Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sezione V-ter
Sentenza 28 febbraio 2025, n. 4446

Presidente: di Nezza - Estensore: Tricarico

FATTO

1. Con ricorso notificato e depositato il 5 dicembre 2024, Acquario Romano s.r.l. ha chiesto l'ottemperanza del decreto ingiuntivo in epigrafe indicato, con il quale il Tribunale di Roma ha ordinato all'Ater della provincia di Roma di pagare alla società ricorrente:

"1. la somma di euro 13.200,00;

2. gli interessi come da domanda;

3. le spese di questa procedura di ingiunzione, liquidate in euro 730,00 per compensi, in euro 145,50 per esborsi, oltre i.v.a. e c.p.a., rimborso forfettario delle spese generali ed oltre alle successive occorrende".

1.1. La società ricorrente ha chiesto, in particolare, di "assegnare un termine di trenta giorni all'Ater della provincia di Roma per disporre il pagamento di complessivi euro 17.054,00", nonché di "nominare, fin da ora, un commissario ad acta in caso di infruttuosa scadenza del predetto termine" o di quello ritenuto opportuno da questo Tribunale.

2. Ater della provincia di Roma si è costituita in giudizio eccependo il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, in ragione della propria natura di "ente pubblico economico", nonché in ragione del fatto che il legislatore avrebbe inteso "limitare l'esperibilità del giudizio di ottemperanza alle pronunce per cui non sia attuabile il procedimento di esecuzione forzata secondo le norme del codice di procedura civile".

Nella stessa memoria di costituzione, Ater ha eccepito altresì l'inammissibilità del ricorso per carenza dei presupposti richiesti dall'art. 114 c.p.a., in conseguenza del mancato deposito della "copia autentica" del decreto ingiuntivo di cui si chiede l'esecuzione.

3. In data 26 gennaio 2025, la società ricorrente ha depositato memoria di replica, con cui ha contestato le eccezioni mosse dall'Ater intimata.

4. Alla camera di consiglio dell'11 febbraio 2025, dopo la discussione, la causa è passata in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente, deve essere disattesa l'eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla difesa dell'Ater sull'assunto della natura privatistica di quest'ultima.

Al riguardo, si osserva, in primo luogo, che le aziende territoriali di edilizia residenziale pubblica (Ater), come l'Ater della provincia di Roma, sono "enti pubblici di natura economica, strumentali della Regione, dotati di personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale, patrimoniale, finanziaria e contabile" (art. 2, comma 3, l.r. Lazio, n. 30/2002).

Tanto premesso e considerato il disposto dell'art. 7, comma 2, c.p.a., secondo il quale per "pubbliche amministrazioni", ai fini di tale codice, "si intendono anche i soggetti ad esse equiparati o comunque tenuti al rispetto dei principi del procedimento amministrativo", con riguardo all'eccepito difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in relazione ai ricorsi per l'ottemperanza proposti nei confronti degli enti pubblici economici, il Collegio osserva quanto segue:

- non giova al sostegno del difetto di giurisdizione il richiamo alla previsione dell'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001, la cui funzione è esclusivamente quella di delimitare il campo di applicazione della relativa fonte normativa di settore, che ha riguardo alla ben diversa materia dei rapporti di lavoro;

- non rileva, inoltre, quanto osservato dalla giurisprudenza amministrativa con riguardo al giudizio di ottemperanza azionato nei confronti di una società a partecipazione pubblica (cfr. T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. I, 24 maggio 2021, n. 1660; C.d.S., Sez. V, 3 febbraio 2015, n. 502), atteso che, per un verso, la stessa giurisprudenza ha chiarito che "l'ottemperanza nei confronti delle sentenze del giudice ordinario è ammessa solo nei confronti della pubblica amministrazione in senso formale" (C.d.S., n. 502/2015, cit.) e, per altro verso, la natura privata delle società a partecipazione pubblica conferisce loro uno statuto diverso e non sovrapponibile a quello proprio degli enti "pubblici" economici e non economici, come, del resto, è stato testualmente chiarito dal d.lgs. n. 175/2016 (Testo unico delle disposizioni in materia di società a partecipazione pubblica), che, all'art. 1, comma 3, stabilisce che: "Per tutto quanto non derogato dalle disposizioni del presente decreto, si applicano alle società a partecipazione pubblica le norme sulle società contenute nel codice civile e le norme generali di diritto privato" e, all'art. 2 ("definizioni"), comma 1, ai fini delle disposizioni contenute nello stesso decreto legislativo, annovera tra le "amministrazioni pubbliche", accanto alle "amministrazioni" di cui all'art. 1, comma 2, d.lgs. n. 165/2001, tra gli altri, "gli enti pubblici economici";

