Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 29 maggio 2025, n. 4698
Presidente: Neri - Estensore: Furno
FATTO
Fontesol s.r.l. (d'ora in avanti solamente Fontesol) è titolare dell'impianto fotovoltaico di potenza 7.5MWp denominato "Manduria Apollo II", sito in Contrada Pappaferi, nel Comune di Manduria (TA), realizzato in virtù dell'autorizzazione unica della Regione Puglia n. 183 del 6 agosto 2010, nonché del relativo elettrodotto di collegamento in media tensione, il cui tracciato - lungo le strade comunali - è stato espressamente approvato, con specifiche prescrizioni, dal predetto ente locale.
Con il ricorso di primo grado, notificato in data 8 luglio 2024 e depositato in data 11 luglio 2024, Fontesol ha impugnato il provvedimento n. 322, del 19 dicembre 2022, con cui il Comune di Manduria ha autorizzato la società Nuovapanelectric s.r.l., su incarico della società Ikarus Solare s.r.l., "ad eseguire opere di scavo di un impianto fotovoltaico in contrada Vignarella, all'interno di una cava dismessa in Manduria (TA)".
Fontesol, producendo la relazione tecnica di un sopralluogo effettuato sul tracciato del suddetto impianto, ha dedotto nel giudizio di primo grado che, in data 28 giugno 2023, ha riscontrato, lungo la strada comunale per Uggiano Montefusco, la posa di un altro elettrodotto in media tensione (si trattava del cavidotto per l'allacciamento alla rete dell'impianto fotovoltaico sito in contrada Vignarella, nel Comune di Manduria, realizzato dalla Ikarus Solare s.r.l.).
Più precisamente, ha evidenziato che - in violazione delle normative vigenti - il predetto elettrodotto, in ben due punti, intersecava (a distanza molto ravvicinata e ad una profondità di appena 50 cm dal piano stradale) il proprio impianto, senza che ad essa, malgrado l'evidente presenza del proprio preesistente cavidotto, fosse stata data alcuna informazione al riguardo, né dal Comune né dal soggetto sviluppatore.
Fontesol ha, altresì, dedotto di aver contattato la Ikarus s.r.l. per la soluzione bonaria della vicenda e di aver inoltrato, in data 3 agosto 2023, una comunicazione pec alla contro-interessata "Ikarus Solare" (nonché in copia ad E-Distribuzione e al Comune di Manduria), allegando tutti i rilievi del sopralluogo del 28 giugno 2023.
Ciò al fine di meglio indicare le problematiche connesse all'interferenza nonché l'inadeguatezza della soluzione bonaria proposta da Ikarus.
Con la medesima comunicazione Fontesol ha diffidato Ikarus a un tempestivo spostamento del cavidotto (facendolo passare al di sotto dell'elettrodotto della ricorrente), nel rispetto della legge e secondo la disciplina tecnica vigente in materia.
Tanto premesso, con un unico motivo di ricorso Fontesol ha lamentato: "la violazione dell'art. 127 del r.d. 11.12.1933, n. 1775 - la violazione degli artt. 3 e 6 della legge 07.08.1990, n. 241 - la violazione dell'art. 97 della Costituzione - l'eccesso di potere - la carenza e/o inadeguatezza di motivazione e di istruttoria - la violazione dei principi di buon andamento e di imparzialità dell'azione amministrativa - la contraddittorietà - l'inesistenza e/o il travisamento dei presupposti di fatto e di diritto".
Il T.A.R., con la decisione 17 settembre 2024, n. 1017, ha dichiarato il ricorso irricevibile, ritenendo che l'odierna appellante "sin dal sopralluogo tecnico del 28.6.2023, aveva rilevato i profili di lesività del provvedimento impugnato, ovvero che fosse stato posato altro elettrodotto in media tensione che in ben due punti intersecava, a distanza molto ravvicinata e ad una profondità di appena 50 cm dal piano stradale il proprio elettrodotto... senza che fosse stata data al ricorrente alcuna informazione né dal Comune né dal soggetto sviluppatore".
Fontesol ha proposto appello per i motivi riportati nella parte in diritto.
Si sono costituiti nel giudizio di appello il Comune di Manduria, Ikarus s.r.l. e E-Distribuzione s.p.a., chiedendo di dichiarare l'appello infondato.
All'udienza pubblica del 20 febbraio 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Con un primo mezzo di gravame la parte appellante deduce: "error in iudicando - violazione degli artt. 1, 2 e 29 d.lgs. 104/2010 (per erronea applicazione), degli artt. 24 e 113 Cost. - violazione dei principi del giusto processo, dell'effettività della tutela e del diritto di difesa - travisamento dei presupposti di fatto e di diritto - carenza e/o inadeguatezza della motivazione".
