Corte di giustizia dell'Unione Europea
Quinta Sezione
Sentenza 26 giugno 2025

Presidente e Relatrice: Arastey Sahún

«Rinvio pregiudiziale - Direttiva 2010/13/UE - Fornitori di servizi di media audiovisivi - Normativa nazionale che impone il rispetto della dignità umana e vieta la diffusione di contenuti qualitativamente degradanti - Principio di interpretazione conforme del diritto nazionale - Limiti - Principio di legalità dei reati e delle pene - Principio di certezza del diritto».

Nelle cause riunite C‑555/23 e C‑556/23, aventi ad oggetto due domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell'articolo 267 TFUE, dal Symvoulio tis Epikrateias (Consiglio di Stato, Grecia), con decisione del 2 agosto 2023, pervenute in cancelleria il 4 settembre 2023, nei procedimenti Makeleio EPE (C‑555/23) Zougla G.R. AE (C‑556/23) contro Ethniko Symvoulio Radiotileorasis (ESR).

[...]

1. Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull'interpretazione, da un lato, della direttiva 2010/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2010, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi (direttiva sui servizi di media audiovisivi) (GU 2010, L 95, pag. 1), come modificata dalla direttiva (UE) 2018/1808 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 novembre 2018 (GU 2018, L 303, pag. 69) (in prosieguo: la «direttiva 2010/13»), nonché, dall'altro, degli articoli 20 e 21 e dell'articolo 49, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2. Tali domande sono state presentate nell'ambito di due controversie che vedono opposte, rispettivamente, la Makeleio EPE, nella causa C-555/23, e Zougla G.R. AE (in prosieguo: la «Zougla»), nella causa C‑556/23, all'Ethniko Symvoulio Radiotileorasis (ESR) (Consiglio radiotelevisivo nazionale, Grecia), in merito alla legittimità di due decisioni che infliggono a tali società una sanzione amministrativa per la diffusione di contenuti audiovisivi qualitativamente degradanti e per la violazione dell'obbligo di rispettare il valore della dignità umana (in prosieguo: le «decisioni di cui trattasi nei procedimenti principali»).

Contesto normativo

Diritto dell'Unione

Direttiva 2010/13

3. I considerando 11, 18, 21, 38, 41, 59, 83 e 104 della direttiva 2010/13 sono così formulati:

«(11) È necessario, per evitare distorsioni della concorrenza, rafforzare la certezza del diritto, contribuire al completamento del mercato interno e facilitare la realizzazione di uno spazio unico dell'informazione, applicare almeno un complesso minimo di norme coordinate a tutti i servizi di media audiovisivi, sia ai servizi di radiodiffusione televisiva (cioè ai servizi di media audiovisivi lineari) che ai servizi di media audiovisivi a richiesta (cioè ai servizi di media audiovisivi non lineari).

(...)

(18) La direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro) [(GU 2002, L 108, pag. 33)], conformemente al suo articolo 1, paragrafo 3, non pregiudica le misure adottate al livello dell'Unione [europea] o nazionale per perseguire obiettivi di interesse generale relativi, in particolare, alle regolamentazioni dei contenuti e alla politica audiovisiva.

(...)

(21) Ai fini della presente direttiva, la definizione di servizi di media audiovisivi dovrebbe comprendere solo i servizi di media audiovisivi, sia di radiodiffusione televisiva che a richiesta, che sono mezzi di comunicazione di massa, vale a dire destinati ad essere ricevuti da una porzione considerevole del grande pubblico sulla quale potrebbero esercitare un impatto evidente. Il suo ambito di applicazione dovrebbe limitarsi ai servizi definiti dal trattato [FUE], inglobando quindi tutte le forme di attività economica, comprese quelle svolte dalle imprese di servizio pubblico, ma non dovrebbe comprendere le attività precipuamente non economiche e che non sono in concorrenza con la radiodiffusione televisiva, quali i siti Internet privati e i servizi consistenti nella fornitura o distribuzione di contenuti audiovisivi generati da utenti privati a fini di condivisione o di scambio nell'ambito di comunità di interessi.

(...)

(38) A causa del progresso tecnologico, con particolare riferimento ai programmi digitali via satellite, i criteri secondari dovrebbero essere adeguati per garantire una regolamentazione adeguata e una sua attuazione efficace nonché per lasciare agli operatori un reale potere di decisione in merito al contenuto di un servizio di media audiovisivi.

(...)

(41) Gli Stati membri dovrebbero poter applicare ai fornitori di servizi di media soggetti alla loro giurisdizione norme più dettagliate o severe nei settori coordinati dalla presente direttiva, assicurandosi che tali norme siano conformi ai principi generali del diritto dell'Unione. (...) Il concetto di "norme di interesse pubblico generale" è stato elaborato dalla Corte di giustizia nella giurisprudenza relativa agli articoli 43 e 49 del trattato [CE] (ora articoli 49 e 56 del [TFUE]) e include, tra l'altro, norme sulla tutela dei consumatori, la protezione dei minori e la politica culturale. Lo Stato membro che richiede la cooperazione dovrebbe garantire che le specifiche norme nazionali in questione siano oggettivamente necessarie, applicate in modo non discriminatorio e proporzionate.

(...)

(59) La presenza di contenuti nocivi nei servizi di media audiovisivi è una fonte di preoccupazione per i legislatori, l'industria dei media e i genitori. Si affronteranno altresì nuove sfide, in particolare in relazione alle nuove piattaforme e ai nuovi prodotti. In tutti i servizi di media audiovisivi, incluse le comunicazioni commerciali audiovisive, sono quindi necessarie norme per la tutela dello sviluppo fisico, mentale e morale dei minori, nonché della dignità umana.

(...)

(83) Per garantire un'integrale ed adeguata protezione degli interessi della categoria di consumatori costituita dai telespettatori, è essenziale che la pubblicità televisiva sia sottoposta ad un certo numero di norme minime e di criteri e che gli Stati membri abbiano la facoltà di stabilire norme più rigorose o più particolareggiate e, in alcuni casi, condizioni differenti per le emittenti televisive soggette alla loro giurisdizione.

(...)

(104) Poiché gli obiettivi della presente direttiva, vale a dire la creazione di un'area senza frontiere interne per i servizi di media audiovisivi, assicurando nel contempo un elevato livello di protezione di obiettivi di interesse generale, in particolare la tutela dei minori e della dignità umana, nonché la promozione dei diritti delle persone con disabilità, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti della presente direttiva, essere realizzati meglio a livello dell'Unione, l'Unione può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 [TUE]; la presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo».

4. Ai sensi dell'art. 1, paragrafo 1, della direttiva 2010/13:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

a) "servizio di media audiovisivo":

i) un servizio quale definito agli articoli 56 e 57 [TFUE], ove l'obiettivo principale del servizio stesso o di una sua sezione distinguibile sia la fornitura di programmi al grande pubblico, sotto la responsabilità editoriale di un fornitore di servizi di media, al fine di informare, intrattenere o istruire, attraverso reti di comunicazioni elettroniche ai sensi dell'articolo 2, lettera a), della direttiva [2002/21]; per siffatto servizio di media audiovisivo si intende o una trasmissione televisiva come definita alla lettera e) del presente paragrafo o un servizio di media audiovisivo a richiesta come definito alla lettera g) del presente paragrafo;

ii) una comunicazione commerciale audiovisiva;

(...)

b) "programma", una serie di immagini animate, sonore o non, che costituiscono un singolo elemento, indipendentemente dalla sua durata, nell'ambito di un palinsesto o di un catalogo stabilito da un fornitore di servizi di media, comprensivo di lungometraggi, videoclip, manifestazioni sportive, commedie di situazione (sitcom), documentari, programmi per bambini e fiction originali;

(...)

c) "responsabilità editoriale", l'esercizio di un controllo effettivo sia sulla selezione dei programmi sia sulla loro organizzazione in un palinsesto cronologico, nel caso delle radiodiffusioni televisive, o in un catalogo, nel caso dei servizi di media audiovisivi a richiesta. La responsabilità editoriale non implica necessariamente la responsabilità giuridica ai sensi del diritto nazionale per i contenuti o i servizi forniti;

d) "fornitore di servizi di media", la persona fisica o giuridica che assume la responsabilità editoriale della scelta del contenuto audiovisivo del servizio di media audiovisivo e ne determina le modalità di organizzazione;

(...)

e) "radiodiffusione televisiva" o "trasmissione televisiva" (vale a dire un servizio di media audiovisivo lineare), un servizio di media audiovisivo fornito da un fornitore di servizi di media per la visione simultanea di programmi sulla base di un palinsesto di programmi;

(...)

g) "servizio di media audiovisivo a richiesta" (vale a dire un servizio di media audiovisivo non lineare), un servizio di media audiovisivo fornito da un fornitore di servizi di media per la visione di programmi al momento scelto dall'utente e su sua richiesta sulla base di un catalogo di programmi selezionati dal fornitore di servizi di media;

(...)».

