Corte costituzionale
Sentenza 19 giugno 2025, n. 82
Presidente: Amoroso - Redattore: Marini
[...] nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma 3, della legge della Regione Abruzzo 9 marzo 2023, n. 11 (Disposizioni sull'organizzazione delle attività dell'Assemblea del CRAM per l'anno 2023 e ulteriori disposizioni), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, sezione prima, nel procedimento vertente tra Arci Caccia e altri e Regione Abruzzo e altri, con ordinanza del 10 giugno 2024, iscritta al n. 181 del registro ordinanze 2024 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell'anno 2024.
Visti gli atti di costituzione di Arci Caccia e Comitato regionale Arci Caccia Abruzzo, nonché della Regione Abruzzo;
udito nell'udienza pubblica del 20 maggio 2025 il Giudice relatore Francesco Saverio Marini;
uditi l'avvocato Matteo Valente per Arci Caccia e Comitato regionale Arci Caccia Abruzzo e Fabio Francesco Franco per la Regione Abruzzo;
deliberato nella camera di consiglio del 20 maggio 2025.
RITENUTO IN FATTO
1.- Il Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, sezione prima, con ordinanza del 10 giugno 2024, iscritta al n. 181 del registro ordinanze 2024, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma 3, della legge della Regione Abruzzo 9 marzo 2023, n. 11 (Disposizioni sull'organizzazione delle attività dell'Assemblea del CRAM per l'anno 2023 e ulteriori disposizioni), in riferimento agli artt. 2, 3 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
Il TAR Abruzzo riferisce che alcune associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale, e presenti sul territorio regionale, hanno impugnato i provvedimenti con i quali la Regione Abruzzo nel 2023 ha designato i componenti dell'organo direttivo degli ambiti territoriali di caccia (ATC), compito che le spetta in base all'art. 14, comma 10, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio).
Tale disposizione prevede, infatti, che «[n]egli organi direttivi degli ambiti territoriali di caccia deve essere assicurata la presenza paritaria, in misura pari complessivamente al 60 per cento dei componenti, dei rappresentanti di strutture locali delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e delle associazioni venatorie nazionali riconosciute, ove presenti in forma organizzata sul territorio. Il 20 per cento dei componenti è costituito da rappresentanti di associazioni di protezione ambientale presenti nel Consiglio nazionale per l'ambiente e il 20 per cento da rappresentanti degli enti locali».
A tal fine, l'art. 32, comma 3, della legge della Regione Abruzzo 28 gennaio 2004, n. 10 (Normativa organica per l'esercizio dell'attività venatoria, la protezione della fauna selvatica omeoterma e la tutela dell'ambiente) specifica che i membri delle associazioni venatorie «devono essere designati, in base al principio della rappresentatività a livello Provinciale, tra i soci delle associazioni riconosciute a livello nazionale che abbiano un numero di iscritti pari ad almeno un quindicesimo dei cacciatori residenti» nella provincia in cui ricade l'ambito. Invece, i membri delle organizzazioni professionali agricole e delle associazioni di protezione ambientale «devono essere designati in base al principio della rappresentatività a livello provinciale».
È infine sopraggiunto il censurato art. 3, comma 3, della legge reg. Abruzzo n. 11 del 2023, che, nell'autoqualificarsi quale norma di interpretazione autentica del citato art. 32, comma 3, stabilisce che, al fine di individuare il numero di rappresentanti che spettano a ciascuna associazione venatoria, «il numero complessivo dei cacciatori residenti a livello provinciale venga ripartito per il totale dei seggi attraverso il metodo d'hont [recte: D'Hondt]».
Il giudice a quo rileva che tale ultima disposizione ha trovato applicazione nel caso sottoposto al suo giudizio, sortendo l'effetto di incrementare i membri provenienti dall'associazione di cacciatori maggiormente rappresentativa in danno di quelli spettanti alle altre associazioni di categoria.
In luogo del riparto dei seggi in forza del metodo «proporzionale puro», che era stato applicato prima dell'entrata in vigore della norma censurata, il metodo D'Hondt avrebbe determinato in alcuni ambiti di caccia una marcata sovra rappresentazione di tale associazione.
Esso, infatti, comporta che il numero degli iscritti di ogni associazione sia diviso per numeri progressivi da uno fino a quello pari ai seggi da assegnare, così da ottenere quozienti ai quali rapportare l'assegnazione del seggio. In tal modo, si produce un effetto di compressione della proporzionalità, a favore delle associazioni con un maggior numero di iscritti.