- in accordo con quanto già espresso dalla giurisprudenza, per l'ammissibilità del giudizio di ottemperanza rileva, infatti, la natura soggettivamente pubblica del soggetto di cui si chiede la condanna ad ottemperare, senza riguardo per gli strumenti giuridici da questi impiegati e per gli scopi a questi rimessi dall'ordinamento; e ciò anche qualora il rapporto originariamente dedotto in giudizio abbia mera natura privatistica (cfr., ex multis, T.A.R. Molise, Sez. I, 7 luglio 2023, n. 207; C.d.S., Sez. V, 21 giugno 2012, n. 3660);

- dunque, l'ambito soggettivo di applicazione del giudizio di ottemperanza ricomprende anche gli enti pubblici economici che svolgono attività di impresa (cfr., ex multis, T.A.R. Lazio, Latina, Sez. II, 20 gennaio 2025, n. 40; T.A.R. Basilicata, Sez. I, 14 maggio 2024, n. 252; T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 7 agosto 2023, n. 2023; T.A.R. Basilicata, Sez. I, 27 giugno 2022, n. 500; T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 9 aprile 2021, n. 1136);

- in definitiva, il giudizio per l'esecuzione del giudicato va inteso come mezzo di attuazione delle sentenze nei confronti di tutti i soggetti pubblici nella loro più ampia accezione ("per l'ammissibilità del giudizio di ottemperanza deve rilevare la natura pubblica del soggetto di cui si chiede la condanna ad ottemperare senza aver riguardo agli strumenti giuridici da questo impiegati ed agli scopi a questi rimessi dall'ordinamento, ciò anche qualora il rapporto originariamente dedotto in giudizio abbia mera natura privatistica", C.d.S., Sez. V, 20 febbraio 2014, n. 804), dunque, comprensiva degli enti pubblici economici, come l'Ater della provincia di Roma, senza che possa trovare accoglimento la tesi che "la scelta del giudizio di ottemperanza in luogo del procedimento esecutivo civile contrasta con l'economia del giudizio amministrativo" (cfr. memoria di costituzione di parte resistente).

2. Sempre in via preliminare, in riscontro all'eccezione per cui il legislatore avrebbe inteso "limitare l'esperibilità del giudizio di ottemperanza alle pronunce per cui non sia attuabile il procedimento di esecuzione forzata secondo le norme del codice di procedura civile" (memoria di costituzione di parte resistente), osserva ancora il Collegio che nel processo amministrativo il decreto ingiuntivo non opposto, in quanto definisce la controversia al pari della sentenza passata in giudicato, ha valore di cosa giudicata anche ai fini della proposizione del ricorso per l'ottemperanza previsto dall'art. 112, comma 2, lett. c), c.p.a., a condizione che il decreto stesso sia stato dichiarato esecutivo ai sensi dell'art. 647 c.p.c.

Per costante indirizzo giurisprudenziale il decreto ingiuntivo di pagamento della somma di denaro, dichiarato esecutivo ai sensi dell'art. 647 c.p.c. in quanto non opposto nei termini di legge, assume valenza definitiva e tale "definitività" è "equiparabile al giudicato", atteso che il provvedimento non impugnato con i rimedi per esso previsti non può essere ulteriormente contestato (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 30 maggio 2023, n. 9189).

Nella fattispecie, è documentata in atti l'emissione del decreto di esecutorietà (ex art. 647 c.p.c.) del decreto ingiuntivo n. 6209/2024 del Tribunale di Roma della cui ottemperanza si tratta; va, pertanto, respinta l'eccezione dedotta da parte resistente.

3. Va, inoltre, respinta l'ulteriore eccezione di inammissibilità fondata sulla circostanza che, unitamente al ricorso, non sarebbe stata prodotta la "copia autentica" del decreto di cui si chiede l'ottemperanza.

In proposito, si osserva che la disposizione di cui all'art. 114, comma 2, c.p.a., ai sensi della quale "unitamente al ricorso è depositato in copia autentica il provvedimento di cui si chiede l'ottemperanza, con l'eventuale prova del suo passaggio in giudicato", deve essere interpretata alla luce delle modifiche normative intervenute successivamente all'entrata in vigore del d.lgs. n. 104/2010.

