'accesso documentale, sicché l'istanza proposta va esaminata con specifico riferimento ai profili della legge n. 241/1990 e dell'omologa legge provinciale n. 17/1993, senza che questo Collegio possa mutare il titolo dell'accesso definito nell'istanza medesima (cfr. C.d.S., Ad. plen., sentenza n. 10/2020; T.A.R. Napoli, Sez. VI, sentenza n. 4963/2020; T.A.R. Lazio, Sez. I, sentenza n. 4033/2021).

13.2. Ciò chiarito e individuata la disciplina che viene in rilievo, è dirimente osservare come la ricorrente, nel formulare la propria istanza di esibizione, abbia chiesto letteralmente (i) copia delle domande di variante al piano urbanistico da lei stessa presentate nel periodo compreso tra l'anno 2003 e l'anno 2017 e (ii) copia di tutti i provvedimenti, i pareri, le risposte, le delibere e le determinazioni, emessi dal Comune di Santa Cristina Valgardena in relazione a tali domande.

13.3. In punto di diritto giova richiamare l'insegnamento consolidato della giurisprudenza amministrativa a tenore del quale l'istanza di accesso deve puntualmente indicare i documenti di cui si chiede l'ostensione. Si veda in tal senso, ex multis, C.d.S., Sez. VI, sentenza n. 7896/2022: "l'istanza di accesso ai documenti amministrativi deve riferirsi a ben specifici documenti e non può comportare la necessità di un'attività di elaborazione di dati da parte del soggetto destinatario della richiesta: l'ostensione degli atti non costituisce uno strumento di controllo generalizzato sull'operato della pubblica amministrazione nei cui confronti l'accesso viene esercitato, con la conseguenza che l'onere della prova anche dell'esistenza dei documenti, rispetto ai quali si intende esercitare il diritto di accesso, incombe sulla parte che agisce in giudizio" (v. anche T.A.R. Lazio, Sez. II, sentenza n. 12762/2024).

13.4. Ebbene, l'indubbia genericità della domanda formulata dalla ricorrente, mai integrata con più precise e puntuali indicazioni utili a individuare la documentazione richiesta, comporta l'inesigibile onere, per l'Amministrazione, di andare alla ricerca, da un lato, di non meglio precisate domande presentate dalla stessa ricorrente, risalenti non si sa a quale data e ignote nel numero, sparse su un arco temporale di quattordici anni, dall'altro lato di una serie di atti, la cui esistenza non è certa, tenuto conto del fatto che la domanda di un privato volta a ottenere una cambio di destinazione dei propri terreni non è idonea ad avviare un procedimento di variante urbanistica e non implica alcun dovere di risposta in capo all'Amministrazione, atti, comunque, anch'essi non precisati né nel numero, né nella tipologia né nel presunto tempo di adozione.

Si tratta, pertanto, di una domanda indubbiamente generica e perlustrativa, che non consentiva al Comune di valutare la pretesa e di assumere le determinazioni conseguenti.

Va aggiunto che non è stata espressa in modo chiaro nemmeno l'attualità e la concretezza dell'interesse all'ostensione, non bastando ai fini del vaglio circa il nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione controversa, il generico accenno, peraltro contenuto nella sola integrazione richiesta dalla Difensora civica e mai fatta pervenire al Comune, all'intento di esercitare un'azione risarcitoria della quale resta ignoto il perimetro, a fronte di una pretesa passata disparità di trattamento, anch'essa non meglio precisata e comunque risalente a diversi anni addietro (si parla, nella domanda di accesso, di documenti datati tra il 2003 e il 2017) (C.d.S., Sez. IV, sentenza n. 7896/2022).

Né è chiaro - poiché la ricorrente non lo spiega - come l'esibizione, da parte del Comune, delle domande proposte tra il 2003 e il 2017 e provenienti dalla stessa ricorrente che, dunque, ben le avrebbe dovute conoscere, e delle determinazioni, del tutto ipotetiche ed eventuali, su di esse assunte dall'Amministrazione, possano influire su un'eventuale odierna riproposizione di un'analoga domanda di variazione urbanistica che, per quanto detto in precedenza, è comunque inidonea a incardinare l'avvio di un procedimento di variante urbanistica, spettando la relativa iniziativa, in linea di principio, unicamente all'autorità cui compete il governo del territorio (T.A.R. Napoli, Sez. II, sentenza n. 2076/2018; T.A.R. Ancona, Sez. I, sentenza n. 590/2017; T.R.G.A. Bolzano, sentenza n. 105/2011).

In definitiva, non pare al Collegio che la ricorrente abbia sufficientemente delineato "l'interesse concreto e attuale corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso" [art. 22, comma 1, lett. b), legge n. 241/1990, e, per i comuni della provincia di Bolzano art. 24, comma 1, lett. b), della legge provinciale n. 17/1993], né che l'istanza da essa presentata sia adeguatamente motivata (art. 25, comma 2, della legge n. 241/1990 e art. 26, comma 2, della legge provinciale n. 17/1993).

13.5. Da ultimo non si rinviene nemmeno l'asserita violazione dell'art. 6, comma 5, del d.P.R. n. 184/2006, recante il regolamento in materia di accesso ai documenti amministrativi, a mente del quale, in caso di irregolarità o di incompletezza della richiesta, l'amministrazione, entro dieci giorni, ne dà comunicazione al richiedente e il termine del procedimento ricomincia a decorrere dalla presentazione della richiesta corretta.

A questo riguardo è sufficiente ribadire che la genericità e la connotazione esplorativa della richiesta di accesso formulata dalla ricorrente trascende la mera irregolarità o incompletezza, a fronte delle quali l'amministrazione, a mente della disposizione evocata, invita l'interessato alle necessarie integrazioni e correzioni.

Nondimeno giova aggiungere che la censura, formulata nei soli confronti del parere espresso dalla Difesa civica, è smentita dai fatti.

Come ricorda la stessa ricorrente, la Difesa civica, invero, l'aveva invitata a precisare la propria domanda, invito al quale è conseguita l'integrazione del 22 ottobre 2024, dove per la prima volta si fa cenno all'intenzione di proporre una causa per risarcimento danni e una nuova domanda di variante urbanistica. S'è detto in precedenza dell'inidoneità di questa integrazione a superare i connotati meramente esplorativi della domanda di accesso.

14. Quanto esposto conduce, in conclusione, alla declaratoria d'infondatezza e alla conseguenza reiezione del ricorso. Le spese, come liquidate nel dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa - Sezione autonoma di Bolzano, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna la ricorrente a rifondere al Comune e alla Difensora civica le spese di lite che liquida in complessivi euro 3.000,00 oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.