Il giudice rimettente ritiene con ciò leso l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., poiché l'art. 14, comma 10, della legge n. 157 del 1992 esprime uno standard inderogabile di tutela ambientale, dal quale la disposizione censurata si sarebbe discostata, incrinando la piena proporzionalità tra numero di iscritti e seggi, che il legislatore statale avrebbe imposto.
2.- Sarebbe altresì leso l'art. 3 Cost., per un duplice profilo.
Anzitutto, benché l'organo direttivo degli ATC sia unitario, in modo irragionevole il legislatore regionale avrebbe conservato il metodo «proporzionale puro» per la designazione dei rappresentanti delle associazioni di protezione ambientale e delle associazioni agricole, ma lo avrebbe superato, con il metodo D'Hondt, quanto alle sole associazioni venatorie.
In secondo luogo, la norma censurata opererebbe un'ingiustificata discriminazione in danno delle associazioni con un minor numero di iscritti, che sarebbero penalizzate a favore di quelle di maggiori dimensioni.
Il TAR Abruzzo sottolinea che tale profilo di illegittimità costituzionale risalta, specie a considerare che l'art. 32 della legge reg. Abruzzo n. 10 del 2004 già introduce una soglia di sbarramento che impedisce alle associazioni venatorie con meno di un quindicesimo degli iscritti residente nella singola provincia (pari al 6,6 per cento circa) di partecipare al riparto dei seggi.
L'effetto di compressione indotto dalla disposizione censurata sarebbe perciò rafforzato dalla clausola di sbarramento.
È convinzione del rimettente, invece, che il principio di uguaglianza, come declinato dalla normativa statale già citata, prescriva che alle associazioni che abbiano raggiunto il numero minimo di iscritti sia riservata la facoltà di partecipare al riparto dei seggi «in maniera proporzionale, in accordo alla percentuale degli iscritti di ciascuna sul totale dei cacciatori iscritti, senza che sia possibile discostarsi in maniera significativa da tale dato».
Infine, l'art. 3, comma 3, della legge reg. Abruzzo n. 11 del 2023 violerebbe l'art. 2 Cost., incidendo sul diritto di ciascun cacciatore di essere rappresentato, per mezzo dell'associazione alla quale è iscritto, presso l'organo direttivo degli ATC.
3.- Si è costituita in giudizio la Regione Abruzzo, concludendo per la non fondatezza delle questioni.
La Regione Abruzzo richiama, a sostegno della legittimità costituzionale della norma censurata, la propria competenza legislativa residuale nella materia «caccia».
L'art. 14, comma 10, della legge n. 157 del 1992 non esigerebbe l'adozione di un criterio «proporzionale puro» per assegnare i seggi nell'organo direttivo degli ATC, sicché ben avrebbe potuto il legislatore regionale, nell'ambito della competenza appena indicata, optare per un criterio di riparto fondato sul metodo D'Hondt, che resta una formula di carattere proporzionale.
La Regione Abruzzo esclude, poi, la violazione degli artt. 2 e 3 Cost. ipotizzata dal rimettente.
Sarebbe infatti lo stesso art. 14, comma 10, della legge n. 157 del 1992 a selezionare in modo distinto le organizzazioni professionali agricole «maggiormente rappresentative» e le associazioni di protezione ambientale «presenti nel Consiglio nazionale per l'ambiente» dalle associazioni venatorie.
4.- Si è costituita in giudizio Arci Caccia, parte ricorrente nel giudizio a quo, chiedendo che le questioni siano dichiarate fondate.
La parte sottolinea che, per effetto della norma censurata, sono state escluse associazioni che avevano superato la soglia di sbarramento, mentre sarebbe necessario che fosse loro «dato accesso alla designazione».
Ciò sarebbe imposto dal «principio di uguaglianza e pari dignità», nonché dall'esigenza di assicurare la rappresentatività dell'organo di gestione mediante un criterio proporzionale di scelta dei suoi componenti.
Viceversa, il metodo D'Hondt non soddisferebbe questo requisito, avvantaggiando le maggioranze.
Sarebbe quindi tradito il «criterio di rappresentanza proporzionale», nonostante esso abbia particolare pregnanza per il «mondo venatorio», che è «storicamente [...] suddiviso in varie associazioni».
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.- Il Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, sezione prima, ha, con l'ordinanza indicata in epigrafe, sollevato questioni di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma 3, della legge reg. Abruzzo n. 11 del 2023, in riferimento agli artt. 2, 3 e 117, secondo comma, lettera s), Cost.
