Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 23 maggio 2025, n. 4504

Presidente: Martino - Estensore: Rotondo

FATTO E DIRITTO

1. Il presente giudizio ha ad oggetto:

- la domanda di annullamento del decreto n. 3 del 25 maggio 2015 con il quale il responsabile dell'ufficio tecnico del Comune di Villanova del Battista ha disposto, ai sensi dell'art. 42-bis del d.P.R. n. 327/2001 (t.u. espropri), l'acquisizione al patrimonio comunale del fondo di proprietà dei signori Pasquale S. e Angiolina D.C., identificato con la particella 1752, del foglio 8, per una estensione di mq 34, occupata per la realizzazione di n. 24 alloggi di edilizia residenziale pubblica (e.r.p.);

- la domanda di condanna alla restituzione del fondo;

- la domanda di risarcimento del danno per la illegittima occupazione del fondo, in particolare avuto riguardo alle particelle 1269 e 1753 del foglio 8 nella maggiore estensione restituita ai proprietari appellanti.

2. I signori S. e D.C., ritenendo illegittimo il provvedimento, ricorrevano al T.A.R. per la Campania, sede staccata di Salerno, deducendo i seguenti motivi:

a) incompetenza dell'organo che ha adottato il decreto (ufficio tecnico comunale);

b) assenza dei presupposti per l'adozione del decreto di acquisizione sanante, poiché la particella acquisita non aveva subito alcuna trasformazione;

c) omessa comunicazione di avvio del procedimento;

d) difetto di motivazione per omessa esplicitazione delle ragioni d'interesse pubblico che imponevano l'acquisizione coattiva del bene;

e) errata determinazione dell'indennità del valore venale del bene, per non essere stato considerato, come dato di partenza, il valore venale del bene oggetto d'acquisizione.

2.1. Nel giudizio si costituiva il Comune di Villanova del Battista, formulando eccezioni di inammissibilità. Nella memoria di costituzione il Comune eleggeva domicilio presso la segreteria del T.A.R. adito. Il difensore del Comune (responsabile dell'ufficio legale dell'ente locale) dichiarava altresì (vedi pagina 1 della memoria depositata in data 16 ottobre 2015) di voler ricevere le comunicazioni all'indirizzo pec: "ufficiolegale.villanovadelbattista@pec.it".

2.2. Il T.A.R., con la sentenza n. 3142 del 23 novembre 2022:

a) prescindeva dall'esame delle eccezioni di rito sollevate dal Comune;

b) nel merito, esaminava contestualmente i motivi di ricorso, ritenuti avvinti tra loro da una stretta connessione, e a seguire:

i) respingeva il primo motivo (incompetenza), a sensi dell'art. 104, comma 2, d.lgs. n. 267/2000;

ii) reputava adeguatamente motivato il decreto, tenuto conto della avvenuta realizzazione delle opere di urbanizzazione (viabilità al servizio dei fabbricati) e dall'apposizione di vincoli urbanistici strumentali alla corretta e completa realizzazione di un complesso residenziale, costituiti dal rispetto delle distanze dei fabbricati di e.r.p. in relazione alle circostanti proprietà private;

iii) riscontrava la sussistenza di una effettiva interlocuzione tra l'amministrazione comunale e gli interessati preliminarmente all'adozione del procedimento di acquisizione sanante;

iv) dichiarava - in relazione alla domanda di liquidazione di una maggiore indennità a seguito dell'adozione del provvedimento di acquisizione, nonché di risarcimento del danno comunque connesso al periodo di occupazione illegittimo cui poi ha fatto seguito l'acquisizione sanante sussiste - il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo reputandola "una pretesa intrinsecamente indennitaria per volontà del legislatore";

v) dichiarava, altresì, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario, anche avuto riguardo alla domanda di risarcimento del danno derivante dalla retrocessione delle particelle fondiarie che il Comune ha ritento non più utili per la realizzazione dell'intervento urbanistico;

vi) compensava le spese.

3. Hanno appellato i signori Pasquale S. e Angiolina D.C.

3.1. Con l'atto di appello, notificato presso l'indirizzo pec "ufficioprotocollo.villanovadelbattista@pec.it", gli interessati censurano la sentenza del T.A.R. per i seguenti motivi.

