Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sezione I
Sentenza 17 aprile 2025, n. 7625
Presidente: Petrucciani - Estensore: Viggiano
FATTO E DIRITTO
1. I ricorrenti impugnano il provvedimento del 1° dicembre 2023 con cui il Ministero della giustizia comunicava che a partire da tale data «saranno deprecati i web services per l'accesso in consultazione all'archivio giurisprudenziale nazionale (a.g.n.) descritti nel paragrafo 3.3 della documentazione dei servizî web, a seguito della prossima disponibilità della nuova banca dati di merito pubblica (b.d.p.)».
2. Si costituiva in resistenza il dicastero intimato.
3. Inoltre intervenivano ad adiuva[n]dum sia un'associazione di giuristi specializzati nel diritto d'impresa, unitamente ad una serie di professori universitari, sia il Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Milano.
4. Al ricorso era unita istanza di sospensione cautelare dell'efficacia degli atti impugnati cui la parte rinunciava alla camera di consiglio del 6 marzo 2024.
5. Le parti depositavano ulteriori memorie e documenti in vista della pubblica udienza del 22 gennaio 2025, all'esito della quale il Collegio tratteneva la causa per la decisione di merito.
6. Conclusa l'esposizione dello svolgimento del processo, è opportuno descrivere compiutamente la vicenda fattuale.
7. In particolare, va osservato come tra i ricorrenti vi sia anche il curatore e responsabile scientifico del noto progetto Giurisprudenza delle imprese, ossia il portale telematico sul quale vengono pubblicate le decisioni più rilevanti dei tribunali delle imprese o comunque inerenti al diritto commerciale; va poi precisato come il portale web risulti ad accesso libero e gratuito, al fine di favorire un'ampia diffusione degli orientamenti giurisprudenziali di merito nelle materie di interesse. La pubblicazione dei provvedimenti è realizzata (come da documentazione prodotta) nell'attuazione di talune convenzioni stipulate proprio con gli uffici giudiziari di merito coinvolti: nel dettaglio, i responsabili del sito (essendo tutti avvocati) avrebbero potuto estrarre i documenti d'interesse (sentenze, ordinanze etc.) direttamente dall'a.g.n., atteso che la convenzione prevedeva il caricamento del provvedimento giurisdizionale in tale archivio.
8. Parte ricorrente evidenzia come già in passato (in particolare il 2 marzo 2018), il Ministero della giustizia aveva informato gli utenti di una sospensione del servizio a tempo indefinito, per gli avvocati e per altri soggetti autorizzati diversi dai magistrati, al fine di consentire taluni interventi migliorativi: considerato che un simile fermo avrebbe privato gli esponenti del principale strumento di lavoro, questi presentavano istanza di accesso al Ministero, informando altresì i presidenti dei tribunali coinvolti dal progetto dell'imminente interruzione del servizio di pubblicazione sul portale Giurisprudenza delle imprese. Atteso il silenzio dell'amministrazione veniva proposta azione ex art. 116 c.p.a. dinanzi a questo Tribunale: il giudizio si concludeva con decreto presidenziale di improcedibilità, atteso che dopo la fase cautelare il Ministero ripristinava il servizio.
9. Successivamente, il 13 novembre 2023, il Ministero ha annunciato, al fine di raggiungere una milestone del piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), la realizzazione di una nuova banca dati contenente tutte le pronunce dei tribunali di merito dal 2016 strutturata nel modo seguente: da un lato, una banca dati riservata (b.d.r.) accessibile solamente ai magistrati; dall'altra, una banca dati pubblica (b.d.p.) accessibile a chiunque tramite autenticazione col sistema pubblico d'identità digitale (Spid), ovvero analoghi mezzi (carta d'identità elettronica - Cie - o carta nazionale dei servizî - Cns); ambedue le banche dati avrebbero contenuto i medesimi provvedimenti, sebbene nella seconda essi sarebbero stati anonimizzati, ossia risulterebbero oscurati i nomi delle parti e le date.
10. Come anticipato, a partire dal 1° dicembre 2023 la precedente banca dati (a.g.n.) è stata dismessa; inoltre, solo il 14 dicembre 2023 sono diventate accessibili le nuove banche dati, sebbene esse risulterebbero di fatto inutilizzabili, atteso che la massiva anonimizzazione (nella b.d.p.) dei nomi delle parti (persone fisiche e giuridiche) e delle date (ivi comprese quelle del provvedimento, ovvero quelle delle sentenze citate) renderebbe impossibile lo studio dell'atto: il che precluderebbe il perseguimento dei fini per i quali è nato il portale Giurisprudenza delle imprese.