Il giudice rimettente conosce dell'impugnativa, da parte di alcune associazioni di cacciatori, degli atti con i quali la Regione Abruzzo ha designato i rappresentanti di tale categoria in seno agli organi direttivi di taluni ambiti territoriali di caccia (le unità sub-provinciali, entro le quali il territorio regionale destinato alla caccia è ripartito).
Come è noto, si tratta di un compito assolto dalle regioni sulla base dell'art. 14, comma 10, della legge n. 157 del 1992, secondo la quale «[n]egli organi direttivi degli ambiti territoriali di caccia deve essere assicurata la presenza paritaria, in misura pari complessivamente al 60 per cento dei componenti, dei rappresentanti di strutture locali delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e delle associazioni venatorie nazionali riconosciute, ove presenti in forma organizzata sul territorio. Il 20 per cento dei componenti è costituito da rappresentanti di associazioni di protezione ambientale presenti nel Consiglio nazionale per l'ambiente e il 20 per cento da rappresentanti degli enti locali».
L'assegnazione dei seggi è avvenuta in applicazione della disposizione censurata, che, autoqualificandosi quale norma di interpretazione autentica dell'art. 32, comma 3, della legge reg. Abruzzo n. 10 del 2004, ha previsto che «il numero complessivo dei cacciatori residenti a livello provinciale venga ripartito per il totale dei seggi» attraverso il cosiddetto metodo D'Hondt, al fine di ripartire i seggi tra le associazioni venatorie radicate sul territorio.
Per effetto di ciò, le associazioni di cacciatori ricorrenti nel processo principale - riferisce il giudice a quo - hanno ottenuto un numero di rappresentanti (quando lo hanno ottenuto) ben inferiore a quello che sarebbe loro spettato, ove avesse trovato applicazione il precedente metodo di riparto, a parere del rimettente fondato su un «perfetto rapporto» tra numero degli iscritti e seggi.
2.- Sulla base di tali premesse, il giudice rimettente ritiene leso l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., poiché il legislatore regionale si sarebbe discostato dalle previsioni dell'art. 14, comma 10, della legge n. 157 del 1992, che, nel garantire un adeguato grado di rappresentatività a ciascuna associazione venatoria presente nell'ambito territoriale di caccia, esprimerebbe un inderogabile standard di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema.
2.1.- La questione non è fondata.
Questa Corte ha ripetutamente affermato che l'art. 14, comma 10, della legge n. 157 del 1992 va ricondotto alla competenza legislativa esclusiva dello Stato di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., e che, pertanto, le leggi regionali, adottate nell'esercizio della potestà legislativa residuale nella materia «caccia», non vi possono derogare (sentenze n. 124 del 2024, n. 158 del 2021, n. 7 del 2019 e n. 148 del 2023).
Tale principio ha trovato espressa applicazione anche con riguardo ai criteri di composizione degli organi direttivi degli ambiti territoriali di caccia (sentenze n. 174 del 2017, n. 124 del 2016, n. 268 del 2010 e n. 165 del 2009; ordinanza n. 299 del 2001).
Nella declinazione di tali criteri, l'art. 14, comma 10, della legge n. 157 del 1992 impone alle regioni il rispetto del principio della «rappresentanza democratica delle categorie, espressione dei diversi interessi sottesi all'attività venatoria» (sentenza n. 174 del 2017).
La regione è tenuta, perciò, a adottare criteri rispettosi del carattere rappresentativo dell'organo direttivo nella misura determinata dalla disposizione statale, che a tal fine seleziona gli interessi antagonisti ai quali è necessario dare voce.
In particolare, l'art. 14, comma 10, della legge n. 157 del 1992 esige che l'organo gestionale accolga paritariamente i rappresentanti di strutture locali delle organizzazioni professionali agricole e delle associazioni venatorie nazionali riconosciute e presenti in forma organizzata sul territorio. A tali membri si aggiungono rappresentanti di associazioni di protezione ambientale e degli enti locali.
Ciascuna categoria così normativamente individuata esprime interessi in linea astratta confliggenti gli uni con gli altri, e viceversa tendenzialmente omogenei all'interno di ogni gruppo, o perlomeno assunti come tali dal legislatore statale.
La piena rappresentatività dell'organo di gestione non è, pertanto, precipuamente da riconnettere, come reputa il rimettente, alla circostanza che ciascuna associazione locale, alla quale è intestato tale interesse, trovi spazio in proporzione ai propri iscritti. Essa è, piuttosto, riferibile alla necessità che i divergenti punti di vista in ordine alla gestione del territorio faunistico, ossia quelli dei cacciatori, degli ambientalisti e degli agricoltori, si confrontino secondo l'equilibrio fissato dal legislatore statale, relativamente alla composizione dell'organo gestionale. È perciò nel rapporto tra categorie di associazioni che si valuta il grado di rappresentatività dell'organo direttivo.
