Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana
Sentenza 25 febbraio 2025, n. 116

Presidente: Giovagnoli - Estensore: Prosperi

FATTO E DIRITTO

1. Con il ricorso in primo grado, il signor [omissis] ha dedotto la violazione dell'art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, in quanto il Comune non avrebbe tenuto in considerazione il fatto che, al momento dell'intimazione della demolizione di opere abusive e del sopralluogo effettuato dalla Polizia municipale in data 1° marzo 2010, l'area era ancora sotto sequestro penale, essendo stata impugnata la sentenza di primo grado, emessa il 12 ottobre 2009. Secondo il ricorrente, il Comune avrebbe dovuto notificare un nuovo ordine di demolizione una volta intervenuta, in data 23 febbraio 2012, la sentenza che ha definito il giudizio di appello, non potendo operare ipso iure l'effetto ablatorio derivante dal decorso del termine assegnato per la demolizione in un momento in cui il bene non era nella disponibilità del destinatario dell'ordine di rimessione in pristino stato. In ogni caso, il provvedimento di acquisizione sarebbe illegittimo, in quanto non accompagnato da una planimetria preordinata all'individuazione dell'area da acquisire, la cui estensione oltre l'area di sedime avrebbe dovuto essere giustificata da un'adeguata motivazione.

2. Il T.A.R. ha accolto parzialmente il ricorso nei seguenti limiti:

- non può essere accolta la domanda caducatoria del provvedimento impugnato nella parte in cui accerta la mancata ottemperanza dell'ordine di demolizione e dispone l'acquisizione al patrimonio indisponibile del Comune dell'area di sedime delle opere abusivamente realizzate, in quanto si fonda esclusivamente sulla mancata valorizzazione dell'effetto esimente che avrebbe dovuto essere attribuito alla circostanza per cui l'area e le opere erano, al tempo della notificazione dell'ordine di demolizione, assoggettate a sequestro da parte del giudice penale; richiamando alcune pronunce giurisprudenziali, il Tribunale ha precisato che il sequestro penale esclude l'efficacia (e non la legittimità) dell'obbligo di demolizione, ma solo fino a che non sia intervenuto il dissequestro, in quanto da quel momento la proprietà rientra nella piena disponibilità del destinatario dell'ordine, che è, quindi, tenuto ad eseguirlo entro novanta giorni;

- quanto alla doglianza relativa alla esatta individuazione dell'area da acquisire, il Tribunale ha statuito che il provvedimento impugnato deve essere annullato nella sola parte in cui prevede l'acquisizione al patrimonio comunale della superficie ulteriore rispetto al sedime delle opere abusivamente realizzate, in quanto il Comune non ha specificato le ragioni che giustificherebbero l'acquisizione della maggiore superficie.

3. Con il ricorso in appello e con la memoria conclusionale in data 27 settembre 2024 l'appellante ha dedotto quanto segue:

- l'impostazione del Giudice di prime cure è viziata dall'errore di avere ritenuto che un provvedimento sostanzialmente inefficace possa produrre effetti ipso iure con efficacia ex tunc a distanza di 5 anni in forza di un fatto esterno al procedimento stesso (il dissequestro disposto dal Giudice penale d'appello) senza che l'Amministrazione ponga in essere alcun atto protettivo nei confronti del terzo destinatario del provvedimento pregiudizievole; avrebbe ignorato che - al momento dell'adozione e della successiva notifica della diffida a demolire - l'immobile già sequestrato dall'Autorità giudiziaria nell'ambito di un procedimento penale non poteva essere oggetto di demolizione per il fatto stesso di essere corpo del reato e quindi soggetto a vincolo di indisponibilità impresso dalla legge processuale penale;

- il Comune - a seguito del passaggio in giudicato della sentenza che ha definito il giudizio di appello (depositata in cancelleria il 23 febbraio 2012) che ha fatto venir meno il sequestro e rimosso il vincolo - prima di adottare l'impugnata ordinanza di acquisizione gratuita al patrimonio indisponibile dei beni in questione, avrebbe dovuto avviare un nuovo procedimento amministrativo finalizzato all'adozione di una eventuale ingiunzione a demolire, con l'assegnazione all'odierno ricorrente di un nuovo termine per ottemperare a tale diffida; sostiene, sempre l'appellante, che l'accertamento dell'inottemperanza alla ingiunzione a demolire di cui al comma 4 dell'art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 deve, necessariamente, avvenire mediante l'adozione di un atto avente valore provvedimentale, tale non potendosi ritenere il mero verbale di accertamento redatto dalla Polizia municipale.

4. All'udienza del 30 ottobre 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

5. L'appello va accolto nei limiti di seguito indicati.

5.1. Risulta dalla documentazione in atti che nel corso del sopralluogo effettuato in data 8 marzo 2007 ufficiali di P.G. accertavano la realizzazione di opere abusive in questione e procedevano al sequestro del cantiere. Il conseguente procedimento penale veniva definito con sentenza del Tribunale di Palermo (Terza sezione penale), n. [omissis] di condanna del ricorrente, che veniva impugnata dall'interessato. Il giudizio d'appello veniva deciso con sentenza della Corte d'appello di Palermo n. [omissis], depositata il 23 febbraio 2012.

