Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 20 maggio 2025, n. 4335
Presidente: Urso - Estensore: Rovelli
FATTO
1. La diocesi di Grosseto ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, chiedendo l'annullamento del provvedimento con cui, in data 4 settembre 2018 il Sindaco di Scarlino, ai sensi dell'art. 54 d.lgs. n. 267/2000, ha ordinato di eseguire la messa in sicurezza del paramento murario esterno dell'antico complesso conventuale di San Donato, che insiste lungo la via Madonna delle Grazie.
2. L'ordinanza assumeva che le condizioni di degrado del paramento murario del complesso conventuale determinavano una situazione di pericolo per la sicurezza ed incolumità pubbliche.
3. Il ricorso è stato respinto con sentenza n. 1380/2022 dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, previa declaratoria del difetto di legittimazione passiva del Ministero dell'interno.
4. Di tale sentenza, la diocesi di Grosseto ha chiesto la riforma con rituale e tempestivo atto di appello affidato alle seguenti censure così rubricate: "I. Sul capo della sentenza che rigetta il ricorso in ordine al I motivo: sussiste la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 54 del D.Lgs. 267/2000. Eccesso di potere per difetto di presupposti soggettivi e oggettivi dell'atto impugnato. I. A Difetto dei presupposti soggettivi ex art. 54, co. 4, T.U.E.L.; I. B Difetto dei presupposti oggettivi ex art. 54, co. 4, T.U.E.L.; II. Omessa pronuncia in ordine al secondo motivo di ricorso: Sussiste la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 54 del D.Lgs. 267/2000. Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 11 della Legge 241/1990; III. Sulla condanna del Comune di Scarlino alla restituzione delle spese sostenute per l'esecuzione dell'ordinanza quivi impugnata".
5. Ha resistito al gravame, chiedendone il rigetto, il Comune di Scarlino. Si è costituito in giudizio il Ministero dell'interno con memoria di stile.
6. Alla udienza pubblica del 21 novembre 2024 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
DIRITTO
7. Le argomentazioni dell'appellante necessitano di una sintesi al fine di inquadrare con ordine le questioni sottoposte al Collegio e le critiche mosse alla sentenza impugnata.
8. Con il primo motivo l'appellante, in sintesi, argomenta come segue.
8.1. La diocesi di Grosseto non sarebbe proprietaria dell'area in questione, essendo la particella di riferimento di proprietà di altro soggetto giuridico, la parrocchia di San Martino in San Donato.
8.2. Nell'anno 2011 la diocesi di Grosseto aveva presentato al Comune di Scarlino un piano di recupero del complesso insediativo rappresentato dal convento di San Donato, attiguo alla chiesa di San Donato in Scarlino, per la manutenzione ordinaria e straordinaria e restauro e risanamento conservativo. Detto piano di recupero doveva obbligatoriamente contenere fra gli altri interventi, il restauro e la ricostruzione fisiologica delle mura perimetrali di origine medievale e il recupero delle parti costruite in epoca recente così da integrarle con il contesto architettonico generale. La diocesi si sarebbe impegnata nel restauro di detto paramento murario unicamente perché vincolata dallo strumento urbanistico e lo avrebbe fatto accordandosi privatamente con la parrocchia, non essendo di fatto proprietaria di detta area.
8.3. Con delibera del Consiglio comunale n. 50 del 29 settembre 2011 veniva approvato il piano di recupero presentato, unitamente agli elaborati tecnici relativi al paramento murario. A tale delibera, tuttavia, non seguiva la sottoscrizione della convenzione contenente le previsioni e le obbligazioni che a norma di legge avrebbero dovuto vincolare sia la diocesi di Grosseto che il Comune di Scarlino.
8.4. Il fatto di aver presentato il piano di recupero non presupporrebbe la disponibilità dell'area in questione da parte della diocesi di Grosseto.
8.5. Inoltre, nel caso in esame, difetterebbero i presupposti della contingibilità e dell'urgenza, poiché il provvedimento impugnato non renderebbe conto dell'esistenza di una situazione di pericolo imprevedibile ed eccezionale, ma solo della persistenza di problematiche strutturali note da anni.
9. Con il secondo motivo l'appellante, in sintesi, argomenta come segue.
9.1. Il primo Giudice avrebbe omesso di pronunciarsi in ordine a un altro profilo di illegittimità del provvedimento impugnato. Nell'ordinanza viene richiesto alla diocesi di Grosseto di eseguire i lavori di messa in sicurezza del paramento murario in forza degli obblighi dalla stessa assunti con la presentazione del piano di recupero del comparto sul quale insiste il convento di San Donato approvato con delibera di C.c. n. 50 del 29 settembre 2011.
9.2. All'approvazione del piano di recupero non è mai conseguita la sottoscrizione di una convenzione contenente le previsioni ed i termini di realizzazione del piano stesso. Tra il Comune di Scarlino e la diocesi di Grosseto non vi sarebbe alcun rapporto obbligatorio del quale possa essere chiesto l'adempimento.
9.3. In ogni caso, lo strumento giuridico che l'Amministrazione avrebbe dovuto utilizzare per richiedere l'adempimento delle opere di messa in sicurezza richiamate nell'atto impugnato, non sarebbe stata l'ordinanza di cui all'art. 54 del d.lgs. 267/2000, non sussistendone i presupposti.
