Consiglio di Stato
Sezione II
Sentenza 19 giugno 2025, n. 5355

Presidente: Forlenza - Estensore: Ricci

FATTO E DIRITTO

1. Oggetto del giudizio è il provvedimento con cui il Comune dell'Aquila ha accertato l'inottemperanza dell'appellante ad una precedente ordinanza di demolizione di opere edilizie abusive e ne ha disposto l'acquisizione, con relativa area di sedime, al patrimonio comunale.

2. Dalla documentazione acquisita al fascicolo d'ufficio e dalle circostanze di fatto riportate negli scritti difensivi e non specificamente contestate dalle rispettive controparti, emerge che:

a) l'appellante ha realizzato nel Comune dell'Aquila - su terreno catastalmente censito al foglio 19, particella 2644, sez. E - un fabbricato temporaneo ad uso abitativo, avvalendosi della facoltà riconosciuta dalla delibera consiliare n. 58 del 25 maggio 2009, «relativa all'installazione di manufatti temporanei ad uso abitativo in conseguenza del grave evento sismico che in data 6-4-2009 ha interessato il territorio comunale»;

b) con ordinanza n. 2 del 14 gennaio 2013, il Comune, avendo riscontrato la «totale difformità» delle opere rispetto alla comunicazione di cui alla «nota prot. n. 10887 del 09.07.2009, ai sensi della Delibera di C.C. n. 58 del 25.05.2009», ne ha ingiunto la demolizione;

c) il provvedimento è stato impugnato davanti al T.A.R. Abruzzo, che ha respinto il ricorso con sentenza n. 426/2016, divenuta definitiva per mancata impugnazione;

d) con istanza acquisita al prot. n. 13608 del 7 febbraio 2017, l'appellante ha chiesto al Comune la sanatoria del manufatto, ai sensi dell'art. 36 del t.u. edilizia (d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380);

e) in data 21 febbraio 2017, la Polizia municipale ha accertato l'inottemperanza all'ordinanza di demolizione 2/2013 (verbale prot. O.D. 22-2017 PE);

f) con provvedimento prot. 26879 del 15 marzo 2018, il Comune ha respinto l'istanza di sanatoria;

g) infine, con provvedimento del 5 febbraio 2020, notificato all'appellante solo il 18 settembre 2023, il Comune ha accertato l'avvenuta acquisizione al patrimonio comunale della particella su cui insistono le opere abusive (per una superficie pari a 976 mq), disponendo l'immissione nel possesso e la trascrizione dell'atto nei registri immobiliari.

3. Il predetto provvedimento è stato impugnato davanti al T.A.R. per «violazione e/o falsa applicazione art. 31 e ss. d.p.r. n. 380/2001, anche in relazione all'art. 3 e ss. l. n. 241/1990. eccesso di potere: difetto di istruttoria e di motivazione; illogicità e irragionevolezza; contraddittorietà. ingiustizia manifesta. violazione artt. 3 e 97 Cost.».

3.1. Secondo il privato, il verbale di sopralluogo del 21 febbraio 2017 non sarebbe idoneo a legittimare l'acquisizione gratuita delle opere e dell'area di sedime al patrimonio comunale, in quanto:

I) le attività accertative sono state svolte dalla Polizia municipale in pendenza del procedimento di sanatoria e, quindi, in un momento in cui l'efficacia dell'ordine demolitorio doveva ritenersi sospesa;

II) il Comune non ha mai adottato un vero e proprio atto accertativo dell'inottemperanza, non potendosi ritenere tale il verbale formato dagli organi accertatori.

4. La sentenza appellata ha respinto il ricorso e condannato il privato alle spese di lite, rilevando che:

I) l'istanza di sanatoria è tardiva, in quanto presentata oltre il termine di 90 giorni previsto per l'esecuzione dell'ordinanza di demolizione «e, dunque, il verbale della Polizia Municipale del Comune de L'Aquila del 21 febbraio 2017 risulta del tutto valido ed idoneo a sorreggere il provvedimento di accertamento di inadempimento»;

II) il formale accertamento dell'inottemperanza si rinviene nello «stesso provvedimento dell'Ufficio Ispettorato Urbanistico del 5 febbraio 2020 impugnato, atteso che tale provvedimento reca nell'intestazione la dizione di "Atto di accertamento per acquisizione al patrimonio comunale ed immissione in possesso" e, poi, nella parte motiva lo stesso dapprima prende atto delle risultanze istruttorie del verbale della Polizia Municipale del 21 febbraio 2017 facendole proprie».

5. Con l'atto di appello, affidato ad un unico motivo, l'interessato deduce «erroneità della sentenza nella parte in cui ritiene che la presentazione della istanza di sanatoria non avrebbe sospeso la procedura di acquisizione al patrimonio comunale dell'immobile. eccesso di potere giurisdizionale. omessa e/o errata disamina dei motivi di ricorso riferiti alla dedotta violazione e/o falsa applicazione art. 31 e ss. d.p.r. n. 380/2001, anche in relazione all'art. 3 e ss. l. n. 241/1990, e all'eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità e irragionevolezza, contraddittorietà. ingiustizia manifesta. violazione artt. 3 e 97 Cost.».

6. All'udienza in camera di consiglio del 10 giugno 2025, fissata per la trattazione della domanda cautelare, il Collegio ha avvisato le parti della possibilità di pronunciare sentenza in forma semplificata, ai sensi dell'art. 60 c.p.a.