11. Ciò premesso, parte ricorrente ha presentato il 27 dicembre 2023 istanza al Ministero, al fine di ottenere accesso alle sentenze in maniera non oscurata e poter così proseguire il proprio progetto scientifico: tale istanza, tuttavia, sarebbe rimasta priva di riscontro.
12. Pertanto, con il ricorso all'odierno esame, viene gravata la decisione di procedere alla costituzione delle due banche dati con oscuramento dei dati nei provvedimenti accessibili agli avvocati.
13. Terminata l'illustrazione dei fatti di causa, è possibile passare all'elencazione delle doglianze spiegate con l'atto d'impugnazione.
14. Con il primo motivo viene denunciata la violazione e la falsa applicazione dell'art. 97 Cost. e degli artt. 1 e 3 l. 7 agosto 1990, n. 241, contestando come illegittima la decisione del Ministero di interrompere l'accesso all'a.g.n., soprattutto considerato che non è stata fornita una banca dati che potesse fornire un servizio equipollente: difatti, l'interruzione del servizio dal 1° dicembre 2023 sarebbe ancora in corso, atteso che i provvedimenti oggetto di pubblicazione si presenterebbero completamente anonimizzati, con la conseguenza che la comprensione del testo risulterebbe (secondo i ricorrenti) particolarmente difficile. Invero, osservando la vicenda in termini funzionali, parte ricorrente rileva come una banca dati giuridica dovrebbe favorire la conoscenza degli orientamenti giurisprudenziali necessarî ed utili per lo svolgimento dell'attività legale, sia giudiziale sia stragiudiziale. Peraltro, confrontando la b.d.p. emergerebbe l'evidente diversità sia con quelle delle altre magistrature (es. la banca dati della giustizia amministrativa), sia per la frequenza di aggiornamento (l'esponente evidenzia come vi sarebbero ritardi ben superiore ai sessanta giorni nell'aggiornamento), sia per l'oscuramento dei dati (circostanza che dimostrerebbe l'insussistenza di profili di violazione della privacy).
15. A mezzo della seconda censura, invece, si lamenta la violazione dell'art. 111 Cost. ed in particolare la lesione dei principî del giusto processo e della parità delle armi: invero, l'impossibilità di accedere all'a.g.n. determinerebbe, soprattutto in sede penale, una disparità tra le parti, atteso che il pubblico ministero avrebbe accesso a tutti i provvedimenti penali (peraltro non anonimizzati), contrariamente al difensore dell'imputato (cui tale possibilità sarebbe preclusa del tutto).
16. Infine, tramite la terza ragione di gravame parte ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione dei principî generali di cui alla l. 241/1990, nonché di quelli fissati dal codice dell'amministrazione digitale (c.a.d. - d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82) e dal d.m. 21 febbraio 2011, n. 44 (regolamento contenente le regole tecniche per l'adozione delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione nei processi civili e penali). In particolare, richiamando le disposizioni del d.m. 44/2011 e delle specifiche tecniche adottate dallo stesso Ministero della giustizia, si evidenzia come l'accesso dovrebbe essere consentito senza alcuna autenticazione, consentendo l'integrale lettura dei provvedimenti giurisdizionali.
17. I tre motivi di ricorso sono strettamente connessi tra loro e possono pertanto essere trattati congiuntamente.
18. Essi sono parzialmente fondati nei termini che si vanno ad esporre.
19. Preliminarmente, appare opportuno distinguere le censure afferenti alla concreta operatività della nuova banca dati, da quelle inerenti alle modalità di funzionamento delle stesse. Quanto alle prime, infatti, va osservato come le doglianze non possano essere condivise, atteso che si traducono, in buona sostanza, in lamentele per un disservizio, superato, peraltro, ancor prima della proposizione del ricorso introduttivo. In tal senso, infatti, l'interruzione del servizio protrattasi per un lasso temporale privo di significato (dal 1° al 14 dicembre 2023), non risulta essere idoneo ad incidere sull'efficienza, sull'imparzialità o sull'economicità dell'azione amministrativa.
