Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 9 maggio 2025, n. 4019

Presidente: Carbone - Estensore: Santise

FATTO E DIRITTO

1. La Logistica Am s.r.l. ha impugnato l'aggiudicazione in favore della La Carpia Domenico s.r.l. del servizio di trasporto ed avvio a recupero del rifiuto sovvallo secco prodotto dall'impianto di TBM in località Cafaro di Atella.

Il T.A.R., con sentenza 438 del 2024, ha accolto il ricorso.

2. La Carpia Domenico s.r.l. ha, quindi, impugnato la predetta sentenza, deducendo i seguenti motivi di appello:

I) error in procedendo e error in iudicando: violazione di legge (artt. 99, 100, 105 e 107 d.lgs. 36/2023 - punto 6.3, lett. h), del disciplinare di gara in relazione al punto 6) ed eccesso di potere; violazione di legge: d.m. 22/2013; travisamento e/o errata presupposizione di fatti; difetto dei presupposti, contraddittorietà e perplessità; manifesta illogicità e irragionevolezza; omesso esame e/o apprezzamento di fatti rilevanti; violazione dei principi di affidamento, buona fede, proporzionalità e favor partecipationis;

II) error in procedendo e error in iudicando: violazione di legge (art. 100, comma 2, d.lgs. 36/2023 - requisito di capacità tecnica - punto 6.3, lett. h), disciplinare); violazione dei principi di attinenza e proporzione; eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità, incongruità; violazione dei principi di tutela della concorrenza; travisamento e/o errata presupposizione di fatti; violazione e falsa applicazione degli artt. 31 e 37 c.p.a.

La Logistica Am s.r.l. si è costituita regolarmente in giudizio, contestando l'avverso appello e chiedendone il rigetto.

Alla pubblica udienza del 30 gennaio 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.

3. Il T.A.R. ha accolto il ricorso di primo grado, in quanto ha ritenuto che la stazione appaltante avesse sostituito con dei "chiarimenti" uno dei requisiti di partecipazione previsti dal bando di gara, così modificando illegittimamente quest'ultimo. In particolare, l'art. 6.3 del disciplinare di gara, rubricato requisiti di capacità tecnica e professionale, prescrive tra l'altro, alla lett. f), il «possesso di certificazione del proprio sistema di gestione ambientale riferito all'oggetto della procedura conforme alle norme europee della serie UNI EN 15359:2011». La stazione appaltante, in sede di chiarimenti, ha evidenziato che «tra i requisiti di capacità tecnica e professionale indicate nel disciplinare di gara ci si riferisce alle norme europee della serie UNI EN 15358:2011 (Combustibili solidi secondari - Sistemi di gestione per la qualità - Requisiti particolari per la loro applicazione alla produzione di combustibili solidi secondari)».

Come correttamente ha evidenziato l'appellante, la stazione appaltante aveva chiesto alle ditte di certificare il proprio sistema di gestione ambientale, cui corrisponde la certificazione UNI EN 15358:2011, indicando per evidente errore la certificazione UNI EN 15359:2011, in quanto, come è emerso in maniera incontestata, la UNI EN 15359:2011 è stata abrogata in data ben anteriore alla pubblicazione del bando.

Del resto, tale errore è stato rilevato da tutti i concorrenti che, come attestato dalla stazione appaltante nella sua relazione, hanno partecipato alla gara producendo regolarmente la certificazione UNI EN 15358:2011, compreso il ricorrente in primo grado.

Oggetto del servizio è, peraltro, il trasporto e l'avvio a recupero del rifiuto sovvallo secco prodotto dall'impianto di TBM in località Cafaro di Atella e il punto 6.3, lett. h), del disciplinare chiedeva già nella sua originaria formulazione il "possesso di certificazione del proprio sistema di gestione ambientale riferito all'oggetto della procedura...", e dunque di certificare la qualità ambientale del proprio impianto di produzione di CSS cui corrisponde solo la certificazione UNI EN 15358:2011.

La certificazione UNI EN 15359:2011, oltre a non essere più in vigore, si riferiva non all'impianto ma ad un sistema di classificazione dei combustibili solidi secondari all'esito del trattamento meccanico dei rifiuti avviati a recupero.

4. Non può, dunque, essere condivisa la ricostruzione seguita dal giudice di prime cure perché in realtà nessuna modifica degli atti di gara è stata effettuata dalla stazione appaltante tramite i chiarimenti, ma è stato solo chiarito un aspetto del bando di gara, che era affetto da un evidente errore il quale, peraltro, era stato ben individuato anche da tutti i partecipanti che hanno prodotto la certificazione corretta.

5. Non può, quindi, essere preclusa alla p.a. di chiarire e precisare quale sia la certificazione da produrre, quando tale elemento emerga ictu oculi da una piana lettura del bando. La ricostruzione del giudice di prime cure comporterebbe che ogni qual volta il bando sia affetto da un palese errore "innocuo", perché nessun pregiudizio o disagio ha causato ai partecipanti, la p.a. non potrebbe intervenire chiarendo l'errore commesso, ma sarebbe costretta a revocare l'intera gara, con esiti insoddisfacenti dal punto di vista del buon andamento e del principio del risultato (art. 1 d.lgs. n. 36 del 2023) che si oppone, peraltro, ad una lettura formalistica degli atti di gara.

6. Peraltro, sono gli stessi principi della reciproca fiducia nell'azione legittima, trasparente e corretta dell'azione amministrativa (art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 36 del 2023), nonché della buona fede e della correttezza nelle procedure di gara a giustificare un tale esito (art. 5 d.lgs. n. 36 del 2023). Lo stesso ricorrente di primo grado ha, infatti, prodotto la certificazione corretta (UNI EN 15358:2011), pur formalmente non richiesta dagli atti di gara, evidentemente perché si è reso conto del "palese" errore in cui era incorsa la p.a.

7. Non ogni errore può naturalmente essere emendato dalla stessa stazione appaltante con i chiarimenti, pena il rischio che così facendo si possa giungere ad una modifica non consentita degli atti di gara.

È però ben possibile che la stazione appaltante, in presenza di un errore palese in relazione ad una richiesta certificazione non più in vigore, specifichi e precisi quale sia la certificazione che per legge deve essere posseduta dagli operatori economici partecipanti alla gara.

Anzi, in questo caso, così come in casi analoghi, la precisazione da parte della stazione appaltante appare assolutamente doverosa e necessaria, in quanto altrimenti il bando, con il riferimento all'atto precedente, ormai non più esistente, sarebbe stato inattuabile.

L'appello va, pertanto, accolto e, in riforma della sentenza del T.A.R., va respinto il ricorso di primo grado.

Le ragioni che hanno condotto alla presente decisione giustificano la compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla la sentenza di primo grado e respinge il ricorso di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Note

La presente decisione ha per oggetto TAR Basilicata, sent. n. 438/2024.