I) Difetto di competenza - Violazione e falsa applicazione dell'art. 42, comma 2, lett. l), del t.u.e.l.:

a) il T.A.R. non ha considerato che la competenza ad adottare gli atti ex art. 42-bis del d.P.R. spetta al Consiglio comunale ai sensi dell'art. 42, comma 2, lett. l), del d.lgs. n. 267/2000.

II) Violazione e falsa applicazione dell'art. 42-bis del d.P.R. n. 327/2001 - Violazione della sfera di competenza riservata all'amministrazione:

a) il provvedimento acquisitivo non poteva essere adottato poiché l'amministrazione, in realtà, non aveva realizzato alcuna opera sulla particella 1752, ragion per cui il T.A.R. avrebbe errato nel ritenere possibile fare ricorso alla procedura ex art. 42-bis citato anche quando l'immobile, sebbene non modificato, risultasse comunque funzionale al perseguimento di un interesse pubblico che lo stesso giudice di primo grado ha ritenuto di ravvisare nell'esigenza dell'amministrazione di avere uno spazio libero per la realizzazione di opere di urbanizzazione, in tal modo, per un verso, invadendo la sfera di merito riservata all'amministrazione, per l'altro fornendo al provvedimento una motivazione di cui in realtà era del tutto privo.

III) Violazione dell'art. 7 della l. 241/1990 - Violazione del principio del contraddittorio:

a) il procedimento non può essere sostituito da comunicazioni informali, salvo solo non vi sia dimostrazione che le stesse avessero ad oggetto tutte le questioni presenti nel provvedimento, prova questa che il Comune non avrebbe fornito.

IV) Omessa pronuncia - Violazione dell'art. 3 della l. 241/1990 - Violazione dell'art. 42-bis del d.P.R. 327/2001:

a) il decreto non esplicita: le circostanze che hanno condotto alla indebita utilizzazione dell'area; le eccezionali ragioni di interesse pubblico che ne giustificano l'emanazione; la valutazione dei contrapposti interessi; l'assenza di ragionevoli alternative alla sua adozione; l'utilizzazione che del fondo intenderebbe farne l'amministrazione;

V) Violazione dell'art. 113 Cost. nonché degli artt. 11 e 133 c.p.a.:

a) gli appellanti avevano agito anche per ottenere il risarcimento dei danni subiti come conseguenza dell'occupazione sine titulo del bene, e precisamente delle particelle 1267 e 1753 sulla cui domanda, però, il T.A.R. s'è dichiarato privo di giurisdizione; sennonché, il giudice territoriale non si sarebbe avveduto che l'occupazione di queste particelle era avvenuta sulla base di un legittimo decreto d'occupazione d'urgenza, sicché si tratterebbe di una occupazione preordinata all'esproprio delle suddette particelle divenuta illegittima, rispetto alla quale la domanda risarcitoria rientrerebbe nella giurisdizione esclusiva del g.a.

3.2. Il Comune di Villanova del Battista non si è costituito.

3.3. All'udienza del 29 febbraio 2025, il Collegio ha fatto presente all'avv. Guido Ciccarelli che l'atto di appello risulta notificato presso l'indirizzo pec "ufficioprotocollo.villanovadelbattista@pec.it" anziché presso il domicilio eletto (il T.A.R.) né presso l'indirizzo pec indicato nella memoria di costituzione del Comune nel giudizio di primo grado: ufficiolegale.villanovadelbattista@pec.it).

L'avvocato Ciccarelli riferisce che la pec dell'appello è stata inoltrata all'indirizzo dell'ufficio legale ma non avrebbe avuto riscontro positivo (esito: "indirizzo inesistente") in quanto l'avvocato Raffaele Panzetta sarebbe stato collocato in pensione.

3.4. Il Collegio, rilevata la necessità di accertare le modalità di notifica dell'atto di appello, ha onerato parte appellante di produrre la documentazione relativa alle modalità di notifica dell'atto di appello e ha rinviato la trattazione della controversia all'udienza pubblica del 15 aprile 2025.

