Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 26 maggio 2025, n. 4561
Presidente: Volpe - Estensore: Ponte
FATTO E DIRITTO
1. Con l'appello in esame il Comune di Merano impugnava la sentenza n. 403 del 2023 del T.R.G.A. - Sezione autonoma di Bolzano, recante accoglimento dell'originario gravame. Quest'ultimo era stato proposto da Simone C., in proprio e quale legale rappresentante della società B&B Diwine s.a.s. di Simone C. e C., e da Jacqueline S. al fine di ottenere l'annullamento dell'ordinanza del Sindaco del Comune di Merano n. 234/2023 in data 20 aprile 2023, avente ad oggetto la diffida "a ripristinare l'originario stato dei luoghi sulla p. ed. 393, P.M. 6, P.M. 4 C.C. Merano, via Monastero 10, entro il termine di 90 giorni dalla notifica del presente provvedimento", notificato ai ricorrenti C. Simone e S. Jacqueline in data 6 maggio 2023 ed alla ricorrente Diwine B&B s.a.s. in data 12 maggio 2023.
2. All'esito del giudizio di prime cure, il T.A.R. accoglieva il ricorso affermando che: «dal momento che il provvedimento impugnato qualifica espressamente la condotta dei ricorrenti come demolizione di un camino comune "senza titolo abilitativo", ossia quale intervento edilizio che ha avuto inizio senza le autorizzazioni amministrative necessarie previste dalla legge, emerge la fondatezza del vizio di travisamento dei fatti dedotto dai ricorrenti, per l'insussistenza del fatto presupposto dal provvedimento impugnato, ossia l'assenza di un titolo abilitativo, comprovata a contrariis dall'esistenza di un titolo edilizio, l'asseverazione in parola, pienamente efficace, impregiudicata la questione della sua validità».
3. Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante, contestando le argomentazioni di accoglimento del giudice di prime cure, formulava i seguenti motivi di appello:
- error in iudicando, travisamento dei fatti, nonché violazione e falsa applicazione dell'art. 64 c.p.a. e 2697 c.c., violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e del principio sull'onere della prova, laddove la sentenza di prime cure pone a fondamento della decisione un fatto confutato documentalmente, cioè la circostanza che la demolizione del camino in questione sarebbe stata evidenziata nell'asseverazione in questione;
- violazione di legge e falsa applicazione degli artt. 66, 80 ss. e 98 l.p. n. 13/1997, nonché degli artt. 3, 4, 5 e 9 regolamento edilizio di Merano in vigore al tempo del fatto, nonché difetto di motivazione e motivazione contraddittoria e grave illogicità, stante la natura dell'atto di asseverazione ed essendo necessaria almeno una DIA.
4. Le parti appellate si costituivano in giudizio chiedendo rispettivamente: l'originaria parte ricorrente il rigetto dell'appello e, in subordine, l'accoglimento del secondo motivo del ricorso di primo grado, riproposto ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 101 c.p.a.; le originarie parti controinteressate l'accoglimento dell'appello.
5. Alla pubblica udienza del 22 maggio 2025 la causa passava in decisione.
6. L'appello è infondato.
7. Come correttamente evidenziato dai giudici di prime cure, contrariamente a quanto posto a base del provvedimento sanzionatorio impugnato, l'opera oggetto di contestazione risulta assistita dal titolo formatosi sulla scorta della documentazione compiutamente richiamata dal T.A.R., il quale afferma: «che un'autorizzazione amministrativa v'è stata; anzi, che ce ne sono state due: l'asseverazione del 20.3.2019 (doc. n. 9), resa ai sensi dell'art. 98 della L.P. n. 13/1997 (che riproduceva l'istituto di cui all'art. 26 della legge n. 47/1985 e che comminava, in caso di violazione della relativa disciplina, una sanzione solo pecuniaria), e la concessione edilizia n. 264 dd. 3.9.2019, il cui stato di fatto "parte dallo stato finale della precedente asseverazione" (doc. n. 1)».
8. L'asseverazione in contestazione rientra a pieno titolo nell'ambito di quanto autorizzato. In tale contesto, la stessa qualificazione di atto privato di mera comunicazione, di cui al secondo motivo di appello, non è corretta, specie nel sistema normativo applicato. Infatti, l'acquisizione attraverso le forme giuridiche e normative richiamate nonché il rilascio di un titolo basato sulle medesime risultanze comportano che i relativi elementi facciano ormai parte di quanto assentito; e rispetto a tali atti valgono i consolidati principi per cui l'amministrazione - in ordine agli atti pregressi - può intervenire unicamente attraverso i rimedi dell'autotutela, non potendo sanzionare un intervento conforme ai titoli formatisi.
