Corte di cassazione
Sezioni unite civili
Ordinanza 31 gennaio 2025, n. 2312
Presidente: D'Ascola - Relatore: Carrato
FATTI DI CAUSA
1. Con atto di citazione del febbraio 2013, il sig. N. Francesco convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Lecce, il Comune di Porto Cesareo e la Regione Puglia, chiedendo la loro condanna al risarcimento, in suo favore, dei danni che aveva subito l'immobile destinato alla propria abitazione per essere fortemente battuto dai marosi, che avevano finito per minarne la stabilità e tanto era da ricondurre alle opere realizzate dai titolari di alcuni stabilimenti balneari che avevano alterato il sistema delle correnti marine ed il riciclo naturale del materiale sabbioso; chiedeva, altresì, che i due citati enti convenuti venissero condannati anche alla realizzazione di ogni intervento idoneo a salvaguardare la sua proprietà.
Entrambe le parti convenute si costituirono in giudizio, eccepivano il loro difetto di legittimazione passiva e, in ogni caso, invocavano il rigetto nel merito della domanda attrice. Inoltre, il citato Comune eccepì anche il difetto di giurisdizione del giudice ordinario.
L'adito Tribunale, pronunciando con sentenza n. 2398/2015, accolse parzialmente la domanda del N., condannando il convenuto Comune di Porto Cesareo al pagamento, in favore dell'attore, della somma di euro 17.219,71; dichiarò inammissibile la domanda di condanna delle Amministrazioni evocate in giudizio all'esecuzione di opere per salvaguardare l'immobile adibito ad abitazione dell'attore e rigettò le altre domande, regolando le complessive spese processuali.
2. Decidendo su un primo appello formulato dal N. e su un secondo gravame proposto dal Comune di Porto Cesareo, la Corte di appello di Lecce, riuniti i due giudizi, in riforma della pronuncia di primo grado ed in accoglimento per quanto di ragione dell'impugnazione del N., con sentenza n. 829/2020 (pubblicata il 31 agosto 2020), condannò il Comune di Porto Cesareo e la Regione Puglia, con vincolo solidale, al pagamento, in favore dell'originario attore, della maggiore somma (rispetto a quella riconosciuta con la decisione di primo grado) di euro 43.332,21, oltre rivalutazione ed interessi; dichiarò la giurisdizione del giudice ordinario con riferimento alla domanda di condanna all'esecuzione delle opere idonee a salvaguardare l'abitazione del N., rimettendo le parti dinanzi al Tribunale per la decisione nel merito di tale capo di domanda; regolò le spese del doppio grado applicando il principio della soccombenza.
Quanto alla ritenuta sussistenza della giurisdizione ordinaria in ordine alla domanda di cui alla lett. B) dell'atto introduttivo del giudizio di primo grado proposto dal N. (ovvero quella riguardante la richiesta di condanna, a carico delle due Amministrazioni pubbliche, all'esecuzione delle predette opere), la Corte salentina si richiamò ed applicò il principio statuito da queste Sezioni unite con l'ordinanza n. 9318/2019, alla stregua del quale l'inosservanza da parte della P.A., nella gestione e manutenzione dei beni che ad essa appartengono, delle regole tecniche, ovvero dei canoni di diligenza e prudenza, può essere denunciata dal privato dinanzi al giudice ordinario non solo ove la domanda sia volta a conseguire la condanna della P.A. al risarcimento del danno patrimoniale, ma anche ove sia diretta a conseguire la condanna della stessa ad un facere, giacché la domanda non investe scelte ed atti autoritativi dell'amministrazione, ma attività soggetta al rispetto del principio del neminem laedere, precisando come non fosse di ostacolo il disposto dell'art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998, come sostituito dall'art. 7 della l. n. 205 del 2000 (che devolve al giudice amministrativo le controversie in materia di urbanistica ed edilizia), giacché, a seguito della sentenza n. 204 del 2004 della Corte costituzionale, tale giurisdizione esclusiva non è estensibile alle controversie nelle quali la P.A. non eserciti alcun potere autoritativo finalizzato al perseguimento di interessi pubblici alla cui tutela sia preposta.
3. Avverso la suddetta sentenza di appello proponeva ricorso per cassazione la Regione Puglia, sulla base di tre motivi. Si costituiva con controricorso il Comune di Porto Cesareo, contenente anche ricorso incidentale - affidato a quattro motivi - "da valere anche come ricorso autonomo".
Resisteva con un unico controricorso avverso entrambi i ricorsi il N. Francesco.
Il P.G. ha depositato conclusioni scritte chiedendo dichiararsi la giurisdizione del giudice ordinario relativamente alla domanda volta alla condanna della Regione Puglia e del Comune di Porto Cesareo a realizzare gli interventi necessari a salvaguardare la proprietà dell'originario attore, con rimessione della causa alla Sezione semplice per l'ulteriore prosieguo.
Tutte le parti hanno anche depositato memoria ai sensi dell'art. 380-bis.1 c.p.c.
