Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
Sezione IV
Sentenza 28 aprile 2025, n. 1443
Presidente: Nunziata - Estensore: Cattaneo
FATTO E DIRITTO
1. La Costruzioni Silik s.r.l. - proprietaria di un'area situata nel Comune di Cantù - in data 1° ottobre 2023 ha presentato una domanda di permesso di costruire, avente ad oggetto la realizzazione di una recinzione dell'area.
2. Con il ricorso in epigrafe la società ha domandato l'accertamento della formazione del silenzio-assenso ex art. 20 d.P.R. 380/2001 sull'istanza e l'annullamento del provvedimento, prot. 21699 del 23 aprile 2024, con cui il Comune di Cantù ha dato avviso del rilascio del permesso di costruire, nella parte in cui condiziona - in applicazione di quanto previsto all'art. 35.5 del regolamento edilizio comunale - l'efficacia e il ritiro del titolo edilizio all'assunzione, con atto unilaterale d'obbligo, dell'impegno a rimuovere la recinzione, a propria cura e spese, su richiesta del Comune "quando sarà necessario per l'esecuzione di opere di pubblica utilità" e a prestare una garanzia fideiussoria a tutela di tale impegno.
Queste le censure dedotte:
I) accertamento del silenzio significativo ex art. 20 d.P.R. 380/2001. Violazione dell'art. 20 d.P.R. 380/2001. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto;
II) in subordine: nullità ex art. 21-septies l. 241/1990. Difetto assoluto di attribuzione;
III) violazione dell'art. 9 d.P.R. 327/2001. Violazione dell'art. 9 l.r. 12/2005. Violazione dell'art. 841 c.c. Violazione dell'art. 832 ss. c.c. Violazione dell'art. 35.5 del regolamento edilizio. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto;
IV) violazione dell'art. 42 Cost. e dell'art. 1 Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Violazione dell'art. 17 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Violazione del principio di legalità;
V) eccesso di potere per sviamento.
3. Si è costituito in giudizio il Comune di Cantù, deducendo, oltre all'infondatezza nel merito del ricorso, la sua inammissibilità per intervenuta acquiescenza e per la mancata impugnazione dell'art. 35.5 del regolamento edilizio comunale e poiché la ricorrente avrebbe impugnato la mera comunicazione dell'intervenuto rilascio del provvedimento e non il permesso di costruire.
4. All'udienza del 5 marzo 2025 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
5. Si può prescindere dall'esame le eccezioni pregiudiziali sollevate dalla difesa dell'amministrazione comunale, stante l'infondatezza, nel merito, del ricorso.
6. Con il primo motivo di ricorso viene sostenuto che, allorché l'amministrazione, con nota del 23 aprile 2024, ha comunicato il rilascio del permesso di costruire con le condizioni ivi previste, si era già formato il silenzio-assenso sulla domanda di rilascio del permesso di costruire, presentata ai sensi dell'art. 20 d.P.R. 380/2001 in data 1° ottobre 2023.
7. Il motivo è infondato.
Secondo consolidata giurisprudenza, "il silenzio assenso, di cui all'art. 20 del d.P.R. n. 380/2001, costituisce uno strumento di semplificazione amministrativa e non di liberalizzazione, con la conseguenza che la formazione del titolo abilitativo per silentium non si perfeziona con il mero decorrere del tempo, ma richiede la contestuale presenza di tutte le condizioni, i requisiti e i presupposti richiesti dalla legge per l'attribuzione del bene della vita richiesto, di modo che esso non si configura, ad esempio, in difetto di completezza della documentazione occorrente" (C.d.S., Sez. II, sent. n. 1059/2024; Sez. IV, 20 ottobre 2022, n. 8943; Sez. VI, 8 settembre 2021, n. 6235; Sez. IV, 20 agosto 2020, n. 5156; Sez. IV, 24 gennaio 2020, n. 569; Sez. IV, 7 gennaio 2019, n. 113; T.A.R. Campania, Napoli, sent. n. 2914/2024).
Perché si formi il provvedimento tacito su un'istanza di rilascio di permesso di costruire, la domanda deve essere, dunque, corredata da tutta la documentazione necessaria al corretto espletamento dell'attività istruttoria da parte dell'amministrazione (C.d.S., Sez. VI, 8 luglio 2022, n. 5746; Sez. VI, 14 marzo 2023, n. 2661; Sez. IV, 26 aprile 2024, n. 3813; Sez. IV, 25 settembre 2024, n. 7768; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, sent. n. 2068/2023; Sez. IV, sent. n. 518/2024).
Nel caso di specie, la domanda presentata dalla ricorrente non può ritenersi idonea a fare decorrere il termine per la formazione del silenzio-assenso poiché era carente della documentazione richiesta dall'art. 35.5 del regolamento edilizio comunale e cioè di un atto unilaterale, registrato e trascritto, con cui l'istante si impegna a rimuovere la recinzione su richiesta del Comune, quando sarà necessario per l'esecuzione di opere di pubblica utilità, e della fideiussione a garanzia dell'impegno.
8. Con il secondo motivo viene affermata la nullità del provvedimento ai sensi dell'art. 21-septies l. 241/1990, per difetto assoluto di attribuzione: il vincolo previsto sull'area avrebbe natura espropriativa e sarebbe ormai decaduto.