9. In linea generale, va ribadito che, ove ne sussistano i requisiti formali di formazione, il silenzio-assenso in materia edilizia (nonché le analoghe forme di dia e scia) può perfezionarsi anche quando l'attività oggetto del provvedimento di cui si chiede l'adozione non sia conforme alle norme. Ritenere necessaria la piena conformità alla disciplina sostanziale, da un lato, determinerebbe un sostanziale svuotamento dell'istituto de quo, dall'altro lato, renderebbe del tutto pleonastica in subiecta materia la previsione normativa di cui all'art. 20, comma 3, l. n. 241/1990, che prevede per le ipotesi di formazione del silenzio-assenso la possibilità per l'Amministrazione di esercitare i poteri di autotutela previsti dagli artt. 21-quinquies e 21-nonies l. n. 241/1990 (cfr. ad es. C.d.S., Sez. IV, 26 aprile 2024, n. 3813). Se ciò vale per i titoli formatisi in via silenziosa (scia, silenzio-assenso ecc.) a maggior ragione non può che valere a fronte di concessioni edilizie espresse.
10. Diversamente da quanto dedotto con il primo motivo di appello (cfr. in specie pag. 6 dell'atto di appello), l'ordinanza di ripristino e le relative attività prodromiche non hanno rilievo, non potendo ex se invalidare o rendere inefficaci le risultanze di precedenti titoli formatisi sulla base della documentazione ora soggetta a vaglio critico dalla p.a.; in proposito, occorre che la stessa amministrazione incardini la previa attività di rimozione di quanto così formatosi, previa verifica dei relativi peculiari presupposti.
11. Peraltro, la consistenza dell'opera in contestazione imporrebbe anche una preliminare verifica sulla corretta qualificazione del presunto abuso (allo stato insussistente) e sulla conseguente effettiva sanzione in astratto applicabile.
12. Incidentalmente, va evidenziato come gli elementi edilizi emersi in sede istruttoria e forniti dal tecnico di parte (cfr. la relazione del progettista/direttore dei lavori geom. Antonio Guzzo, inviata con pec del 12 agosto 2022, allegata nella memoria ex art. 15-bis l.p. 17/1993 del 12 gennaio 2023), avrebbero comunque imposto all'amministrazione un supplemento istruttorio circa l'effettiva consistenza delle opere in contestazione e la relativa coerenza rispetto a quanto già assentito, nella naturale sede procedimentale ed in contraddittorio fra le diverse parti interessate. La strada scelta, sanzionatoria, appare quindi illegittima sotto i profili compiutamente rilevati dal T.A.R.
13. Anche in relazione al secondo motivo di appello, la contestazione circa l'effettivo perimetro applicativo dell'asseverazione ne impone una previa contestazione di illegittimità e conseguente ritiro - sempre in presenza dei relativi peculiari presupposti - senza poter preliminarmente avviare la via sanzionatoria, con modalità di scorciatoia inammissibile in base ai principi vigenti in materia.
14. In definitiva, sotto lo specifico ambito edilizio, oggetto della sanzione demolitoria impugnata in prime cure, la consistenza delle opere in contestazione (camino e tubo di ventilazione), da un canto risulta coperta dai titoli pregressi, rispetto ai quali è semmai onere della p.a. la previa rimozione in autotutela nei termini indicati, e da un altro canto ne avrebbe imposto una adeguata previa qualificazione. Diversamente, le ulteriori questioni dedotte, poste al di là dello specifico ambito edilizio, riguardano aspetti civilistici ovvero ultronei rispetto alla mera sanzione edilizia.
In proposito, va altresì evidenziato come la concessione edilizia - che riguardava anche il tetto quindi l'unico elemento eventualmente rilevante come impatto paesaggistico - sia stata impugnata a suo tempo dalle odierne appellate private, con un ricorso rigettato (cfr. sentenza T.R.G.A. - Sezione autonoma di Bolzano n. 206 del 2020, non appellata).
15. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso va pertanto respinto. Ne consegue l'assorbimento del secondo motivo del ricorso di primo grado, assorbito dal primo giudice, e riproposto dalla parte appellata ricorrente in quella sede.
16. Sussistono giusti motivi per compensare le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Note
La presente decisione ha per oggetto TRGA Trentino-Alto Adige, Bolzano, sent. n. 403/2023.