5. L'articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2010/13 prevede quanto segue:

«Ciascuno Stato membro provvede affinché tutti i servizi di media audiovisivi trasmessi da fornitori di servizi di media soggetti alla sua giurisdizione rispettino le norme dell'ordinamento giuridico applicabili ai servizi di media audiovisivi destinati al pubblico nello Stato membro in questione».

6. In forza dell'articolo 4, paragrafo 1, di detta direttiva:

«Gli Stati membri conservano la facoltà di richiedere ai fornitori di servizi di media soggetti alla loro giurisdizione di rispettare norme più particolareggiate o più rigorose nei settori coordinati dalla presente direttiva, purché tali norme siano conformi al diritto dell'Unione».

7. L'articolo 6, paragrafo 1, di detta direttiva così dispone:

«Fermo restando l'obbligo degli Stati membri di rispettare e proteggere la dignità umana, gli Stati membri assicurano mediante appositi mezzi che i servizi di media audiovisivi erogati dai fornitori di servizi di media soggetti alla loro giurisdizione non contengano:

a) istigazione alla violenza o all'odio nei confronti di un gruppo di persone o un membro di un gruppo sulla base di uno dei motivi di cui all'articolo 21 della Carta;

b) alcuna pubblica provocazione a commettere reati di terrorismo di cui all'articolo 5 della direttiva (UE) 2017/541 [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2017, sulla lotta contro il terrorismo e che sostituisce la decisione quadro 2002/475/GAI del Consiglio e che modifica la decisione 2005/671/GAI del Consiglio (GU 2017, L 88, pag. 6)]».

8. L'articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2010/13 prevede quanto segue:

«Gli Stati membri assicurano che le comunicazioni commerciali audiovisive fornite dai fornitori di servizi di media soggetti alla loro giurisdizione rispettino le seguenti prescrizioni:

(...)

c) le comunicazioni commerciali audiovisive:

i) non pregiudicano il rispetto della dignità umana;

(...)».

Direttiva (UE) 2018/1972

9. Il considerando 7 della direttiva (UE) 2018/1972 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018, che istituisce il codice europeo delle comunicazioni elettroniche (GU 2018, L 321, pag. 36), stabilisce quanto segue:

«(...) Il contenuto dei programmi televisivi è disciplinato dalla [direttiva 2010/13]. La regolamentazione della politica audiovisiva e dei contenuti persegue obiettivi di interesse generale, quali la libertà di espressione, il pluralismo dei mezzi di informazione, l'imparzialità, la diversità culturale e linguistica, l'inclusione sociale, la protezione dei consumatori e la tutela dei minori. (...)».

10. Ai sensi dell'articolo 2, punto 1, della direttiva 2018/1972, che ha sostituito l'articolo 2, lettera a), della direttiva 2002/21:

«Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:

1) (...) "reti di comunicazione elettronica": i sistemi di trasmissione, basati o meno su un'infrastruttura permanente o una capacità di amministrazione centralizzata, e, se del caso, le apparecchiature di commutazione o di instradamento e altre risorse, inclusi gli elementi di rete non attivi, che consentono di trasmettere segnali via cavo, via radio, a mezzo di fibre ottiche o con altri mezzi elettromagnetici, comprese le reti satellitari, le reti mobili e fisse (a commutazione di circuito e a commutazione di pacchetto, compresa [I]nternet), i sistemi per il trasporto via cavo della corrente elettrica, nella misura in cui siano utilizzati per trasmettere i segnali, le reti utilizzate per la diffusione radiotelevisiva, e le reti televisive via cavo, indipendentemente dal tipo di informazione trasportato».

Diritto ellenico

Legge n. 4779/2021

11. L'articolo 8 della Nomos 4779/2021, Ensomatosi stin ethniki nomothesia tis Odigias (EE) 2010/13 tou Europaïkou Koinovouliou kai tou Symvouliou tis 10is Martíou 2010 gia ton syntonismo orismenon nomothetikon, kanonistikon kai dioikitikon diataxeon ton kraton melon skhetika me tin parochi ypiresion optikoakoustikon meson, opos echei tropopoiitheí me tin Odigía (EE) 2018/1808 tou Europaïkou Koinovouliou kai tou Symvouliou tis 14is Noemvríou 2018 kai alles diataxeis armodiotitas tis Genikis Grammateias Epikoinonías kai Enimerosis [legge n. 4779/2021, recante recepimento, nell'ordinamento nazionale, della direttiva 2010/13 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2010, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi, come modificata dalla direttiva (UE) 2018/1808 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 novembre 2018, e di altre disposizioni di competenza del Segretario generale della comunicazione e dell'informazione], del 20 febbraio 2021 (FEK A' 27), nella versione applicabile ai fatti di cui ai procedimenti principali (in prosieguo: la «legge n. 4779/2021»), così dipone:

«I servizi di media audiovisivi non devono contenere istigazione alla violenza o all'odio nei confronti di un gruppo di persone o di un membro di un gruppo definito in base alla razza, al colore, all'origine nazionale o etnica, all'ascendenza, alla religione, alla disabilità, all'orientamento sessuale, all'identità o alle caratteristiche di genere».

12. L'articolo 36, paragrafo 1, della legge 4 n. 779/2021 così dispone:

«In caso di violazione dell'articolo 8 (...) da parte di un fornitore di servizi di media con o senza abbonamento, [l'ESR] infligge le sanzioni previste, rispettivamente, dal nomos 2644/1998 [- Gia tin parochi syndromitikon radiofonikon kai tileoptikon ypiresion kai synafeis diataxeis (legge n. 2644/1998, relativa alla fornitura di servizi radiofonici e televisivi a pagamento e disposizioni connesse), del 13 ottobre 1998 (FEK A' 233),] e dalla nomos 2328/1995 [- Nomiko kathestos tis idiotikis tileorasis kai tis topikis radiophonías, rythmisi thematon tis radiotileoptikis agoras kai alles diataxeis (legge n. 2328/1995, recante disciplina dello status giuridico delle televisioni private e delle radio locali, regolamentazione del mercato radiotelevisivo e altre disposizioni), del 3 agosto 1995 (FEK A' 159)».

Legge n. 2328/1995

13. Ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 2328/1995, nella versione applicabile ai procedimenti principali (in prosieguo: la «legge n. 2328/1995»):

«1. La creazione, l'installazione e la gestione di canali televisivi privati, che trasmettono sui canali disponibili a tal fine o sulle radiofrequenze disponibili un segnale comunemente ricevuto dai ricevitori domestici, sono subordinate al rilascio di un'autorizzazione, conformemente alle disposizioni della presente legge. Le autorizzazioni sono rilasciate per servire l'interesse pubblico e la loro utilizzazione costituisce un servizio pubblico. Le emittenti alle quali sono rilasciate tali autorizzazioni sono tenute a vigilare sulla qualità del programma, sull'obiettività dell'informazione, sulla garanzia del pluralismo nonché sulla promozione della cultura mediante la diffusione di trasmissioni letterarie e artistiche.

2. L'autorizzazione alla creazione, allo stabilimento e alla gestione riguarda la trasmissione di un segnale senza fili, i canali delle radiofrequenze, l'impiego di stazioni terrestri o satellitari (...)».

14. L'articolo 4, paragrafo 1, lettera e), della legge n. 2328/1995 così dispone:

«In tutti i casi di violazione delle disposizioni della legislazione nazionale, [della normativa] dell'Unione e del diritto internazionale che disciplinano, direttamente o indirettamente, le emittenti televisive private e, più in generale, il funzionamento della televisione privata (...), l'ESR decide (...) di imporre una o più delle seguenti sanzioni (...). La scelta del tipo di sanzione amministrativa e il loro calcolo si effettuano in funzione della gravità della violazione, dal pubblico del programma nell'ambito del quale la violazione è stata commessa, della quota di mercato dei servizi radiofonici e televisivi eventualmente acquisita dal titolare della licenza, dell'importo degli investimenti realizzati o progettati e dell'eventuale esistenza di recidive (...)».