20. Per giunta, il mancato tempestivo aggiornamento o l'omesso caricamento delle decisioni nella banca dati non appaiono afferire alla legittimità del provvedimento amministrativo, inerendo piuttosto alla concreta messa in opera da parte della struttura burocratica della decisione di istituire il nuovo sistema di raccolta dei precedenti giurisprudenziali. In tal senso, considerato che si tratta dell'avvio di un nuovo strumento informatico (concordato in sede europea nell'àmbito del Pnrr), debbono considerarsi fisiologiche alcune imprecisioni e imperfezioni iniziali tipiche delle fasi di rodaggio della macchina tecnologica: conseguentemente, le lamentale esposte possono essere considerate al più veicolo per migliorare e perfezionare il funzionamento della banca dati, ma non censure di legittimità.
21. Viepiù, va reputata non lesiva degli interessi della parte ricorrente il diniego di accesso alle pronunce dei giudici penali, atteso che l'associazione dichiara di pubblicare provvedimenti giurisdizionali in tema di diritto d'impresa; né risulta che le convenzioni stipulate consentissero in passato di ottenere le pronunce penali. Di conseguenza, da un lato, il provvedimento impugnato non ha apportato alcuna modifica al precedente regime di inaccessibilità delle sentenze penali; dall'altro, la preclusione non appare incidere sull'attività del portale Giurisprudenza delle imprese, notoriamente estraneo a tale tematica.
22. Quanto alla dedotta limitazione dell'accesso (possibile solamente previa autenticazione a mezzo Spid, Cie o Cns) va osservato come trattasi di cautela perfettamente legittima, attesa la natura delle informazioni che si ottengono: d'altro canto, anche l'art. 4 delle specifiche tecniche emanate dalla Direzione generale per i sistemi informativi automatizzati nel 2021 in attuazione dell'art. 34 d.m. 44/2011 (così come l'art. 5 delle specifiche tecniche del 2024), esclude dall'area pubblica le banche dati. Peraltro, deve osservarsi come non si tratti di un aggravio a carico degli avvocati (o in generale dei cittadini) eccessivo o sproporzionato, atteso che l'identificazione avviene con un sistema largamente diffuso, costituente lo standard per l'accesso a tutti i servizî digitali della pubblica amministrazione.
23. Fuori luogo è anche il raffronto operato con le banche dati della giustizia amministrativa o della Corte di cassazione: premesso che la decisione circa le modalità di accesso ad una banca dati contenente pronunce giurisdizionali è frutto di una valutazione ampiamente discrezionale, va rilevato come la maggiore ampiezza dei dati contenuti, le differenti modalità di consultazione, ricerca ed estrazione, impongano una più puntuale tracciatura informatica del soggetto che accede alla banca dati.
24. Al contrario, appare illegittimo l'oscuramento tout court di tutti i dati personali contenuti nelle sentenze pubblicate e rese accessibili tramite b.d.p.
25. Fermo restando che, come provato dall'amministrazione resistente, il sistema informatico è ancora in fase di perfezionamento, sicché è ben possibile che vengano eliminate col tempo le paradossali situazioni evidenziate in ricorso (come l'oscuramento della data del provvedimento in consultazione o dei precedenti giurisprudenziali citati), si ritiene comunque contrario al disposto degli artt. 51 e 52 d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, la completa anonimizzazione delle sentenze.
26. Preliminarmente, va osservato come non vi sia contraddittorietà rispetto alla citata pronuncia di questa Sezione del 18 novembre 2024, n. 20403, atteso che essa afferiva ad una diversa ipotesi di accesso ai documenti amministrativi ai sensi dell'art. 116 c.p.a. e veniva dunque respinta, in ragione dell'assenza di una posizione differenziale che legittimasse l'ostensione. Neppure (e anche tale passaggio è pienamente condiviso dal Collegio) si reputava censurabile la decisione del Ministero della giustizia di cessare l'operatività dell'a.n.g. avendo trasferito le relative funzioni alla nuova banca dati di merito, trattandosi di una valutazione discrezionale pienamente logica e coerente.
27. Su quest'ultima scelta, infatti, va osservato che il mantenimento di due analoghe (se non identiche) banche dati risulta contrario ad un efficiente impiego delle risorse: è di immediata evidenza, invero, che si tratterebbe di una pleonastica duplicazione di infrastrutture digitali. Peraltro, considerato che la creazione della banca dati di merito è direttamente imposta da una milestone del Pnrr inerente alla digitalizzazione della giustizia, risulta doveroso per l'amministrazione resistente (al fine di ottemperare agli impegni assunti in sede europea) procedere alla realizzazione di un'architettura informatica che garantisca alla generalità dei cittadini l'accesso alle pronunce giurisdizionali. Quanto alle modalità con cui garantire la fruizione dei contenuti della banca dati, è prescritto unicamente il rispetto della legislazione vigente: il che lascia quindi aperta la strada a varie opzioni purché funzionali al raggiungimento dello scopo per il quale si è creata la banca dati.