3.5. In data 4 marzo 2025, l'avvocato Ciccarelli ha depositato la documentazione.

3.6. All'udienza del 15 aprile 2025, la causa è stata trattenuta per la decisione.

4. Preliminarmente, il Collegio dichiara l'appello ammissibile.

Parte appellante ha comprovato che l'atto introduttivo del presente giudizio è stato notificato nei termini, ai sensi della l. n. 53 del 1994, presso l'indirizzo "ufficiolegale.villanovadelbattista@pec.it", indicato dal Comune nella propria memoria di costituzione nel giudizio di primo grado ("Notifica ai sensi della L. 53/94 (S. appello)" proveniente da "guidociccarelli@pec.giuffre.it" ed indirizzato a: ufficiolegale.villanovadelbattista@pec.it).

Il messaggio è stato accettato dal sistema ed inoltrato. "Identificativo messaggio: opec21004.20230406161817.289625.760.1.16@pec.aruba.it".

Parte appellante ha, altresì, versato in atti il documento attestante "Avviso di mancata consegna", da cui risulta che presso l'indirizzo pec di cui sopra "è stato rilevato un errore: 5.1.1 - Aruba Pec S.p.A. - indirizzo non valido.

Il messaggio è stato rifiutato dal sistema.

Identificativo messaggio: opec21004.20230406161817.289625.760.1.16@pec.aruba.it".

L'appellante ha, infine, depositato la schermata del CNF da cui risulta indirizzo inesistente a nome in corrispondenza dell'avvocato "Panzetta Raffaele".

Consegue a tanto che, non essendo stato possibile effettuare la notifica dell'atto di appello presso il domicilio eletto, correttamente l'atto di appello è stato notificato all'indirizzo di posta elettronica certificata del Comune di Villanova del Battista, risultante da pubblici elenchi, trattandosi di uno dei "luoghi di notificazione dell'impugnazione" previsti dall'art. 93, comma 1, c.p.a.

5. Nel merito, l'appello è fondato nei sensi che seguono.

6. Con il primo motivo di gravame, gli appellanti censurano la sentenza del T.A.R. nella parte in cui ha respinto il dedotto vizio di incompetenza.

È noto che nel processo amministrativo l'ordine di prospettazione dei motivi di ricorso è tendenzialmente vincolante per il giudice il quale, investito del sindacato sulla legittimità di uno o più atti, deve trattare per primo il motivo che la parte ha indicato espressamente come prioritario e, solo in caso di mancato accoglimento di questo, proseguire nella trattazione dei motivi indicati come subordinati.

È tuttavia onere della parte graduare in modo espresso i motivi di ricorso non potendo il giudice sostituirsi alla parte nella valutazione del proprio interesse sulla base di arbitrarie intuizioni o affidandosi alla mera successione numerica dei motivi di ricorso.

Sulla validità di questa regola si è tuttavia dubitato quando nei motivi di ricorso venga denunciato il vizio di incompetenza relativa (atto amministrativo emanato da un organo che appartiene allo stesso apparato amministrativo cui la legge intesta il potere di provvedere).

L'art. 21-octies della l. n. 241 del 1990 dispone che il vizio di incompetenza relativa comporta la annullabilità del provvedimento amministrativo, a differenza del più grave vizio di incompetenza assoluta che rientra invece tra le cause tassative di nullità dell'atto (art. 21-septies della medesima legge cit.).

Orbene, prima dell'entrata in vigore del c.p.a., l'art. 26, comma 2, della legge istitutiva dei T.A.R. (6 dicembre 1971, n. 1034) imponeva al giudice di rimettere l'affare all'autorità competente in caso di accoglimento del vizio di incompetenza.

Tale disposizione era stata interpretata dall'orientamento assolutamente consolidato della giurisprudenza come implicante la necessaria trattazione prioritaria del motivo relativo all'incompetenza, a prescindere dall'ordine dei motivi prospettati nel ricorso; ciò in quanto una pronuncia sul merito di altri vizi di legittimità si sarebbe tradotta in una non ammissibile anticipazione della decisione provvedimentale dell'amministrazione competente sull'affare cui spettava la valutazione degli interessi coinvolti.

