Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata
Sentenza 19 marzo 2025, n. 183
Presidente: Donadono - Estensore: Mariano
FATTO E DIRITTO
1. Con il ricorso in esame, depositato in data 1° luglio 2024, è stato impugnato l'atto specificato in epigrafe con cui il Comune di Tito ha ordinato ai deducenti (nella qualità di partecipanti al condominio ubicato in via San Vito n. 18), ai sensi dell'art. 34 del d.P.R. n. 380/2001, la demolizione di un manufatto (catastalmente censito al foglio 32, particella 639, sub 16), realizzato in parziale difformità rispetto al titolo edilizio (la concessione prot. n. 414 del 21 aprile 1980), consistente in un locale deposito realizzato "a seguito della chiusura di una intercapedine tra il fabbricato condominiale, ubicato in via Nuvolese, denominato via San Vito ed il muro di sostegno posto alle spalle del fabbricato medesimo".
1.1. Risulta in fatto quanto segue (anche alla luce della relazione di chiarimenti depositata dal Comune in esecuzione di un ordine istruttorio all'uopo impartito):
- il richiamato stabile condominiale è stato edificato dall'originario lottizzante, oggi deceduto, sig. V. Rocco, sulla base della concessione edilizia prot. n. 414 del 21 aprile 1980;
- successivamente, il medesimo soggetto ha presentato un'istanza di condono edilizio, ai sensi della l. n. 47/1985, prot. n. 190-8110 del 30 settembre 1986, relativamente a n. 3 locali deposito realizzati in difformità rispetto al richiamato titolo, identificati catastalmente alle particelle n. 639 sub 16 (B', quello per cui è causa), n. 1320 (B'') e n. 1322 sub 2 (B''');
- pendente l'istanza, in data 24 novembre 2008 si è verificato il cedimento del muro di sostegno in calcestruzzo cementizio sul quale poggia il solaio di copertura del primo dei richiamati locali (B'); indi, con nota prot. n. 322 del 12 gennaio 2009, il Comune ha subordinato il rilascio del permesso di costruire in sanatoria di detto locale "alla presentazione di un progetto di ripristino delle opere oggetto di dissesto";
- in data 27 aprile 2010, il ridetto istante ha chiesto il permesso di costruire in sanatoria dei locali sub B'' e B'''; inoltre, con nota acquisita al prot. n. 16058 del 22 dicembre 2010, il tecnico incaricato dalla parte istante ha precisato che il certificato di idoneità statica prodotto nel procedimento era riferito unicamente ai due locali, come sopra identificati;
- in data 27 dicembre 2010, il Comune ha rilasciato il titolo edilizio in sanatoria limitatamente ai locali sub B'' e B''';
- con il verbale di sopralluogo dell'8 maggio 2024, l'ufficio tecnico comunale ha constatato il permanere dell'opera abusiva sub B';
- su tali premesse, l'ente civico ha adottato l'ingiunzione demolitiva per cui è causa.
1.2. Il ricorso è affidato al seguente motivo:
"Violazione e falsa applicazione degli artt. 38 e 44 della L. 28 febbraio 1985 n. 47. Violazione e falsa applicazione dell'art. 31 D.P.R. n. 380/2001. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3 della L. n. 241/1990. Violazione e falsa applicazione degli artt. 586 e 827 Cod. Civ. Violazione del giusto procedimento. Carenza di istruttoria e di motivazione. Assenza dei presupposti".
Con una prima censura, è dedotto che sul manufatto de quo penderebbe ancora istanza di condono edilizio ex l. n. 47/1985, con conseguente illegittimità dell'ordine demolitivo ai sensi dell'art. 44 della medesima legge.
Con una seconda censura, è contestata la legittimazione passiva dei deducenti rispetto all'ordine demolitivo, in quanto non proprietari del manufatto abusivo.
Con una terza censura, è contestata anche la riconducibilità in fatto del locale ai deducenti.
2. Si è costituito in giudizio, per resistere all'accoglimento del ricorso, il Comune di Tito.
3. All'udienza pubblica del 5 marzo 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.
4. Il ricorso è fondato, nei sensi appresso chiariti.
Coglie nel segno, con valore assorbente, la prima delle rassegnate censure.
