Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 8 maggio 2025, n. 3938

Presidente: Gambato Spisani - Estensore: Conforti

FATTO E DIRITTO

1. Il presente giudizio ha ad oggetto l'obbligo di corrispondere o meno al Comune di Bologna, da parte dell'odierno appellante, il contributo di costruzione per un cambio di destinazione d'uso da "ufficio" a "negozio".

2. Nel corso del giudizio di primo grado, la società appellante ha dedotto:

- di aver acquistato in data 16 giugno 2021 dalla Fondazione Teatro Comunale l'immobile denominato "Case de' Buoi" sito in Bologna, alla via Oberdan n. 4, identificata al catasto dei fabbricati di detto Comune al foglio 188, mappale 232, sub 42 e al foglio 188, mappale 232, sub 25;

- in data 9 febbraio 2021, la dante causa Fondazione Teatro Comunale ha presentato una SCIA protocollo n. 60990/2021;

- la società Palazzo Malvasia 4 s.r.l., a propria cura e spese, ha pertanto realizzato e portato a termine le opere di frazionamento e manutenzione di cui alla predetta SCIA, e ha comunicato al SUAP del Comune di Bologna la fine lavori, con nota prot. n. 532447, del 19 novembre 2021;

- con l'ordinanza del 23 agosto 2023, prot. n. 60990.21, il Comune di Bologna ha ingiunto alla ricorrente il pagamento della somma di euro 91.986,35 entro il termine di 30 giorni, sul presupposto di un chiesto e avvenuto cambio di destinazione d'uso dei locali divenuti di proprietà della società Palazzo Malvasia, da "uffici" a "insediamento uso commerciale".

2.1. Pertanto, la società Palazzo Malvasia ha proposto ricorso innanzi al T.A.R. per l'Emilia-Romagna, nella resistenza del Comune di Bologna, contestando che le somme pretese fossero effettivamente dovute.

3. Con la sentenza impugnata il T.A.R. ha accertato:

a) quanto al primo motivo di ricorso:

i) "La circostanza, dunque, che gli oneri di costruzione siano stati quantificati con riferimento ad un cambio di destinazione d'uso da A10 (uffici) a C1 (negozi) è imputabile esclusivamente alla sfera di interessi disponibili della odierna ricorrente, che, a fronte di una SCIA mai ritirata, non può lamentare alcun interesse a detta censura";

ii) che "... è la stessa Unipol Assicurazioni - con pratica edilizia Prot. n. 10530 del 9-7-1968 PGN 43852, richiamata in modo espresso nella relazione illustrativa storico-morfologica acclusa alla SCIA PGN 60990/2021 - ad aver richiesto al Comune il cambio di destinazione d'uso da negozio ad ufficio, il titolo di cui trattasi è il "nulla-osta" rilasciato dal Comune di Bologna in data 2.10.1969 il quale corrisponde, nella sostanza, alla licenza di costruzione d'uso di cui all'art. 31, comma 1, L. 1150/42...";

iii) che non sussiste alcun affidamento incolpevole da tutelare;

b) quanto al secondo motivo di ricorso, che l'art. 16 d.P.R. n. 380/2001 non pone un termine di decadenza per esigere le somme dovute a titolo di contributo di costruzione.

4. La sentenza è stata impugnata dalla società che ha proposto istanza di sospensione della sentenza.

4.1. Si è costituito in giudizio il Comune di Bologna resistendo all'appello, con difese di merito.

4.2. Le parti hanno depositato ulteriori scritti difensivi nel corso del processo.

5. All'udienza del 13 marzo 2027, la causa è stata trattenuta in decisione.

6. Con il primo motivo, la società appellante deduce la mancata valutazione delle prove offerte che dimostrerebbero l'erronea qualificazione della destinazione d'uso e l'irrilevanza della mancata rinuncia alla SCIA, peraltro presentata da un soggetto "terzo".

6.1. Con il secondo motivo, la società appellante censura la sentenza relativamente alla ratio decidendi relativa al nulla osta del 1969, in quanto "in nessun passaggio del nulla osta si parla o si richiede o si autorizza il cambio di destinazione d'uso da negozio a ufficio". Sarebbe pertanto errata ed ingiusta la sentenza gravata nella parte in cui afferma che "è la stessa Unipol Assicurazioni - con la pratica edilizia Prot. n. 10530 del 9-7-1968 PGN 43852... - ad aver richiesto al Comune il cambio di destinazione d'uso da negozio ad ufficio".

6.2. Il Collegio ritiene che, tenuto conto dell'infondatezza dei mezzi di gravame e della connessione logica che li avvince, i motivi di appello possano essere esaminati congiuntamente.