9. Con il terzo motivo vengono dedotti i vizi di violazione dell'art. 9 d.P.R. 327/2001, dell'art. 9 l.r. 12/2005, dell'art. 841 c.c., dell'art. 832 c.c., dell'art. 35.5 del regolamento edilizio e di eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, sempre sul presupposto della natura espropriativa del vincolo previsto sull'area dal piano dei servizi per la realizzazione di opere di pubblica utilità (un parcheggio pubblico).
10. II quarto motivo ha ad oggetto i vizi di violazione dell'art. 42 Cost., dell'art. 1 del protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, dell'art. 17 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e del principio di legalità, sempre per la natura espropriativa della previsione del piano delle regole.
11. Le censure - che possono essere trattate congiuntamente in quanto strettamente connesse - sono infondate.
11.1. Il Collegio non condivide il presupposto, da cui muovono le tre censure, della natura espropriativa del vincolo previsto sull'area di proprietà della ricorrente dal piano delle regole, ritenendo piuttosto che si tratti di un vincolo avente natura conformativa.
11.2. Come affermato in giurisprudenza "per stabilire la natura conformativa o espropriativa di un vincolo, occorre verificare se la sua imposizione ammetta, comunque, la realizzazione dell'opera da parte del privato e se, in presenza di tale possibilità, quest'ultimo possa porre l'opera medesima sul mercato e sfruttarla economicamente (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. IV, n. 5582/2015, n. 4022/2016 e n. 4748/2017; Sez. VI, n. 783/2020; Sez. II, n. 6455/2020; T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, n. 1027/2018; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, n. 6634/2018): solo in tal caso, infatti, si può affermare che non vi sia uno svuotamento del diritto di proprietà" (v. C.d.S., Sez. IV, 17 marzo 2022, n. 1940).
In particolare, la destinazione di terreno privato a parcheggio pubblico - impressa in base a previsioni di tipo urbanistico - non comportando automaticamente l'ablazione dei suoli, ed anzi, ammettendo la realizzazione anche da parte dei privati, in regime di economia di mercato, delle relative attrezzature destinate all'uso pubblico, costituisce vincolo conformativo, e non anche espropriativo, della proprietà privata (cfr. T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, Trieste, n. 311/2018; C.d.S., n. 4748/2017).
11.3. L'area di proprietà della ricorrente è ricompresa, nel PGT, tra gli "ambiti contemplati nel piano dei servizi", disciplinata all'art. 8.1.9 del piano delle regole e su cui è prevista la realizzazione di nuovi parcheggi pubblici (doc. 15 del Comune).
L'art. 8.1.9 disciplina "le aree per servizi e attrezzature pubbliche previste dal piano dei servizi" prevedendo, tra l'altro, che: "ai sensi dell'art. 9 comma 10 della LR n. /2005 possono essere servizi pubblici e di interesse pubblico e generale anche le attrezzature private asservibili ad uso pubblico, cioè i servizi e le attrezzature, anche privati, di uso pubblico o di interesse generale, regolati da apposito atto di asservimento o da regolamento d'uso, redatti in conformità alle indicazioni contenute nel piano dei servizi, ovvero da atto di accreditamento dell'organismo competente in base alla legislazione di settore, nella misura in cui assicurino lo svolgimento delle attività cui sono destinati a favore della popolazione residente nel comune e di quella non residente eventualmente servita.
[...]
Le opere pubbliche, d'interesse pubblico e generale o di uso pubblico, anche se realizzate da soggetti diversi dall'amministrazione comunale sono approvati con delibera di Giunta Comunale previo parere favorevole dell'Ufficio Opere Pubbliche [...]".
La disposizione consente, espressamente, la realizzazione delle opere pubbliche anche ai soggetti privati, circostanza questa che esclude che il vincolo sia preordinato all'espropriazione dell'area.
Il carattere conformativo del vincolo è altresì desumibile dal richiamo del comma 10 dell'art. 9 l.r. n. 12/2005, che disciplina i servizi pubblici e di interesse pubblico o generale, realizzabili anche da soggetti privati, e non del comma 12 del medesimo articolo, che ha ad oggetto i vincoli preordinati all'espropriazione, realizzabili esclusivamente ad opera della pubblica amministrazione.
Né un'indicazione in senso contrario può ricavarsi dall'art. 35 del regolamento edilizio comunale. Questa disposizione disciplina le "recinzioni di aree non edificabili, soggette alle previsioni vincolistiche del PRG": essa utilizza un termine generico, comprensivo di tutte le fattispecie in cui le aree siano assoggettate a vincoli, siano essi preordinati all'espropriazione o, come accade nel caso di specie, conformativi.
Le tre censure sono quindi infondate.
12. Il quinto motivo - con cui viene dedotta l'illegittimità del permesso di costruire per eccesso di potere - è privo di fondamento avendo ad oggetto un vizio, l'eccesso di potere, che non è neppure configurabile a fronte di un potere vincolato quale è quello esercitato nel caso di specie dall'amministrazione comunale.
13. Per le ragioni esposte il ricorso è infondato e va, pertanto, respinto.
14. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, a favore del Comune di Cantù, che liquida in euro 2.000,00 (duemila/00), oltre oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.