Conseguiva a tanto che l'accoglimento del motivo afferente il vizio di incompetenza comportasse l'assorbimento degli a[l]tri motivi di ricorso e la rimessione della questione all'autorità competente.

Il codice del processo amministrativo, approvato con d.lgs. n. 104 del 2010, c.p.a., non ha riprodotto la disciplina dell'art. 26, comma 2, legge T.A.R., sicché si è posto il dubbio se la regola della trattazione prioritaria e assorbente del vizio di incompetenza fosse ancora valida o meno.

Sulla questione si sono formati due orientamenti interpretativi.

Il primo, aderente alla impostazione giurisprudenziale più tradizionale, secondo il quale anche dopo l'approvazione del c.p.a. nulla è cambiato con riferimento all'obbligo del giudice di trattare prioritariamente il motivo afferente al vizio di incompetenza: il divieto per il giudice di sindacare gli atti emessi da una p.a. incompetente resterebbe fermo in virtù dell'art. 34, comma 2, c.p.a. - espressione del più generale principio della separazione dei poteri dello Stato e del principio del contraddittorio - laddove prevede che "in nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati".

Il secondo indirizzo, secondo cui la mancata riproduzione dell'art. 26, comma 2, della citata legge corrisponde alla volontà del legislatore di allargare il perimetro operativo del principio dispositivo e del principio di effettività della tutela nel processo amministrativo.

La questione della graduabilità dei motivi di ricorso (in particolare quello relativo al vizio di incompetenza) e del relativo obbligo di osservanza del giudice è stata sottoposta all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato che, con la sentenza 27 aprile 2015, n. 5, ha infatti affermato l'esistenza di una regola e di una eccezione: la regola è quella per cui il giudice è vincolato all'ordine di trattazione dei motivi così come prospettato dal ricorrente, mentre l'eccezione a tale obbligo si concretizza quando il vizio fatto valere si traduca, ex art. 34, comma 2, c.p.a., nel mancato esercizio di potere attribuito dalla legge all'autorità competente.

Il supremo consesso amministrativo si è espresso, dunque, con una pronuncia che conferma l'orientamento tradizionale ma con talune precisazioni.

L'Adunanza plenaria afferma, infatti, in modo espresso che il metodo dell'assorbimento dei motivi è di regola vietato e che incombe sul giudice il generale obbligo di pronunciarsi su tutti i motivi.

Enunciata la regola, tuttavia, l'Adunanza individua una serie di eccezioni al divieto di assorbimento, ascrivendole a tre categorie: l'assorbimento legale, per pregiudizialità necessaria e per ragioni di economia, collocando l'eccezione costituita dall'obbligo di trattazione prioritaria del vizio di incompetenza nell'ipotesi della pregiudizialità necessaria, che si verifica quando i vizi denunciati siano riferiti a cause di invalidità (sostanziali e non meramente formali) così gravi e radicali che l'interesse concreto del privato debba essere eccezionalmente sacrificato - disattendendo l'ordine di prospettazione dei motivi del suo ricorso - a tutela dell'interesse collettivo alla legalità dell'azione amministrativa.

Applicando i su esposti principi al caso di specie, il Collegio deve farsi carico di esaminare il dedotto vizio di incompetenza (relativa) che, in quanto riferito a cause di invalidità "sostanziali" - ovvero connesso ai presupposti della funzione amministrativa e alle valutazioni sottese all'esercizio del potere - assume, nel caso dovesse riscontrarsi fondato, valore assorbente rispetto agli altri motivi.

Ciò perché, in un ordinamento ispirato al principio di legalità, non è possibile aderire alla tesi dell'irrilevanza strutturale - id est dequotazione, alias sussumibilità nella fattispecie sanante di cui all'art. 21-octies l. n. 241 del 1990 - del vizio di incompetenza (relativa o assoluta che sia).