A sostegno del presente mezzo di gravame, la parte appellante invoca la decisione dell'Adunanza plenaria 2 luglio 2020, n. 12, secondo la quale «poiché il termine di impugnazione comincia a decorrere dalla conoscenza del contenuto degli atti, anche in tal caso non è necessaria la previa proposizione di un ricorso "al buio" [in abstracto, nella terminologia della Corte di giustizia, e di per sé destinato ad essere dichiarato inammissibile, per violazione della regola sulla specificazione dei motivi di ricorso, contenuta nell'art. 40, comma 1, lettera d), del c.p.a.], cui dovrebbe seguire la proposizione di motivi aggiunti... la proposizione dell'istanza di accesso agli atti di gara comporta la "dilazione temporale" per il ricorso quando i motivi conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l'offerta dell'aggiudicatario», canonizzando così il principio secondo cui il ricorso può essere proposto una volta avuta piena conoscenza dei motivi di impugnazione, senza più avere l'obbligo della preventiva impugnazione (al buio) di un atto, di cui si conosce l'esistenza, ma solo potenzialmente oggetto di possibili censure. Sul punto autorevole dottrina, afferma che «la prassi del ricorso al buio, infatti, pur se largamente ammessa in passato, non appare più ammissibile alla luce dei principi nazionali e comunitari. La parte non può essere costretta ad impugnare un provvedimento con un ricorso solo al fine di non decadere dalla possibilità di impugnare con motivi aggiunti lo stesso provvedimento, quando gli eventuali vizi saranno effettivamente conosciuti... Peraltro, richiedere il pagamento del contributo unificato a fronte di un ricorso all'inizio sicuramente infondato, come quello "al buio", significherebbe rendere eccessivamente difficile l'accesso alla tutela giurisdizionale e introdurre una imposta sul diritto di accesso che è contraria a tutta la disciplina di materia».
Alla luce di tale orientamento, osserva la parte appellante che, pur essendo emerso, nel corso del sopralluogo del 28 giugno 2023, che al di sopra del cavidotto Fontesol era stato posato un cavidotto a distanza molto ravvicinata, ovvero ad una profondità di appena 50 cm dal piano stradale, nondimeno, in quella data, non conoscendo Fontesol i dati tecnici del cavidotto soprastante, né alcuna documentazione del relativo progetto, né l'esistenza di una autorizzazione e tantomeno quindi dell'esistenza di una adeguata istruttoria tecnica che tenesse in considerazione la preesistenza di altro cavidotto, non avrebbe potuto proporre un ricorso giurisdizionale.
Il motivo non è fondato.
Le argomentazioni della parte appellante urtano contro il consolidato orientamento interpretativo secondo cui la "piena conoscenza" dell'atto, individuata dall'art. 41, comma 2, c.p.a. quale momento da cui decorre il termine per impugnare, richiede non la conoscenza piena e integrale dell'atto stesso, ma la mera percezione della sua esistenza e degli aspetti che ne comportano la lesività, in modo da rendere riconoscibile per il ricorrente l'attualità dell'interesse ad agire (cfr. C.d.S., Sez. IV, n. 3075 del 2018).
Tale conclusione trova una significativa conferma, sul piano sistematico, nell'istituto dei motivi aggiunti c.d. propri di cui all'art. 43 del c.p.a., la cui funzione è, come noto, quella di ampliare la causa petendi (a differenza dei c.d. motivi aggiunti impropri che, invece, interessano il c.d. petitum) originariamente posta a sostegno del ricorso, proponendo ulteriori censure derivanti dalla conoscenza di ulteriori atti (già esistenti al momento della proposizione del ricorso, ma ignoti) o dalla conoscenza integrale degli atti (ivi incluso il provvedimento impugnato) prima non pienamente conosciuti, e ciò entro il (nuovo) termine decadenziale di sessanta giorni decorrente da tale conoscenza sopravvenuta (cfr. C.d.S., Sez. IV, 7 febbraio 2020, n. 962; C.G.A.R.S., 28 aprile 2022, n. 543).
Se si seguisse, infatti, l'impostazione prospettata dalla parte appellante, l'istituto dei motivi aggiunti propri, la cui funzione è da sempre quella di ampliare la causa petendi originariamente posta a sostegno del ricorso, perderebbe gran parte della sua utilità, rendendo, peraltro, a-sistematica la disciplina del termine per impugnare un provvedimento amministrativo.
Le ragioni che sono alla base di tale radicato orientamento interpretativo sono state rinvenute nella necessità di individuare un punto di equilibrio tra quest'ultimo principio ed il principio di certezza delle situazioni giuridiche, atteso che, diversamente opinando, il rapporto pubblicistico controverso resterebbe esposto sine die ad iniziative giudiziarie in grado di mutare l'assetto degli interessi disciplinato dall'atto. Proprio per ovviare a questi possibili inconvenienti, si è messo in evidenza che, quando un soggetto si rende conto (o può ragionevolmente rendersi conto) di un insediamento presumibilmente abusivo, egli è onerato di presentare un'istanza di accesso agli atti al fine di acquisire informazioni circa l'esistenza di domande di condono e di eventuali provvedimenti conseguenti. Se è vero che la richiesta di accesso non è idonea ex se a far differire i termini di proposizione del ricorso, occorre anche considerare che, da un lato, deve essere assicurata al vicino la tutela in sede giurisdizionale dei propri interessi nei confronti di un intervento edilizio ritenuto illegittimo e, dall'altro lato, deve parimenti essere salvaguardato l'interesse del titolare del permesso di costruire a che l'esercizio di detta tutela venga attivato senza indugio e non irragionevolmente differito nel tempo (cfr. C.d.S., Sez. IV, 23 maggio 2018, n. 3075; C.d.S., Sez. VI, 7 novembre 2023, n. 9578; C.d.S., Sez. VI, 31 luglio 2024, n. 6860).