Legge n. 2863/2000

15. L'articolo 4, paragrafo 1, della nomos 2863/2000 - Ethniko Symvoulio Radiotileorasis kai alles arches kai organa tou tomea parochis radiotileoptikon ypiresion (legge n. 2863/2000, che disciplina il Consiglio radiotelevisivo nazionale e altre autorità e organismi nel settore dei servizi radiotelevisivi), del 29 novembre 2000 (FEK A' 262), nella versione applicabile ai procedimenti principali, così dispone:

«L'ESR esercita il controllo diretto dello Stato previsto dalla Syntagma tis Elladas (Costituzione della Repubblica ellenica) nel settore della fornitura di servizi radiofonici e televisivi di qualsiasi natura, mediante l'adozione di atti amministrativi individuali esecutivi. In particolare:

(...)

e) esso impone le sanzioni e le misure amministrative di cui all'articolo 4, paragrafo 1, della [legge n. 2328/1995], nonché all'articolo 12 e all'articolo 15, paragrafo 3, della legge [n. 2644/1998] (...)».

Legge n. 2644/1998

16. L'articolo 1, paragrafo 1, della legge n. 2644/1998 così dispone:

«La fornitura di servizi radiofonici e televisivi a pagamento è soggetta, conformemente all'articolo 15 della Costituzione della Repubblica ellenica, al controllo diretto dello Stato e costituisce un servizio pubblico il cui obiettivo è l'informazione obiettiva e imparziale nonché l'elevato livello di formazione continua e di intrattenimento del pubblico. Ai fini della presente legge, per fornitura di servizi radiofonici e televisivi a pagamento si intende la trasmissione diretta al pubblico, con qualsiasi mezzo o metodo tecnico (trasmettitori esclusivamente terrestri, reti via cavo o via satellite), di programmi radiofonici e televisivi il cui accesso è soggetto a condizioni imposte dal titolare dell'autorizzazione prevista dalle disposizioni della presente legge. Si considera fornitura di servizi radiofonici e televisivi a pagamento anche la fornitura di servizi televisivi attraverso altre reti a banda larga, a prescindere dal fatto che il fornitore del servizio abbia ottenuto un'autorizzazione [dell'ESR] per i programmi che trasmette o trasmetta, in forza di un contratto a tal fine, programmi autorizzati in un altro Stato membro».

17. L'articolo 10 della legge n. 2644/1998 stabilisce quanto segue:

«1. Le disposizioni dell'articolo 3, paragrafi da 1 a 12, 14, 17 e 22 della [legge n. 2328/1995] relative al rispetto della dignità, della vita privata e della partecipazione in generale dell'individuo alla vita economica, sociale e politica, alle modalità e alle condizioni di diffusione della pubblicità radiofonica e televisiva e di altri messaggi connessi, alla tutela dell'infanzia, alla garanzia del pluralismo politico e dell'accesso dei partiti alle trasmissioni radiofoniche e televisive, nonché alla tutela degli interessi dei consumatori e, più in generale, degli interessi dei cittadini, si applicano anche al contenuto di servizi radiofonici e televisivi a pagamento.

2. I codici deontologici adottati a norma dell'articolo 3, paragrafo 2, del nomos 1866/1989 - Idrysi Ethinkou Symvouliou Radiotileoraseos kai parochi adeion gia tin idrysi kai leitourgia tileoptikon stathmon (legge n. 1866/1989 relativa alla creazione del Consiglio radiotelevisivo nazionale e al rilascio di autorizzazioni per la creazione e la gestione di canali televisivi), del 6 ottobre 1989 (FEK A' 222), nonché quelle elaborate dall'ESR e adottate secondo la procedura di cui all'articolo 3, paragrafo 15, della [legge n. 2328/1995], si applicano anche ai contenuti audiovisivi diffusi dai titolari di un'autorizzazione ai sensi della presente legge (...)».

18. In forza dell'articolo 12 della legge n. 2644/1998, l'ESR infligge sanzioni amministrative in caso di violazione delle disposizioni di tale legge, del diritto dell'Unione e del diritto internazionale che disciplinano la fornitura di servizi radiofonici e televisivi previsti da detta legge.

Decreto presidenziale n. 77/2003

19. L'articolo 1 del proedriko diatagma 77/2003 - Kodikas deontologias eidiseografikon kai allon dimosiografikon kai Politikon ekpompon (decreto presidenziale n. 77/2003, recante il codice etico per i notiziari e le altre trasmissioni giornalistiche e politiche), del 28 marzo 2003 (FEK A' 75), nella versione applicabile ai procedimenti principali (in prosieguo: il «decreto presidenziale n. 77/2003»), prevede quanto segue:

«Le disposizioni del presente codice si applicano alle trasmissioni di informazione, giornalistiche e politiche sulle emittenti radiotelevisive pubbliche e private (...)».

20. L'articolo 2, paragrafo 1, del decreto presidenziale n. 77/2003 così dispone:

«Le trasmissioni di informazione e altre trasmissioni giornalistiche e politiche devono garantire il livello di qualità richiesto dalla funzione sociale della radio e della televisione nonché dallo sviluppo culturale del paese (...)».

21. L'articolo 4 del decreto presidenziale n. 77/2003 così dispone:

«1. Non è consentito presentare le persone in un modo che possa, in condizioni particolari, incoraggiare la loro umiliazione, il loro isolamento sociale o discriminazioni nei loro confronti da parte di una parte del pubblico sulla base, in particolare, del sesso, della razza, della cittadinanza, della lingua, della religione, dell'ideologia, dell'età, della malattia, della disabilità, dell'orientamento sessuale o del mestiere.

2. Non è consentito diffondere messaggi o epiteti degradanti, razzisti, xenofobi o sessisti, né opinioni intolleranti e, più in generale, non devono essere aggredite minoranze etniche o religiose o altre categorie vulnerabili o in situazione di vulnerabilità».

22. L'articolo 9, paragrafo 2, del decreto presidenziale n. 77/2003 è così formulato:

«Le persone che partecipano o sono menzionate nelle trasmissioni devono beneficiare di un trattamento equo, corretto e dignitoso. In particolare, non è consentito ledere la loro personalità, il loro onore e la loro dignità. Devono essere rispettati anche la loro vita privata e familiare, la loro attività professionale e il loro diritto alla libertà di espressione. L'esercizio di una critica non è incompatibile con il rispetto dei diritti delle persone che sono mostrate o menzionate».

Procedimenti principali, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

23. La Makeleio e la Zougla sono società di diritto ellenico che gestiscono siti Internet di quotidiani sui quali sono altresì offerti contenuti audiovisivi.

24. Il 29 giugno 2021, la Makeleio ha mandato in onda sul suo sito Internet www.makeleio.gr una trasmissione audiovisiva nella quale il presentatore ha fatto riferimento alla visita dei rappresentanti della comunità LGBT + al Primo ministro ellenico, utilizzando espressioni offensive, in particolare offendendo e denigrando le persone omosessuali. Tale presentatore ha avanzato commenti ironici sull'orientamento sessuale di tali persone e ha incitato indirettamente il pubblico ad abbandonarsi ad aggressioni verbali o fisiche nei loro confronti, aggressioni che, a suo dire, egli stesso avrebbe perpetrato quando era più giovane.

25. Il 22 febbraio 2021, la Zougla ha diffuso sul suo sito Internet www.zougla.gr una trasmissione radiofonica messa in onda da una stazione radio che trasmetteva anche su Internet. Tale trasmissione è stata mandata in onda sul sito Internet della Zougla in forma audiovisiva. Nell'ambito di tale trasmissione il conduttore, facendo riferimento a un procedimento penale avente ad oggetto taluni atti di pedofilia contestati a terzi, ha attaccato verbalmente talune personalità politiche rivolgendo nei loro confronti dichiarazioni diffamatorie e offensive. In tale contesto detto conduttore ha presentato, in particolare, una di tali personalità come un soggetto che protegge scientemente pedofili e pederasti, raccomandando questi ultimi a posizioni di responsabilità che consentivano loro di perseguire il soddisfacimento dei loro appetiti sessuali malati, e ha affermato che la personalità in questione «[era] quanto meno un istigatore e un coautore» degli atti di pedofilia e di stupro su minori, imputati a terzi.

26. Queste due trasmissioni (in prosieguo: le «trasmissioni di cui trattasi nel procedimento principale») sono state oggetto di un procedimento dinanzi all'ESR.