Il principio di legalità costituzionalmente sotteso all'ordinamento amministrativo non consente, infatti, a qualsiasi ente o organo amministrativo di fare tutto ciò che sia giusto e legittimo, ma di competenza altrui: deve, all'opposto, affermarsi che, per quanto "forte" sia l'interesse a essa sotteso, l'attività svolta da un soggetto o da un organo incompetente è concettualmente da parificare - una volta che il vizio di incompetenza sia stato fondatamente dedotto - all'attività amministrativa non ancora esercitata, quella potendo essere svolta solo dall'ente e dall'organo cui l'ordinamento ha attribuito la competenza a provvedere (cfr. C.G.A.R.S., 20 settembre 2024, n. 715).

Siffatta conclusione consegue, quale suo necessario corollario, alla natura intrinsecamente assorbente di ogni altro vizio che è tipica di quello di incompetenza (quand'anche relativa): corretta e preclara risulta, in proposito, l'argomentazione svolta - e il conseguente principio di diritto affermato, nella specie vincolante non solo ratione imperii, ma ancor prima e soprattutto rationis imperio - dalla Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nella sentenza del 27 aprile 2015, n. 5.

Il motivo di appello è fondato.

Occorre premettere che la questione riguarda l'esercizio del potere acquisitivo ex art. 42-bis del d.P.R. n. 327/2001 posto in essere da un ente locale, ovvero il comune di Villanova del Battista.

Per gli enti locali il legislatore nazionale ha dettato un ordinamento di settore impartendo regole specifiche avuto riguardo al riparto delle competenze funzionali e istituzionali con il d.lgs. n. 267 del 2000.

Con particolare riguardo alle competenze funzionali, il menzionato decreto legislativo ha operato un preciso riparto di competenze tra gli organi di indirizzo politico-amministrativo e gli organi di gestione.

Per quanto qui rileva, l'art. 42, comma 2, del d.lgs. n. 267/2000 (t.u.e.l.) stabilisce che "Il consiglio ha competenza limitatamente ai seguenti atti fondamentali... acquisti e alienazioni immobiliari, relative permute, appalti e concessioni che non siano previsti espressamente in atti fondamentali del consiglio o che non ne costituiscano mera esecuzione e che, comunque, non rientrino nella ordinaria amministrazione di funzioni e servizi di competenza della giunta, del segretario o di altri funzionari".

Nel caso di specie, il procedimento ex art. 42-bis è senz'altro preordinato alla acquisizione di un immobile al patrimonio comunale (quale che ne sia la consistenza).

Non costa in atti (il Comune sul punto non ha fornito elementi comprovanti tale circostanza) che l'acquisto ex art. 42-bis citato sia stato previamente valutato, previsto o programmato dall'organo di indirizzo politico amministrativo in un proprio atto fondamentale (id est, bilancio, relazione previsionale programmatica, programma triennale delle opere pubbliche), né risultano altri provvedimenti con cui il Comune abbia manifestato la volontà di acquisire in via sanante al proprio patrimonio tale immobile anziché restituirlo al suo proprietario.

L'autorità evocata dall'art. 42-bis del d.P.R. n. 327 del 2001 è quella che, titolare del potere ablatorio, sia in grado, di fatto e di diritto, di valutare le attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico che giustifichino l'applicazione del provvedimento acquisitivo alla luce della comparazione con gli interessi privati coinvolti nella vicenda.

Il provvedimento ex art. 42-bis, "riprende", infatti, un procedimento espropriativo illegittimo e richiede complesse valutazioni anche di ordine politico e di valutazione complessiva dell'interesse pubblico che, in quanto tale, tenuto conto dell'ordinamento di settore degli enti locali e della fattispecie concreta, non possono non riferirsi alla ordinaria competenza dell'organo politico (cfr. Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, 9 febbraio 2016, n. 2).

Per cui, ancorché non si verta, nel caso previsto ex art. 42-bis, in merito ad un "ordinario" procedimento espropriativo, l'adozione dell'atto correttamente rientra nella responsabilità dell'organo di indirizzo politico-amministrativo.

Tale valutazione, nella circostanza, si rendeva ancor più pregnante e indeclinabile in ragione del fatto che la divisata particella non era stata utilizzata in concreto per la realizzazione dell'opera pubblica.