2.2.- Una volta soddisfatto il menzionato requisito, il legislatore regionale ha ampia discrezionalità nell'individuare la formula elettorale che reputa più idonea.
In linea di principio, infatti, la decisione concernente la formula, vale a dire il meccanismo di ripartizione dei seggi in voti, si colloca in «un ambito nel quale si esprime con un massimo di evidenza la politicità della scelta legislativa». In tale prospettiva, il solo limite che incontra la discrezionalità del legislatore regionale è appunto costituito dalle prescrizioni statali poste a presidio dell'ambiente. Con riguardo, invece, alla configurazione del meccanismo che traduce in seggi il "peso" di ciascuna associazione venatoria, compete alla regione individuare, tra i molti possibili, il punto di equilibrio opportuno tra le molteplici finalità perseguite da un sistema elettorale, mentre spetta a questa Corte la verifica della sua costituzionalità, a fronte della latissima sfera di discrezionalità legislativa operante in tale ambito materiale.
2.3.- La disposizione censurata ha optato per il metodo D'Hondt come criterio di ripartizione fra le varie associazioni venatorie della percentuale dei seggi spettanti alle medesime, con il quale il numero dei voti di ogni lista (qui, il numero degli iscritti a ciascuna associazione venatoria) è diviso per un numero crescente di unità (da uno in avanti) fino al totale dei seggi da assegnare nel collegio. Tali seggi sono ripartiti in base ai risultati ottenuti, in ordine decrescente; dunque, sono assegnati alle liste con le cifre più elevate che risultano dalle operazioni di divisione.
Vi è consenso sul fatto che questa formula possa, in talune circostanze, determinare un vantaggio per liste che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In tale senso, sulla base di una ricognizione dei sistemi elettorali europei, si è pronunciata la Corte europea dei diritti dell'uomo, seconda sezione, sentenza 13 marzo 2012, Saccomanno e altri contro Italia, nella quale si dà peraltro atto di quanto il metodo D'Hondt sia diffuso tra gli Stati aderenti.
Va rilevato, tuttavia, che il metodo D'Hondt opera sempre in sistemi elettorali di carattere proporzionale. Pertanto, nella Regione Abruzzo la designazione dei componenti dei comitati di gestione continua ad avvenire in forza di un meccanismo di tipo proporzionale, in linea di principio il più rispettoso delle esigenze della rappresentanza.
Ugualmente, è ben noto che persino i sistemi elettorali meno distorsivi e più marcatamente proporzionali, come, almeno in genere, quelli che utilizzano il metodo del quoziente, falliscono nell'obiettivo di conseguire quel «perfetto rapporto» tra peso delle liste e seggi che il giudice a quo contesta alla norma censurata di avere compromesso. Del resto, questa Corte ha in più occasioni ribadito la necessità costituzionale che l'esercizio del diritto di elettorato attivo avvenga in condizioni di perfetta parità, senza che ciò implichi anche che il risultato concreto della manifestazione di volontà dell'elettorato sia strettamente proporzionale al numero dei consensi espressi, proprio perché tale aspetto dipende unicamente dal concreto atteggiarsi delle singole leggi elettorali (ex plurimis, sentenze n. 275 del 2014 e n. 107 del 1996).
Il legislatore abruzzese, in definitiva, con esercizio di una discrezionalità non manifestamente irragionevole, ha preferito, in seno al riparto proporzionale, una formula che reca vantaggio alle associazioni venatorie con più iscritti, anziché metodi alternativi che, in ipotesi, avrebbero potuto invece penalizzare queste ultime, e favorire quelle con meno associati, a propria volta distorcendo, in senso diametralmente opposto, la rappresentatività.
Una simile opzione è del resto non distonica rispetto alla finalità di costituire organi preposti all'esercizio di funzioni gestorie, perché per essi si avverte con particolare evidenza la necessità di permettere il raggiungimento di stabili maggioranze decisionali.