27. L'ESR ha ritenuto che la trasmissione diffusa dalla Makeleio avesse fatto più volte riferimento, in modo manifestamente dispregiativo ed offensivo, a un gruppo specifico di popolazione sulla base dell'orientamento sessuale dei suoi membri, incoraggiando l'umiliazione e la stigmatizzazione sociale nei confronti di questi ultimi. Alla luce di tali fatti, nella sua decisione n. 140/2021 l'ESR ha constatato che la Makeleio aveva violato, da un lato, il divieto di istigazione alla violenza o all'odio nei confronti di un gruppo di persone a causa dell'orientamento sessuale dei suoi membri, di cui all'articolo 8 della legge n. 4779/2021, e, dall'altro, l'obbligo di rispettare il valore e la dignità umane nonché il divieto di diffondere contenuti qualitativamente degradanti, in forza dell'articolo 1, paragrafo 1, della legge n. 2328/1995 nonché dell'articolo 2, paragrafo 1, dell'articolo 4 e dell'articolo 9, paragrafo 2, del decreto presidenziale n. 77/2003. Di conseguenza, l'ESR ha inflitto alla Makeleio una sanzione di importo pari a EUR 30 000 per ciascuno dei due illeciti commessi.

28. Per quanto riguarda la trasmissione diffusa dalla Zougla, l'ESR ha considerato che, sotto l'apparenza di informazioni e di fatti reali, tale programma aveva trasmesso al pubblico valutazioni e posizioni del suo conduttore prive di prova e offensive nei confronti delle persone menzionate, provocando in tal modo un «estremo degrado della qualità» della trasmissione radiofonica trasmessa e un insulto alla dignità delle persone menzionate. Pertanto, nella sua decisione n. 99/2021 l'ESR ha ritenuto che la Zougla avesse violato sia l'obbligo di rispettare il valore e la dignità umane sia il divieto di diffondere contenuti qualitativamente degradanti, in forza dell'articolo 1, paragrafo 1, della legge n. 2328/1995 nonché dell'articolo 2, paragrafo 1, dell'articolo 4 e dell'articolo 9, paragrafo 2, del decreto presidenziale n. 77/2003. Di conseguenza, a causa della commissione di questi due illeciti, l'ESR ha inflitto alla Zougla due sanzioni di importo pari, rispettivamente, a EUR 40 000 e a EUR 80 000.

29. Al momento dell'adozione delle decisioni di cui trattasi nei procedimenti principali, l'ESR ha constatato che, secondo il loro tenore letterale, le disposizioni del diritto nazionale sulle quali ha fondato tali decisioni erano applicabili ai soli fornitori di servizi televisivi tradizionali, vale a dire i servizi televisivi diffusi da operatori televisivi mediante frequenze di radiodiffusione, analogiche e digitali, o via satellite o mediante reti a banda larga.

30. Tuttavia, basandosi sui criteri interpretativi relativi alla nozione di «servizi di media audiovisivi», ai sensi della direttiva 2010/13, secondo la giurisprudenza derivante dalla sentenza del 21 ottobre 2015, New Media Online (C‑347/14, EU:C:2015:709), da cui risulterebbe che i contenuti audiovisivi diffusi su Internet da un operatore che non è il gestore di un canale televisivo rientrano in tale nozione, l'ESR ha interpretato tali disposizioni del diritto nazionale nel senso che, nonostante il loro tenore letterale, esse erano applicabili anche ai fornitori di contenuti audiovisivi diffusi tramite Internet (in prosieguo: i «fornitori di servizi televisivi online»), di cui farebbero parte la Makeleio e la Zougla.

31. Queste ultime hanno proposto ricorsi di annullamento dinanzi al Symvoulio tis Epikrateias (Consiglio di Stato, Grecia), giudice del rinvio, avverso le decisioni di cui trattasi nel procedimento principale.

32. Secondo la posizione prevalente in seno al Symvoulio tis Epikrateias (Consiglio di Stato), le disposizioni nazionali sulle quali l'ESR ha fondato le decisioni di cui trattasi dovevano essere interpretate nel senso che non sono applicabili ai fornitori di servizi televisivi online.

33. È in tale contesto che il Symvoulio tis Epikrateias (Consiglio di Stato) ha deciso di sospendere i procedimenti e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali, formulate in termini identici nelle cause C‑555/23 e C‑556/23:

«1) Se tra gli obiettivi della [direttiva 2010/13], e quindi nell'ambito di applicazione della direttiva rientrino[, da un lato,] la garanzia del rispetto e della tutela della dignità e del valore della persona umana e[, dall'altro lato,] la prevenzione della trasmissione di contenuti qualitativamente degradanti da parte dei fornitori di servizi televisivi e, in particolare, di contenuti con le caratteristiche di quelli trasmessi nel caso di specie [dalle società ricorrenti].

2) Partendo dal presupposto che[, da un lato,] l'obbligo di rispettare e tutelare la dignità e il valore della persona umana e/o[, dall'altro lato,] il divieto di trasmettere contenuti qualitativamente degradanti e, in particolare, contenuti aventi le caratteristiche [della trasmissioni controverse] rientrino nell'ambito di applicazione della [direttiva 2010/13,] se sia in contrasto con l'articolo 4, paragrafo 1, della [direttiva 2010/13], in combinato disposto con il principio di parità di trattamento sancito dagli articoli 20 e 21 della [Carta], una disposizione nazionale in base alla quale i suddetti obblighi sono imposti a tutti i fornitori di servizi televisivi ad eccezione di quelli che trasmettono contenuti televisivi solo via Internet.

3) In caso di risposta in senso affermativo alle prime due questioni: se l'autorità nazionale di regolamentazione, al fine di garantire l'efficacia pratica della [direttiva 2010/13], debba applicare le norme del diritto nazionale che impongono gli obblighi in questione indistintamente a tutti i fornitori di servizi televisivi, anche se il diritto nazionale prevede gli obblighi e le relative sanzioni per tutti gli altri fornitori di servizi televisivi, ma non per quelli che diffondono i loro contenuti esclusivamente via Internet, oppure se l'imposizione di sanzioni amministrative per la violazione dei suddetti obblighi da parte di una trasmissione televisiva via Internet, in forza di un'interpretazione estensiva o di un'applicazione analogica delle norme nazionali relative ad altri servizi televisivi, sia incompatibile con il principio nullum crimen, nulla poena sine lege certa, sancito dall'articolo 49, paragrafo 1, prima frase, della [Carta], in combinato disposto con il principio di certezza del diritto.

4) In caso di risposta in senso negativo alla prima questione pregiudiziale e qualora [la Corte] ritenga che[, da un lato,] l'obbligo di rispettare e tutelare la dignità e il valore della persona umana e/o[, dall'altro lato,] il divieto di trasmissione di contenuti qualitativamente degradanti (e, in particolare, di contenuti come quelli [delle trasmissioni di cui trattasi nel procedimento principale]) non rientrino nell'ambito di applicazione della [direttiva 2010/13,] ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, nel caso in cui la legislazione di uno Stato membro imponga tali obblighi ai fornitori di servizi televisivi tramite reti di radiodiffusione terrestre, satellitare o a banda larga, sotto la minaccia di sanzioni amministrative, ma non contenga norme equivalenti per quanto riguarda i fornitori di servizi televisivi via [I]nternet: se l'articolo 2, paragrafo 1, [di tale direttiva], quale ora vigente, debba essere interpretato nel senso che l'autorità nazionale competente è tenuta a considerare la possibilità di imporre sanzioni amministrative per la violazione di tali norme anche in relazione alla diffusione di trasmissioni televisive via [I]nternet sulla base del principio di parità di trattamento.

5) In caso di risposta in senso affermativo alla quarta questione: se l'obbligo dell'autorità nazionale di regolamentazione, in base a quanto precede e sulla base di un'interpretazione del diritto nazionale conforme al diritto dell'Unione e, in particolare, alle citate disposizioni della [direttiva 2010/13], di applicare indistintamente a tutti i servizi televisivi, indipendentemente dal loro mezzo di trasmissione, le norme di diritto nazionale che impongono tali obblighi, sia compatibile con il principio nullum crimen, nulla poena sine lege certa e con il principio di certezza del diritto, posto che tali obblighi, previsti dal diritto nazionale per tutti gli altri fornitori di servizi televisivi, non si applicano alla televisione via [I]nternet».

34. Con decisione del presidente della Corte del 2 ottobre 2023 le cause C‑555/23 e C‑556/23 sono state riunite ai fini delle fasi scritta e orale del procedimento, nonché della sentenza.