Ed invero, ritiene il Collegio sul manufatto per cui è causa pende ancora l'originaria domanda di condono, presentata ai sensi della l. n. 47/1985, con conseguente applicabilità dell'art. 44 della medesima legge, disposizione che prevede la sospensione automatica dei procedimenti sanzionatori fino alla definizione della stessa e dalla quale discende, secondo pacifica giurisprudenza, l'illegittimità delle misure repressive medio tempore adottate (cfr. C.d.S., Sez. VII, 22 novembre 2023, n. 10035).
Al riguardo, merita anzitutto evidenziare che è irrilevante, ai fini del giudizio, che detta domanda, presentata ab origine dal lottizzante, non sia stata formalmente volturata in favore dei soggetti ingiunti (odierni ricorrenti), quante volte emerga, come nella specie, che il Comune abbia avuto contezza del trasferimento della disponibilità del bene (cfr. C.d.S., Sez. II, 9 luglio 2024, n. 6119). D'altra parte, in disparte la problematica riguardante l'inclusione del manufatto nel compendio condominiale, l'interesse dei ricorrenti a coltivare l'istanza di condono ad esso relativa è inevitabilmente correlata alla loro condizione di destinatari dell'ordine demolitivo de quo.
Ciò posto, deve ritenersi che la richiamata ratio decidendi è suffragata da persuasive evidenze di causa:
- in primis, è incontestabile che il manufatto in questione fosse ricompreso nel perimetro oggettivo dell'istanza di condono del 30 settembre 1986, come risulta dalla lettura della medesima istanza, oltreché dello stesso provvedimento demolitivo sub iudice; la circostanza, peraltro, è ammessa nella stessa relazione di chiarimenti depositata dal Comune;
- quindi, non è condivisibile l'assunto della difesa comunale secondo cui detta istanza sarebbe stata implicitamente rinunciata a seguito degli ulteriori sviluppi procedimentali, come richiamati nella narrativa fattuale, atteso che, a prescindere dal pur possibile rilievo che trattasi di integrazioni postume dell'ordito motivazionale del provvedimento (che nulla riferisce al riguardo), le circostanze da cui detta rinuncia sarebbe desumibile (sostanzialmente, la mancata presentazione del progetto di ripristino del manufatto per cui è causa e la sua estraneità alla sanatoria intervenuta nel 2010) non offrono concludente dimostrazione di una volontà in tal senso univocamente diretta, conclamando, piuttosto, la mera incompletezza istruttoria della pratica (circostanza che non esonera l'ente civico dal dovere di definirla espressamente);
- neppure apprezzabile è l'ulteriore argomento secondo cui detta istanza sarebbe stata tacitamente respinta, in termini di silenzio-rifiuto, ai sensi dell'art. 32, comma 1, della l. n. 47/1985 (venendo in rilievo un manufatto realizzato su area soggetta a vincolo di natura sismica), in quanto, in disparte la mancata dimostrazione dell'effettiva esistenza di tale vincolo (oltreché, anche in tal caso, la novità dell'argomento rispetto al nucleo motivazionale del provvedimento), detta disposizione non prevede affatto l'invocata fattispecie di silenzio significativo sull'istanza, limitandosi a riferire la decisione per silentium al rilascio dei pareri endoprocedimentali da parte delle Amministrazioni preposte alla tutela di vincoli (con la ratio di escludere la sanatoria tacita in area vincolata), allorquando detto parere sia stato richiesto mediante attivazione del subprocedimento per il rilascio del nulla osta (del che, in specie, non vi è, comunque, alcuna evidenza).
5. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso va accolto nei sensi esposti e, conseguentemente, va disposto l'annullamento dell'impugnata ordinanza, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell'Amministrazione.
6. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi esposti.
Condanna il Comune resistente al pagamento delle spese di lite in favore di parte ricorrente, quantificandole forfetariamente nella somma onnicomprensiva di euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori di legge e rimborso del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.