ESPOSIZIONE DEI MOTIVI DI RICORSO IN PUNTO GIURISDIZIONE
- Ricorso della Regione Puglia.
Per quel che rileva nella presente sede con riferimento alla questione di giurisdizione decisa nella sentenza impugnata (e rimessa dalla Sezione ordinaria a queste Sezioni unite per la sua definizione), la Regione Puglia, con il terzo motivo, ha denunciato - in relazione all'art. 360, comma 1, n. 1), c.p.c. - la violazione ed errata applicazione degli artt. 5 e 37 c.p.c., deducendo che la su richiamata domanda del N. - diretta all'ottenimento (anche) della condanna delle Amministrazioni convenute all'esecuzione di "tutti gli interventi idonei a salvaguardare il bene di proprietà, quali indicati nel progetto prodotto ovvero a seguito di c.t.u. che espressamente si invoca" - non avrebbe dovuto essere ritenuta ammissibile dal giudice ordinario, consistendo in una richiesta di condanna ad un facere che rientra nell'esercizio del potere discrezionale della Pubblica Amministrazione, il quale doveva essere improntato alla tutela e salvaguardia della costa pugliese in senso ampio e complesso, da considerarsi, perciò, rientrante nella sfera giurisdizionale del giudice amministrativo.
- Ricorso del Comune di Porto Cesareo.
Con il quarto motivo del suo ricorso il Comune di Porto Cesareo ha proposto un motivo essenzialmente speculare a quello su riportato della Regione Puglia, prospettando l'illegittimità della ritenuta sussistenza - con la sentenza di appello - della giurisdizione del giudice ordinario, dovendo, invece, ravvisarsi quella del giudice amministrativo, poiché la domanda in questione del N. (tesa ad ottenere la realizzazione di interventi idonei a contrastare lo stato avanzato di erosione dell'area prospiciente l'immobile di sua proprietà) implicava la condanna della P.A. ad eseguire un'opera pubblica non in senso generico, bensì secondo scelte tecnico-discrezionali che sarebbero state "imposte" dal giudice ordinario.
In altri termini, la cognizione della domanda in discorso si sarebbe dovuta ritenere appartenente alla giurisdizione amministrativa poiché la stessa era diretta all'ottenimento della condanna "ad effettuare nell'area demaniale tutti gli interventi idonei a salvaguardare il bene immobile di proprietà dell'attore" e non soltanto "ad effettuare gli interventi occorrenti a rimuovere quelli eseguiti da terzi nell'area suddetta in quanto generatori di danni per l'immobile dell'attore".
Il Comune di Porto Cesareo ha aggiunto che il radicamento della domanda dinanzi al giudice amministrativo si sarebbe dovuto ricavare anche dal dato che il N. aveva chiesto, in subordine, di essere "facultato" ad eseguire gli interventi di cui al progetto (fatta salva la ripetizione delle spese a tal proposito sostenute), con la conseguenza che il giudice ordinario avrebbe dovuto imporre allo stesso Comune (e alla Regione Puglia) di rilasciare i titoli autorizzatori e concessori per l'esecuzione da parte di un privato (privo di qualificazione professionale e non essendo operatore economico) un'opera pubblica.
Infine, il citato Comune ha dedotto che la giurisdizione del giudice amministrativo sarebbe rinvenibile nella circostanza che la materia del contendere attiene all'uso del territorio per il quale sussisterebbe la giurisdizione esclusiva di detto giudice ai sensi dell'art. 133, lett. f), c.p.a., poiché, nel caso di specie, non si sarebbe in presenza di un mero comportamento da parte della P.A., ma dell'imposizione di una condotta attiva in capo alla stessa P.A. in un ambito dove si svolge la discrezionalità tecnica ad essa riservata.
MOTIVI DELLA DECISIONE SULLA QUESTIONE DI GIURISDIZIONE
Deve essere affermata la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario.
Va osservato che, nella fattispecie dedotta in giudizio, il "petitum sostanziale" - correlato alla specifica causa petendi fatta valere - è stato riferito alla richiesta di condanna diretta all'ottenimento di un facere da parte del Comune di Porto Cesareo e della Regione Puglia (da ricondurre al loro comportamento omissivo, per non aver posto rimedio alla impropria condotta dei titolari di alcuni stabilimenti balneari che avevano alterato le correnti marittime, tale da legittimare, oltre alla richiesta di risarcimento del danno subito in termini pecuniari, anche quella tesa alla realizzazione di ogni intervento idoneo a salvaguardare la sua proprietà), sul presupposto della violazione del principio generale del neminem laedere ricondotto alla violazione dagli artt. 2043, 2051, 2056 c.c., senza la prospettazione di alcuna violazione di disposizione specificamente disciplinante l'azione amministrativa.