Sulle questioni pregiudiziali

Osservazioni preliminari

Sulla qualificazione delle ricorrenti nei procedimenti principali quali «fornitori di servizi di media», ai sensi della direttiva 2010/13

35. Come risulta dalle domande di pronuncia pregiudiziale, le questioni sollevate dal giudice del rinvio si basano sulla premessa secondo cui la diffusione delle trasmissioni di cui trattasi nei procedimenti principali costituisce un servizio di media audiovisivo rientrante nell'ambito di applicazione della direttiva 2010/13, cosicché le ricorrenti nei procedimenti principali sono «fornitori di servizi di media», ai sensi di tale direttiva.

36. Nelle sue osservazioni scritte e in udienza la Makeleio ha tuttavia affermato di non essere un «fornitore di servizi di media», ai sensi di detta direttiva, e che pertanto quest'ultima non le era applicabile.

37. A tal riguardo occorre ricordare che, nell'ambito della ripartizione delle competenze tra i giudici dell'Unione e quelli nazionali, spetta in linea di massima al giudice nazionale verificare se sussistano, nella controversia dinanzi ad esso pendente, le condizioni di fatto tali da comportare l'applicazione di una norma del diritto dell'Unione; la Corte, allorché si pronuncia su un rinvio pregiudiziale, può, ove necessario, fornire precisazioni tese a guidare il giudice nazionale nella sua interpretazione (sentenza del 15 marzo 2012, SCF, C‑135/10, EU:C:2012:140, punto 67 e giurisprudenza citata).

38. Pertanto, spetta alla Corte fornire al giudice del rinvio gli elementi interpretativi necessari riguardanti la nozione di «servizio di media audiovisivo», ai sensi di tale direttiva, affinché esso verifichi se la diffusione delle trasmissioni di cui trattasi nei procedimenti principali rientri effettivamente in tale nozione e se, per quanto riguarda tali trasmissioni, la Makeleio e la Zougla debbano essere quindi considerate come «fornitori di servizi di media», ai sensi di detta direttiva.

39. In tale contesto occorre ricordare che, secondo la definizione di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettera a), i), della direttiva 2010/13, la nozione di «servizio di media audiovisivo» riguarda un servizio quale definito agli articoli 56 e 57 TFUE, ove l'obiettivo principale del servizio stesso o di una sua sezione distinguibile sia la fornitura di programmi al grande pubblico, sotto la responsabilità editoriale di un fornitore di servizi di media, al fine di informare, intrattenere o istruire, attraverso reti di comunicazione elettronica ai sensi dell'articolo 2, lettera a), della direttiva 2002/21.

40. Peraltro, conformemente all'articolo 1, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2010/13, ai fini di tale direttiva, il «fornitore di servizi di media» è la persona fisica o giuridica che assume la responsabilità editoriale della scelta del contenuto audiovisivo del servizio di media audiovisivo e ne determina le modalità di organizzazione.

41. In primo luogo, occorre precisare che, come risulta dalla formulazione stessa dell'articolo 1, paragrafo 1, lettera a), i), della direttiva 2010/13, letto alla luce dell'articolo 2, punto 1, della direttiva 2018/1972, che ha sostituito l'articolo 2, lettera a), della direttiva 2002/21, sia la trasmissione di programmi mediante frequenze di radiodiffusione, analogica e digitale, sia la trasmissione di programmi via Internet possono rientrare nella nozione di «servizi di media audiovisivi», ai sensi della direttiva 2010/13.

42. Ne consegue che la nozione di «fornitori di servizi di media», ai sensi di tale direttiva, comprende sia i fornitori di servizi televisivi tradizionali menzionati al punto 29 della presente sentenza, sia i fornitori di servizi televisivi online.

43. In secondo luogo, è pacifico che, da un lato, le trasmissioni di cui trattasi nei procedimenti principali sono state diffuse a fini informativi o di intrattenimento e, dall'altro, sono state diffuse su siti Internet e, pertanto, tramite reti di comunicazione elettronica, ai sensi dell'articolo 2, punto 1), della direttiva 2018/1972.

44. In terzo luogo, come risulta dall'articolo 1, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2010/13, la nozione di «programma», ai sensi di tale direttiva, riguarda «una serie di immagini animate, (...) che costituiscono un singolo elemento, indipendentemente dalla sua durata, nell'ambito di un palinsesto o di un catalogo stabilito da un fornitore di servizi di media, comprensivo di lungometraggi, videoclip, manifestazioni sportive, commedie di situazione (sitcom), documentari, programmi per bambini e fiction originali».

45. A tal riguardo occorre rilevare che, nel caso di messa a disposizione su un sito Internet di un quotidiano, di filmati di breve durata consistenti in brevi sequenze estratte da notizie locali, sportive o di intrattenimento, la Corte ha dichiarato che siffatti filmati rientrano nella nozione di «programma», ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2010/13 (sentenza del 21 ottobre 2015, New Media Online, C‑347/14, EU:C:2015:709, punto 24).

46. Per giungere a tale valutazione la Corte si è basata in particolare sul fatto che, al pari di un programma televisivo, tali filmati si rivolgono ad un pubblico di massa e possono esercitare su di esso un impatto evidente, ai sensi del considerando 21 di tale direttiva. Peraltro, la modalità di selezione di detti filmati, in quanto può comportare la possibilità, per l'utente di Internet, di accedere al filmato che lo interessa al momento scelto e su sua richiesta sulla base di un catalogo o di un elenco predisposti dal gestore del quotidiano online, non si differenzierebbe da quella proposta nell'ambito dei servizi di media audiovisivi a richiesta, che rientrano nell'ambito di applicazione di detta direttiva. Infine, i filmati relativi a notizie possono entrare in concorrenza con i servizi di informazione offerti dai fornitori di radiodiffusione televisiva, mentre quelli relativi ad avvenimenti culturali o sportivi oppure a servizi giornalistici di intrattenimento possono porsi in concorrenza con i canali musicali, i canali sportivi e le trasmissioni di intrattenimento (v., in tal senso, sentenza del 21 ottobre 2015, New Media Online, C‑347/14, EU:C:2015:709, punti 21 e 23).

47. Nel caso di specie, in udienza l'ESR ha rilevato che la trasmissione di cui trattasi nel procedimento principale riguardante la Makeleio era una trasmissione diffusa quotidianamente sul sito Internet di tale ente, sotto forma audiovisiva, che tale trasmissione durava varie ore, che essa aveva il proprio nome ed era presentata dallo stesso giornalista, che era diffusa con il logotipo della Makeleio, che quest'ultima informava il pubblico, sul suo sito Internet, della diffusione quotidiana di detta trasmissione e degli orari di trasmissione di quest'ultima, che la diffusione della stessa trasmissione era inizialmente lineare, seguita poi da una messa in rete affinché gli interessati potessero avervi accesso a richiesta e che esisteva, su tale sito Internet, un elenco che consentiva di ricercare trasmissioni precedenti. L'ESR ha altresì rilevato che queste stesse caratteristiche prevalevano per quanto riguarda le trasmissioni di cui trattasi nel procedimento principale riguardante la Zougla.

48. Pertanto, salvo verifica da parte del giudice del rinvio, si deve constatare che le trasmissioni di cui trattasi nel procedimento principale, in quanto filmati che si iscrivono nella griglia o nel catalogo dell'offerta audiovisiva proposta nell'ambito della versione elettronica di un giornale, costituiscono «programmi», ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2010/13.

49. In quarto luogo, per quanto riguarda i criteri che il giudice del rinvio deve prendere in considerazione ai fini della valutazione dell'«obiettivo principale», ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 1, lettera a), i), della direttiva 2010/13, di un servizio di messa a disposizione di filmati offerto nell'ambito della versione elettronica di un quotidiano, la Corte ha dichiarato che una siffatta valutazione deve mirare ad esaminare se detto servizio abbia in quanto tale un contenuto ed una funzione autonomi rispetto a quelli dell'attività giornalistica del gestore del sito Internet in questione, e non costituisca solamente un complemento inscindibile da tale attività, in particolare per i legami che l'offerta audiovisiva presenta con l'offerta testuale (sentenza del 21 ottobre 2015, New Media Online, C‑347/14, EU:C:2015:709, punto 37).

50. Spetterà quindi al giudice del rinvio valutare se le trasmissioni di cui trattasi nel procedimento principale abbiano un contenuto e una funzione autonomi rispetto a quelli degli articoli di stampa scritta dell'editore del quotidiano online. Se così fosse, tali trasmissioni rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 2010/13. Se, al contrario, dette trasmissioni dovessero apparire soltanto come un complemento inscindibile dell'attività giornalistica di tale editore, in particolare a causa dei legami che esse presentano con l'offerta testuale, esse non rientrano nell'ambito di applicazione di tale direttiva.