6.3. Il T.A.R. ha respinto il ricorso della società odierna appellante, affermando che: «L'ordinanza impugnata, infatti, diversamente da quanto argomentato da parte ricorrente, si fonda proprio sulla SCIA PG 60990/2021 suindicata, proposta dalla dante causa della ricorrente e mai ritirata, a seguito della quale - posta la qualificazione dell'intervento come cambio di destinazione d'uso da uffici a negozio formulata dalla stessa parte istante, il Comune si è limitato a quantificare gli oneri dovuti i quali, per effetto per effetto degli accordi negoziali intercorsi con la propria dante causa, sono stati posti a carico dell'odierna ricorrente.

Infatti, è la stessa SCIA PG 60990/2021 che indica come oggetto un intervento edilizio (lavori di frazionamento e sistemazione locali) espressamente qualificato dalla stessa parte istante quale "cambio di destinazione d'uso", ufficio a negozio, nei locali siti in Via Guglielmo Oberdan n. 24/M.

Con riferimento a tale SCIA, inoltre, la stessa ricorrente - anziché rinunziarvi o manifestare, in qualche modo, di non avvalersi degli effetti della SCIA - comunicava al SUAP del Comune di Bologna la fine dei lavori, registrata al PG n. 532447, in data 19 novembre 2021».

6.4. L'apprezzamento svolto dal T.A.R. è corretto in fatto e in diritto, non sussistendo alcuna errata valutazione e considerazione dei presupposti di fatto e dei documenti.

Depongono in questo senso una pluralità di indici che smentiscono la prospettazione dell'appellante.

6.4.1. Innanzitutto, come rilevato dal medesimo T.A.R., la SCIA 9 febbraio 2021 (doc. 5 ricorso I grado) fa espresso e testuale riferimento al cambio di destinazione d'uso da "ufficio" a "negozi".

6.4.2. Il Collegio ritiene infondata, inoltre, la censura dell'appellante che tenta di sminuire questa qualificazione quale mero errore nella compilazione della SCIA, in quanto anche la relazione illustrativa di accompagnamento alla SCIA prende espressamente posizione sul cambio di destinazione d'uso, confermando che non si trattasse di un'errata "improvvida" qualificazione, ma di una richiesta consapevolmente assunta.

6.4.3. La ricorrente, inoltre, si era accollata il relativo debito, nell'accordo (del 18 maggio 2023, doc. 7 ricorso I grado) intercorso tra il dante causa dell'odierna appellante (la Fondazione Teatro comunale di Bologna) e quest'ultima, a dimostrazione che tale specifico aspetto risultava, dunque, espressamente ponderato e trattato, con correlata consapevolezza della possibile ulteriore pretesa pecuniaria che il Comune avrebbe potuto avanzare.

In proposito, alla lett. g) delle premesse si legge: "a quanto consta il Comune di Bologna parrebbe classificare l'intervento di cui alle lettere c) ed f) come mutamento di destinazione d'uso, e conseguentemente calcolare e quantificare il contributo di costruzione dovuto" e nell'ambito delle clausole contrattuali che: "per l'effetto, le obbligazioni della Fondazione Teatro Comunale di Bologna nei riguardi del Comune di Bologna nascenti dal titolo abilitativo suddetto, ivi inclusi gli oneri pretesamente dovuti di cui alla lettera g) delle premesse, saranno a carico della società Palazzo Malvasia 4 s.r.l. che ha interamente realizzato gli interventi edilizi in virtù del preliminare di vendita e che all'uopo curerà e gestirà ogni rapporto con l'amministrazione comunale sul punto, con espressa legittimazione, qualora la società ne ravveda la necessità ad agire nelle sedi opportune per contestarne l'operato".

6.4.4. Particolarmente indicative, infine, sono le foto allegate al doc. 4 depositato in primo grado dal Comune in data 17 novembre 2023, dal quale si trae la definitiva conferma della destinazione d'uso ad ufficio dell'immobile oggetto dell'intervento edilizio.

Alcune foto mostrano, a parere del Collegio, allestimenti tipici della destinazione ad uffici, mentre non v'è nulla che porti a ritenere che la destinazione d'uso precedente alla SCIA fosse quella commerciale.

6.4.5. Quanto alla pratica 9 luglio 1968, n. 10530 (doc.ti da 15 a 16-bis ricorso I grado), va evidenziato che il cambio d'uso da negozi a ufficio c'era stato, con nulla osta 2 ottobre 1969, in quanto un'agenzia assicurativa non può essere considerata un "negozio", e non si capirebbe, altrimenti, la ragione per la quale un centro meccanografico si troverebbe ubicato in un negozio (cfr. doc. 15-bis).