28. Date tali premesse, il Collegio ritiene di non poter considerare ragionevole, proporzionata o necessaria la decisione di anonimizzare tutti i provvedimenti pubblicati nella b.d.p. Invero, se l'obiettivo è garantire la diffusione della cultura giuridica, rendendo conoscibili gli indirizzi ermeneutici giurisprudenziali che, sebbene non vincolanti, possono guidare l'azione degli operatori giuridici, risulta chiaro che oscurare totalmente le informazioni circa alcuni dati di fatto rende, sostanzialmente, impossibile (o comunque assai complesso) comprendere l'esatta portata del pronunciamento.
29. Sotto tale riguardo non può essere condivisa la tesi della parte resistente secondo cui l'oscuramento, coinvolgendo solamente i dati personali, non priverebbe di utilità la consultazione della banca dati. Premesso, in linea generale che il confronto con le altre banche dati istituzionali (es. quelle della giustizia amministrativa o della Corte di cassazione) dimostra come non sia obbligatorio oscurare in maniera generalizzata i provvedimenti, va rilevato come la mancata pubblicazione integrale è sicuramente incidente sull'esatta intellegibilità della sentenza: a tal fine, infatti, vale osservare come un dato personale può essere inserito dall'estensore in qualsiasi parte della sentenza, anche nel principio di diritto espresso (nel caso, non meramente ipotetico pur trattandosi di pronunce di merito, di redazione di un tale paragrafo).
30. In ogni caso, anche accedendo alla tesi dell'amministrazione secondo cui l'oscuramento inciderebbe sulla parte «in fatto», va rilevato - richiamando l'antico brocardo da mihi factum, dabo tibi ius - che per intendere la portata di una pronuncia giurisdizionale è doverosa l'esatta definizione della vicenda fattuale: in assenza dalla comprensione di quest'ultima, infatti, il ragionamento giuridico si presenterebbe totalmente speculativo, divenendo oggetto d'interesse puramente teoretico. Viceversa, considerato che la finalità perseguita con la creazione della b.d.p. è di natura pratica, diffondendo la conoscenza degli orientamenti pretori, onde evitare il contezioso e rendere più rapide le decisioni (si veda in tal senso quanto indicato nella convenzione tra il Ministero e l'associazione italiana degli editori - Aie), risulta di assoluta necessità favorire la comprensione della vicenda concreta: difatti, solo in tal modo è possibile procedere effettivamente ad un'operazione interpretativa di distinguishing. D'altro canto, l'eventuale mancata chiara percezione del fatto potrebbe determinare lo sviluppo di un ragionamento, da parte del difensore, in realtà antitetico rispetto a quello espresso nel precedente giurisprudenziale, pregiudicando in tal guisa gli interessi dell'assistito.
31. Quanto appena esposto appare pienamente conforme alla legislazione applicabile: segnatamente, in questa sede rileva la corretta interpretazione dei già citati artt. 51 e 52 d.lgs. 196/2003 che costituiscono il perno normativo attorno al quale consentire l'accesso alle pronunce raccolte nella banca dati di merito. Appare opportuno, pertanto, trascrivere integralmente tali disposizioni: «1. Fermo restando quanto previsto dalle disposizioni processuali concernenti la visione e il rilascio di estratti e di copie di atti e documenti, i dati identificativi delle questioni pendenti dinanzi all'autorità giudiziaria di ogni ordine e grado sono resi accessibili a chi vi abbia interesse anche mediante reti di comunicazione elettronica, ivi compreso il sito istituzionale della medesima autorità nella rete Internet.
2. Le sentenze e le altre decisioni dell'autorità giudiziaria di ogni ordine e grado depositate in cancelleria o segreteria sono rese accessibili anche attraverso il sistema informativo e il sito istituzionale della medesima autorità nella rete Internet, osservando le cautele previste dal presente capo».