51. A tal riguardo, dalla giurisprudenza della Corte risulta che il fatto che i filmati proposti sul sito Internet di un quotidiano siano accessibili e visionabili indipendentemente dalla consultazione degli articoli della versione elettronica di tale quotidiano tende a indicare che il servizio di messa a disposizione di filmati, offerto in un siffatto sito, potrebbe essere considerato come avente contenuto e funzione autonomi rispetto a quelli dell'attività giornalistica del gestore di tale sito Internet e, pertanto, costituire un servizio distinto dagli altri servizi offerti da quest'ultimo (sentenza del 21 ottobre 2015, New Media Online, C‑347/14, EU:C:2015:709, punto 36).

52. In quinto luogo, ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2010/13, ai fini di quest'ultima per «responsabilità editoriale» si intende l'esercizio di un controllo effettivo sia sulla selezione dei programmi sia sulla loro organizzazione in un palinsesto cronologico, nel caso delle radiodiffusioni televisive, o in un catalogo, nel caso dei servizi di media audiovisivi a richiesta.

53. Per quanto riguarda un servizio di messa a disposizione di filmati offerto nel sito Internet di un quotidiano, si deve ritenere che un siffatto controllo possa riguardare, in particolare, la messa in rete e la rimozione dei filmati, il calendario e gli orari relativi alla diffusione dei filmati su tale sito Internet, il periodo durante il quale essi saranno accessibili agli utenti di Internet, la struttura di detto sito Internet, il modo di presentare i filmati e di selezionarli, il sistema di ricerca dei filmati e l'aggiornamento del contenuto del medesimo sito Internet.

54. Sebbene spetti al giudice del rinvio valutare se la responsabilità editoriale, ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2010/13, per quanto riguarda le trasmissioni di cui trattasi nel procedimento principale, spetti alla Makeleio e alla Zougla, gli elementi menzionati al punto 47 della presente sentenza tendono a indicare che ciò sia il caso. Il fatto, confermato dalla Makeleio in udienza, che, da un lato, il presentatore della trasmissione di cui trattasi nel procedimento principale che la riguardava era un giornalista impiegato da tale ente per effettuare trasmissioni in diretta e per presentare quotidianamente tale trasmissione e che, dall'altro, la Makeleio aveva deciso di diffondere la trasmissione di cui trattasi nel procedimento principale che la riguardava, confermerebbe che tale ente se ne assumeva la responsabilità editoriale.

55. Sulla base delle considerazioni esposte ai punti da 37 a 54 della presente sentenza, e salvo verifiche che spetterà al giudice del rinvio effettuare, occorre pertanto rispondere alle questioni sollevate partendo dalle premesse secondo le quali, da un lato, la Makeleio e la Zougla sono «fornitori di servizi di media», ai sensi della direttiva 2010/13 e, in particolare, fornitori di servizi televisivi online, e, dall'altro, la diffusione delle trasmissioni di cui trattasi nel procedimento principale costituisce un «servizio di media audiovisivo», ai sensi di tale direttiva.

Sull'interpretazione della normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale

56. Nelle sue osservazioni scritte, la Commissione europea esprime dubbi sull'interpretazione della normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, adottata dal giudice del rinvio, secondo la quale le disposizioni nazionali che prevedono l'obbligo, a pena di sanzione, di rispettare il valore della dignità umana nonché il divieto, anche sotto pena di sanzione, di diffondere contenuti qualitativamente degradanti non si applicano ai fornitori di servizi televisivi online.

57. A tal riguardo, occorre ricordare che, come risulta da una giurisprudenza costante, per quanto riguarda l'interpretazione delle disposizioni dell'ordinamento giuridico nazionale, la Corte è in linea di principio tenuta a fondarsi sulle qualificazioni riportate nella decisione di rinvio. Infatti, la Corte non è competente ad interpretare il diritto interno di uno Stato membro (sentenza del 5 dicembre 2023, Deutsche Wohnen, C‑807/21, EU:C:2023:950, punto 36 e giurisprudenza citata).

58. Di conseguenza, è partendo dalla premessa secondo cui la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale non si applica ai fornitori di servizi televisivi online che occorre rispondere alle questioni sollevate.

Sulle prime questioni

59. In via preliminare, dalle domande di pronuncia pregiudiziale risulta che il giudice del rinvio si chiede, in considerazione della normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, se rientrino nell'ambito di applicazione della direttiva 2010/13, da un lato, l'obbligo di rispettare il valore della dignità umana e, dall'altro, il divieto di diffondere contenuti qualitativamente degradanti.

60. Come risulta dal suo titolo e dal suo considerando 11, la direttiva 2010/13 mira al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi al fine del completamento di un autentico mercato interno di tali servizi. A tal fine, detta direttiva stabilisce un insieme minimo di norme coordinate applicabili a tutti i servizi di media audiovisivi, alcune delle quali, come risulta dal considerando 18 di tale direttiva e dal considerando 7 della direttiva 2018/1972, riguardano il contenuto di tali servizi.

61. Ciò premesso, come rilevato, in sostanza, dall'avvocato generale al paragrafo 72 delle sue conclusioni, al di là dei requisiti minimi previsti dalla direttiva 2010/13, quest'ultima non interferisce con il contenuto dei servizi di media audiovisivi, in quanto l'assenza di una siffatta interferenza riflette, peraltro, la volontà del legislatore dell'Unione di lasciare ai fornitori di tali servizi un reale potere di decisione in merito a un siffatto contenuto, come enunciato al suo considerando 38.

62. La direttiva 2010/13 non contiene quindi alcuna disposizione relativa alla qualità, in quanto tale, del contenuto dei programmi rientranti nel suo ambito di applicazione né prevede alcun motivo di divieto fondato su una cattiva qualità, o su una qualità degradante, dei contenuti diffusi.

63. Di conseguenza, il divieto di diffondere un contenuto qualitativamente degradante non rientra nell'ambito di applicazione della direttiva 2010/13, in quanto tale divieto eccede gli obblighi minimi imposti da tale direttiva.

64. Ciò premesso, nel caso di specie dagli elementi contenuti nelle domande di pronuncia pregiudiziale risulta che, come peraltro confermato dall'ESR all'udienza dinanzi alla Corte, il contenuto delle trasmissioni di cui trattasi nei procedimenti principali è stato qualificato come «qualitativamente degradante» e considerato, pertanto, rientrante nel divieto di diffondere contenuti qualitativamente degradanti previsto dalla normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, per il solo fatto che un tale contenuto è stato considerato lesivo della dignità umana.

65. Pertanto, riguardo alle controversie oggetto dei procedimenti principali, occorre considerare che, con le sue prime questioni, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 2010/13 debba essere interpretata nel senso che una normativa nazionale che impone, a pena di sanzione, a tutti i fornitori di servizi di media, ad eccezione di quelli che diffondono i loro contenuti tramite Internet, di rispettare il valore della dignità umana e di astenersi dal diffondere contenuti lesivi di tale valore rientra nell'ambito di applicazione di detta direttiva.

66. A tal riguardo, in primo luogo, occorre rilevare che l'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2010/13, che fa parte delle disposizioni applicabili ai servizi di media audiovisivi di cui al capo III di tale direttiva, impone agli Stati membri di assicurare, mediante appositi mezzi, che i servizi di media audiovisivi erogati dai fornitori di servizi di media soggetti alla loro giurisdizione non contengano alcuna istigazione alla violenza o all'odio nei confronti di un gruppo di persone, o un membro di un gruppo, sulla base di uno dei motivi di cui all'articolo 21 della Carta né alcuna pubblica provocazione a commettere reati di terrorismo, e ciò «fermo restando l'obbligo degli Stati membri di rispettare e proteggere la dignità umana».

67. Con quest'ultima frase, il legislatore dell'Unione ha quindi previsto l'obbligo per gli Stati membri non solo di rispettare, ma anche di tutelare la dignità umana in sede di attuazione dell'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2010/13, obbligo che implica, in particolare, come risulta dalla lettura di tale disposizione nel suo complesso, che spetta a tali Stati adottare le misure adeguate al fine di garantire che i contenuti dei servizi di media audiovisivi forniti dai fornitori soggetti alla loro giurisdizione non ledano il valore della dignità umana.