6.5. In definitiva, le valutazioni del T.A.R. sono da ritenersi corrette.

7. Con il terzo motivo, si insiste sulla lesione del legittimo affidamento e si rimarca che l'odierna appellante è in assoluta buona fede.

Si impugna, infine, anche l'ultimo capo della sentenza di primo grado, affermandosi che sarebbe stato violato l'art. 16, comma 3, d.P.R. n. 380/2001, che prevedrebbe un termine di decadenza di sessanta giorni affinché l'ente possa procedere al recupero delle maggiori somme.

7.1. Il terzo motivo di appello è infondato.

7.2. Com'è oramai autorevolmente statuito (ex multis, C.d.S., Ad. plen., 30 agosto 2018, n. 12), il contributo previsto dall'art. 16 del d.P.R. n. 380 del 2001 e articolato nelle due voci inerenti agli oneri di urbanizzazione e al costo di costruzione rappresenta, secondo la qualificazione datane da questa stessa Adunanza plenaria, una compartecipazione del privato alla spesa pubblica occorrente alla realizzazione delle opere di urbanizzazione.

Si tratta di una prestazione patrimoniale imposta, di carattere non tributario, che ha carattere generale, prescindendo totalmente dalle singole opere di urbanizzazione che devono in concreto eseguirsi, venendo altresì determinato indipendentemente sia dall'utilità che il concessionario ritrae dal titolo edificatorio sia dalle spese effettivamente occorrenti per realizzare dette opere.

Le controversie in tema di determinazione della misura dei contributi edilizi concernono l'accertamento di diritti soggettivi che traggono origine direttamente da fonti normative, sicché sarebbero proponibili, a prescindere dall'impugnazione di provvedimenti dell'amministrazione, nel termine di prescrizione vertendo su rapporti paritetici e in considerazione della circostanza che l'atto di imposizione e di liquidazione del contributo costituisce un "mero atto ricognitivo e contabile" privo di natura autoritativa, correlato ad una precisa disciplina regolamentare.

7.3. Da questi principi discende la non applicabilità delle regole in materia di autotutela e la doverosità della rideterminazione quante volte la pubblica amministrazione si accorga che l'iniziale determinazione degli oneri di urbanizzazione sia dipesa da un'inesatta applicazione delle tabelle o anche da un semplice errore di calcolo, senza che possa opporsi da parte del privato la tutela di un proprio legittimo affidamento, salvo che nell'eccezionale ipotesi, che nel caso di specie non ricorre, in cui non sussista la conoscibilità e/o verificabilità dei parametri di calcolo delle somme spettanti all'amministrazione con il normale sforzo richiesto al debitore.

Inoltre, dai suesposti principi e dal principio di ordine generale secondo cui la decadenza viene comminata dall'ordinamento mediante previsioni espresse, discende, altresì, l'infondatezza della censura con cui si è dedotta la violazione dell'art. 16 d.P.R. n. 380/2001.

8. Con il quarto motivo di appello, la società impugna il capo della sentenza relativo alle spese del giudizio.

8.1. Il quarto motivo di appello è infondato.

8.2. Dalla reiezione dei precedenti motivi discende la conferma della sentenza di primo grado e, dunque, anche del capo della sentenza che in applicazione del principio di soccombenza ha condannato la società ricorrente al pagamento delle spese del processo di primo grado.

9. In conclusione, per le motivazioni sin qui esposte, l'appello va respinto.

10. Le spese del presente grado di giudizio, regolamentate secondo l'ordinario criterio della soccombenza nei confronti della società appellante sono liquidate in dispositivo, tenuto conto della nota spese presentata dal Comune di Bologna, con la puntualizzazione, tuttavia, che l'importo di cui alla suddetta nota spese viene ridotto ai valori minimi dello scaglione, perché l'importo dell'odierna controversia è vicino ai valori di ingresso dello scaglione.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello come in epigrafe proposto (ricorso n. 8262/2024 R.G.), lo respinge.

Condanna la società Palazzo Malvasia 4 s.r.l. alla rifusione, in favore del Comune di Bologna, delle spese del giudizio che liquida in euro 7.100,00 (settemilacento/00), oltre agli accessori di legge (I.V.A., C.P.A. e rimborso spese generali al 15%).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Note

La presente decisione ha per oggetto T.A.R. Emilia-Romagna, sez. II, sent. n. 545/2024.