In particolare, il comma 2-ter dell'art. 136 c.p.a., introdotto dall'art. 7, comma 1, lett. b), n. 3, del d.l. n. 168/2016, conv. con modif. dalla l. n. 197/2016, stabilisce che "Quando il difensore depositi con modalità telematiche la copia informatica, anche per immagine, di un atto processuale di parte, di un provvedimento del giudice o di un documento formato su supporto analogico e detenuto in originale o in copia conforme, attesta la conformità della copia al predetto atto mediante l'asseverazione di cui all'articolo 22, comma 2, del codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82".

Orbene, la scelta del legislatore di non richiedere l'attestazione di conformità in relazione all'atto nativo digitale, il quale sia prodotto in giudizio in tale forma (mediante allegazione telematica), a differenza di quanto previsto con riguardo ai documenti su supporto cartaceo [o, in termini più generali, a un "documento analogico", quale "rappresentazione non informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti"- art. 1, comma 1, lett. p-bis), d.lgs. n. 82/2005], discende dalla circostanza che in quest'ultimo caso vi è un problema di conformità della copia depositata rispetto all'originale; diversamente, "quando il deposito riguarda l'atto digitale, lo stesso non viene prodotto in 'copia', bensì in originale essendo l'originale dell'atto suscettibile di ripetute riproduzioni, senza perdere le sue caratteristiche di essere un atto originale" (Cass., Sez. VI, ord. 16 gennaio 2023, n. 981).

Nel caso di specie, essendo avvenuta la produzione del decreto ingiuntivo telematico, quale atto nativo digitale, tramite il deposito telematico (cfr. doc. n. 3, con cui, unitamente al ricorso, è stata depositata da parte ricorrente la comunicazione PEC rivolta dal procuratore di parte ricorrente all'Ater della provincia di Roma, cui è allegato sia il decreto ingiuntivo telematico sia il decreto di esecutorietà ex art. 647 c.p.c., parimenti telematico), non è necessaria l'attestazione di conformità all'originale; da ciò discende l'infondatezza dell'eccezione di inammissibilità rivolta da parte resistente.

4. Tanto premesso, nel merito, il ricorso è fondato e merita accoglimento.

4.1. Rilevata l'incongruenza del richiamo (specificamente contestato da parte ricorrente) alla transazione asseritamene avvenuta in data 5 ottobre 2020 (e, dunque, prima dell'instaurarsi del rapporto da cui è sorta la pretesa cristallizzata nel decreto ingiuntivo di cui si chiede l'esecuzione), si osserva che l'Amministrazione intimata non ha provato, come sarebbe stato suo onere, l'avvenuto adempimento (cfr. in tema di prova dell'adempimento per tutte Cass. civ., Sez. un., 30 ottobre 2001, n. 12533); di conseguenza, alla luce di quanto addotto e documentato dalla ricorrente e considerata la mancanza di elementi di segno contrario circa, in particolare, l'asserito inadempimento alla pronuncia del giudice ordinario, nonché l'assenza di contestazione in ordine al quantum della pretesa, la domanda deve essere accolta.

5. Va, dunque, ordinato all'Ater intimata di dare esecuzione al giudicato formatosi sul decreto ingiuntivo del Tribunale di Roma in epigrafe indicato, provvedendo al pagamento di quanto dovuto in base al titolo (ivi inclusi interessi e spese, così come quantificati nel ricorso in epigrafe) entro sessanta giorni dalla comunicazione (o, se anteriore, dalla notificazione a cura di parte) della presente pronuncia.

6. Per il caso di perdurante inottemperanza nomina sin d'ora commissario ad acta il direttore della Direzione regionale Ragioneria generale della Regione Lazio (con facoltà di delega), il quale provvederà nell'ulteriore termine di sessanta giorni decorrenti da apposita richiesta di parte ricorrente, compiendo tutti gli atti necessari, comprese le eventuali modifiche di bilancio, a carico e a spese dell'ente inadempiente.

7. Le spese del giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio (Sezione Quinta Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

- lo accoglie e, per l'effetto, ordina all'Ater intimata di dare esecuzione al decreto ingiuntivo di cui in epigrafe nei modi e nei termini specificati in motivazione;

- per il caso di perdurante inottemperanza nomina commissario ad acta il direttore della Direzione regionale Ragioneria generale (con facoltà di delega), che provvederà ai sensi e nei termini indicati in motivazione;

- condanna l'Ater intimata al pagamento in favore della parte ricorrente delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi euro 800,00 (ottocento/00), oltre agli accessori di legge e alla rifusione del contributo unificato (nella misura effettivamente versata).