Al riguardo, occorre rilevare che la tesi della parte appellante contrasta, inoltre, con il consolidato orientamento interpretativo secondo cui la richiesta tardiva di accesso non può determinare il differimento del termine per agire in giudizio atteso che, per tal via, surrettiziamente, si prolungherebbe sine die, e comunque secondo le esclusive esigenze del ricorrente, il tempo di una azione giurisdizionale, in palese violazione del principio di auto-responsabilità e dei doveri di correttezza e buona fede.
Opinando diversamente, infatti, si correrebbe il rischio di rimettere l'individuazione del suddetto dies a quo all'arbitrio del ricorrente - il quale potrebbe esercitare il diritto di accesso anche ad una considerevole distanza temporale dalla conoscenza dell'esistenza e della lesività del provvedimento - con evidente abuso del processo e determinando una chiara lesione dell'interesse pubblico alla certezza e stabilizzazione delle situazioni giuridiche.
Da quanto osservato discende che Fontesol avrebbe dovuto quanto meno presentare istanza di accesso non appena conosciuta l'esistenza dell'impianto ritenuto lesivo, ossia nel mese di giugno 2023.
Nemmeno può rilevare, per giungere a diverse conclusioni, il diverso principio stabilito dalla Plenaria in relazione al peculiare settore dei contratti pubblici.
In senso contrario va, infatti, osservato che, alla luce del principio di attribuzione, l'Unione europea delinea, nella materia dei contratti pubblici, regole di natura sostanziale e processuale che integrano e, per certi versi, conformano il sistema delle fonti normative nazionali.
Ne discende che non è possibile estendere in via automatica i principi affermati in relazione al settore dei contratti pubblici anche alle materie che non ricevono un'analoga conformazione sul piano del diritto sostanziale e processuale.
Alla luce delle coordinate che precedono, rileva il Collegio che, dalla documentazione versata in atti, risulta, in primo luogo, che [Fontesol], sin dal sopralluogo tecnico del 28 giugno 2023, aveva rilevato i profili di lesività del provvedimento impugnato. Infatti, la stessa aveva riscontrato che, lungo la strada comunale per Uggiano Montefusco, era stato posato un altro elettrodotto in media tensione che - in ben due punti - intersecava, a distanza molto ravvicinata e ad una profondità di appena 50 cm dal piano stradale, il proprio elettrodotto, senza che, malgrado l'evidente presenza del preesistente cavidotto della ricorrente, fosse stata data a quest'ultima alcuna informazione al riguardo, né dal Comune né dal soggetto sviluppatore.
Da quanto accertato consegue che, come puntualmente rilevato dalla decisione impugnata, Fontesol, in tal frangente temporale, aveva già piena contezza della lesività dei provvedimenti oggetto di impugnazione, disponendo di tutti gli elementi posti a base delle censure spiccate con l'unico motivo del ricorso da cui è originato il presente giudizio.
Tale conclusione trova riscontro nella comunicazione pec della Fontesol, datata 3 agosto 2023 ed indirizzata ad Ikarus Solare nonché, in copia, ad E-Distribuzione e al Comune di Manduria, nella quale sono stati allegati tutti i rilievi del sopralluogo del 28 giugno 2023.
Precisamente, nella pec in esame, Fontensol ha indicato analiticamente le problematiche connesse all'interferenze sulla propria attività derivanti dal cavidotto realizzato dalla società Ikarus.
Per analoghe ragioni va respinto anche il terzo mezzo di gravame con il quale è stata reiterata la domanda risarcitoria, essendo stata anche tale domanda formulata nel giudizio di primo grado oltre il termine decadenziale di cui all'art. 30, comma 3, c.p.a.
Il respingimento, per le ragioni indicate, del primo e del terzo motivo di appello implica l'assorbimento del secondo motivo di appello con il quale è stato riproposto il motivo di merito non esaminato dalla corretta pronuncia di irricevibilità di primo grado.
Le considerazioni che precedono conducono pertanto alla reiezione dell'appello.
Le spese del presente grado di giudizio seguono il principio della soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge nei sensi di cui in motivazione.
Condanna la parte appellante alla rifusione delle spese di lite, che liquida complessivamente in euro 6.000,00 (seimila/00), oltre accessori come per legge, in favore, pro quota, del Comune di Manduria, di Ikarus Solare s.r.l. e di E-Distribuzione s.p.a.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Note
La presente decisione ha per oggetto TAR Puglia, Lecce, sez. II, sent. n. 1017/2024.