Parallelamente il Comune di Palermo adottava in data 12 ottobre 2007 il provvedimento di diffida a demolire le opere abusivamente realizzate a carico del signor [omissis] e, dopo la restituzione dei beni allo stesso, emetteva in data 19 febbraio 2013 l'atto gravato n. 10595 del 19 febbraio 2013 di accertamento dell'inottemperanza all'ingiunzione a demolire e di acquisizione al patrimonio comunale dei manufatti e dell'area.

Risulta, dunque, che il provvedimento di ingiunzione a demolire è stato emesso quando le opere erano già state sottoposte a sequestro penale, che la proprietà è ritornata nella disponibilità dell'appellante in data 23 febbraio 2012 (data di deposito della sentenza della Corte d'appello di Palermo) e che il provvedimento di accertamento dell'inottemperanza e di acquisizione al patrimonio comunale è stato adottato sulla base dell'ingiunzione a demolire del 12 ottobre 2007, senza ulteriori provvedimenti nei confronti del destinatario. Pertanto, l'acquisizione è stata formalizzata sulla base di un formale accertamento d'inottemperanza del 12 ottobre 2007.

5.2. Il Giudice di primo grado - seguendo un indirizzo giurisprudenziale in materia secondo cui l'esistenza di un sequestro penale non impedirebbe l'esecuzione dell'ordine di demolizione poiché il privato avrebbe la possibilità di ottenere a tale fine il dissequestro dell'immobile - ha ritenuto che "il sequestro penale esclude l'efficacia (e non la legittimità) dell'obbligo di demolizione, ma solo fino a che non sia intervenuto il dissequestro, in quanto da quel momento la proprietà rientra nella piena disponibilità del destinatario dell'ordine, che è, quindi, tenuto ad eseguirlo entro novanta giorni".

5.3. Le predette conclusioni del primo Giudice non possono trovare condivisione da parte del Collegio che, dando continuità all'indirizzo giurisprudenziale di questo Consiglio di Giustizia, ritiene di dover riaffermare che, in caso di sequestro penale, «il Comune, una volta acquisita notizia della cessazione del sequestro, dovrà notificare nuovamente l'ordinanza di demolizione già in precedenza adottata all'interessato, a questi concedendo un nuovo termine per l'eventuale ottemperanza» (cfr. C.g.a.r.s., Sez. giur., 20 agosto 2024, n. 679; 16 gennaio 2024, n. 31; Sez. riun., parere 13 ottobre 2020, n. 277).

Invero, come è già stato condivisibilmente osservato, non può configurarsi in capo al responsabile dell'abuso un dovere di collaborazione al fine del dissequestro dei beni e, quindi, dell'esecuzione dell'ingiunzione di demolizione, ossia di porre in essere, in assenza di un obbligo normativo in tal senso, un'attività pregiudizievole dei propri interessi e del proprio patrimonio (C.g.a.r.s., Sez. riun., n. 301/2018 del 12 giugno 2018, aff. n. 200/2016; C.d.S., Sez. VI, 17 maggio 2017, n. 2337).

Il sequestro penale dell'immobile, tuttavia, non determina la nullità del provvedimento amministrativo e, quindi, non incide sulla sua legittimità, ma impedisce la concreta esecuzione dell'ordine in esso contenuto, salvo che l'interessato non decida di chiedere il dissequestro del bene allo scopo di dare volontaria esecuzione all'ingiunzione.

A seguito del venir meno del provvedimento di sequestro - considerata la natura sanzionatoria dell'acquisizione gratuita e la conseguente esigenza di consentire al destinatario di provvedere all'eventuale demolizione delle opere abusive in luogo dell'acquisizione, nonché, parallelamente, di permettere dell'Amministrazione una eventuale rivalutazione (anche in ragione del tempo trascorso) in punto di fatto e di diritto della fattispecie - il Comune deve notificare nuovamente l'ordinanza di demolizione in precedenza adottata all'interessato concedendogli un nuovo termine per l'eventuale ottemperanza, o, eventualmente, adottare un nuovo ordine di demolizione.

6. Pertanto, l'appello va accolto nei limiti di cui in motivazione, con il conseguente annullamento del provvedimento gravato prot. n. 10595 del 19 febbraio 2013, con il quale è stata accertata l'inottemperanza all'ingiunzione a demolire e disposta l'acquisizione al patrimonio comunale dei beni ivi indicati, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell'Amministrazione.

7. Considerata la non univoca giurisprudenza in materia, le spese del grado di giudizio possono essere compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e per l'effetto, in parziale riforma della pronuncia gravata, annulla il provvedimento impugnato prot. n. 10595 del 19 febbraio 2013.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, commi 1 e 2, del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e dell'art. 10 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l'appellante.

Note

La presente decisione ha per oggetto TAR Sicilia, sez. II, sent. n. 1676/2022.