32. L'art. 52 d.lgs. 196/2003, invece dispone che: «1. Fermo restando quanto previsto dalle disposizioni concernenti la redazione e il contenuto di sentenze e di altri provvedimenti giurisdizionali dell'autorità giudiziaria di ogni ordine e grado, l'interessato può chiedere per motivi legittimi, con richiesta depositata nella cancelleria o segreteria dell'ufficio che procede prima che sia definito il relativo grado di giudizio, che sia apposta a cura della medesima cancelleria o segreteria, sull'originale della sentenza o del provvedimento, un'annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della sentenza o provvedimento in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, l'indicazione delle generalità e di altri dati identificativi del medesimo interessato riportati sulla sentenza o provvedimento.
2. Sulla richiesta di cui al comma 1 provvede in calce con decreto, senza ulteriori formalità, l'autorità che pronuncia la sentenza o adotta il provvedimento. La medesima autorità può disporre d'ufficio che sia apposta l'annotazione di cui al comma 1, a tutela dei diritti o della dignità degli interessati.
3. Nei casi di cui ai commi 1 e 2, all'atto del deposito della sentenza o provvedimento, la cancelleria o segreteria vi appone e sottoscrive anche con timbro la seguente annotazione, recante l'indicazione degli estremi del presente articolo: "In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi di...".
4. In caso di diffusione anche da parte di terzi di sentenze o di altri provvedimenti recanti l'annotazione di cui al comma 2, o delle relative massime giuridiche, è omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi dell'interessato.
5. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 734-bis c.p. relativamente alle persone offese da atti di violenza sessuale, chiunque diffonde sentenze o altri provvedimenti giurisdizionali dell'autorità giudiziaria di ogni ordine e grado è tenuto ad omettere in ogni caso, anche in mancanza dell'annotazione di cui al comma 2, le generalità, altri dati identificativi o altri dati anche relativi a terzi dai quali può desumersi anche indirettamente l'identità di minori, oppure delle parti nei procedimenti in materia di rapporti di famiglia e di stato delle persone.
6. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche in caso di deposito di lodo ai sensi dell'articolo 825 c.p.c. La parte può formulare agli arbitri la richiesta di cui al comma 1 prima della pronuncia del lodo e gli arbitri appongono sul lodo l'annotazione di cui al comma 3, anche ai sensi del comma 2. Il collegio arbitrale costituito presso la camera arbitrale per i lavori pubblici ai sensi dell'articolo 209 del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, provvede in modo analogo in caso di richiesta di una parte.
7. Fuori dei casi indicati nel presente articolo è ammessa la diffusione in ogni forma del contenuto anche integrale di sentenze e di altri provvedimenti giurisdizionali».
33. Come può notarsi, la disciplina positiva prevede, in linea generale, la pubblicazione delle pronunce rendendole accessibili a tutti mediante un sistema informativo istituzionale. È poi precisato come la diffusione (ivi compresa quindi anche la pubblicazione in una banca dati accessibile alla generalità dei cittadini) debba avvenire con oscuramento dei dati personali solamente in alcune limitate ipotesi, ossia su richiesta della parte interessata (art. 52, comma 1, d.lgs. 196/2003), oppure d'ufficio allorquando ciò risulti necessario per tutelare i diritti e la dignità dell'interessato (secondo comma). Pertanto, salvo il caso peculiare dei procedimenti coinvolgenti rapporti di famiglia, di stato delle persone ovvero minorenni (quinto comma), ove è direttamente la legge a vietare la diffusione dei dati personali, va osservato come le fattispecie regolate dall'art. 52, commi 1 e 2, d.lgs. 196/2003 rimettano all'autorità giudiziaria procedente la decisione sull'oscuramento o meno dei dati personali: d'altronde, in assenza di determinazione del giudice, la legge ammette espressamente la diffusione del contenuto integrale delle pronunce giurisdizionali (v. art. 51, comma 2, e art. 52, comma 7, d.lgs. 196/2003).
34. Ed è proprio sull'esatta ermeneusi dell'art. 52, comma 7, d.lgs. 196/2003 che le parti sono in evidente disaccordo, reputando i ricorrenti l'ammissione della diffusione come implicante il divieto di un oscuramento generalizzato; al contrario, l'amministrazione resistente ritiene l'impiego della locuzione «è ammessa» come remissione al gestore della banca dati della concreta individuazione dello standard di tutela dei dati personali trattati negli atti giurisdizionali.