Se effettivamente, come ha ritenuto il T.A.R., sussisteva un interesse pubblico all'acquisizione del fondo in ragione di una sua possibile utilizzazione in vista della realizzazione delle opere di urbanizzazione a servizio degli alloggi di e.r.p., tale valutazione (riguardando di fatto la destinazione urbanistica del bene e la sua attuale pertinenzialità rispetto all'opera pubblica) andava a maggior ragione operata dal Consiglio comunale in quanto afferente piuttosto (anche) alla sfera della potestà pianificatoria dell'ente.

L'atto di acquisizione sanante, per i profili di discrezionalità che lo caratterizzano, esorbita, pertanto, dalla competenza dell'ufficio tecnico (o per le espropriazioni) di cui all'art. 6 del d.P.R. n. 327 del 2001.

Le attribuzioni dell'ufficio per le espropriazioni (organo di gestione) sono limitate agli atti meramente esecutivi della procedura ablatoria rituale, mentre nel caso di specie si è fuori dalla rituale procedura ablatoria per impingere, la fattispecie sanante, in una procedura che assume una valenza di carattere politico-amministrativo in ordine alla scelta da operare (se acquisire o restituire il bene), tenuto conto delle implicazioni che questa scelta può avere sul bilancio dell'ente, sulla programmazione, sulle scelte urbanistiche e sulla pianificazione territoriale; scelte che implicano una valutazione dell'interesse pubblico nel bilanciamento con gli interessi secondari e privati, eventualmente in conflitto.

Per le stesse ragioni, deve ritenersi che la procedura in esame esuli anche dalle competenze della Giunta comunale di cui all'art. 48 del d.lgs. n. 267 del 2000, per rientrare, appunto, nelle attribuzioni del Consiglio comunale in materia di acquisti e alienazioni immobiliari, di cui all'art. 42 d.lgs. 267/2000.

Nella competenza del dirigente rientra, invece, senz'altro l'adozione degli atti conseguenziali alla delibera con la quale l'autorità che utilizza il bene ha operato la scelta programmatica, trattandosi di atti esecutivi e applicativi della volontà politico amministrativa (id est, adozione dell'atto ricognitivo della acquisizione del bene anche ai fini delle successive trascrizioni).

6.1. La fondatezza del primo motivo di appello (sopra, par. 4.I) comporta l'accoglimento del motivo afferente al vizio di incompetenza del decreto 3 del 25 maggio 2015, avuto riguardo alla illegittima acquisizione sanante della particella n. 1752 di mq 34 intestata agli appellanti, con conseguente assorbimento degli a[l]tri motivi di ricorso (strettamente connessi al primo) ed inerenti il medesimo decreto e particella (sopra, par. 4.II-4.III-4.IV) e la rimessione della questione all'autorità competente.

6.2. Per quanto concerne, invece, il motivo di cui al paragrafo 4.V, gli appellanti avversano il capo di sentenza col quale il T.A.R. ha declinato la giurisdizione del g.a. in ordine alla domanda di risarcimento dei danni (formulata sempre ex art. 42-bis d.P.R. n. 327/2001) subiti come conseguenza dell'occupazione sine titulo delle particelle 1267 e 1753.

La sentenza, va precisato, non è stata impugnata (anche) in relazione al sancito difetto di giurisdizione sull'indennità ex art. 42-bis del d.P.R. n. 327/2001: al riguardo, infatti, è pacifica la giurisdizione del giudice ordinario.

Il motivo è fondato.

In data 14 marzo 2006, con l'ordinanza n. 7, il responsabile del comune di Villanova del Battista ha disposto l'occupazione temporanea d'urgenza del suolo finalizzata alla realizzazione di n. 24 alloggi di e.r.p.

In data 7 aprile 2006, i tecnici del Comune hanno redatto i verbali di consistenza, accertamento stato dei luoghi e presa in possesso delle particelle n. 1269, estesa mq 123, e n. 1267, estesa mq 78.

Con il decreto n. 3/2015, il tecnico comunale ha acquisito al patrimonio dell'ente mq 34 dell'area di cui alla particella 1269 (in origine appresa con i suddetti verbali di immissione in possesso).

Tale area (mq 34), a seguito del frazionamento della particella 1269 redatto per conto del Comune in data 17 febbraio 2015, è stata contraddistinta con la particella n. 1752 del foglio 8 (poi oggetto del decreto di acquisizione sanante n. 3/2015).