7. Il Collegio procede, pertanto, alla definizione del giudizio nel merito, sussistendo i presupposti di cui alla citata disposizione.

8. Attraverso l'unico, articolato, motivo di ricorso proposto, l'appellante:

I) ribadisce l'impossibilità di accertare validamente l'inottemperanza ad un ordine di demolizione quando - come nel caso di specie - sia stato avviato un procedimento di sanatoria, che sospende gli effetti del procedimento di repressione dell'abuso edilizio (par. 3.1 dell'atto di appello);

II) lamenta che il T.A.R. sarebbe incorso in eccesso di potere giurisdizionale, per aver ritenuto inammissibile l'istanza ex art. 36 t.u. edilizia del 7 febbraio 2017, così sostituendo le proprie valutazioni a quelle espresse dal Comune (par. 3.2 dell'atto di appello);

III) evidenzia che il termine ultimo per richiedere l'accertamento di conformità dell'abuso edilizio deve individuarsi nel momento di irrogazione delle sanzioni amministrative - non ancora irrogate al momento dell'istanza di sanatoria - anche oltre il decorso dei 90 giorni fissati dall'ordinanza (par. 3.3 dell'atto di appello).

9. Le doglianze non meritano condivisione.

9.1. L'Adunanza plenaria, con la sentenza n. 16 dell'11 ottobre 2023, ha chiarito che l'istanza di accertamento di conformità, prevista dall'art. 36 del t.u. edilizia, può essere presentata solo nell'ambito della c.d. "prima fase" del procedimento repressivo dell'abuso avviato dal Comune e quindi «entro il termine perentorio di 90 giorni» dalla notifica dell'ordinanza di demolizione (cfr. par. 18 della sentenza).

9.2. È stata così superata la tesi - accolta, tra l'altro, dal precedente di questa sezione (n. 714 del 2023) citato dall'appellante - che riteneva ammissibile l'istanza di sanatoria anche oltre tale termine, "fino all'irrogazione delle sanzioni amministrative", come previsto dall'art. 36 t.u. edilizia.

9.3. Secondo l'Adunanza plenaria, infatti, tale locuzione deve intendersi riferita alle sole «sanzioni previste in alternativa dagli articoli 33 e 34 del d.P.R. n. 380 del 2001», ove eventualmente applicabili, non invece alla sanzione acquisitiva di cui all'art. 31, comma 3 - che consegue ipso iure al decorso del termine di 90 giorni fissato per la demolizione, quando ad esso segua l'accertamento dell'inottemperanza - né a quella pecuniaria prevista dal successivo comma 4-bis - non potendo l'art. 36 richiamare tale disposizione, introdotta solo in un momento successivo (con il d.l. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla l. 11 novembre 2014, n. 164).

9.4. Ne deriva che «la situazione del proprietario, che lascia trascorrere inutilmente il termine per demolire, è quella del soggetto non più legittimato a presentare l'istanza di accertamento di conformità, avendo perduto ogni titolo di legittimazione rispetto al bene».

10. In applicazione dei suddetti principi, pienamente condivisi dal Collegio, si osserva che:

a) è senz'altro tardiva l'istanza ex art. 36 t.u. edilizia del 7 febbraio 2017, presentata dall'appellante ben oltre lo spirare dei 90 giorni fissati per la demolizione delle opere;

b) in quanto proveniente da soggetto non più legittimato a proporla, l'istanza non era idonea ad attivare l'obbligo di provvedere del Comune, né a produrre la sospensione degli effetti dell'ordinanza di demolizione 2/2013;

c) conseguentemente, l'istanza non poteva arrestare il corso del procedimento di repressione dell'abuso, né inibire le successive, e doverose, attività accertative dell'amministrazione comunale, quali quelle operate con il sopralluogo del 21 febbraio 2017;

d) ne deriva che il verbale prot. O.D. 22-2017 PE, formato all'esito di tale sopralluogo, costituisce valido atto di accertamento dell'inottemperanza e comporta ipso iure l'acquisizione gratuita del bene al patrimonio comunale, a far data dalla scadenza del termine di 90 giorni di cui all'ordinanza di demolizione (cfr. par. 19.2 e 19.3 Ad. plen. 16/2023);

e) il riscontro di tali circostanze da parte del giudice non integra un eccesso di potere giurisdizionale, in quanto:

- si tratta di profili giuridici il cui esame è necessario ai fini dello scrutinio di legittimità del provvedimento acquisitivo oggetto di questo giudizio;

- essi attengono alla proponibilità dell'istanza di accertamento di conformità, in relazione ad un dato cronologico oggettivo e agevolmente verificabile, senza interferire con l'area delle valutazioni tecniche riservate all'amministrazione;

- il Comune, pur respingendo la domanda di sanatoria anche nel merito, aveva rilevato che «l'istanza di regolarizzazione è stata presentata quando il bene era già stato acquisito ope legis al patrimonio comunale in conseguenza dell'accertamento di inottemperanza eseguito dalla Polizia Municipale il 21 febbraio 2017 e [che], quindi, la richiedente non ha titolo a formulare l'istanza».

11. Per le ragioni esposte, l'appello deve essere respinto.

11.1. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l'appellante a rifondere al Comune resistente le spese del grado, che si liquidano in euro 3.000,00, oltre spese generali e accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, commi 1 e 2, del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e degli artt. 5 e 6 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità.

Note

La presente decisione ha per oggetto TAR Abruzzo, sent. n. 145/2025.