35. Orbene, il Collegio ritiene che una corretta interpretazione della disposizione de qua non vieti di rendere disponibili i provvedimenti giurisdizionali in forma integrale, salvo i casi in cui sia la legge oppure l'autorità giudiziaria a disporre l'anonimizzazione dei dati personali contenuti nella pronuncia. In altre parole, il bilanciamento delle opposte esigenze, tutela della privacy dei soggetti coinvolti da un lato, e libero accesso alle pronunce giurisdizionali dall'altro, è rimesso all'autorità giudiziaria (salvo l'ipotesi di cui all'art. 52, comma 5, d.lgs. 196/2003): orbene, al di là dell'esatta qualificazione della decisione del giudice in tema di oscuramento (che si tratti di atto giurisdizionale o amministrativo), va rilevato come sicuramente l'amministrazione incaricata della raccolta in una banca dati dei provvedimenti non possa sostituirsi all'autorità giudiziaria nella valutazione circa la necessità di anonimizzazione. Conseguentemente, l'oscuramento generalizzato disposto dalla pubblica amministrazione non appare legittimo, considerato come essa appare interferire in parte anche con una decisione attribuita all'autorità giudiziaria.
36. In tal senso, anche l'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Cedu) prescrive la pubblicità dell'esame delle cause, precisando come per limitate (e quindi eccezionali) ipotesi possa limitarsi l'accesso alle aule d'udienza, su ordine del giudice procedente (e non della autorità amministrativa). Ovviamente, considerato il tempo di redazione della Convenzione (1950) non era immaginabile la rivoluzione digitale e le implicazioni conseguenti: nondimeno, questo Collegio ritiene che il principio di pubblicità espresso dall'art. 6 Cedu (e implicitamente dall'art. 111 Cost.) si debba estendere oltre l'istante della celebrazione dell'udienza, involvendo anche (e soprattutto) l'esito del processo, ossia la sentenza, la quale deve essere di regola resa disponibile in maniera integrale al pubblico. Ad analoghe conclusioni conduce una lettura teleologicamente orientata anche dell'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (Carta di Nizza).
37. D'altro canto, proprio rendendo accessibile integralmente la sentenza (termine da intendersi impiegato a mo' di sineddoche) si garantiscono sostanzialmente quegli obiettivi indicati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo quali la «la fiducia nelle corti e nei tribunali da parte della collettività» e si evita una «una giustizia segreta, sottratta al controllo del pubblico». A tal proposito, appare opportuno precisare come l'illegittimità della decisione di oscuramento generalizzato non discende della preferenza accordata dall'amministrazione alla tutela dei dati personali, quanto dalla circostanza che tale bilanciamento debba essere operato in concreto, caso per caso, dall'autorità giudiziaria procedente e non anche in via generalizzata dal gestore della banca dati.
38. D'altronde, va osservato come l'oscuramento generalizzato potrebbe condurre a situazione paradossali: difatti, da un lato, la b.d.p. conterrebbe la sentenza anonimizzata (pur in assenza di pregiudizî per la privacy delle parti coinvolte), dall'altro, chiunque potrebbe legittimamente pubblicare la medesima pronuncia in forma integrale. Peraltro, che non si tratti di un esempio di scuola, emerge chiaramente proprio dall'ultimo documento prodotto dalla parte ricorrente: invero, il Ministero della giustizia ha concluso recentemente un accordo con l'Aie consentendo alle case editrici l'accesso alla b.d.r. In altre parole, un circoscritto gruppo di soggetti privati è stato autorizzato ad estrarre tutti i provvedimenti giurisdizionali senza oscuramento, potendo - salvo i casi previsti dagli artt. 52, commi 1, 2 e 5, d.lgs. 196/2003 - ripubblicarli integralmente. L'evidente contraddittorietà di tale assetto delineato dall'operato del dicastero rende manifestamente illogica la decisione di procedere all'oscuramento generalizzato delle pronunce accessibili nella b.d.p.
39. Pertanto, va ritenuta contraria al disposto degli artt. 51 e 52 d.lgs. 196/2003 la decisione dell'amministrazione della giustizia di oscurare in maniera generalizzata i dati personali delle parti coinvolti in tutti i procedimenti civili pubblicati nella b.d.p.
40. L'accoglimento del ricorso, nei termini appena esposti, determina l'annullamento della decisione gravata con obbligo dell'amministrazione di adottare tutte le misure attuative necessarie.
41. Le spese, considerata l'assoluta originalità della vicenda, possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla il provvedimento impugnato nei limiti di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.