68. Pertanto, dalla formulazione dell'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2010/13 risulta che l'obbligo di rispettare il valore della dignità umana e il divieto di trasmettere contenuti lesivi di tale valore rientrano in tale disposizione.

69. In secondo luogo, il contesto in cui si inserisce detto articolo 6, paragrafo 1, corrobora una siffatta interpretazione.

70. Infatti, conformemente all'articolo 1, paragrafo 1, lettera a), ii), della direttiva 2010/13, le comunicazioni commerciali audiovisive rientrano nella nozione di «servizio di media audiovisivo», ai sensi di tale direttiva. Orbene, il fatto che l'articolo 9 di detta direttiva, che fa altresì parte delle disposizioni contenute nel capo III di quest'ultima, imponga agli Stati membri di provvedere affinché tali comunicazioni rispondano a taluni requisiti, tra cui, in particolare, in forza del suo paragrafo 1, lettera c), i), quello di non pregiudicare il rispetto della dignità umana, conferma che, nell'ambito dei settori coordinati dalla medesima direttiva, il legislatore dell'Unione ha cercato di prevedere un divieto vertente specificamente su una lesione del valore della dignità umana, divieto che costituisce il corollario dell'obbligo di rispettare tale valore.

71. In terzo luogo, occorre rilevare che, da un lato, come risulta dal considerando 104 della direttiva 2010/13, quest'ultima mira alla creazione di un'area senza frontiere interne per i servizi di media audiovisivi, assicurando nel contempo un elevato livello di protezione di obiettivi di interesse generale, in particolare della dignità umana. Dall'altro lato, dal considerando 59 di tale direttiva risulta che l'emanazione di norme come quelle previste all'articolo 6 di detta direttiva risponde a ragioni attinenti in particolare alla salvaguardia della dignità umana in tutti i servizi di media audiovisivi.

72. Pertanto, un'interpretazione dell'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2010/13, secondo la quale tale disposizione comprende l'obbligo di rispettare il valore della dignità umana e il divieto di diffondere contenuti lesivi di tale valore, è coerente sia con gli obiettivi perseguiti da tale direttiva sia con quelli perseguiti dalla stessa disposizione.

73. Di conseguenza, dall'interpretazione letterale, contestuale e teleologica dell'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2010/13 risulta che l'obbligo di rispettare il valore della dignità umana e il divieto di diffondere contenuti lesivi di tale valore rientrano in tale disposizione e, pertanto, nell'ambito di applicazione di tale direttiva.

74. Sulla base di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alle prime questioni dichiarando che la direttiva 2010/13 deve essere interpretata nel senso che una normativa nazionale che impone, a pena di sanzione, a tutti i fornitori di servizi di media, ad eccezione di quelli che diffondono i loro contenuti tramite Internet, di rispettare il valore della dignità umana e di astenersi dal diffondere contenuti lesivi di tale valore rientra nell'ambito di applicazione di tale direttiva e, in particolare, del suo articolo 6, paragrafo 1.

Sulle seconde questioni

75. In considerazione della risposta fornita alle prime questioni, e tenuto conto delle considerazioni esposte al punto 64 della presente sentenza, si deve ritenere che, con le sue seconde questioni, il giudice del rinvio chieda, in sostanza, se l'articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2010/13, letto alla luce del principio di parità di trattamento, debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che impone, a pena di sanzione, a tutti i fornitori di servizi di media, ad eccezione di quelli che diffondono i loro contenuti tramite Internet, di rispettare il valore della dignità umana e di astenersi dal diffondere contenuti lesivi di tale valore.

76. Occorre ricordare che, in base alla direttiva 89/552/CEE del Consiglio, del 3 ottobre 1989, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive (GU 1989, L 298, pag. 23), la cui versione modificata è stata codificata dalla direttiva 2010/13, la Corte ha statuito che una direttiva siffatta non ha come obiettivo un'armonizzazione completa delle norme relative ai settori da essa disciplinati, ma stabilisce prescrizioni minime per le trasmissioni aventi la loro origine nell'Unione e che devono essere captate nella medesima (sentenza del 18 luglio 2013, Sky Italia, C‑234/12, EU:C:2013:496, punto 12 e giurisprudenza citata).

77. In tale contesto, come risulta dall'articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2010/13 e dai considerando 41 e 83 di quest'ultima, per assicurare la piena ed adeguata protezione degli interessi della categoria di consumatori costituita dai telespettatori, gli Stati membri hanno la facoltà di imporre ai fornitori di servizi di media soggetti alla loro giurisdizione norme più particolareggiate o più rigorose e, in alcuni casi, condizioni differenti, nei settori coordinati da tale direttiva, purché tali norme siano conformi al diritto dell'Unione e, in particolare, ai suoi principi generali (sentenza del 3 febbraio 2021, Fussl Modestraße Mayr, C‑555/19, EU:C:2021:89, punto 40 e giurisprudenza citata).

78. Orbene, una normativa nazionale che impone di rispettare il valore della dignità umana e di astenersi dal diffondere contenuti lesivi di tale valore si limita a prevedere l'obbligo di rispettare la dignità umana e il divieto vertente su una lesione del valore della medesima previsti all'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2010/13, cosicché una siffatta normativa non contiene norme «più particolareggiate» o «più rigorose», ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, di tale direttiva, e, di conseguenza, non rientra in quest'ultima disposizione.

79. Pertanto, è alla luce non dell'articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2010/13, bensì dell'articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva che occorre rispondere alla seconda questione.

80. A tal riguardo, una normativa nazionale che si limiti ad enunciare un obbligo derivante dalle prescrizioni minime stabilite da detta direttiva, come quello di rispettare il valore della dignità umana e di astenersi dal diffondere contenuti lesivi di tale valore derivante dall'articolo 6, paragrafo 1, della medesima direttiva, deve imperativamente essere applicabile a tutti i fornitori di servizi di media soggetti alla giurisdizione dello Stato membro interessato.

81. Infatti, se così non fosse una siffatta normativa nazionale non solo violerebbe l'ambito di applicazione ratione personae della direttiva 2010/13 e, in particolare, del suo articolo 6, paragrafo 1, ma comprometterebbe altresì la realizzazione dell'obiettivo volto alla creazione di un mercato interno dei servizi di media audiovisivi, perseguito da tale direttiva, nonché quella dell'obiettivo relativo alla tutela della dignità umana in tutti i servizi di media audiovisivi previsto da tale articolo 6, paragrafo 1.

82. Ne consegue che una normativa nazionale che impone unicamente a taluni fornitori di servizi di media di rispettare il valore della dignità umana e di astenersi dal diffondere contenuti lesivi di tale valore è contraria all'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2010/13.

83. Tenuto conto di tutte le considerazioni che precedono occorre rispondere alle seconde questioni dichiarando che l'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2010/13 deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che impone, a pena di sanzione, a tutti i fornitori di servizi di media, ad eccezione di quelli che diffondono i loro contenuti tramite Internet, di rispettare il valore della dignità umana e di astenersi dal diffondere contenuti lesivi di tale valore.

Sulle terze questioni

84. In base alle risposte fornite alle questioni prima e seconda, e tenuto conto delle considerazioni esposte al punto 64 della presente sentenza, si deve ritenere che, con le sue terze questioni, il giudice del rinvio chieda, in sostanza, se il principio di legalità dei reati e delle pene, sancito all'articolo 49, paragrafo 1, prima frase, della Carta, debba essere interpretato nel senso che esso osta a che una normativa nazionale che impone, a pena di sanzione, a tutti i fornitori di servizi di media, ad eccezione di quelli che diffondono i loro contenuti tramite Internet, di rispettare il valore della dignità umana e di astenersi dal diffondere contenuti lesivi di tale valore sia oggetto, in applicazione del principio di interpretazione conforme del diritto nazionale, di un'interpretazione estensiva in modo da includere nel suo ambito di applicazione quest'ultima categoria di fornitori di servizi di media.

85. A tale proposito, risulta da una giurisprudenza costante che, nell'applicare il diritto interno, i giudici nazionali sono tenuti ad interpretarlo, al massimo possibile, alla luce del testo e dello scopo della direttiva in questione così da conseguire il risultato perseguito da quest'ultima e conformarsi pertanto all'articolo 288, terzo comma, TFUE. L'esigenza di un'interpretazione conforme del diritto nazionale attiene infatti al sistema del Trattato FUE, in quanto permette ai giudici nazionali di assicurare, nell'ambito delle rispettive competenze, la piena efficacia del diritto dell'Unione quando risolvono le controversie ad essi sottoposte (sentenza del 24 gennaio 2012, Dominguez, C‑282/10, EU:C:2012:33, punto 24 e giurisprudenza citata).