In altri termini, l'oggetto della controversia risulta ricondotto ad assunte inerzie osservate dall'amministrazione comunale e da quella regionale nel preservare il demanio marittimo onde evitare la causazione di danni alla proprietà immobiliare della originaria parte attrice in quanto fortemente battuta da marosi al punto da minarne la stabilità. In tal senso, come si ricava dalla sentenza impugnata, l'originario attore N. Francesco (oggi controricorrente) aveva denunciato il comportamento omissivo del Comune di Porto Cesareo e della Regione Puglia, che non avevano - secondo la sua prospettazione - posto rimedio alla impropria condotta di titolari di alcuni stabilimenti balneari che avevano alterato le correnti marittime, appunto, chiedendo, oltre al risarcimento del danno subito, la realizzazione di ogni intervento idoneo a salvaguardare la sua proprietà.
Deve, perciò, essere riconfermato il principio più volte enunciato da queste Sezioni unite (cfr., ad es., Cass., Sez. un., n. 5926/2011 e n. 9318/2019; in tal senso v. anche la più recente giurisprudenza delle Sezioni semplici, quale quella di cui a Cass., Sez. 6-3, n. 25843/2021, e Sez. 3, n. 14209/2023), secondo cui l'inosservanza da parte della P.A., nella gestione e manutenzione dei beni che ad essa appartengono, delle regole tecniche, ovvero dei canoni di diligenza e prudenza, può essere denunciata dal privato dinanzi al giudice ordinario non solo ove la domanda sia diretta a conseguire la condanna della P.A. al risarcimento del danno patrimoniale, ma anche ove sia volta ad ottenere la condanna della stessa ad un facere, giacché la domanda non investe scelte ed atti autoritativi dell'Amministrazione, ma attività soggetta al rispetto del principio del neminem laedere.
Pertanto, malgrado quanto eccepito dalle ricorrenti P.A., la pretesa azionata dal N. si è sostanziata in una domanda di rimessione nello status quo ante da eseguirsi attraverso l'esercizio di un'attività materiale tale da ripristinare l'assetto dominicale dello stesso N. e tanto senza procedere all'impugnazione di alcun provvedimento amministrativo, né richiedere l'emissione di apposito provvedimento di revoca o di ordine nei confronti di terzi.
Né è configurabile nel caso di specie una ipotesi di esercizio di un comportamento mediato, dal momento che le condotte poste in essere dai concessionari, cui non avevano materialmente posto rimedio le P.A. ricorrenti, deviano rispetto alla normale sequenza causale in relazione alla quale l'esercizio del potere pubblico mediante il provvedimento concessorio rappresenta un antecedente logico e causale, seppur remoto, rispetto al comportamento materiale omissivo delle stesse P.A. oggetto della pretesa del N.
Vanno, perciò, riaffermati i seguenti principi di diritto:
a) la giurisdizione del giudice amministrativo, anche di natura esclusiva, presuppone un collegamento con l'esercizio di poteri di natura pubblicistica, vale a dire dei poteri autoritativi che connotano l'agire della pubblica amministrazione. Quando si deduca, invece, la violazione da parte della pubblica amministrazione del generale principio del neminem laedere, mediante comportamenti, commissivi od omissivi, che prescindono dall'esercizio, anche mediato, di attività amministrativa, la giurisdizione non può che essere quella propria del giudice ordinario;
b) non sussiste, perciò, in quest'ultimo caso, la giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo poiché rilevano diritti soggettivi, e non interessi legittimi; né sussiste la giurisdizione esclusiva (in particolare, ai sensi dell'art. 133, lett. f), del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104), poiché, in riferimento a tutti gli aspetti dell'uso del territorio, sono riservate al giudice amministrativo soltanto le controversie aventi ad oggetto atti o provvedimenti, ed, ai sensi dell'art. 7, comma primo, dello stesso c.p.a., anche i comportamenti, ma soltanto se riconducibili, anche mediatamente, all'esercizio del potere amministrativo, da escludersi, nella fattispecie, in ragione di quanto sopra evidenziato.
In definitiva, il terzo motivo del ricorrente Comune di Porto Cesareo e il quarto motivo della Regione Puglia vanno rigettati, con la dichiarazione della sussistenza della giurisdizione ordinaria rispetto alla domanda proposta dal N. Francesco diretta all'ottenimento della condanna delle stesse parti ricorrenti ad eseguire nell'area demaniale tutti gli interventi idonei a salvaguardare il bene immobile di proprietà del citato odierno controricorrente.
Risolta la questione di giurisdizione, la trattazione dell'esame degli altri motivi di entrambi i ricorsi va rimessa - ai sensi dell'art. 142 disp. att. c.p.c. - alla Sezione ordinaria terza (tabellarmente competente), che provvederà anche sulle spese del giudizio.
P.Q.M.
La Corte di cassazione, a Sezioni unite, rigetta il terzo motivo del ricorso del Comune di Porto Cesareo e il quarto motivo del ricorso della Regione Puglia.
Dichiara la giurisdizione del giudice ordinario e rimette l'esame degli ulteriori motivi di entrambi i ricorsi alla Sezione ordinaria terza.