La restante area della particella 1269 - divenuta particella n. 1753 - unitamente a mq 78 della particella n. 1267 risultano entrambe restituite ai proprietari (odierni appellanti).

Le suddette circostanze (consistenza particelle 1753 e 1267 e loro restituzione ai proprietari) risultano sia dallo stesso decreto n. 3 del 2015 che dalla attestazione rilasciata dal responsabile dell'ufficio tecnico in data 27 ottobre 2014, prot. 3229 (v. doc./all. n. 3b in aggiunta al ricorso di primo grado).

Inoltre, dai menzionati documenti si evince che:

- della restante parte della particella 1267, l'area pari a mq 78 risulta occupata dal comune di Villanova del Battista con decreto n. 7 del 14 marzo 2006 e successiva immissione in possesso in data 7 aprile 2006 per la costruzione di n. 24 alloggi e.r.p.;

- la particella 1269 (ora divenuta 1753 a seguito del frazionamento effettuato per la realizzazione dell'opera) consiste in una area interamente occupata dal Comune con gli stessi decreti e per la medesima opera pubblica.

Così stando le cose, deve convenirsi con gli appellanti che l'occupazione di queste due particelle sia avvenuta sulla base di un legittimo decreto d'occupazione d'urgenza, preordinato all'esproprio delle aree medesime per la realizzazione dell'opera pubblica.

Orbene, risultando dai versati atti (vedi relazione tecnica a firma dell'ing. Iorizzo) che le suddette aree (particella 1269 ora divenuta 1753; particella 1267 per un'area pari a mq 78) sarebbero state restituite ai proprietari, erroneamente il giudice di primo grado ha qualificato la fattispecie in termini di retrocessione di beni occupati sine titulo, al fine di declinare la giurisdizione del g.a.

Si tratta, all'evidenza, di una occupazione in origine legittima, in quanto sorretta da una valida ed efficace dichiarazione di pubblica utilità, rispetto alla quale la sopravvenuta inefficacia della medesima ha determinato la illegittimità della occupazione dal giorno successivo alla scadenza del decreto e fino al giorno della restituzione.

La domanda risarcitoria proposta in parte qua dagli appellanti, concernente il risarcimento dei danni dagli stessi asseritamente subiti come conseguenza dell'occupazione sine titulo delle particelle 1267 e 1753, rientra, pertanto, nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell'art. 133, comma 1, lett. g), del c.p.a.

Consegue a tanto che, in accoglimento del relativo motivo di appello, va riformato il capo di sentenza che ha declinato la giurisdizione sulla domanda di risarcimento dei danni subiti come conseguenza dell'occupazione sine titulo delle particelle 1267 e 1753.

Per l'effetto, ai sensi dell'art. 105, comma 1, del c.p.a., va rimessa la causa risarcitoria al giudice di primo grado perché si pronunci sulla domanda non esaminata.

7. In definitiva, per quanto sopra argomentato, l'appello deve essere accolto in parte.

Per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado deve essere accolto relativamente alla domanda di annullamento del decreto n. 3 del 25 maggio 2015, mentre, relativamente alla domanda di risarcimento dei danni subiti come conseguenza dell'occupazione sine titulo delle particelle 1267 e 1753 deve essere dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo, con conseguente rimessione al T.A.R., ai sensi dell'art. 105, comma 1, c.p.a.

Le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate fra le parti in ragione della peculiarità della questione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e, per l'effetto:

a) accoglie, ai sensi di cui in motivazione, il ricorso impugnatorio di primo grado e per l'effetto, in riforma della sentenza di primo grado, annulla il decreto n. 3 del 25 maggio 2015 rimettendo l'affare all'autorità competente;

b) in riforma della sentenza impugnata, dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo sulla domanda di risarcimento dei danni subiti come conseguenza dell'occupazione sine titulo delle particelle 1267 e 1753 e, per l'effetto, rimette la causa al giudice di primo grado perché si pronunci sulla stessa.

Compensa fra le parti le spese processuali relative al doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Note

La presente decisione ha per oggetto TAR Campania, Salerno, sez. I, sent. n. 3141/2022.