86. Il principio di interpretazione conforme esige che i giudici nazionali si adoperino al meglio nei limiti del loro potere, prendendo in considerazione il diritto interno nel suo insieme e applicando i metodi di interpretazione riconosciuti da quest'ultimo, al fine di garantire la piena efficacia della direttiva di cui trattasi e di pervenire a una soluzione conforme allo scopo perseguito da quest'ultima (sentenza del 24 gennaio 2012, Dominguez, C‑282/10, EU:C:2012:33, punto 27 e giurisprudenza citata).

87. Tuttavia, come dichiarato dalla Corte, il principio di interpretazione conforme trova i suoi limiti nei principi generali del diritto che fanno parte integrante del diritto dell'Unione e, in particolare, nel principio di legalità dei reati e delle pene, sancito dall'articolo 49, paragrafo 1, prima frase, della Carta (v., in tal senso, sentenze del 28 giugno 2012, Caronna, C‑7/11, EU:C:2012:396, punto 52 e giurisprudenza citata; del 24 marzo 2021, Prefettura Ufficio territoriale del governo di Firenze, C‑870/19 e C‑871/19, EU:C:2021:233, punto 49 e giurisprudenza citata, nonché del 14 ottobre 2021, Ministerul Lucrărilor Publice, Dezvoltării şi Administraţiei, C‑360/20, EU:C:2021:856, punto 40 e giurisprudenza citata).

88. Tale principio, che costituisce un'espressione particolare del principio generale di certezza del diritto, implica, segnatamente, che la legge definisca chiaramente gli illeciti e le pene che li reprimono al fine di assicurare la prevedibilità per quanto riguarda tanto la definizione dell'illecito quanto la determinazione della pena (sentenza del 10 settembre 2024, Neves 77 Solutions, C‑351/22, EU:C:2024:723, punto 103 e giurisprudenza citata). Tale condizione è soddisfatta qualora il soggetto sia in grado di sapere, sulla base del dettato della disposizione pertinente e se del caso con l'aiuto dell'interpretazione che ne è data dai giudici nazionali interessati, quali atti e omissioni implichino una sua responsabilità penale (sentenza del 14 settembre 2023, Commissione e IGG/Dansk Erhverv, C‑508/21 P e C‑509/21 P, EU:C:2023:669, punto 86 e giurisprudenza citata).

89. A tal riguardo, per quanto concerne, in particolare, una fattispecie vertente sull'estensione della responsabilità penale risultante da una legge adottata per trasporre una direttiva, la Corte ha precisato che il principio che ordina di non applicare la legge penale in modo estensivo a discapito dell'imputato, corollario del principio di previsione legale dei reati e delle pene, e più in generale del principio di certezza del diritto, osta a che siano intentati procedimenti penali a seguito di un comportamento il cui carattere censurabile non risulti in modo evidente dalla legge (sentenza del 12 dicembre 1996, X, C‑74/95 e C‑129/95, EU:C:1996:491, punto 25 e giurisprudenza citata).

90. In definitiva, l'obbligo di interpretazione conforme del diritto nazionale alla luce di una direttiva, che incombe al giudice nazionale, trova i suoi limiti nel principio di legalità dei reati e delle pene dal momento che, come la Corte ha più volte rilevato, una direttiva non può avere come effetto, di per sé e indipendentemente da una legge di uno Stato membro adottata per la sua attuazione, di determinare o aggravare la responsabilità penale di coloro che agiscono in violazione delle sue disposizioni (v. sentenza del 28 giugno 2012, Caronna, C‑7/11, EU:C:2012:396, punto 52 e giurisprudenza citata).

91. Occorre infine precisare che il principio di legalità dei reati e delle pene è applicabile anche ai reati e alle sanzioni di carattere non penale (v., in tal senso, sentenza del 28 ottobre 2010, SGS Belgium e a., C‑367/09, EU:C:2010:648, punto 61 e giurisprudenza citata).

92. Come risulta dal punto 82 della presente sentenza, una normativa nazionale che impone, a pena di sanzione, a tutti i fornitori di servizi di media, ad eccezione di quelli che diffondono i loro contenuti tramite Internet, di rispettare il valore della dignità umana e di astenersi dal diffondere contenuti lesivi di tale valore è contraria all'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2010/13.

93. Una siffatta normativa nazionale richiederebbe quindi un'interpretazione conforme a quella dell'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2010/13 nel senso che i fornitori che diffondono i loro contenuti tramite Internet sono parimenti soggetti all'obbligo previsto da tale normativa e possono, pertanto, essere sanzionati in caso di violazione di tale obbligo.

94. Orbene, qualora una normativa nazionale non preveda l'obbligo per i fornitori di servizi di media che diffondono i loro contenuti tramite Internet di rispettare il valore della dignità umana e di astenersi dal diffondere contenuti lesivi di tale valore, e non preveda neppure, nei confronti di tali fornitori, l'imposizione di una sanzione in caso di violazione di tale obbligo, il principio di legalità dei reati e delle pene vieta di sanzionare detti fornitori per un tale comportamento, sebbene una siffatta normativa nazionale sia contraria all'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2010/13 (v., per analogia, sentenza del 28 giugno 2012, Caronna, C‑7/11, EU:C:2012:396, punto 55 e la giurisprudenza citata).

95. Di conseguenza, un'interpretazione come quella considerata al punto 93 della presente sentenza equivarrebbe a violare il principio di legalità dei reati e delle pene e sarebbe, pertanto, contraria ai limiti che derivano dalla natura stessa di qualsiasi direttiva, che vieta, come risulta dalla giurisprudenza ricordata al punto 90 della presente sentenza, che una direttiva possa avere l'effetto, di per sé e indipendentemente da una legge di uno Stato membro adottata per la sua applicazione, di determinare o aggravare la responsabilità penale di coloro che agiscono in violazione delle sue disposizioni.

96. Avuto riguardo a tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alle terze questioni dichiarando che il principio di legalità dei reati e delle pene, sancito all'articolo 49, paragrafo 1, prima frase, della Carta, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che una normativa nazionale che impone, a pena di sanzione, a tutti i fornitori di servizi di media, ad eccezione di quelli che diffondono i loro contenuti tramite Internet, di rispettare il valore della dignità umana e di astenersi dal diffondere contenuti lesivi di tale valore sia oggetto, in applicazione del principio di interpretazione conforme del diritto nazionale, di un'interpretazione estensiva in modo da includere nel suo ambito di applicazione quest'ultima categoria di fornitori di servizi di media.

Sulle quarte e quinte questioni

97. Sulla base delle risposte fornite alle prime questioni, e tenuto conto delle considerazioni svolte al punto 64 della presente sentenza, non occorre rispondere alle quarte e alle quinte questioni.

Sulle spese

98. Nei confronti delle parti nei procedimenti principali la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

P.Q.M.
la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

1) La direttiva 2010/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2010, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi (direttiva sui servizi di media audiovisivi), come modificata dalla direttiva (UE) 2018/1808 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 novembre 2018, deve essere interpretata nel senso che una normativa nazionale che impone, a pena di sanzione, a tutti i fornitori di servizi di media, ad eccezione di quelli che diffondono i loro contenuti tramite Internet, di rispettare il valore della dignità umana e di astenersi dal diffondere contenuti lesivi di tale valore rientra nell'ambito di applicazione di tale direttiva 2010/13, come modificata, e, in particolare, del suo articolo 6, paragrafo 1.

2) L'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2010/13, come modificata dalla direttiva 2018/1808, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che impone, a pena di sanzione, a tutti i fornitori di servizi di media, ad eccezione di quelli che diffondono i loro contenuti tramite Internet, di rispettare il valore della dignità umana e di astenersi dal diffondere contenuti lesivi di tale valore.

3) Il principio di legalità dei reati e delle pene, sancito dall'articolo 49, paragrafo 1, prima frase, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che una normativa nazionale che impone, a pena di sanzione, a tutti i fornitori di servizi di media, ad eccezione di quelli che diffondono i loro contenuti tramite Internet, di rispettare il valore della dignità umana e di astenersi dal diffondere contenuti lesivi di tale valore sia oggetto, in applicazione del principio di interpretazione conforme del diritto nazionale, di un'interpretazione estensiva in modo da includere nel suo ambito di applicazione quest'ultima categoria di fornitori di servizi di media.