I compiti assegnati dall'art. 31 della legge reg. Abruzzo n. 10 del 2004 ai comitati di gestione rendono evidente il carattere esecutivo delle funzioni svolte, mentre, al contempo, l'art. 32, comma 2, della medesima legge regionale affianca significativamente all'organo direttivo una «assemblea dei cacciatori» di natura largamente rappresentativa, posto che essa è composta da cento delegati «designati dalle rispettive associazioni venatorie». È perciò in seno a quest'ultima, piuttosto che al comitato di gestione, che le associazioni trovano modo, ciascuna, di veicolare la propria posizione peculiare, nell'ambito di un unico interesse comune.
2.4.- Per dimostrare la violazione del principio di rappresentatività il TAR rimettente rileva, altresì, che l'art. 32, comma 3, della legge reg. Abruzzo n. 10 del 2004 determina nel numero di sei i rappresentanti delle associazioni venatorie nei comitati di gestione e introduce una clausola di sbarramento, in danno delle associazioni con iscritti inferiori a un quindicesimo dei cacciatori residenti nella provincia ove è situato l'ambito territoriale di caccia. In questo modo tale norma esalterebbe l'effetto distorsivo della formula D'Hondt, specie in ragione del ristretto numero dei seggi da assegnare, che va a vantaggio delle associazioni più numerose.
Il rimettente, tuttavia, non ha reso oggetto della questione di legittimità gli ulteriori profili della normativa regionale in tema di costituzione dei comitati di gestione (come la soglia di sbarramento o la grandezza dei collegi elettorali). Profili che, incidendo a loro volta sul grado di alterazione della rappresentanza proprio di ogni sistema elettorale, potrebbero produrre, insieme con la formula, un esito che non può venire imputato esclusivamente a quest'ultima e che, dunque, fuoriesce dal perimetro della presente questione di legittimità costituzionale.
3.- Ad avviso del rimettente, la disposizione censurata violerebbe anche gli artt. 2 e 3 Cost., in quanto non consentirebbe «il medesimo trattamento fra le varie associazioni venatorie nazionali operanti in Abruzzo» e comprometterebbe il diritto di ciascun cacciatore di trovare rappresentanza negli organi direttivi, tramite l'associazione alla quale è iscritto.
3.1.- La questione non è fondata.
L'assetto egualitario che si denuncia leso presupporrebbe, infatti, un diritto di tribuna che né la Costituzione né la normativa statale interposta impongono e che peraltro non troverebbe soddisfazione nemmeno con la formula elettorale applicata nelle precedenti tornate elettorali. Del resto, questa Corte ha già avuto modo di chiarire che la disciplina statale non esige «la presenza di un rappresentante per ciascuna associazione operante in forma organizzata sul territorio» (ordinanza n. 299 del 2001). Si può escludere, dunque, che le associazioni di cacciatori, e i loro iscritti, subiscano, per effetto della norma censurata, un trattamento illegittimamente discriminatorio.
4.- Il giudice a quo dubita, infine, della conformità della disposizione censurata all'art. 3 Cost. per un ulteriore profilo, perché sarebbe contrario al principio di uguaglianza adottare la formula D'Hondt per i soli rappresentanti delle associazioni venatorie, e non anche per quelli delle organizzazioni professionali agricole e delle associazioni di protezione ambientale.
4.1.- La questione non è fondata.
La disposizione censurata riflette per questo profilo la distinzione operata dalla legge statale tra le categorie delle associazioni coinvolte. L'art. 14, comma 10, della legge n. 157 del 1992 introduce criteri differenziati relativamente alle varie categorie che compongono gli organi direttivi degli ambiti territoriali di caccia. Mentre alle strutture locali delle organizzazioni agricole si richiede di essere «rappresentative a livello nazionale» e per le associazioni di protezione ambientale si esige la presenza nel Consiglio nazionale per l'ambiente, per le sole associazioni nazionali di cacciatori è previsto, invece, che siano riconosciute e presenti in forma organizzata sul territorio.
Il legislatore abruzzese si è perciò limitato, quanto ai criteri di designazione nei comitati di gestione, a intervenire su una sola delle categorie di associazioni coinvolte, in quanto a tale fine separata dalle altre e diversamente disciplinata già nella normativa statale, senza eccedere anche per tale verso dalla propria ampia discrezionalità.
È poi evidente che, contrariamente a quanto ritiene il giudice rimettente, il carattere «unitario» di un organo non implica necessariamente che i componenti di esso debbano essere individuati in applicazione di un unico criterio selettivo.
P.Q.M.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma 3, della legge della Regione Abruzzo 9 marzo 2023, n. 11 (Disposizioni sull'organizzazione delle attività dell'Assemblea del CRAM per l'anno 2023 e ulteriori disposizioni), sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, sezione prima, con l'ordinanza indicata in epigrafe.