10. Con il terzo motivo l'appellante, in sintesi, argomenta come segue.
10.1. La diocesi di Grosseto chiedeva di condannare il Comune resistente al rimborso dei costi sostenuti per l'esecuzione dell'ordinanza impugnata (euro 28.869,60). La suddetta domanda è stata respinta, stante il mancato accoglimento della domanda principale. La ricorrente ripropone tale domanda nell'ipotesi di accoglimento della richiesta declaratoria di annullamento del provvedimento impugnato.
11. Le censure, così sintetizzate, ribadite nella memoria depositata il 29 ottobre 2024, possono a questo punto essere esaminate congiuntamente. Esse sono infondate alla luce del consolidato orientamento della Sezione sui presupposti dell'adozione delle ordinanze contingibili e urgenti e sull'individuazione dei destinatari del provvedimento.
11.1. La prima considerazione da svolgere è che il soggetto destinatario di un'ordinanza contingibile e urgente non deve essere necessariamente il proprietario dell'area, essendo sufficiente che ne abbia la materiale disponibilità, la quale rappresenta il necessario presupposto per l'esecuzione degli interventi per la rimozione della situazione di pericolo (C.d.S., Sez. V, 15 marzo 2023, n. 2732). La diocesi di Grosseto ha pacificamente la disponibilità dell'area in questione, tanto da avere già eseguito opere di messa in sicurezza dello stesso paramento murario oggetto del provvedimento per cui è causa. Come correttamente evidenziato dal primo Giudice, analogo intervento risulta essere stato eseguito, con rimozione degli elementi pericolanti, consolidamento delle murature, integrazione degli elementi mancanti e manutenzione delle connessioni fra gli elementi murari, come da S.C.I.A. del marzo 2015.
11.2. L'ordinanza contingibile e urgente, con cui il Sindaco imponga di risolvere una situazione di degrado che possa essere di pregiudizio per la pubblica incolumità non riveste carattere sanzionatorio, ma solo ripristinatorio, per essere diretta esclusivamente alla rimozione dello stato di pericolo. Conseguentemente, il provvedimento incontra legittimo destinatario nel soggetto che si trovi in situazione tale da consentirgli di eliminare la riscontrata situazione di pericolo, ancorché tale situazione non possa essergli imputata, trattandosi del soggetto avente la concreta disponibilità dei luoghi, circostanza che costituisce condizione logica e materiale indispensabile per l'esecuzione dell'ordine impartito.
11.3. La seconda considerazione da svolgere è che ai fini dell'esercizio legittimo del potere di ordinanza sindacale contingibile e urgente rileva l'attualità della situazione di pericolo al momento dell'adozione del provvedimento sindacale nonché l'idoneità del provvedimento a porvi rimedio, mentre è irrilevante che la fonte del pericolo sia risalente nel tempo. La circostanza che la situazione pericolosa risalga nel tempo non comporta, per ciò solo, l'illegittimità dell'ordinanza sindacale; il momento in cui l'ordinanza è adottata segna, infatti, il limite oltre il quale il rischio non è più accettabile per la collettività e si avverte come indispensabile l'intervento per scongiurare il danno (cfr. C.d.S., Sez. V, 11 marzo 2024, n. 861; 2 ottobre 2020, n. 5780).
11.4. Preme un'ulteriore considerazione visto che secondo l'appellante la sentenza impugnata sarebbe viziata anche da omessa pronuncia.
11.5. Nel processo amministrativo l'omessa pronuncia, da parte del giudice di primo grado, su censure e motivi di impugnazione costituisce tipico errore di diritto, deducibile in sede di appello sotto il profilo della violazione del disposto di cui all'art. 112 c.p.c., che è applicabile al processo amministrativo con il correttivo secondo il quale l'omessa pronuncia su un vizio del provvedimento impugnato deve essere accertata con riferimento alla motivazione della sentenza nel suo complesso, senza privilegiare gli aspetti formali, cosicché essa può ritenersi sussistente soltanto nell'ipotesi in cui risulti non essere stato esaminato il punto controverso e non quando, al contrario, la decisione sul motivo d'impugnazione risulti implicitamente da un'affermazione decisoria di segno contrario ed incompatibile (ex multis, C.d.S., Sez. III, 1° giugno 2020, n. 3422); la decisione di segno contrario risulta dal compiuto esame delle censure che il T.A.R. ha sicuramente effettuato nella motivazione della sentenza.
11.6. A integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un'espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l'impostazione logico-giuridica della pronuncia (C.d.S., Sez. V, 25 marzo 2024, n. 2821).
12. Per le ragioni sopra esposte l'appello va respinto e, per l'effetto, va confermata la sentenza impugnata.
Le spese, vista l'esistenza di difficoltà di accertamento della vicenda fattuale controversa, idonea ad incidere sulla esatta conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle parti (in tal senso, C.d.S., Sez. VI, 30 gennaio 2020, n. 780; Cass. civ., Sez. un., 30 luglio 2008, n. 20598), possono essere compensate tra le parti in causa.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l'effetto, conferma la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana n. 1380/2022.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Note
La presente decisione ha per oggetto TAR Toscana, sez. III, sent. n. 1380/2022.